mercoledì 24 giugno 2015

Agguato a nipoti di Cutolo e Bardellino: ergastolo a Nicola Schiavone

Agguato SalzilloCasal di Principe – Quattro ergastoli, due condanne a 30 anni, due a 15 e un’assoluzione. E’ questo il verdetto di primo grado per il duplice omicidio di Antonio Salzillo e Clemente Prisco. I due, il primo nipote di Antonio Bardellino, l’altro di Raffaele Cutolo, furono uccisi nel 2009 a Cancello Arnone e le forze dell’ordine recuperano l’auto con i due corpi freddati dai killer in un canale.
All’ergastolo sono stati condannati: Nicola Schiavone, Massimo Russo, Francesco Barbato, Michele Ciervo. A 30 anni: Ernesto Arrichiello e Teresa Massaro. 15 anni a Roberto e Pasquale Vargas. Assolto il collaboratore di giustizia Salvatore Laiso.

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Sant'Antimo. Sorpresi con quasi 30 kg. di bionde illegali: 3 persone arrestate

di Matteo Giuliani
SANT'ANTIMO. I carabinieri hanno fermato tre persone che viaggiavano a bordo di una Mercedes mentre trasportavano un grosso quantitativo di sigarette di contrabbando. Il carico serviva per rifornire i rivenditori della zona. I tre sono stati arrestati dai militari dell'Arma in flagranza di reato. Si tratta 60enne, un 33enne e un 32enne residenti tutti a Gricignano di Aversa. I controlli sono scattati quando una pattuglia di carabinieri ha intercettato la mercedes che ha subito destato sospetti. All'alt dei militari i tre sono stati immediatamente identificati e perquisiti. I controlli sono scattati anche all'interno del bagagliaio della vettura e presso le loro abitazioni. In tutti sono state trovate 144 stecche di sigarette dal peso complessivo di 28 kg.
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lunedì 22 giugno 2015

Camorra, arrestato il latitante Cuccaro: la folla ostacola i carabinieri

Napoli – Quando i carabinieri di Torre Annunziata stavano per portarlo via c’è stata una ressa in strada, durante la quale la gente ha tentato di strapparlo dalle mani dei militari dell’Arma.

Luigi Cuccaro, latitante, reggente dell’omonimo clan di Napoli, è stato arrestato nella notte tra sabato e domenica, a Barra, quartiere del capoluogo campano e roccaforte del sodalizio criminale. Si nascondeva in casa del cognato, in un covo ricavato tra le pareti dell’ingresso, al quale si aveva accesso rimuovendo un attaccapanni.

Il ricercato avrebbe dovuto incontrare la moglie e il figlio piccolo proprio in quell’abitazione, dove era stata organizzata una festa per il suo onomastico.

Cuccaro era latitante da due anni. Su di lui pendono tre ordinanze di custodia cautelare emesse, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia partenopea, per omicidio, associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e al contrabbando.

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Camorra, chiesti 5 secoli di carcere per gli uomini del clan Lo Russo

di Viviana Lanza

Chiesti quasi cinque secoli di carcere complessivi per trentuno imputati, ritenuti affiliati al clan Lo Russo nella sua nuova versione, dopo il pentimento del capo storico Salvatore, un tempo esponente di spicco della camorra influente tra Miano, Secondigliano e l’area a nord di Napoli e oggi collaboratore di giustizia.

Per loro il pm anticamorra Enrica Parascandolo ha concluso la requisitoria con richieste di condanna severe. Camorra e droga, le accuse: associazione di stampo camorristico e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, l’antico business del clan che esercita il controllo del malaffare tra Miano e il rione Sanità.

Diciotto anni di reclusione sono stati chiesti per i fratelli Carlo e Mario Lo Russo, indicati come elementi di vertice del clan di famiglia. La stessa pena è stata proposta anche per Antonio Cardillo. Luigi Russo (più otto per un altro capo di imputazione) e Pietro Polverino. Venti anni di carcere è la condanna invocata per Ciro Culiersi, Vincenzo Bonavolta, Gennaro Palumbo, Salvatore Silvestri (più otto per un altro capo di imputazione).

L’elenco delle richieste del pm prosegue con i 12 anni di reclusione chiesti per Maria Barato, Daniele Culiersi, Ignazio D’Angelo, Gianluca Madonna, Salvatore Marino, Alessandro Paravano, Salvatore La Hara, Carlo Nappello; 10 anni per Angela Borzacchiello, Emmanuel D’Abile; 15 anni per Antonio Cinicolo, Pietro Simonetti, Salvatore Cerchio, Francesco Brillante; 16 anni di carcere per Francesco Saverio Cinicolo, Gabriele Vallefuoco, Antonio De Simini, Valerio Nappello, Luciano Pompeo; 14 anni Pasquale Luongo e Emanuele Prota; 9 anni per Massimo Della Ragione.

L’assoluzione è stata chiesta per Vincenzo Agrillo. Gli imputati sono processati con rito abbreviato e al termine delle arringhe degli avvocati del collegio di difesa il giudice Pepe firmerà la sentenza, atto conclusivo del primo grado di giudizio.

L’inchiesta, culminata nel maxiblitz a settembre 2014, ha ricostruito il nuovo organigramma del clan di Miano e i cambiamenti che ha affrontato dopo il pentimento dello storico capoclan Salvatore e l’arresto del figlio di questi, Antonio Lo Russo, il giovane boss con la passione del calcio, noto per essere stato fotografato a bordocampo allo stadio San Paolo e che aveva preso le redini del clan di famiglia decidendo di proseguire l’attività criminale del gruppo.

Agli atti delle indagini le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, intercettazioni e risultati di indagini lunghe e complesse condotte dai carabinieri e coordinate dai pm Henry John Woodcock e Enrica Parascandolo della Dda napoletana.

Ognuno nel clan aveva compiti ben precisi: dalla scorta armata alle estorsioni, dalla gestione della cassa al controllo delle piazze di spaccio e, come in stile di camorra, c’era anche chi aveva abilità e compiti da killer. Il clan Lo Russo è storicamente noto con il soprannome dei Capitone. A sfogliare le carte dell’inchiesta pare che quello dei soprannomi sia un aspetto a cui gli affiliati del clan dovevano tenere particolarmente.

Tutti quelli che avevano un ruolo all’interno dell’organizzazione avevano un alias. E’ un elenco di varia e discutibile fantasia camorrista, quello dei soprannomi svelati dai pentiti o intercettati durante i colloqui captati dagli 007 dell’Antimafia: O Cardillo ‘e Padre Pio, Birretella e omm’bello, ‘o Biondo, ‘o calabrese, cenzore, ‘o cecato, ‘o gigante, Giggiotto, Lelle’, ‘o pavone, Totore Attila, masaniello, Luchetto, ‘o pazzo, ‘o chiatto, ‘o becchino, Giovannone, Bijioux. 
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martedì 16 giugno 2015

Spaccio di eroina a Scampia, nei guai una donna di Sant’Antimo

SANT’ANTIMO – Beccata mentre spacciava droga. I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Napoli Stella hanno arrestato per spaccio e detenzione di stupefacente Ranucci Maria, 35 anni, residente a Sant’Antimo, già nota alle forze dell’ordine.

La donna è stata notata in via Ghisleri, nel complesso di edilizia popolare chiamato “Lotto “T/A”, area sotto l’influenza del clan camorristico “Abete-Notturno”, mentre spacciava stupefacenti a giovani acquirenti.

Bloccata e perquisita la donna è stata trovata in possesso di 20 grammi di eroina, divisa in 23 dosi, contenuti in un pacchetto di sigarette che la aveva nascosto dietro la ruota di un’auto in sosta e di 22 euro in denaro contante, ritenuti provento d’illecita attività.

L’arrestata è stata tradotta nel carcere di Pozzuoli.
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venerdì 12 giugno 2015

Ecco Gomorra 2: 12 puntate con le «boss» eredi di donna Imma e Savastano padre contro il figlio Genny

Due auto nere di grossa cilindrata entrano nel garage di un capannone industriale: scendono il boss in declino Pietro Savastano (Fortunato Cerlino), appena evaso dal carcere di massima sicurezza del Nord dov'era recluso, e i suoi fedelissimi che lo informano dell'agguato che ha lasciato il figlio Genny (Salvatore Esposito) in fin di vita.

È uno dei primi ciak di 'Gomorra 2', che riprenderà la narrazione esattamente dove si era interrotta la prima serie-evento ispirata al best seller di Roberto Saviano, trasmessa ad oggi in 113 Paesi al mondo («un record assoluto», sottolinea Andrea Scrosati, Executive Vice President Programming, Cinema, Entertainment, News & Partner Channels di Sky Italia).

La scena in questione, pur essendo ambientata a Bergamo, è stata girata ieri nello stabilimento di Nola (per l'esattezza in località Bosco Fangone) della società di trasporto e logistica A.ba.co, dove la troupe ha accolto una visita sul set di giornalisti arrivati da tutta Europa. La seconda serie è già stata opzionata da moltissimi Paesi che hanno trasmesso la prima (e in tanti hanno garantito l'acquisto della serie finchè durerà, per ora è già certa la produzione di un terzo capitolo).

E per la verità le riprese sono iniziate già a fine aprile in Germania e «termineranno a fine ottobre -spiega Riccardo Tozzi di Cattleya, che produce la serie insieme a Sky Atlantic, Fandango e alla tedesca Beta- e toccheranno anche la Croazia e il Sudamerica». Ma in questi giorni si girano le scene che apriranno la serie, in onda nella primavera 2016.

Nel segno del divieto di qualsiasi forma di 'spoiler', della trama dei 12 nuovi episodi autori e protagonisti hanno rivelato molto poco. Quello che si sa è che dal secondo episodio in poi la serie la serie farà un salto narrativo in avanti. Finita irrimediabilmente l'era in cui il clan Savastano regnava incontrastato e uscita di scena Donna Imma (interpretata da Maria Pia Scalzone), dopo l'esecuzione ordinata dall'infedele Ciro (Marco D'Amore), fanno il loro ingresso due nuove figure femminili destinate a prendere ruoli di potere in una guerra senza quartiere che terrà banco nella seconda serie.

Una guerrà che vedrà sfidarsi «tutti contro tutti» i quattro aspiranti al controllo di Secondigliano: Ciro, Salvatore Conte (Marco Palvetti) e perfino i due Savastano, il padre Pietro contro il figlio Genny. Il futuro apparterrà a chi sarà in grado di stringere l'alleanza più forte (il primo che aveva provato a proporne una, già alla fine della prima serie, era stato Conte). O forse quella più inaspettata.

In questo scenario avranno due ruoli chiave Patrizia (interpretata da Cristiana Dell'Anna), capocommessa nel negozio di moda dove si servono tutte le donne più in vista di Secondigliano e dunque un 'orecchio' che si rivelerà utilissimo per suo zio, Malamò, luogotenente di Pietro Savastano. E ancora di più Annalisa, detta 'Scianel' (l'attrice Cristina Donadio), diventata 'reggente' dell'importante piazza di spaccio del fratello Zecchinetta, boss ucciso dai ragazzini di Genny nella prima stagione. Scianel si rivelerà una donna in grado di esercitare e gestire con grande intelligenza il potere, senza scrupoli e in modo duro e spietato. «Scianel -spiega Cristina Donadio- ne ha viste di tutti i colori ed ha un'intelligenza istintiva ed animalesca oltre ad una spiccata attitudine al comando. Sto lavorando molto sulla gestualità, sulla voce e sullo sguardo: ed è un lavoro tutto a togliere e a non strafare. Anche perché la sceneggiatura è scritta talmente bene». Poi a proposito della Gomorra-mania nel mondo, Cristina racconta quanto le è accaduto ai Caraibi nello Stato di Trinidad e Tobago: «Anche lì sono malati della serie, che hanno visto su Hbo. Il presidente quando chiude le riunioni importanti o il carnevale di Trinidad dice in un napoletano stentato: 'stat senz penzier'....», conclude scatenando le risate di tutti i presenti.

Ma la seconda serie, tra tante conferme, presenta una novità importante anche nel cast tecnico: l'ingresso di un quarto regista. Ai tre della prima stagione, Stefano Sollima (che mantiene anche il ruolo di supervisore artistico), Francesca Comencini e Claudio Cupellini, arriva anche Claudio Giovannesi.

«Sono felicissimo - dice il nuovo arrivato - è la prima volta che mi confronto con la serialità e la cosa che mi piace di più di Gomorra è la commistione tra il forte realismo e i grandi archetipi shakespeariani». Il criterio di divisione del lavoro è quello dello scorso anno: ogni regista girerà alcuni episodi che avranno uno punto di vista particolare, che spesso è quello che segue alcuni dei personaggi più di altri. E anche quest'anno a seguire maggiormente i personaggi femminili sarà Francesca Comencini: «Una delle strade che 'Gomorra' ha aperto è anche questa: inserire uno sguardo femminile», dice la regista.

A scrivere la serie sono gli stessi sceneggiatori della prima: Stefano Bises, Leonardo Fasoli, Ludovica Rampoldi e Maddalena Ravagli e resta anche la collaborazione di Roberto Saviano al soggetto di serie. «In realtà -spiega Sollima- la collaborazione di Roberto va ben oltre perché lui legge tutto quello che viene scritto e ci aiuta a far sì che tutto sia credibile», conclude il regista.
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giovedì 11 giugno 2015

Camorra, presi i “guagliuncielli” di Forcella: 60 arresti

Napoli – 61 le persone arrestate, più di 80 i capi di imputazione per due nuovi cartelli criminali nati nelle zone di Forcella e della Maddalena a Napoli e che tra i protagonisti vedono anche la terza generazione del clan Giuliano e Mazzarella.

La squadra mobile di Napoli, su impulso di un’indagine della direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha sgominato le nuove leve della camorra napoletana attiva nel centro storico.

Una “paranza di guagliuncelli”, così come è stata definita nelle intercettazioni telefoniche, che vessava con estorsioni commercianti, ambulanti, parcheggiatori abusivi e pizzerie del centro storico, effettuava raid armati a scopo intimidatorio, omicidi e controllava il traffico di stupefacenti.

I due cartelli criminali contrapposti erano le famiglie Amirante-Brunetti-Giuliano-Sibillo da un lato e Mazzarella Del Prete dall’altro.

I dettagli dell’operazione, che ha messo in evidenza l’assenza di denuncia da parte dei commercianti vessati, sono stati forniti durante una conferenza dal capo della procura di Napoli, Giovanni Colangelo, dal questore Guido Marino e dal capo della Mobile, Fausto Lamparelli.

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Giancarlo Siani, 30 anni fa l'articolo che decretò la sua condanna a morte

Trent'anni fa esatti, la pubblicazione sulle pagine del Mattino dell'articolo che molto probabilmente costò la condanna a morte da parte della camorra del giornalista Giancarlo Siani. Era il 10 giugno 1985 quando Siani parlò dei possibili scenari criminali campani in seguito all'arresto del boss di Torre Annunziata Valentino Gionta.

Se n'è parlato oggi al Pan di via De Mille durante il corso di formazione "In viaggio con la Mehari di Giancarlo Siani", promosso dall'Ordine dei Giornalisti della Campania e dalla Fondazione Polis della Regione Campania per le vittime innocenti della criminalità e i beni confiscati. L'iniziativa rientrava nell'ambito del Protocollo di Intesa sottoscritto dai due enti promotori nel novembre del 2012, che annovera, tra i punti qualificanti, la sensibilizzazione a mezzo stampa alla cultura della legalità, a partire dai temi delle vittime di criminalità e dei beni confiscati alla camorra, e il monitoraggio della grave piaga dei cronisti minacciati, in collaborazione con l'osservatorio "Ossigeno per l'Informazione". L'incontro si è tenuto in una data non casuale, in quanto oggi 10 giugno ricorre il trentennale della pubblicazione sul quotidiano "Il Mattino" dell'articolo che costò la vita a Giancarlo Siani, ucciso il 23 settembre 1985 dai sicari del clan Nuvoletta. Il corso di formazione ha rappresentato, pertanto, il primo di una lunga serie di attività celebrative del 30° anniversario dell'uccisione di Siani e l'occasione per fare il punto sui delicati temi delle vittime innocenti della criminalità e della libertà di stampa, sia sul versante della tutela giuridica che su quello della comunicazione. I lavori sono stati introdotti dal presidente dell'Ordine Ottavio Lucarelli. Sono intervenuti la cronista de "Il Mattino" Daniela Limoncelli, il vicepresidente della Fondazione Polis e vicario episcopale per la Carità e la Pastorale Sociale della Diocesi di Napoli don Tonino Palmese, il segretario generale e il responsabile della comunicazione della stessa Fondazione, rispettivamente Enrico Tedesco e Salvatore Buglione. Ha moderato il presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Polis Geppino Fiorenza.

Ecco l'articolo pubblicato da "Il Mattino" del 10 giugno 1985 da Giancarlo Siani.

Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.

Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell'area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l'altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.

Dopo il 26 agosto dell'anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».

La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell'area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.

Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un'altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.

È proprio il traffico dell'eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.

Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell'anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l'attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.

Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.

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Show al tribunale di Napoli, giudice urla in aula: “Arrestate Renato Napoleone”

udienzaNAPOLI - Durante il processo il giudice ordina ai carabinieri: “Arrestate Napoleone”. E’ successo a napoli ieri, durante un’udienza dibattimentale tenutasi avanti al tribunale collegiale nei confronti di imputati per associazione di tipo mafioso ed associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tra i quali Renato Napoleone, 32enne, di Melito, ritenuto l’attuale reggente del gruppo camorristico degli “amato-pagano”, attivo nei comuni dell’area nord della provincia di Napoli.

Napoleone, in atto detenuto agli arresti domiciliari presso una comunità di recupero calabrese, era destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere che lo aveva raggiunto per reiterate violazioni agli obblighi legati alla detenzione domiciliare in comunità.
Singolare il fatto che nelle fasi conclusive dell’udienza tutti i presenti in aula sono stati colti di sorpresa dall’annuncio del presidente del collegio giudicante che ha tuonato l’ordine ai carabinieri: “arrestate Renato Napoleone, nei suoi confronti pende un’ordinanza che ne dispone il ritorno in carcere”. Così i militari presenti in aula hanno preso il soggetto, gli hanno notificato il provvedimento restrittivo e lo hanno trasferito presso il centro penitenziario di Secondigliano.

A giugno dell’anno scorso Napoleone era comparso sulle pagine di cronaca dei quotidiani perché un pentito lo aveva accusato di aver ordinato l’uccisione di un adepto del suo gruppo per un presunto ‘sgarro’. Si tratterebbe dell’omicidio di Luigi Magnetti, massacrato a colpi di arma da fuoco a settembre del 2009.

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mercoledì 10 giugno 2015

Camorra:arresti e sequestri da 13mln contro clan Nuvoletta

(di Francesca Brunati)
   (ANSA) - MILANO, 10 GIU - E' un 'piccolo' impero dal valore di 13 milioni di euro quello sequestrato a Giovanni Nuvoletta, il figlio del boss morto anni fa Lorenzo, finito in cella all'alba di oggi con le accuse di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, reimpiego di capitali illeciti e trasferimento fraudolento di valori.

A 'decapitare' il clan dei Nuvoletta, con due ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip di Napoli Egle Pilla, nell'ambito di un'indagine avviata dalla dda milanese e trasmessa per competenza a quella di Napoli, sono stati i militari del Gico della Guardia di Finanza di Milano. Le fiamme gialle hanno portato in carcere Giovanni Nuvoletta, ammanettato a Pogliano Milanese, e hanno notificato i provvedimenti anche a Antonio Manzo e Cosimo Migliore, entrambi gia' detenuti per altri reati.

Arresti domiciliari a Baranzate invece per la moglie Annunziata Manzo, i figli, e due nipoti e altre persone. E poi perquisizioni nelle province di Milano, Napoli e Caserta. Secondo le indagini, oltre ad aver agevolato i clan camorristici come la fazione Bidognetti, Nuvoletta, consapevole "'del timbro di mafiosita'' legato al suo cognome, conosciuto soprattutto in Campania", nel 2011 si e' trasferito, con i suoi piu' stretti familiari al Nord, in Lombardia, "perche' non c'e' la pressione. - sono le sue considerazioni in una intercettazione del dicembre 2013 - (...) ti conoscono... ma non ti conoscono... allora(...) ti vedono lavorare e non sanno quello che tu sei.. invece qua ti vedono sotto un'altra ottica, sei visto male in partenza".

E in Lombardia, si legge in uno dei provvedimenti del gip, tramite un meccanismo di 'scatole cinesi', ha reinvestito i capitali accumulati in passato con il traffico di droga, in "attivita' commerciali" e societa' intestandole a prestanomi - familiari e non - conservando la posizione di socio occulto e "di fatto esercitando" la loro la gestione. E non solo: sempre in una conversazione intercettata, il figlio Ciro ha ventilato l'idea "di riciclare denaro contante presso un casino'".

Tra le varie societa' al centro delle indagini ci sono quella Agricola Amozzarella, azienda produttrice di latticini con tanto di 800 bufale (da una trattativa poi sfumata per la loro vendita in Algeria si evince che il loro valore e' di oltre 2 milioni) e ristorante con sedi rispettivamente a Pogliano Milanese e Baranzate. Oppure la Cloudlet Horse Racing Team srl, che gestiva una scuderia ippica per la partecipazione a competizioni e gare nazionali e la vendita e l'acquisto di cavalli da corsa come 'Oianez', che ha partecipato anche al prix de Avignon, 'Pier Grif', 'Taikon' o 'Magico Capar'.

Le due societa' fanno parte dei beni mobili e immobili sequestrati oggi al clan per un valore di 13 milioni. Infatti la gdf ha messo i sigilli a 39 unita' immobiliari, 13 auto, 8 moto, 8 complessi aziendali (tra cui l'azienda zootecnica con superficie di 93 ettari con le bufale da latte), cavalli di razza, quote di otto societa' e numerosi conti correnti.

Oltre a cio' a Giovanni Nuvoletta, con la seconda ordinanza, e'stato contestato di aver messo a disposizione dei Casalesi, tra il 2007 e il 2009, il Lido Felix di Castelvolturno, lo stabilimento balneare di cui era titolare, per consentire agli affiliati di riunirsi in incontri "per concordare strategie organizzative" e nascondere le "armi del clan", tra cui quelle da guerra come due mitragliatori Kalashnikov e uno tipo AR7090, favorendo in particolare la "fazione Bidognetti" .

Infine, il figlio del boss defunto di Marano, con il traffico internazionale di stupefacenti che risale al 2000, ha agevolato "le attivita' dell'omonima organizzazione camorristica" di cui il padre Lorenzo era capo indiscusso.

sabato 6 giugno 2015

Casalesi e il «pizzo», nel mirino 350 aziende: 10 arresti, c'è anche nipote di «Sandokan»

Dieci persone, ritenute appartenenti alla fazione Schiavone del clan camorristico dei Casalesi, sono state arrestate dai carabinieri di Santa Maria Capua Vetere in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia partenopea.

Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, detenzioni e porto d'armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbero imposto il pizzo a numerosi esercizi commerciali.

Nel corso delle indagini, partite nel 2013 e concluse a settembre 2014, i carabinieri hanno ricomposto una sorta di «Pagine Gialle» dell'estorsione sequestrando, in più occasioni, documentazione varia sulla quale gli estorsori hanno annotato, complessivamente, i dati relativi a circa 350 esercizi commerciali del Casertano ritenuti verosimilmente dagli inquirenti vittime delle richieste di pizzo. Le misure cautelari, 7 in carcere e 3 ai domiciliari, sono state emesse dal gip del tribunale di Napoli su richiesta Procura Antimafia partenopea.

Il meccanismo estorsivo utilizzato dal gruppo della fazione Schiavone del clan dei Casalesi, secondo gli inquirenti, è lo stesso usato per imporre gadget pubblicitari a negozianti dal gruppo guidato da Emanuele Libero Schiavone (uno dei figli dell'ex boss Francesco Schiavone), arrestato nell'aprile del 2012 e poi condannato.

Tra i destinatari degli arresti figura anche Omar Schiavone, 26 anni, nipote di «Sandokan». I carabinieri hanno individuato e sequestrato, nell'agenzia pubblicitaria ADV Service di San Marcellino (Caserta), riconducibile a uno degli arrestati, Raffaele Biondino, detto Lello, alcune liste manoscritte con i nomi di circa 300 commercianti che hanno consentito agli inquirenti di ricostruire l'entità dell'attività estorsiva. I quantitativi di gadget imposti alle vittime venivano convogliati proprio nella ADV Service. A coordinare l'attività illecita era Romolo Del Villano, dal carcere, attraverso ordini impartiti al figlio Giuseppe, detto «Romolino» (anche lui tra gli arrestati). 

Gli investigatori hanno individuato le cosiddette «nuove leve» del clan, che gestivano il pizzo tra Grazzanise e i comuni limitrofi tenendosi in contatto con gli affiliati più esperti in carcere. Le «nuove leve» si sono rese protagoniste anche di una rapina a mano armata ai danni di un bar di Casal di Principe, avvenuta il giorno di Capodanno del 2014. Il gruppo aveva a sua disposizione, inoltre, numerose armi (pistole e fucili) utilizzate per mettere a segno le attività illecite. Complessivamente sono stati ricostruiti undici episodi estorsivi anche se sono in corso ulteriori indagini per fare luce su numerose altri episodi. Le altre persone finite in carcere sono Federico Barrino detto «Paciotto»; Carmine Lavagna e Romeo Scarano.
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Maxi bliz contro i clan Vannella Grassi e Leonardi: ecco i nomi di tutti gli arrestati nell’area Nord

44 arrestiHINTERLAND - Sono 44 le persone arrestate nella giornata di ieri, durante la maxi operazione dei militari dell’Arma della Compagnia Vomero. Gli arrestati sono tutti affiliati ai clan Vannella Grassi e Leonardi, i gruppi criminali che da circa due anni dominavano Scampia e Secondigliano. Dei 44 arrestati, 9 affiliati risiedono in diversi comuni dell’area a nord di Napoli. Ecco tutti i nomi:
Strazzulli Francesco, 47enne di Mugnano; Magelli Gennaro, 26 anni di Qualiano; Michele Silvestro 31 anni di Giugliano; Parziale Gaetano 31enne di Giugliano; Esposito Marco 36 anni di Melito; Aurilio Vincenzo 53 anni di Melito; Minichini Giuseppe 29 anni di Melito; Barone Francesco 26 anni di Melito; Guarino Rosario 32 anni di Melito.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo camorristico, traffico di droga, detenzione di armi comuni e da guerra. Tra le accuse anche quelle di due tentati omicidi: l’agguato a Giovanni Esposito il 4 luglio 2012 a Secondigliano e quello a cui scampò Giovanni Giordano a Qualiano il 12 novembre del 2012.

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giovedì 4 giugno 2015

Scacco alla camorra di Secondigliano: 44 arresti, tra loro anche esponenti di Mugnano, Melito e Qualiano

L'arresto di uno degli affiliati (ilmattino.it)di Matteo Giuliani

NAPOLI. Nelle prime ore di questa mattina, a Scampia, in altri quartieri della zona settentrionale di Napoli ed in diverse città italiane, la Compagnia Carabinieri del Vomero e la Squadra Mobile di Napoli hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per 44 indagati, emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli, su richiesta di questa Direzione distrettuale antimafia, nei confronti degli affiliati della consorteria camorristica denominata gruppo Leonardi, parte integrante del clan denominato Vanella Grassi.

Il provvedimento cautelare colpisce affiliati al gruppo Leonardi, a seguito delle indagini, sempre coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che avevano preso l'avvio nel pieno della terza faida, guerra che nel 2012-2013 aveva insanguinato Scampia e Secondigliano e che aveva contrapposto la Vanella Grassi, di cui la consorteria Leonardi era un pilastro fondamentale, al cartello Abete – Abbinante – Notturno.
Secondo quanto ritenuto dal Gip nell'ordinanza cautelare, attraverso le indagini, svolte in stretta sinergia dalla Squadra Mobile di Napoli, dai Carabinieri della Compagnia Vomero e dal Gico della GdF, si è giunti all'individuazione dei soggetti operanti quali gruppo di fuoco del clan Leonardi nonché organizzatori, direttori e gestori dell'articolata struttura di narcotraffico dei Leonardi, con forti propaggini anche nella capitale, ma irradiante da Scampia e da Secondigliano.

Apporto fondamentale alle indagini emerge dalle dichiarazioni di Antonio Leonardi e dei suoi tre figli (Alfredo, Felice e Giovanni), divenuti collaboratori agli inizi del 2014 ma altresì di centrale importanza sono indagini tecniche e sequestri operati dalle Forze dell'Ordine nel periodo 2012-2014. 

Sempre sulla scorta della valutazione del Gip, risulta di particolare importanza, sul piano investigativo, non solo la ricostruzione delle fattispecie associative (associazione camorristica e finalizzata al narcotraffico) e dell'organigramma di una consorteria estremamente articolata sia sul piano imprenditoriale che militare ma, al tempo stesso, l'avere fatto luce su alcuni episodi di natura 'militare' che si inseriscono a pieno titolo nella faida del 2012-2013, tra cui la completa identificazione di mandanti ed esecutori del tentato omicidio di Giovanni Esposito, capo del clan Abbinante, vicenda che diede ufficialmente inizio alla faida del 2012 (Secondigliano, 4.7.2012), nonché del tentato omicidio di Giovanni Giordano (Qualiano, 12.11.2012), altro affiliato degli Abbinante, sottogruppo Bastone; inoltre, di alcuni raid armati sulle principali piazze di spaccio, come Lotto P e Vela Celeste, veri e propri attacchi e contrattacchi militari alle roccaforti dei clan di Scampia. Contestualmente all'esecuzione dell'ordinanza cautelare, il Gico del Nucleo PT della GdF di Napoli ha eseguito un decreto di sequestro preventivo disposto in via d'urgenza dalla Dda nei confronti di beni riconducibili a congiunti e prestanome dei Leonardi.

Il contesto di queste vicende descrive quindi la storia recente degli assetti e delle fibrillazioni delle organizzazioni camorristiche dell'area di Scampia e di Secondigliano, ripercorrendo l'ascesa e la dissoluzione del gruppo Leonardi, nel periodo che copre e segue la guerra di camorra che li ha visti, alleati alla Vanella Grassi, contrapposti al clan Abete – Abbinante – Notturno.
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mercoledì 3 giugno 2015

Appalti a Casalesi, 10 anni all'ex sindaco di Villa Literno ed ex consigliere regionale Fabozzi

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa l'ex sindaco Pd di Villa Literno (Caserta) ed ex consigliere regionale Enrico Fabozzi. Il pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro aveva chiesto 14 anni di reclusione.

All'ex consigliere regionale del Pd, sospeso dal partito nel 2010, dopo l'arresto, è stata contestata la concessione a metà degli anni 2000 di numerosi appalti a ditte legate al clan dei Casalesi, in particolare alla fazione Bidognetti, allora capeggiata da Luigi Guida detto «'o drink».

Il boss si è poi pentito accusando Fabozzi; le sue dichiarazioni furono poi confermate anche dal capoclan Antonio Iovine, divenuto collaboratore di giustizia nel giugno dello scorso anno.

Tra i condannati anche altri due pentiti: Massimo Iovine e Francesco Diana, i quali sono stati determinanti nel ricostruire l'accusa ai danni di Fabozzi e per questo hanno beneficiato dell'attenuante della collaborazione.

I giudici hanno condannato ad 8 anni anche i due imprenditori che avrebbero beneficiato degli appalti, Pasquale e Giuseppe Mastrominico, mentre due anni sono stati inflitti per il reato di voto di scambio all'imputato Nicola Caiazzo. Assolto l'imprenditore di Casal di Principe (Caserta) Raffaele Pezzella.

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Mugnano, colpo al clan “Amato-Pagano”: arrestato l’omicida di Francesco Feldi

francescoFeldi_secondigliano-liguoriMUGNANO - Colpo delle forze dell’ordine al clan “Amato-Pagano”. Carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli hanno dato esecuzione a un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere emessa dal GIP di Napoli a carico di Attanasio Liguori, 37 anni, di Mugnano di Napoli affiliato al clan camorristico degli “Amato – Pagano”.

Le indagini dei militari dell’Arma hanno consentito di individuarlo come uno dei responsabili dell’omicidio del 41enne Francesco Feldi, un appartenente al clan “Sacco – Bocchetti” –i rivali degli “Amato – Pagano”- ucciso a colpi d’arma da fuoco la sera del 19 febbraio 2011 a Secondigliano, esattamente nel rione Berlingieri.

L’omicidio si inscrive nell’ambito della faida di camorra di Scampia. L’eliminazione di Francesco Feldi, detto “o Tufano”, sarebbe stata decisa per contrasti tra i clan nella gestione degli affari illeciti sul territorio, in particolare per il controllo delle piazze della droga.

La svolta nelle indagini è arrivata grazie alle dichiarazioni di 3 collaboratori di giustizia e altre persone; tra queste, Mirko Romano, un 27enne di Napoli, rinvenuto cadavere il 3 dicembre 2012 sulla Strada Statale 162, anch’egli ucciso da numerosi colpi d’arma da fuoco.

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Camorra, guerra tra clan: polizia e carabinieri arrestano 40 persone

Carabinieri del comando provinciale di Napoli e agenti della Polizia di Stato della Questura del capoluogo campano stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei riguardi di una quarantina di persone ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi, comuni e da guerra, e di tentati omicidi. 

La Guardia di Finanza di Napoli, inoltre, sta eseguendo un decreto di sequestro di beni per circa quattro milioni di euro nei confronti di alcuni degli indagati. Durante le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Polizia e Carabinieri hanno accertato i progetti di vendetta, compresi eventuali omicidi, messi a punto nell'ambito dei conflitti tra i gruppi camorristici «Leonardi» e «Vanella Grassi», ai quali - secondo l'accusa - fanno riferimento gli arrestati, contrapposti al gruppo «Abete - Abbinante». Il conflitto fra i clan di camorra - sempre secondo gli investigatori - era causato dal controllo delle attività illecite nell'area Nord di Napoli e nei comuni limitrofi di Melito e Mugnano. Nelle indagini, inoltre, è stata ricostruita la rete e l'organizzazione del traffico e dello spaccio di stupefacenti in quell'area.
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