sabato 21 maggio 2016

In ricordo di Gerardo D’Arminio, il maresciallo che fu ucciso dalla camorra

Di Rossella Palmieri

AFRAGOLA – Su iniziativa del Presidio Afragola–Casoria di Libera con la partecipazione dell’Amministrazione Comunale di Afragola, numerose scuole e associazioni (Legambiente, La Nuova Casa Onlus, il Sindacato CGIL)  e con il supporto delle Forze dell’Ordine del territorio, il 23 Maggio alle ore 10,00 in Piazza Belvedere/Gianturco si terrà la commemorazione del maresciallo dei Carabinieri Gerardo D’Arminio, ucciso in piazza Belvedere ad Afragola il 5 Gennaio del 1976.

Durante la cerimonia verrà scoperto il busto in onore al Maresciallo, realizzato dall’istituto artistico di Cardito. Presente alla cerimonia anche l’Amministrazione Comunale di Montecorvino Rovella, paese natio del Maresciallo.

La giornata del 23 Maggio inizierà con la marcia degli studenti delle scuole del territorio che partirà alle ore 8 e 30 da Via Firenze (nei pressi del Liceo Scientifico “F. Brunelleschi”) e si concluderà in piazza Belvedere/Gianturco dove a coordinare gli interventi vi sarà Tony Mira, giornalista del quotidiano “Avvenire”.

“Nonostante i numerosi tentativi di oblio, la memoria del maresciallo D’Arminio è più viva che mai” scrive la pagina ufficiale di Libera sui social, invitando i cittadini a partecipare al ricordo di un uomo che amava il suo lavoro, ma più di tutto il proprio territorio, e per questo amore ha lottato contro la camorra e perso la vita. Oggi quello stesso territorio lo ringrazia, ancora, dopo 40 anni.

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venerdì 20 maggio 2016

Blitz a Melito contro gli Scissionisti. La risposta deI Carabinieri alla 'stesa' della camorra


MELITO. Erano a bordo di una Lancia Ypsilon grigia, armati e pronti a sparare, i tre ritenuti vicini agli scissionisti tratti in arresto ieri pomeriggio in via Cicerone a Melito. Sono Lanzetti Fabio, 32 anni, Marino Leopoldo, 33enne e Iacopo Raffaele, 22 Anni, tutti di Scampia; gli uomini della Compagnia di Giugliano li hanno trovati in possesso di una semiautomatica calibro 9 con matricola abrasa e modificata per l'applicazione di un silenziatore. L'arresto dei tre uomini ritenuti legati al clan Notturno-­Abete-­Abbinante è arrivato al termine di una giornata contraddistinta da un insolito, quanto vistoso, movimento lungo le strade del popoloso comune a nord di Napoli. Almeno quattro moto di grossa cilindrata con a bordo uomini con armi ben in vista hanno più volte sfilato tra la piazza centrale e i rioni popolari melitesi: un'ostentazione di forza che probabilmente non è sfuggita agli uomini delle forze dell'ordine che, nel pomeriggio, hanno deciso di frenare l'improvvisa escalation. E forse non è un caso che gli uomini, guidati dal Capitano Antonio De Lise, prima di dirigersi sul luogo della segnalazione in via Cicerone, abbiano anch'essi sfilato per alcune strade della città a sirene spiegate: una dimostrazione della presenza dello Stato in risposta al corteo messo in scena in mattinata. 

La massiccia presenza di uomini di Scampia e Secondigliano a Melito sarebbe la conseguenza dell'agguato messo a segno sull'asse mediano, all'altezza di Afragola, ai danni di Pietro Caiazza, raggiunto da dieci colpi d'arma da fuoco e ricoverato all'ospedale Cardarelli. Un'ipotesi potrebbe essere proprio l'organizzazione di una risposta a quanto avvenuto la notte precedente.

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Sventagliata di mitra contro la caserma dei carabinieri, ecco chi ha sparato

AREA NORD. Un accordo tra la“Vanella Grassi” con il boss Umberto Accurso in testa e il gruppo Ferone di Casavatore sarebbe alla base della sparatoria contro la caserma dei carabinieri. Un attentato i cui particolari appaiono sempre più chiari agli inquirenti, fermo restando che le indagini sono alla fase iniziale e certezze non esistono. Ma l’ultima novità investigativa è interessante:dalle immagini delle telecamere, i militari dell’Arma avrebbero riconosciuto dei partecipanti al raid, che secondo l’ipotesi accusatoria sarebbe stato ordinato dal boss della“Vanella”.

Una maniera per vendicarsi della decisione del tribunale per i minorenni, poi sospesa in attesa di un giudizio definitivo, di togliere i figli piccoli alla madre per proteggerli da eventuali vendette di camorra. Infatti un fratello di Umberto, Antonio detto “’o puorco”, è collaboratore si giustizia da un anno e mezzo. Sono stati quattro affiliati, due della “Vanella” e altrettanti dei Ferone se la tesi investigativa risulterà esatta, a sfogare su due motociclette la rabbia contro la caserma dei carabinieri in seconda traversa Celsi, sede della stazione di Secondigliano. Quindici minuti dopo la mezzanotte (tra il 23 e il 24 aprile scorso) ben 27 proiettili esplosi da due kalashnikov hanno centrato la palazzina e due autovetture private di militari dell’Arma in servizio all’interno. In quel momento erano in tre: il piantone-centralinista e i colleghi appena rientrati da un giro di controllo con la macchina d’istituto.

Ovviamente non è così, nonostante il terrore che lascerà il segno tra gli abitanti della zona. I carabinieri, per risalire agli autori del gravissimo raid,possono contare sulle immagini delle telecamere di sorveglianza della caserma e su alcune vaghe e frammentarie testimonianze. E’ certo che ad agire siano stati in quattro, su due motociclette, con il volto coperto da caschi. Dalla corporatura sembrerebbero molto giovani, ma questo non sorprende più nessuno . In tutti i clan di Napoli c’è stato un ricambio generazionale molto forte e in diversi casi i nuovi ras non arrivano a 30 anni mentre i soldati semplici di camorra spesso superano a stento la maggiore età.

FONTE: IL ROMA

giovedì 19 maggio 2016

Camorra. Riccio si travestì da postino per uccidere il boss del centro storico


NAPOLI. Il ferimento di Alessandro Riccio esponente di spicco della “Paranza dei Bimbi” avvenuto il 27 marzo 2015 nei pressi di via dei Tribunali fu deciso dallo stesso clan per una lite sorta sulla divisione delle piazze di spaccio. In modo particolare quella della Maddalena. Lo scontro avvenne tra Ciro Brunetti, detto Ciro Ciro sodale di Riccio nella gestione del traffico degli stupefacenti e la famiglia Amirante.


A compiere il tentato omicidio nei confronti di Riccio fu lo stesso baby boss Emanuele Sibillo, ucciso poi in un agguato il 2 luglio scorso a Forcella. La storia è venuta fuori dall’indagine “Car Wash” che ieri ha portato in carcere 20 esponenti dei quattro clan che fanno parte della “Paranza dei bimbi”. Lo si evince da un’intercettazione telefonica contenuta nell’ordinanza firmata dal gip Gallo. Due degli arrestati di ieri ovvero Francesco Frenna e Gennaro Improta il 28 marzo del 2015 ovvero il girono dopo l’agguato ad Alessandro Riccio così parlavano al telefono. Tra l’altro Alessandro Riccio, che fu poi arrestato e condannato per questo, aveva anche cercato di rispondere al fuoco ma la sua pistola si inceppò.

.. FRENNA: che dici … com’è .. spararono ad Alessandro(RICCIO) …

GENNARO: è Manuele (Emanuele Sibillo, ndr) è stato … –

FRENNA: e perchè lo voleva uccidere? –

GENNARO: io mo sono andato … pure mo volevo andare pure là … l’infamone ha detto non andare perché stanno un sacco di guardie … dice che … ieri sera .. lui stava vestito da postino …

FRENNA: chi ?

GENNARO: Alessandro …

FRENNA: voleva uccidere a Manuele … ?

… GENNARO: sotto il lato di Linuccio (SIBILLO Pasquale, ndr) … vestito da postino … dice che lo videro da sopra … da dentro alle telecamere … mo Alessandro non lo sapeva … ha detto che si è inceppata la pistola … mo lo ha colpito uno qua (mostra il punto con il gesto) e uno qua … gli ha colpito …. ….. omissis …….. 

… FRENNA: ah .. si voleva mangiare a Linuccio? (ovvero uccidere Pasquale Sibillo, ndr)

GENNARO: non lo so a chi …

FRENNA: e quelli si chiarirono?.

GENNARO: è … dice perché si vogliono prendere la Maddalena …

FRENNA: Ciro Ciro e …

GENNARO: Alessandro e Ciro Ciro …

FRENNA: quelo ieri Ciro Ciro stava là ?

GENNARO: è dice che stavano là … che ti devo dire …

FRENNA: è nm ora li arrestano a tutti quanti .. hai sentito il telegiornale che ha detto? mamma mia ..

GENNARO: hai capito?

FRENNA: te lo ha detto Gino (DE CRESCENZO Luigi) a te questo fatto?

GENNARO: ma a quello è meglio che lo prendono .. perché quello è pericoloso (alludendo a Riccio Alessandro, ndr)… –

FRENNA: Alessandro … è … –

FRENNA: ah..e sentì e mò sta il bordello anche con Ciro Ciro? –

GENNARO: e penso di si, non lo so ò’parè ..

FRENNA: e tu non hai detto, quello ieri c’èra Ciro Ciro là? –

GENNARO: te l’ho detto quando andai a fare il servizio che lo acchiappai là …. si vogliono prendere la Maddalena Alessandro e Ciro Ciro te lo dico io ..• questo è .. si vogliono prendere la Maddalena … ma sta il bordello dice pure con Amirante … con Lello Amirante

RENNA: hanno fatto una cosa con CiroCiro …

GENNARO: no … hanno litigato loro contro a CiroCiro … Amirante … Lello Amirante e questi qua .. il padre Enzuccio …

FRENNA: mo li arrestano a tutti quanti … mamma mia ..


FONTE: CRONACHEDELLACAMPANIA

Processo al clan Lo Russo, chiesti oltre un secolo di carcere per capi ed affiliati dei 'Capitoni'

NAPOLI. La Dda ha chiesto quasi un secolo e mezzo di carcere per il boss Antonio Lo Russo, figlio del pentito Salvatore, e 15 dei suoi affiliati. Tutti accusati a vario titolo di associazione di tipo mafiosa, traffico di droga, contrabbando e favoreggiamento per aver coperto a latitanza del ras di Miano che sfuggiva ad un ordine di arresto. Il blitz a Miano, e al rione Sanità scattò nel ennaio dello scorso anno e portò in carcere 16 persone, tra cui i fedelissimi che eseguivano gli ordini del capo latitante. 

Il boss Antonio o Russo fu catturato a Nizza in Francia dopo una lunga fuga passando dalla Polonia, a Foggia e poi in provincia di Caserta e a Milano fino ad arrivare in Francia. Antonio Lo Russo, figlio del capoclan dei “capitoni” poi pentito era diventato famoso per la sua foto che lo ritraeva a bordo campo durante una partita del Napoli è ritenuto il capo promotore del gruppo criminale che riusciva a guidare anche dai suoi nascondigli segreti. Le telefonate a carico dei sodali che raccoglievano le irettive di Antonio Lo Russo furono intercettate dalla Dda, come furono registrate anche le conversazioni dalle quali emergeva uno strappo interno alla cosca, con lo zio del capoclan Mario che appro僦ttando della lontananza del nipote cercava di prendere in mano le redini dell’organizzazione. 

LE RICHIESTE DI CONDANNA 

ANTONIO LO RUSSO 12 ANNI

CARLO DAVIDE 20 ANNI

PASQUALE TORRE 20 ANNI

CLAUDIO ESPOSITO 18 ANNI

LUIGI FORINO 10 ANNI

GIOVANNI CAMPAIOLA 10 ANNI

MBERTO RUSSO 9 ANNI

ALFREDO MERCOLINO 8 ANNI

CRESCENZO PALMA 8 ANNI

ANTONIO BRIANTE 4 ANNI

LUIGI CAPONE 4 ANNI

ANTONIO CENNAMO 4 ANNI

EMANUELE D’ANDREA 4 ANNI

MASSIMO GISINI 4 ANNI

GERARDO POTENZA 4 ANNI

BRUNO VITALE 3 ANNI

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Nuovo record per Partenope: la pizza più lunga del mondo è a Napoli

record pizza più lunga napoli lungomare
Di Gianluca Russo


NAPOLI – E’ufficiale: la pizza più lunga del mondo è stata preparata a Napoli. Sul lungomare di Via Caracciolo, oggi, è stato cucinato e sfornato un impasto lungo ben 1,8 chilometri, nuovo record mondiale. Per la precisione  Per realizzare quest’opera d’arte culinaria ci sono volute 6 ore ed 11 minuti di tempo, oltre a 1600 kg di pomodoro, 2000 kg di farina ed altrettanti di fior di latte, 30 kg di basilico e 200 litri di olio. A certificare il nuovo record conseguito nel pomeriggio di oggi, mercoledì 18 maggio 2016, i giudici del guinnes world record. Per realizzarla sono stati impiegati 250 pizzaioli da tutto il mondo che hanno rispettato i canoni della pizza napoletana STG (Specialità Tradizionale Garantita). Per la precisione si tratta di pizza Margherita e buona parte della stessa è stata utilizzata per sfamare i più bisognosi. L’idea è stata promossa da Pizza Village, col Patrocinio del Comune di Napoli e della Fondazione Univerde ed in collaborazione con l’Associazione Pizzaioli Napoletani.

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mercoledì 18 maggio 2016

Colpo alla “Paranza dei bambini”, oltre 20 arresti: decapitato clan Sibillo

clan sibillo
Di Filippo Roti



La Squadra Mobile di Napoli, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dalla Direzione Centrale per i Sevizi Antidroga, collaborata dai Commissariati cittadini San Carlo Arena, Decumani e San Paolo, sta eseguendo 20 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettante persone, ritenute contigue alla consorteria camorristica facente capo alle famiglie Sibillo/Giuliano/Brunetti/Amirante, operative a Napoli nell’area di Forcella-Duchesca e Maddalena, definita “La paranza dei bimbi”.

Dopo l’arresto dei capi dell’organizzazione camorristica in questione, dell’ala militare e dei latitanti, ricostruita e smantellata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, titolare delle indagini, e dalla Squadra Mobile la rete dedita allo spaccio al dettaglio di ingenti quantitativi di stupefacente con l’individuazione dei fornitori, degli addetti alla “piazza di spaccio”, e degli spacciatori. Interrotta la principale fonte di sostentamento economico del clan (lo spaccio al dettaglio di stupefacente tipo cocaina e marijuana) ed il canale di fornitura di armi da guerra utili a sostenere il conflitto con i clan avversari. Accertato il ruolo di primo piano nelle attività illecite monitorate delle donne del clan.

Le indagini hanno accertato che ai vertici dell’organizzazione c’erano Pasquale ed Emanuele Sibillo, quest’ultimo deceduto in seguito ad un agguato nel luglio 2015. Il clan aveva consolidato una posizione egemone nel centro storico grazie al controllo delle piazze di spaccio, avvalendosi del contributo di numerosi affiliati: Vincenzo Sibillo, Alessandro Riccio, Salvatore Cedola , Antonio Esposito e Domenico Giaquinto.

Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati 800 gr. di cocaina in due fasi diverse, con il conseguente arresto di Giuseppe Bellamacina, Emanuela Magliacane, Salvatore Luongo e Pasquale Ghezzi.

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Camorra. Sms a sfondo sessuale e volgare, così comunicavano gli affiliati ai Sibillo per evitare le intercettazioni

CAMORRA. Pasquale Sibillo detto “Lino” (figlio di Vincenzo “’o nennillo” e fratello di Emanuele ucciso l’anno scorso) inviava messaggi in codice, come è emerso nel corso dell’inchiesta da un sms criptico inviato ad Antonio Esposito l’8 maggio 2014, a sfondo sessuale per sviare gli investigatori. Il contenuto del testo, con vari epiteti volgari, è indicativo del linguaggio utilizzato in certi ambienti per eludere eventuali controlli delle forze dell’ordine. Gli indagati non sapevano di essere già monitorati e lo scambio di messaggi rappresenta per gli inquirenti la prova del traffico di droga. 4 

Il primo a scrivere fu Pasquale Sibillo, con un messaggio sibillino in cui si fa riferimento a un rapporto sessuale.Tanto più che né lui né l’interlocutore sono gay e quindi l’unica spiegazione possibile è che l’oggetto della conversazione a distanza fosse un altro. «Ma te stiss kiavann a zucculella io so gelusee». La spiega-zione degli investigatori della squadra mobile della Questura è che “Lino” sapesse che Antonio Esposito, soprannominato “Tonino ’o mostro”, si trovava da Salvatore Frenna. Anche la risposta è ritenuta molto interessante dal punto di vista investigativo. «Lo sai che se era kekko dovevi essere geloso io nn lo butto nel cesso e poi lo faccio solo per soldi ahahah rikione solo a te te lo do con il cuore il mio cazzo». 

Ovviamente l’sms di Antonio Esposito è parimenti criptico, ma per i poliziotti c’è una spiegazione logica. Nella vicenda è coinvolto anche Francesco Frenna, del quale è scritto il soprannome:“Checco”. Di Pasquale Sibillo,destinatario di una misura cautelare già a giugno dell’anno scorso, si è scritto per mesi.Resosi latitante, per tutta l’estate è stato protagonista involontario di falsi avvistamenti nei posti più disparati: al mare, in montagna, addirittura mentre usciva da un tombino nella zona dei Tribunali. Poi fu arrestato a Perugia dagli uomini della mobile, guidata dal dirigente Fausto Lamparelli. Nel frattempo la sua posizione giudiziaria si era alleggerita per effetto dell’annullamento del provvedimento restrittivo in relazione a un tentato omicidio.

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martedì 10 maggio 2016

Strage della Sanità. Ecco le foto di mandanti ed esecutori della decapitazione del clan Vastarella


di Sabrina Della Corte


HINTERLAND. I giochi sembrano fatti, almeno per gli inquirenti. Con l'arresto dei mandanti e degli esecutori del duplice omicidio nel circolo delle Fontanelle, il puzzle criminale sembra meno confuso di quanto ci si poteva aspettare.

Antonio Genidoni e Addolorata Spina sono ritenuti i mandanti del duplice omicidio di Giuseppe Vastarella, 42 anni, e del cognato Salvatore Vigna, 41 anni, ammazzati all'interno del circolo 'Maria Santissima dell'Arco' al Rione Sanità, lo scorso 22 aprile, dove rimasero feriti anche Dario e Antonio Vastarella, oltre ad Alfredo Ciotola. Per la Dda a premere il grilletto sarebbe stato Emanuele Esposito, figlio di Giuseppe e fratello di Filippo, i due uomini crivellati di colpi sabato mattina all'interno di un'officina in via Unione Sovietica a Marano. Tra i fermati, anche la moglie di Antonio Genidoni, Vincenza Esposito.

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“Gli uccido i figli nelle culle”, il boss esiliato progetta la strage dei Vastarella

Di Filippo Roti

NAPOLI – All’indomani dell’arresto dei mandanti e degli autori materiali della Strage delle Fontanelle, emergono nuovi inquietanti dettagli dietro la pianificazione dell’agguato che svelano le trame criminali della faida che sta insanguinando Napoli.

In soccorso degli investigatori sono venute ancora una volta le intercettazioni. Grazie ad una cimice piazzata nella casa di Antonio Genidoni, il presunto boss della Sanità esiliato a Milano. I dialoghi con la madre e la compagna, anche loro arrestate per la strage del 22 aprile, sono carichi d’odio. Il ras si sente spodestato e in testa ha un solo chiodo fisso: spazzare via la famiglia Vastarella.

“Ora prendo le bombe e gliele butto nelle case, devo uccidere anche le loro creature, anche i bambini devono morire”. Parole che trasudano rancore nei confronti del clan che lo ha privato del patrigno Pietro Esposito (ucciso a novembre del 2015) e del fratello Ciro (gennaio 2015), ma non solo. I Vastarella stanno cacciando via dal quartiere tutte le persone vicine al clan Esposito-Genidoni: “Sono andati vicino alle persone per bene e le hanno cacciate, hanno cominciato a saldare le porte”, racconta la madre Dora Spina.

I tempi sono maturi per una vendetta, per progettare il ritorno. Così il 29enne boss esiliato prepara un’azione eclatante per far abbassare la cresta al clan rivale e mettere le mani sul corridoio di droga che va dalla Sanità all’area nord. In questo viene anche incoraggiato dalla madre: “prendete tre o quattro guaglioni e scendete nella Sanità” – che provocatoriamente aggiunge – “prendi un killer a pagamento, se tu mi metti a me cinquemila euro sul tavolo te lo faccio io”.

È qui che la strage delle Fontanelle si intreccia con il duplice omicidio di Marano. Perchè il killer di cui parla Dora Spina è Emanuele Esposito, il figlio del meccanico ucciso sabato nella sua officina. Sarà lui a premere il grilletto il 22 aprile nel Rione Sanità uccidendo Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna. Nelle intercettazioni ambientali si sente anche la sua voce, provata dalla la morte del padre e del fratello: “Mio padre ha avuto una botta in testa?”. Ma il dolore lascia presto spazio alla risolutezza, “Ora prendo le bombe e gliele butto nelle case”.

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venerdì 6 maggio 2016

Omicidio del boss Verde detto 'O Negus, cancellata la condanna per uno dei mandanti

di Ivan Marino

SANT'ANTIMO. Accusato di essere il mandante dell’omicidio di Francesco Verde ‘o negus, annullata la sentenza per Pasquale Puca, alias ‘o minorenne. La Corte di Cassazione ha cancellato la condanna emessa in primo e secondo grado nei confronti dell’uomo che il 28 dicembre 2007 inviò i killer ad uccidere il sanguinario capo della cosca dei Verde, all’epoca 58enne. 


Francesco Verde fu ucciso in un agguato nel corso del quale fu ferito il nipote Mario ‘o tipografo, 32enne. Il boss detto anche “’o Negus”, fu ucciso perché costituiva un agguerrito concorrente del clan Puca, molto attivo nella zona a nord di Napoli, ed in particolar modo nella zona compresa tra Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano. Ad inchiodare Puca furono le indagini dei Carabinieri di Castello di Cisterna supportati dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.

In manette finirono tre persone Ferdinando Puca, Vincenzo Marrazzo, soprannominato “Enzuccio l’elettrauto”, diventato pentito, e Pasquale Puca, 45 anni, detto Pasqualino “’o minorenne”. L’uccisione di Francesco Verde fu decisa anche per vendicare l’agguato avvenuto l’anno prima ad Antonio Marrazzo, fratello minore, di Vincenzo, che al momento era il reggente del clan. Francesco Verde era il boss del clan camorristico attivo nei comuni di Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano, nell’hinterland napoletano. 

Tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta la cosca di Verde si contrappose alle “famiglie” dei Puca e dei Ranucci, uno scontro al quale vengono attribuiti numerosi omicidi. Soprannominato ‘o negus per la sua carnagione scura, Verde fu coinvolto in diverse inchieste su omicidi e traffico di stupefacenti. Nel 1993, grazie a un permesso premio, si allontanò dal soggiorno obbligato in una casa lavoro di Modena dandosi alla latitanza. Il boss fu catturato due anni dopo dai carabinieri alla periferia di Napoli. I Verde contavano su stretti legami con la camorra casertana: in particolare con Francesco Schiavone, meglio conosciuto come “Sandokan”.

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Napoli, arrestato Walter Mallo: il giovane boss della nuova faida di camorra

Napoli – In pochi anni, giovando anche di un vuoto di potere criminale, era diventato il boss indiscusso del Rione Don Guanella, imponendo col suo clan il controllo delle piazze di spaccio e degli affari illeciti. E’ stato arrestato dai carabinieri giovedì mattina a Napoli Walter Mallo, 26 anni, il giovane boss ritenuto reggente dell’omonimo clan.

Nella stessa operazione sono finiti in manette anche i suoi fedelissimi, Paolo Russo e Vincenzo Danise, entrambi di 25 anni. I tre sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso e di detenzione e porto illegale di armi, aggravate dall’aver agito per finalità mafiose.

Il provvedimento, emesso con urgenza, ha permesso di evitare il proseguire dello scontro armato i Mallo e i capitoni da anni operanti sul territorio.

Secondo gli investigatori, Mallo è ritenuto un elemento particolarmente pericoloso e il suo arresto rappresenta un colpo per il suo gruppo. Stando a quanto emerso dalle indagini, il cartello dei Mallo in poco tempo si era fatto spazio nelle scenario criminale cittadino generando anche contrasti con clan storici della città. Nel corso del blitz sono state sequestrate parecchie armi da fuoco.

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Camorra, la madre di Walter Mallo: “andate a fare le banche, è meno rischioso”

NAPOLI – Amicizie pericolose, parlano le madri di camorra. Dalle intercettazioni ambientali emerse dall’ordinanza del Gip nei confronti del giovane boss Walter Mallo e del suo amico e “collega” Vincenzo Danise, arrestati questa notte, sono emersi inquietanti dialoghi tra le madri dei due ragazzi. I discorsi vertevamo in particolare sulla pericolosità delle loro azioni, sul come i due, assieme ai loro complici, andassero a sfidare il clan Lo Russo, egemone nella zona del Don Guanella da molti anni. “Stanno facendo proprio tarantelle grosse…. Sparano quaggiù…una bambina di quattro anni stavano colpendo….ma che stiamo scherzando!… Manco se fosse uscito pazzo! Ma chi ne ha idea delle stupidaggini che fanno questi qui”- diceva Lucia, madre di Walter Mallo, alla signora Addolorata Menna, madre di Vincenzo Danise. “Andate…andate a fare le banche, che prendete quei tre o quattro anni di carcere…ma tu vai contro gente che sta da cinquant’anni qui” (cioè i cosiddetti “Capitoni”, il clan Lo Russo), continuava la donna. “Così saranno ammazzati”, concludeva la madre di Mallo, arrivata addirittura a sperare nell’arresto del proprio figlio, a rischio, appunto, di essere assassinato. La faida verte sul controllo dello spaccio nella zona del quartiere Miano, a Napoli.

Fonte: cronachedellacampania.it

Le intercettazioni. I Lo Russo disposti a tutto per uccidere Mallo ed i suoi complici

NAPOLI. Il boss Carlo Lo Russo prima del suo arresto era disposto a tutto pur di mettere fine all’ascesa criminale di Walter Mallo. Ma ci ha pensato lo Stato sia per lui e i suoi fedelissimi sia per il ras emergente della don Guanella. Tutti in carcere. E per il momento, si spera, armi deposte. “Carluccio” aveva deciso di uccidere Mallo e addirittura aveva chiesto una mano a quelli del gruppo Amato di Secondigliano che hanno il quartier generale a Melito. Ci sono le intercettazioni telefoniche che lo confermano. I suoi fedelissimi Mariano Torre e Domenico Cerasuolo detto “Nico” (tutti in carcere per l’omicidio di Pasquale Izzi) cercavano in giro il 27enne ras del don Guanella, Paolo Russo “a’ patana” e Vincenzo Danise. 

Dalle registrazioni si evince anche l’intenzione dei “mianesi” di andare a sparare sotto l’abitazione della madre del giovane nemico di camorra. Quindi Carlo Lo Russo e il suo gruppo di fuoco, composto da nipoti e fedelissimi, avevano deciso di chiudere i conti con i Mallo, senza possibilità di una mediazione, quando il neonato gruppo aveva cominciato a compiere scorribande armate davanti a donne e bambini come quella della domenica delle Palme nel mercatino alla don Guanella. Il gruppo di mallo aveva anche fatto fuoco contro il palazzo. Un affronto da o punire assolutamente, secondo il ras dei “Capitoni”. 

Queste le intercettazioni 

Carlo Lo Russo: «eh Nico do- ve sei stato ieri?».
Nico: «’o zio” sono stato qua intorno».
Carlo: «questo mi ha rotto il cazzo…nel don Guanella…mò ci faccio terra bruciata …a questo!». Nico: «eh».
Carlo: «quello ieri..è venuto un’altra volta qua per venirci a sparare».
Nico: «è…».
Carlo: «fuori al Messico…Mò ti faccio vedere cosa succede a tutti quanti dentro il don Guanella. Mò Walter il cazzo me l’ha scassato..».
Nico: «in verità lo videro ieri fuori al Messico».
Carlo: «ma dove ha sparato fuori al bar?».
Nico: «ma no..non ha sparato» Carlo: «come..sparò».
Nico: «solo lui?».

Carlo: «e…». 

Nico: «davvero? Io pensavo solo che…».
Carlo: «no..sparò…una, due botte».
Nico: «….(incomprensibile, ndr) tutto…quello che stava insieme ai Vastarella….stava il figlio di Girolamo..».
Carlo: «sono venuti un’altra volta all’una e mezza…mò mi ha scassato il cazzo sto Wal- ter….mò…..mi….sotto il pa- lazzo della mamma bum bum bum sparo venti volte». 

«Sta bordello. Stu guaglione sta creando bordello. I guaglioni (gli spacciatori) non vendono. Non stanno lavorando proprio perché si mettono paura di questo scemo, sto Walter. Questo drogato di merda da dove è uscito? Mo’ gli faccio vedere io il terrore. La vuoi così la guerra? E la facciamo c sì. Mo’ ci faccio terra bruciata….quelli di Melito si sono offerti di darmelo su un piatto d’argento».

Gli interlocutori annuiscono e Carlo riprende: «questo guaglione, vorrei solo avere il piacere di vederlo.
Prima che muore. Gli devo dare due schiaffi. Dico: mannaggia la madonna, non hai capito niente della vita? È morto lo zio tuo… tuo padre non si è trovato più…».

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