giovedì 23 marzo 2017

Patto Puca-Marrazzo per distruggere i Verde, il pentito: «Così decidemmo di fare la guerra ai vecchi boss»

SANT'ANTIMO. Le dichiarazioni del pentito Ferdinando Puca, figlio dell’ex boss della camorra locale Giuseppe Puca (ucciso nel marzo 1994 da elementi del clan dei Casalesi, insieme a Domenico Guerra, nonché cugino di Pasquale Puca,ritenuto l’attuale capo della potente organizzazione camorristica), sono alla base dell'operazione eseguita due giorni fa che ha portato alla sbarra i vertici del clan Puca. I fatti raccontati del collaboratore di giustizia sono servizi per ricostruire omicidi ed estorsioni, tra cui quello di Francesco Verde alias ’o negus), nel quale è anch'egli coinvolto ed ha già subito una condanna dinanzi alla Corte d’As-sise di Napoli e per una tentata estorsione aggravata dall’articolo 7. 
«Dopo circa un mese dall’omicidio Pezzella –racconta Ferdinando Puca nel corso dell’interrogatorio del 16 febbraio 2016 – approfittando di questa mia vicinanza alla famiglia Marrazzo, avendo io partecipato involontariamente all’omicidio Pezzella, Pasquale Puca decise di fare una riunione a casa sua con Antonio Marrazzo, mandandolo a chiamare per il tramite di Antimuccio ’o Maulone, che era imparentato con Rosa Petrosino. In questa riunione si stabili un’alleanza tra il clan Marrazzo ed il clan Puca e che a quel momento in poi la mensilità a me dovuta l’avrebbe corrisposta Pasquale Puca. Ve-ne stabilito anche l’omicidio di Biagio D’Agostino, Antonio Paciolla e Francesco Verde che però all’epoca era ancora detenuto, ma che sarebbe uscito a momenti».

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«Gli ho scaricato un caricatore addosso e l'ho finito a fucilate» Ecco come fu ucciso O' Negus

di Stefano Di Bitonto

SANT'ANTIMO. Un omicidio studiato a tavolino, pianificato e approvato dai vertici del clan Puca. E' uno scenario inquietante quello che emerge dalle parole di Vincenzo Marrazzo, ex boss di Grumo Nevano e autore materiale di quell'omicidio, oggi collaboratore di giustizia. Ai magistrati ha raccontato cosa accadde quella sera e soprattutto chi era presente. "Gli ho sparato sia con la pistola (dalla macchina) che con il fucile. Gli ho sparato inizialmente tredici colpi con la pistola calibro 9, poi rimisi il caricatore con altri quattordici colpi; quindi presi il fucile che stava sul sedile posteriore, andai verso l’auto di Verde ed esplosi due colpi di fucile calibro 12, a distanza di una trentina di centimetri e forse anche più da vicino, passando dal lato posteriore dell’auto". 
Fondamentale un altro passaggio del racconto di Mazzarro: "Le persone che a vario titolo e con vari ruoli hanno preso parte all’agguato ai danni di Verde Francesco sono oltre a me stesso nella duplice veste di mandante ed esecutore materiale, mio fratello Marrazzo Antonio, Puca Pasquale, Di Spirito Luigi - luogotenente e portavoce di Puca Pasquale, Lorenzo Sparavolpe (quali mandanti), Puca Ferdinando (guidatore dell’auto), Morlando Vito (inizialmente con il ruolo di conducente dell’auto e a seguito di cambiamento di programma, con il ruolo di addetto al recupero), mio figlio Francesco (con il ruolo di specchiettista), mio figlio Filippo (che si è autocoinvolto), Amodio (il quale aveva fornito l’informazione sui giorni in cui Verde Francesco andava a firmare) per come a lui riferito da Di Spirito e ulteriori dettagli potevano essere forniti dal fratello Marrazzo Antonio, il quale -a suo dire- aveva avuto colloqui sia con Puca Pasquale che con Di Spirito, prima che uscissi dalla casa di lavoro…”.

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martedì 21 marzo 2017

Clan Puca: armi, cocaina e omicidi. Ecco chi comandava a Sant’Antimo

Clan Puca: armi, cocaina e omicidi. Ecco chi comandava a Sant’Antimo
Un clan strutturato, potentissimo. Radicato tra Sant’Antimo, Grumo Nevano e Casandrino. In grado di intrecciare rapporti criminali anche con i Longobardi – Beneduce di Pozzuoli, i Mazzarella di Napoli e i “vicini” Amato-Pagano di Melito.


I vertici. Al vertice dell’organizzazione smantellata stamattina da un blitz della DDA di Napoli che ha portato all’arresto di 7 persone c’era Pasquale Puca detto “o minorenne”, oggi sottoposto alla misura di sicurezza della casa lavoro, ma evidentemente in grado ancora di condizionare le decisioni della cosca santantimese. I reggenti del clan erano Luigi Spirito, detto “Palatella” e da Francesco Dell’Omo, detto ‘o Maranese.

I ruoli. Il primo aveva il compito di gestire il traffico delle sostanze stupefacenti e di rifornire alcune piazze limitrofe. Il secondo curava le attività estorsive. Racket, imposizione di merce, slot machines. Ma aveva anche ruoli di “ambasciatore”: manteneva saldi i rapporti con gli Amato-Pagano, i cosiddetti “Scissionisti” di Melito, a cui era legato da un patto criminale che prevedeva la ripartizione dei proventi derivanti dalle estorsioni nei comuni limitrofi.

I gregari. Scendendo nella scala gerarchica si trovano i gregari. Lorenzo Iavazzo era la “pistola” del clan Puca, un killer spietato, secondo gli investigatori. Antonio Paciolla era invece il “luogotenente” incaricato di gestire il traffico di stupefacenti fuori dai confini santantimesi. E infine Antimo Di Biase e Claudio Iamino, che si preoccupavano degli aspetti logistici del clan, come procurare veicoli e armi e custodirle per garantire la potenza intimidatoria della cosca.

La faida con i Verde. La supremazia del clan Puca era schiacciante. Nella seconda metà dei primi anni del 2000 aveva limitato la forza del clan avversari, tra cui gli storici rivali: i Verde. Una faida interna culminata nell’omicidio di Francesco Verde, detto “O Negus”, commesso nel 2007. Il boss fu ammazzato a Casandrino mentre era di ritorno dal commissariato di polizia di Frattamaggiore, dove era sottoposto all’obbligo di firma. Nell’agguato rimase ferito il nipote del boss, che provò disperatamente a condurre Francesco Verde presso l’ospedale San Giuseppe Moscati di Aversa. Quando i due giunsero al nosocomio casertano però O’ Negus era già spirato.

Sant’Antimo. Decapitato il clan Puca, sette arresti eccellenti. I NOMI

Smantellato il clan Puca di Sant’Antimo. Nella odierna mattinata, all’esito di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale della Procura della Repubblica di Napoli, militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri del Gruppo Castello di Cistema hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di 7 soggetti, dei quali uno gia detenuto in istituto di pena.

Le accuse. I sette sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di partecipazione all’associazione di stampo camorristico denominata “clan Puca“, di omicidio premeditato, porto e detenzione di armi, gestione del gioco clandestino, con l’aggravante di aver commesso i reati per agevolare ii gruppo camorristico Puca, e segnatamente per conseguire il controllo criminale dei territori di Sant’Antimo, Grumo Nevano e Casandrino.

Le indagini. Grazie ad intercettazioni telefoniche ed ambientali ed al contributo dichiarativo di alcuni collaboratori di giustizia, anche intranei al clan Puca, le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di una organizzata struttura criminale operante nell’area geografica compresa tra i su indicati comuni dedita alla commissione delle estorsioni ad imprenditori e commercianti, al controllo delle attivita economiche attraverso la gestione diretta di attivita commerciali ed imprenditoriali e al reinvestimento dei capitali illeciti. In particolare, le indagini hanno consentito di individuare:

DI SPIRITO Luigi alias “palatella”, quale referente e coordinatore dell’organizzazione criminale promossa, diretta e organizzata da PUCA Pasquale “o minorenne”, capoclan attualmente sottoposto alla misura di sicurezza della casa lavoro al regime del 41 bis; altresì quale responsabile della gestione del traffico di sostanze stupefacenti del tipo “cocaina” e “hashish”, con il compito di rifornire anche compagini camorristiche operative su altri territori campani, quali i clan Marrazzo, Longobardi-Beneduce, Mazzarella, Amato-Pagano;
DELL’OMO Francesco “o maranese”, con il ruolo di gestire le attivita estorsive, di imporre l’installazione delle slot machines negli esercizi commerciali e di curare i rapporti con gli altri clan camorristici tra i quali anche il clan Amato-Pagano operante in Melito di Napoli per la ripartizione dei proventi delle estorsioni commesse negli altri comuni;
FEMIANO Antimo alias “morandi”, con il ruolo di riciclare i proventi illeciti, di impartire le disposizioni ricevute dal capo clan e di consegnare gli stipendi agli affiliati;
IAVAZZO Lorenzo alias “sparavolpe”, quale killer e gestore delle attivita estorsive;
LAMINO Claudio “o mericano”, con il ruolo di detenere e custodire le armi, di riciclare i proventi illeciti, di partecipare alle attività estorsive e alla gestione del gioco clandestino;
PACIOLLA Antonio alias “o russ”, quale responsabile dell’attivita estorsiva e dello spaccio di droga nei comuni di Grumo Nevano, Casandrino e Sant’Arpino (CE);
DI BIASE Antimo, con il ruolo di riciclare i proventi illeciti, di procurare veicoli, predisponendovi congegni idonei ad occultarvi armi, di detenere e custodire le armi, nonché di intestarsi fittiziamente dei beni al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali;
L’omicidio di Francesco Verde. Le indagini hanno consentito, inoltre, di accertare che FEMIANO Antimo e IAVAZZO Lorenzo avevano partecipato con ruolo decisionale, oltre ai soggetti gia condannati, alle riunioni in cui era stato deliberato e pianificato l’omicidio di VERDE Francesco, detto “‘o negus”, commesso il 28.12.2007, per assicurarsi la supremazia nella gestione delle attivita illecite, contrastando, con l’eliminazione fisica del suo indiscusso capo storico, il clan VERDE, operante nella medesima area geografica.

Le armi. Nel corso del blitz sono state anche rinvenute e sequestrate 2 mitragliatrici “uzi” e una mitragliatrice m 12, 7 pistole semiautomatiche e munizioni, indice della “potenza di fuoco” del clan. fermati 2 sodali per estorsione ai danni di un panificio e di un imprenditore ed eseguita un’ordinanza di custodia cautelare per detenzione di arma da fuoco. Sventato il piano per uccidere un carabiniere che partecipava alle indagini, ideato con l’idea di far cessare la pressione investigativa.

Il potere economico. L’infiltrazione del clan nel tessuto economico dell’area a nord di Napoli e nella parte confinante della provincia di caserta emerge attraverso estorsioni a imprenditori, gestione diretta di attività commerciali e imposizione di slot machines, il reinvestimento dei capitali illeciti accumulati, anche mediante la fornitura di consistenti partite di droga a gruppi camorristici attivi nel capoluogo campano e nell’area nord.
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giovedì 16 marzo 2017

Sant’Antimo, arrestato 25enne: aveva favorito la latitanza del boss dei “Girati”


SANT'ANTIMO. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli hanno eseguito un’Ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal GIP di Napoli su richiesta della locale DDA nei confronti di Giuseppe D’Angelo, un 25enne di Sant’Antimo ritenuto responsabile di favoreggiamento personale con l’aggravante delle finalità mafiose. Avrebbe favorito la latitanza del boss 24enne Umberto Accurso, inserito tra i 100 latitanti più pericolosi in Italia e ritenuto il reggente del clan camorristico “Vanella-Grassi” attivo tra Secondigliano, Scampia e San Pietro a Patierno, procurandogli l’appartamento di Qualiano in cui il boss fu localizzato e catturato dai Carabinieri l’11 maggio 2016. L’appartamento, al secondo piano di una palazzina, era stato dotato dei comfort e delle protezioni necessari ad affrontare la latitanza: televisore a schermo piatto e porta blindata, abbattuta però dai Carabinieri durante l’irruzione.


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mercoledì 15 marzo 2017

Clan Zagaria, appalti e corruzione 69 arresti tra politici e imprenditori

L'inchiesta sulla tangente per la ristrutturazione di Palazzo Teti Maffuccini a Santa Maria Capua Vetere, che doveva diventare un «Polo della legalità», ma ha perso per sempre i finanziamenti a causa delle ingerenze della camorra, si è rivelata un vaso di Pandora. È un terremoto giudiziario quello che, all'alba di oggi, ha sconvolto la politica e il mondo dell'imprenditoria campane. Coinvolti anche docenti universitari. 

Appalti, camorra e mazzette: settanta misure di custodia cautelare sono state eseguite questa notte su richiesta della Dda di Napoli (procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, sostituti Maurizio Giordano, Alessandro D’Alessio, Luigi Landolfi, Catello Maresca e Gloria Sanseverino) per accuse che vanno dalla turbativa d'asta ai reati di criminalità organizzata. Tra le persone finite agli arresti domiciliari c'è Adele Campanelli, dal 2010 alla guida della Soprintendenza Archeologica.

Coinvolto il politico Pasquale Sommese, consigliere regionale della Campania in quota Ncd. Ma l'ex assessore regionale al Turismo ha accusato un malore, quando gli è stata notificata una misura cautelare nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta corruzione in un appalto nel napoletano. Destinatario di una misura cautelare in carcere, Pasquale Sommese ha fatto appena in tempo a prendere atto delle accuse che gli vengono mosse dalla Dda di Napoli, che ha accusato un momento di debolezza. Tanto che in queste ore si sta valutando quale soluzione adottare in relazione alle sue condizioni fisiche che restano sotto vigile controllo da parte delle forze dell'ordine. Sin dal suo primo coinvolgimento in questa vicenda (un anno e mezzo fa), pasquale sommese ha sempre ribadito la propria estraneità alle accuse di aver condizionato appalti o di aver incassato voti in cambio di favori, oltre a smentire qualsiasi legame con la camorra casalese.

Al centro dell'inchiesta opere inerenti l’intervento «Le Porte dei Parchi» a Francolise, Alife, Rocca d’Evandro e Calvi Risorta. Il consigliere regionale Sommese e un suo fidato collaboratore sarebbero intervenuti  come referenti di due società per garantire il finanziamento con fondi regionali delle opere pubbliche progettate da una società napoletana.  Oltre che per Sommese, il gip ha disposto il carcere anche per Antonello Sommese, presunto factotum dell'ex assessore regionale.

Questa mattina, un'ordinanza bis è poi stata notificata all'imprenditore Alessandro Zagaria, già detenuto in un carcere di massima sicurezza dal luglio scorso proprio per la vicenda di Palazzo Teti. Arrestato insieme all'ex sindaco Biagio Di Muro, è ritenuto l'«anello di congiuntura» tra la politica e il clan dei Casalesi. 

Come detto, l'inchiesta delegata alla Guardia di Finanza del comando provinciale di Napoli si basa su una serie di appalti che sarebbero stati truccati a suon di mazzette e infiltrazioni camorristiche in ambienti politici e imprenditoriali.  Oltre che a Santa Maria Capua Vetere, gli appalti finiti nel mirino della Dda sono stati banditi per i comuni di Piedimonte Matese, Riardo, Casoria, Cicciano ed Alife e riguardano molti beni di interesse storico e archeologico.

Filo conduttore tra la prima parte dell'inchiesta e la retata di questa mattina la "faccendiera" Loredana Di Giovanni, di Mugnano di Napoli. La donna è nota per aver portato voti a Sommese durante l'ultima campagna elettorale per le Regionali. Il suo ruolo, emerge dalle indagini, sarebbe stato quello di consegnare tangenti ai politici per conto degli imprenditori. Dall'aprile dello scorso anno, momento in cui è finita ai domiciliari, sta collaborando con la procura. 

In manette anche alcuni sindaci tra i quali i primi cittadini di Aversa, Enrico De Cristofaro (coinvolto per il periodo in cui era presidente dell'ordine degli architetti), i sindaci di Riardo e Pompei e l'ex sindaco di San Giorgio a Cremano. Coinvolto anche l'ex sindaco di Casapulla, Ferdinando Bosco. E Claudio Borrelli, direttore Adisu.
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venerdì 10 marzo 2017

Faida di Scampia, 14 ergastoli per l'omicidio Salierno-Montanino. Inchiodati i boss scissionisti


NAPOLI. Quattordici condanne all'ergastolo sono state inflitte al termine del processo per l'uccisione dei Fulvio Montanino e Claudio Salierno avvenuto il 28 ottobre 2004 e che diede inizio alla faida di Scampia, tra gli Scissionisti e il clan Di Lauro. La sentenza è stata emessa dalla quarta sezione della Corte di Assise di Napoli che ha accolto le richieste del pm Stefania Castaldi. Condannati al massimo della pena gli esponenti degli Scissionisti: Antonio e Guido Abbinante, Arcangelo Abete, Gennaro Marino, Enzo Notturno, Francesco Barone, Rito Calzone, Antonio Della Corte, Roberto Manganiello, Angelo Marino, Ciro Mauriello, Gennaro Notturno, Carmine e Cesare Pagano. Quattordici anni di reclusione sono invece stati inflitti a Ferdinando Emolo, ritenuto affiliato al clan Di Lauro e che avrebbe partecipato a un raid punitivo per vendicare la morte di Montanino e Salierno.



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