giovedì 31 marzo 2016

Pentiti del clan Sarno bruciati vivi e gettati nelle betoniere, assoluzione per il ras Ranucci

SANT'ANTIMO. Assolto perché il fatto non sussiste. E’ arrivata poco fa la sentenza della Seconda Corte di Assise di Appello (pres. Elvi Capecelatro, relatore dott. Abbamondi) a carico di Stefano Ranucci, esponente dell’omonimo clan di Sant’Antimo. I giudici hanno assolto Ranucci per l’omicidio di Anna Sodano, collaboratrice di giustizia uccisa nel 1998 poco dopo aver deciso di passare dalla parte della giustizia. Ranucci (difeso dagli avvocati Maria Lampitella e Paolo Trofino) era stato condannato all’ergastolo in primo grado, insieme ad altri esponenti del clan Sarno, ma la Seconda Corte di Assise di Appello ha ribaltato la sentenza di primo grado assolvendo l’uomo di Sant’Antimo perché il fatto non sussiste, mentre ha confermato la decisione di primo grado per gli altri imputati. 

Una vera e propria 'epurazione interna' al clan per eliminare quegli affiliati che avevano iniziato a collaborare con la giustizia oppure intenzionati a farlo. E' quanto emerso, dopo più di 15 anni, dalle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Dda di Napoli nei confronti dell'organizzazione camorristica dei Sarno nell’operazione messa a segno nel giugno del 2012 quando furono eseguite quindici le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di persone ritenute affiliate al gruppo criminale, per oltre un trentennio attivo nell'area vesuviana e nel quartiere partenopeo Ponticelli. Le accuse contestate sono: omicidio, porto e detenzione illegale di armi con l'aggravante del metodo mafioso per agevolare il gruppo criminale di appartenenza. L'operazione rappresentò l'epilogo di un'intensa attività investigativa che ha fatto luce su alcuni fatti di sangue avvenuti tra il 1994 e il 2002 nei confronti di quattro appartenenti al clan. Fu così possibile non solo ricostruire quanto accaduto, ma anche dare nomi e volti di chi si rese responsabile, come mandati ed esecutori, degli omicidi di: Mario Scala, Anna Sodano, Gennaro Busiello e Giuseppe Schisa. I resti del corpo di Mario Scala, incaricato della vendita di eroina per conto del clan Sarno, furono rinvenuti carbonizzati il 3 dicembre 1994 in alcuni contenitori per la raccolta di rifiuti a Giugliano, località Varcaturo. Il cadavere era talmente irriconoscibile che, prima che venisse effettuato l'esame autoptico, si pensò che appartenesse a una donna. L'uomo, prima di essere ucciso fu `interrogato' e sottoposto a terribili torture da parte degli esponenti del clan per costringerlo a svelare i contenuti della sua collaborazione con la giustizia. Anna Sodano, scomparve il 29 gennaio 1998 dall'hotel Executive di Napoli, in attesa di essere trasferita in una località protetta, ma fu trovata dai killer. Della donna non fu mai trovato il corpo. Anche lei fu `interrogata' prima di essere ammazzata. Il suo compagno, Gennaro Busiello, fu ucciso a Napoli il 18 marzo 2000 con 4 colpi di pistola calibro 7,65 per la sua intenzione di collaborare con la giustizia. Il suo omicidio avvenne con il consenso del fratello a condizione che la stessa sorte fosse toccata ad altri componenti del clan che avevano manifestato analoghe intenzioni. Giuseppe Schisa, affiliato ai Sarno e dedito alle estorsioni sin dai tempi della sua appartenenza alla Nco di Raffaele Cutolo, fu ucciso nel quartiere Ponticelli di Napoli il 18 marzo 2002 con nove colpi di pistola calibro 7,65. L'uomo fu ammazzato perché aveva iniziato a collaborare con i magistrati. Il fratello Roberto aveva addirittura indicato ai killer il luogo in cui tendere l'agguato facendo da `specchietto' ai sicari. 

Dalle dichiarazioni rese dai pentiti emerse che le vittime furono uccisa e buttatate nelle betoniere del calcestruzzo a Sant’Antimo, altri bruciati vivi, fatti a pezzi e sparpagliati nei cassonetti della spazzatura nel giuglianese. Indagini che hanno consentito di far luce su una serie di ‘cold case’, delitti irrisolti da tempo, e in particolare due misteriosi sparizioni avvenute tra il 1994 e il 1998. Furono inghiottiti nel nulla Anna Sodano e Mario Scala, due affiliati di seconda fila della coscache intendevano passare ‘dall’altra parte’. Della donna, scomparsa il 29 gennaio 1998 dall’Hotel Executive di Napoli, dove viveva in attesa di essere trasferita in un’altra località protetta, il corpo non fu mai ritrovato, e secondo alcune testimonianze fu gettato in una betoniera. Dell’uomo invece fu rinvenuto un pezzo di tronco annerito: in un primo momento si pensava appartenesse a una donna e ci fu chi ipotizzò un rito voodoo contro una prostituta africana. 

Dell’occultamento del cadavere è stato accusato Ranucci, ma l’Appello ha dato ragione alla difesa e assolto l’uomo.
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Sant'Antimo. Piazza della Repubblica gremita per la tradizionale kermesse dei fujenti

di Ciro Silvestri


SANT'ANTIMO. L'Unione Cattolica Operaia di piazza della Repubblica, guidata da Pasquale Barretta, grazie anche al patrocinio economico e morale concesso dal Comune di Sant'Antimo, rappresentato dal Vicesindaco nonché assessore alla cultura, Corrado Chiariello, ha organizzato la tradizionale kermesse che vede come protagonisti i fujenti. Sin dalle prime luci del mattino, è stato necessario chiudere al traffico la piazza,in quanto già diverse associazioni limitrofe sostavano in via Roma in attesa di potersi esibire al cospetto della commissione giudicante. Infatti la 67esima edizione, è stata caratterizzata da un concorso che premierà le paranze che hanno esposto le migliori opere letterarie e artistiche (toselli e quadri). Istituito anche un premio canoro, sempre con tema la devozione alla Madonna dell'Arco, per tutti i Fujenti "Mamma Sciavona" Il presidente della associazione organizzatrice ha ricordato le radici antiche di questa devozione popolare che sin dal dopo guerra vanta una cospicua presenza di Fujenti. Il Vicesindaco Chiariello ha testimoniato tutta la vicinanza dell'Amministrazione comunale, plaudendo gli organizzatori per l'ottimo lavoro svolto, che "serve a riscoprire le antiche tradizioni popolari e a mettere la cittadina al centro del pellegrinaggio di diverse centinaia di fedeli di tutta l'area nord di Napoli e del basso casertano". Per l'intera giornata decine di paranze e bande musicali, si sono esibite di fronte ad un pubblico numeroso ed appassionato, nella cornice di Piazza della Repubblica di recente restaurata dalla amministrazione che ha assunto un tocco di eleganza e funzionalità. Adesso la commissione giudicante dovrà valutare secondo i termini del regolamento i lavori meritevoli nelle diverse sezioni oggetto di concorso. Domenica 3 aprile, lo spettacolo riprende con l'esibizione delle paranze vincitrici e la relativa premiazione.

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lunedì 28 marzo 2016

Il 're' dello spaccio di droga alla Sanità arrestato dopo la latitanza al Villaggio Coppola


di Matteo Giuliani


NAPOLI. La Polizia di Stato di Caserta ha tratto in arresto due persone nell’ambito dei servizi mirati al contrasto del fenomeno del traffico di stupefacenti. Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Caserta hanno eseguito nei confronti di VACCA Vincenzo, quarantenne napoletano, un ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli – Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari, ed arrestato in flagranza di reato DI TOMMASO Benito, ventiduenne casertano. 

Le attività investigative dei poliziotti della Squadra Mobile hanno portato all’individuazione ed alla cattura di VACCA Vincenzo, irreperibile dalla data di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare, individuato dagli investigatori della Questura di Caserta a Castel Volturno. 

L’uomo, noto alle forze dell’ordine per il ruolo di primo piano ricoperto nello spaccio nell’area del Rione Sanità di Napoli, è stato rintracciato mentre era in compagnia di S.G., trentanovenne arzanese residente a Castel Voltuno, denunciato a piede libero per favoreggiamento. 

Sulla base dei riscontri investigativi, inoltre, gli uomini della Polizia di Stato hanno individuato DI TOMMASO Benito, già noto alle forze dell’ordine per analoghi precedenti di polizia, all’interno della sua abitazione dove, nel corso delle perquisizioni, sono state rinvenute 55 stecche di hashish e l’attrezzatura utilizzata per la successiva suddivisione e lo spaccio. 


Al termine degli atti di rito VACCA Vincenzo è stato condotto presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere a disposizione dell’Autorità giudiziaria, mentre DI TOMMASO Benito è stato trattenuto per essere giudicato con rito direttissimo.

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«Un progetto per Liternum», una tesi da 110 per il parco archeologico di Giugliano.

di Gennaro Cuozzo
GIUGLIANO. Il parco di Liternum è un sito archeologico dal valore inestimabile che la maggior parte dei giuglianesi ignora. Immerso in un'area verde di rara bellezza, ricopre una superficie di 85000 mq e ospita i resti di una città di origine romana dove alcuni veterani della seconda guerra punica, insieme a Scipione, trovarono la pace dei sensi nel cuore della rigogliosa, fertile e ospitale Campania Felix. Tuttavia, nonostante l’antica importanza, il sito è oggi praticamente abbandonato a se stesso. C’è un giuglianese che però al sito è particolarmente affezionato, tanto da aver elaborato un progetto tridimensionale per rivalutare la zona che gli è valso la laurea magistrale con il massimo dei voti in architettura alla SUN. Il suo nome è Giovanni D’Alterio. Siamo andati ad intervistarlo per saperne di più. 

Ciao Giovanni, ci vuoi spiegare come mai hai scelto per la tua tesi un progetto riguardante proprio il parco di Liternum? 

In realtà la tesi è stata solo un pretesto per fare qualcosa che sognavo da molto tempo. Sono sempre stato affascinato da quella zona archeologica e ritengo che sia una fortuna per me abitare in un luogo che custodisce al suo interno una finestra sulla storia di così importante valore. Purtroppo il sito riversa in condizioni pietose ma questo aspetto io l’ho sempre visto come una sfida piuttosto che come un pretesto per gettare fango sulla mia terra. Io ritengo che ognuno debba amare il paese dove abita e fare qualcosa per renderlo migliore, per questo ho realizzato questo progetto che ha avuto molti consensi tra i professori i quali mi hanno voluto premiare dandomi il massimo dei voti. 

Il tuo progetto potrebbe essere utilizzato per migliorare l’area? 

Il progetto è a tutti gli effetti applicabile. Per me quindi sarebbe un onore se fosse realizzato, ma voglio che sia ben chiaro che il lavoro che ho fatto è prima di tutto un invito per le persone del mio paese a rivalutare il nostro territorio a guardarlo con gli occhi di chi vede in esso delle potenzialità per lo sviluppo a 360° e non una mera distesa di terreni edificabili. È per questo che ho deciso di pubblicarlo su YouTube. In questo modo chiunque voglia aprire la mente ma soprattutto gli occhi su questo sconfinato patrimonio naturale e archeologico che abbiamo lo potrà fare.

Parlaci un po’ nello specifico del tuo progetto e di cosa hai dovuto fare per realizzarlo. 

Innanzitutto sono stato sul posto e ho fatto tutti i rilevi del caso, sia altimetrici, sia riguardanti la planimetria del Teatro, del Tempio e della Basilica . Ho fatto varie misurazioni e ho scattato varie foto per ottenere un “prospetto raddrizzato” cioè una sorta di mappa bidimensionale delle caratteristiche architettoniche del rudere in modo da avere un’immagine unitaria e omnicomprensiva degli elementi da ricreare in 3D al PC. Poi ho dovuto studiare metro per metro l’intero rudere per carpirne i segreti costruttivi in modo da organizzare i lavori di “conservazione materica” individuando le varie patologie di degrado, ossia la presenza ad esempio di erbe infestanti e di umidità di risalita. Inoltre ho sovrapposto le curve di livello di varie annualità per individuare possibili sentieri preesistenti utilizzati dai romani e sono riuscito ad individuarne uno tra le terme e il foro di Liternum. Poi sono passato ovviamente alla realizzazione del progetto tridimensionale e alla valutazione delle varie strutture da costruire per rendere fruibile e quindi visitabile il sito. Mi sono accorto che le scale d’accesso erano distrutte e quindi ho realizzato una rampa, ho poi realizzato digitalmente un pavimento galleggiante in grado di livellare le difformità della superfice su cui sorge il rudere. Un altro aspetto su cui mi sono soffermato è la costruzione di servizi igienici, un punto ristoro e una serie di luoghi didattici per i bambini. Inoltre ho provveduto al ripristino olografico del colonnato del tempio di cui oggi è possibile soltanto osservare una colonna superstite. In pratica con dei laser si va a dare un idea tridimensionale della forma originaria del tempio. Infine ho ricreato tridimensionalmente le condizioni ambientali naturalistiche prefasciste e preborboniche restituendo all’area il caratteristico aspetto paludoso che aveva prima che il fiume Clanio fosse colmato per evitare le esondazioni. In questo modo nella realtà l’area potrebbe essere ripopolata dall’avifauna, ricchissima ai tempi di Scipione. 

Ci puoi spiegare perché è così importante questo sito archeologico? 

È importante perché è l’unico sito così grande, così antico e così completo nelle nostre zone. Infatti esso consta di un tempio dedicato alla triade capitolina (Capitolium), ossia Giunone, Giove e Minerva, di un foro, di un criptoportico, di terme, di un teatro e di una Basilica .Inoltre sorge in un complesso naturalistico unico e bellissimo. Ristrutturato, valorizzato e messo in un contesto di rivalutazione totale della fascia costiera Domitia , esso assumerebbe, con le dovute proporzioni, l’importanza che hanno oggi siti come Velia nel Cilento. 

Cosa faresti tu se avessi la possibilità di migliorare Giugliano? 

Credo che creerei delle situazioni urbanistiche tali da sopperire alla discrasia che esiste tra le tre zone principali del nostro “paesone”. Quindi costruirei piazze, cinema, luoghi di ritrovo facendo in modo che tutte e tre le zone( la costiera, il centro storico e la zona di collegamento tra di esse) siano vivibili e fruibili in tutte le stagioni. Inoltre sopraeleverei la Via Marina che costeggia il litorale in modo da far vedere il mare e creare un lungomare con discesa diretta sulle nostre bellissime spiagge. Per me è paradossale che 2000 anni fa a Liternum si viveva meglio di come viviamo noi adesso. 

Cosa vuoi dire alle amministrazioni? 

Nulla se non il fatto che attualmente il sito di Liternum è un luogo pieno di criticità che non produce ricchezza e che non lo farà fin tanto che non si provvederà a riconoscergli la dignità che merita. 

Cosa vuoi dire ai tuoi concittadini? 


Di amare di più la propria terra e di difenderla. Di informarsi e guardarla sempre con occhi positivi in modo da scrutare il buono sotto il marcio apparente che vediamo. Il parco di Liternum è proprio uno dei luoghi dimenticati che dobbiamo tornare ad amare e rispettare senza vederlo come un peso, poiché anche se non possiamo edificarci sopra, ci sono altri modi per rendere redditizie quelle aree. Io dico sempre che siamo figli ingrati della nostra terra perché Giugliano ha veramente delle risorse infinite e noi dovremmo sfruttarle e farle fruttare anziché distruggerle. 

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Processo ai ‘corrieri della droga’: rifornivano anche i clan Nuvoletta e Contini

TORRE ANNUNZIATA. Cocaina e hashish dall’Olanda e dalla Spagna per i narcos di quattro clan: Gionta-Di Gioia-Contini-Nuvoletta. Un’alleanza trasversale di camorra, dall’ombra del Vesuvio fino a Napoli, già costata condanne a 323 anni di carcere totali per 35 persone, accusate di far parte di un'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, aggravata dal carattere transnazionale e dall'esercizio delle finalità mafiose.

La droga – secondo l’inchiesta condotta nel 2014 dai carabinieri del nucleo investigativo di Napoli e di Torre Annunziata – viaggiava in autostrada su tir dotati di serbatoio con vasi comunicanti. Vasi azionabili elettronicamente: uno per nascondere la cocaina e l'altro per il gasolio. In manette finirono in 39, tra cui 6 corrieri. Lo scacco ai narcos venne dato col sequestro di 600 chili di stupefacenti e di beni per oltre 30 milioni di euro. .

PROCESSO AI “CORRIERI” DI APRILIA. Al via oggi in Tribunale a Torre Annunziata il processo contro i soli Stefano Penta, 42 anni, e Nino Montenero, 60. I due presunti corrieri di Aprilia, nel basso Lazio, coinvolti nelle indagini sul cartello tra i narcos di camorra. A loro carico è però esclusa l’aggravante della finalità mafiosa. La prima udienza è servita per incaricare il perito della trascrizione di fiumi di intercettazioni telefoniche. .

IL FILONE PRINCIPALE. Condannati in primo grado nel filone cardine, lo scorso 4 settembre, i promotori del cartello criminale: tra questi Giuseppe Cirillo “o’ caprone” (37), il broker della coca di Torre Annunziata ritenuto vicino ai Gionta. “O’ caprone” dovrà scontare 16 anni e otto mesi per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Cirillo sfuggì alla retata di fine ottobre 2014. Fu poi arrestato in Germania dalla “Polizei” ad un posto di blocco. .

Diciotto invece gli anni di pena inflitti a Raffaele Sperandeo, cognato del boss Aldo Gionta. Sperandeo è stato l’uomo chiave dell’inchiesta: 6 i numeri di cellulare cambiati in poche settimane. Ma il cognato del boss, sul cellulare, riceveva messaggini come “…I vestiti sono pronti e stirati”. Era il messaggio in codice per la partenza dei corrieri. .

Fonte: Lo Strillone

Clan Polverino, chiesti 2 secoli di carcere per i narcotrafficanti di Marano

clan polverino - barone - pm woodcock NAPOLI – Richiesti complessivamente 200 anni di carcere per il clan Polverino di Marano, cosca specializzata nel narcotraffico con l’importazione dalla Spagna. Il pm della Dda di Napoli, Henry John Woodcock, durante la requisitoria ha dichiarato che le droghe leggere andrebbero liberalizzate perché rappresentano “una fonte di arricchimento e un serbatoio di manovalanza per la criminalità, producendo inoltre alti costi per lo Stato impegnato nella attività repressiva.”  Sono 22 le richieste di condanna formulate nella giornata di ieri. Il Mattino riportare le richieste nel dettaglio: Fabio Allegro (sei anni e sei mesi), Salvatore Cammarota (8 anni), Paolo Cancellara (18 anni), Antonio Cardamone (5 anni), Angelo D’Alterio (6 anni), Stefano Ghidoni (sei anni e sei mesi), Salvatore Liccardi (8 anni), Ciro Manco (8 anni), Carlo Nappi (6 anni e sei mesi), Giuseppe Perrotta (8 anni), Domenico Verde (4 anni e sei mesi), Salvatore Simioli (6 anni e sei mesi), Giuseppe Simioli (8 anni), Raffaele Vallefuoco (30 anni), Massimo Principe (2 anni e 8 mesi), Nazazenio Roberto (2 anni e 8 mesi), Francisco Tarifa (18 anni).

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giovedì 24 marzo 2016

Dallo spaccio al narcotraffico, il profilo di 'Pietro o' Mellone'

NAPOLI. Pietro Maoloni si era dato alla latitanza nei paesi caldi anche per sfuggire alla "taglia" che avevano posto sul suo capo gli Abete-Abbinante perchè durante la fai interna con i Notturno era passato a trafficare cocaina con la Vanella-Grassi, arrichendo le casse del clan rivale. Prendere Maoloni era risultato più complicato del solito e per cercare di indebolirlo caddero sotto i colpi dei killer due eprsone a lui vicine, Mario Perrotta, ucciso l'8 ottobre del 2012 e Domenico Gargiulo detto sicc e Penniell che resto illeso a vari tentativi di omicidi e per il quale erroneamente venne ucciso Lino Romano. Maoloni era contigua al clan Leonardi e apicale nell'organizzazione della Vanella-Grassi, tanto da fornire proprio ai Leonardi le armi per compiere l'omicidio di Giovanni Esposito o' muort. 

L'identikit di Pietro o' Mellone viene delineato negli interrogatori di alcuni collaboratori di giustizia come Gaetano Annunziata: «Avevamo come obiettivi da eliminare Maoloni e un tale detto o' cinese, ma stanarli nella Vela Celeste, dove sapevamo risiedesserp, era troppo difficile e quindi decidemmo di uccidere persone a loro vicine come Mario Perrotta, spacciatore per conto di Maoloni ed un altro pusher, che decidemmo di colpire, del quale non ricordo il nome».

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Clan Mallardo, arrestato dalla polizia ‘O Partigiano

pasquale granata o partigianoGIUGLIANO – Arrestato Pasquale Granata, detto ‘o partigiano, ritenuto affiliato al clan Mallardo. Secondo gli inquirenti sarebbe legato al gruppo di Michele De Biase, noto come Paparella e vittima di lupara bianca. L’accusa è di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L’arresto è stata eseguito dagli agenti del commissariato di Giugliano, diretti dal primo dirigente Pasquale Trocino, a seguito di un’ordinanza firmata dal pm della Dda di Napoli Maria Cristina Ribera. Il blitz è avvenuto questo pomeriggio in un’abitazione nei pressi di Ponte Riccio.
L’inchiesta avrebbe documentato diversi episodi estorsivi ai danni di imprenditori della zona industriale di Giugliano. Granata, dopo una perquisizione domiciliare, è stato condotto nel carcere di Secondigliano.
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Camorra, 110 anni di carcere ai Casalesi. Batosta per il gruppo di “Nicola 23”

tribunale - casalesi - di martino - marescaZONA AVERSANA – Il gup del Tribunale di Napoli ha inflitto, complessivamente, 110 anni di reclusione a dieci componenti del gruppo camorristico del clan dei Casalesi capeggiato da Nicola Di Martino, detto “Nicola 23”, operante nel Casertano, tra i comuni di Teverola e Carinaro.

“Così noi festeggiamo la giornata della memoria”, ha commentato il sostituto procuratore della Repubblica di Napoli, Catello Maresca, colui che ha arrestato il superboss Michele Zagaria, che ha coordinato le indagini.

Il gruppo guidato dal boss 46enne Di Martino è accusato di una serie di intimidazioni avvenute nel 2010 nei confronti dell’ex sindaco di Teverola Biagio Lusini. In uno di questi episodi ci fu il lancio di una testa di bufalo nel cortile di casa del politico (che non denunciò). Poi ci fu un raid con colpi d’arma da fuoco contro il portone dell’abitazione. Da qui partì la denuncia e dunque l’indagine della Procura Antimafia partenopea.

Nell’ordinanza che portò all’arresto di “Nicola 23” ed altri 18 il 18 marzo del 2015 da parte dei carabinieri c’erano anche l’omicidio di Salvatore Ricciardi (avvenuto nel marzo 2010), ucciso in auto e dato alle fiamme perchè voleva chiedere il pizzo in proprio, e il tentato omicidio di due rom minorenni colpevoli di aver compiuto un furto a casa della moglie dell’ex reggente dei casalesi Aldo Picca. Diverse anche le estorsioni ai commercianti documentate.
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martedì 1 marzo 2016

Maxi-blitz contro la 'Vanella-Grassi': lo spaccio gestito dalle donne. Rifornivano anche l'isola di Ischia


NAPOLI. La Polizia di Stato di Napoli sta dando esecuzione a 17 provvedimenti cautelari, richiesti dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ed emessi a carico di un gruppo criminale, contiguo al clan camorristico “Vanella Grassi”, operativo nell’area nord di Napoli, dedito allo spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti. Contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Numerose le donne, con diversi compiti, coinvolte nell’inchiesta. Arrestati dalla Squadra Mobile nel corso delle indagini ulteriori 15 persone e sequestrati circa 30 chilogrammi di sostanza stupefacente tipo cocaina, hashish e marijuana. Individuati i capi, i promotori dell’organizzazione e l’intera rete degli spacciatori che forniva droga anche sull’isola di Ischia. 

Ecco i nomi: 

Balzano Domenico di Torre Annunziata
Barbato Ruben di Lacco Ameno
Gelsomina Chianese di Arzano 
Coppola Luca di Arzano 
Elisa Crispo di Napoli 
Antonio Ferrante di Napoli
Mariarca Ferrante di Napoli
Pasquale Giuliano di Pompei 
Antonio Iarnelli di Napoli 
Gennaro Longo di Pianura 
Giustina Marchese di Casavatore 
Antonio Montemurro di Napoli 
Palumbo Carmelo di Lacco Ameno 
Francesco Radice di Napoli 
Antonio Russo di San Giorgio
Antonio Vitucci di Scampia


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