giovedì 30 ottobre 2014

​Si pente il produttore di Gomorra: «Un errore fittare la villa del boss»

Torre Annunziata. «Abbiamo sbagliato a fittare quella villa, è stato un errore dovuta all'inesperienza». A tre mesi dall'arresto di tre esponenti del clan Gallo-Pisielli per la presunta estorsione alla troupe che girò alcune scene della fortunata serie tv «Gomorra» all'interno della villa del boss a Torre Annunziata, ieri mattina si è tornato a parlare della questione «casa Savastano».

A discutere, davanti ad una platea di giovanissimi, è stato Riccardo Tozzi, presidente della casa cinematografica Cattleya e produttore della serie andata in onda su Sky, durante il primo incontro di «A mano disarmata» che si è tenuto al liceo Dante Alighieri di Roma. «Ci siamo trovati a girare in una realtà del tutto particolare – ha ammesso Tozzi – dove probabilmente altre produzioni avrebbero lasciato perdere. Lavorare a Napoli, se non si conosce la realtà totalmente diversa dal resto d'Italia, è pressoché impossibile. Basti pensare alla difficoltà nel trovare le diverse location a causa di affittuari spesso collusi con la malavita».

La Cattleya si era affidata ad un location manager napoletano, Gennaro Aquino, che scelto come set ideale per casa Savastano l'abitazione di Francesco Gallo alias «Francuccio ‘o Pisiello», boss dell'omonima frangia del clan di Torre Annunziata, che ha la sua roccaforte nel Parco Penniniello, rione di palazzine popolari tra via Plinio e via Settetermini, crocevia dello spaccio di stupefacenti. Il tutto era avvenuto nel marzo 2013, quando la Cattleya aveva siglato un regolare contratto di fitto da 30mila euro per girare alcune scene importanti all'interno della villa.

Cinque rate da 6mila euro l'una sarebbero state versate nelle casse del boss, che in cambio prestava alla produzione cinematografica la sua lussuosissima abitazione, piena di mobili laccati in oro, pavimenti griffati, tv incorniciati e vasca idromassaggio a otto posti. Poche le condizioni: prima rata anticipata e panini forniti dalla sorella.

Un mese dopo, nell'ambito dell'operazione «Mano Nera» (siamo al 4 aprile 2013), con 12mila euro già incassati, arrivarono l'arresto di Francesco Gallo e il conseguente sequestro dell'abitazione, con utilizzo lasciato ai tre figli minorenni del boss (che tuttora ci abitano con una zia).

La gestione dell'immobile, però, fu affidata ad un amministratore giudiziario, che ha percepito il restante affitto. Parallelamente – e arriviamo alle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata – il boss Gallo, dal carcere, aveva chiesto a sua madre Annunziata De Simone di «pretendere» i soldi dell'affitto, in nero, a parte. Secondo la ricostruzione della Dda di Napoli, almeno una rata da 6mila euro sarebbe stata versata nelle mani di Raffaele Gallo, alias «zì Filuccio», padre del boss Francesco.

I tre finirono in manette il 17 luglio con l'accusa di estorsione e ora sono attesi dal processo con rito abbreviato fissato a novembre. «Abbreviato condizionato» fa sapere il loro legale, l'avvocato Mauro Porcelli, che ha chiesto l'escussione dei soli responsabili di Cattleya che sarebbero stati minacciati. Intanto, la villa è in attesa del dissequestro definitivo disposto dal gip Umberto Lucarelli nell'ambito del processo «Mano Nera» che ha portato alla condanna di Francesco Gallo a 18 anni.
http://www.ilmattino.it/

Estorsione, condannato a 12 anni il boss dei Casalesi Michele Zagaria


Dodici anni di carcere al boss dei Casalesi Michele Zagaria: questa la decisione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) al termine del processo che lo vedeva imputato per estorsione aggravata. Il collegio presieduto da Orazio Rossi ha, invece, assolto perchè il fatto non sussiste gli altri due imputati, Giovanni Garofalo, e l'ex braccio destro del capoclan Massimiliano Caterino, che durante il processo è diventato collaboratore di giustizia.


Le parti offese erano due imprenditori, titolari rispettivamente di un'azienda edile e di trasporti, ma la Corte ha riconosciuto la colpevolezza di Zagaria (difeso dai legali Angelo Raucci e Paolo Di Furia) solo in relazione all'estorsione compiuta ai danni della seconda. Le indagini condotte dalla Dda che avevano portato all'emissione dell'ordinanze di carcerazione per Zagaria e i suoi fedelissimi nel maggio del 2013, avevano permesso di ricostruire un giro di estorsioni in un periodo compreso tra il 2005 e il 2012.

http://www.ilmattino.it/

martedì 28 ottobre 2014

Agguato nella notte a Napoli: ferito uomo vicino al clan Ricciardi

Napoli. Si sono avvicinati ad una vettura parcheggiata ed hanno iniziato a fare fuoco all'impazzata. L'obiettivo era Alberto Cacace, 27 anni, ritenuto vicino al clan Ricciardi, da tempo residente nella provincia di Napoli.

Il giovane si è piegato in avanti al posto di guida e si è salvato dopo essere stato colpito di striscio al torace. Da solo è andato a farsi medicare al Vecchio Pellegrini dove i sanitari gli hanno diagnosticato sette giorni di prognosi.

E’ successo nella notte tra domenica e lunedì, intorno all’una, in via Girardi, ai quartieri Spagnoli. Gli agenti della polizia hanno trovato riscontro al racconto della vittima: sul luogo dell’agguato, infatti, sono stati trovati quattro bossoli calibro 4x21 che hanno mandato in frantumi, oltre al vetro dell'auto di Cacace, anche il lunotto posteriore di un’altra autovettura.
http://www.pupia.tv/

“Io Amo Napoli”: «Campagna offensiva che tratta i napoletani come dei cretini»

ioamonapoli“Io Amo Napoli”: questo il titolo della campagna di comunicazione sociale che Palazzo San Giacomo ha ideato per indurre i cittadini partenopei a comportamenti virtuosi e rispettosi del bene comune (trovate QUI tutte le immagini). Ma è proprio questo “indurre” che non è andato giù a molte persone, coloro che a vedere la faccia sorridente di chi proclama con fierezza “non butto le carte a terra” hanno storto il naso: possibile che ci sia bisogno di un tale dispiegamento di mezzi comunicativi per inculcare le regole basilari del vivere civile? Ne abbiamo parlato con Bruno Ballardini, pubblicitario, scrittore e docente di copywriting all’Istituto Superiore di Comunicazione Ilas di Napoli., editorialista di Linus e del Sole24Ore.

Partiamo da una considerazione di merito: secondo Lei questa campagna sociale, promossa dal neonato "Assessorato alla Comunicazione, Promozione e Made in Naples", è efficace nel promuovere comportamenti rispettosi della comunità da parte dei cittadini?

Ancora una volta degli amministratori incompetenti hanno cercato di usare maldestramente lo strumento della pubblicità per “educare” i cittadini, quando la pubblicità è lo strumento più sbagliato per farlo. Penso che il messaggio sia perfino offensivo visto che tratta i cittadini come dei cretini. E ancora una volta si adotta un approccio “top down”, cioè “dall’alto verso il basso”, da parte di chi dovrebbe invece servire i cittadini e servirli meglio. 

In molti, infatti, si sono sentiti offesi. Sui social network il malumore serpeggia fra chi si chiede se c’era proprio bisogno di una campagna che ci ricordasse l’Abc del vivere civile. Come la pensa, in merito?

Non funziona, non può funzionare! Innanzitutto non fornisce nessuna motivazione valida per adottare comportamenti più civili, si ferma all’esortazione cercando di fare in modo che arrivi magari con uno stupidissimo meccanismo di emulazione. E chi se ne fotte? Ma poi, nonostante tutto, c’era un’idea dentro, ce l’avevano davanti al naso e non l’hanno nemmeno riconosciuta… Non la vedete? Ma dai, è nel pay off! Nella frase "Napoli sei tu”. A partire da questo concept si potevano sviluppare proposte molto più efficaci visualizzando il fatto che se danneggi Napoli è come se danneggiassi te stesso… Un’occasione bruciata!
È pur vero che, al netto dei malumori, a Napoli degli effettivi problemi di vivibilità e rispetto del bene comune esistono, e questi manifesti affissi in ogni dove lo ricordano pubblicamente, forse ossessivamente. Risulterebbero efficaci, secondo Lei, delle campagne meno generaliste e più mirate, come nelle scuole?

Ripeto, qui occorrerebbe tutt’altro genere di azione. Non di certo la pubblicità. E lo dico da pubblicitario: occorrerebbero dispositivi e strategie per coinvolgere i cittadini direttamente, facendo capire il beneficio che possono ottenere modificando appena le proprie abitudini. Piccoli cambiamenti che messi tutti insieme fanno un grande cambiamento. Di certo si dovrebbe partire dalle scuole per poi arrivare alle famiglie. Ma non con la pubblicità, con qualcosa di più interattivo, qualcosa da fare insieme che coinvolga tutti. La pubblicità è altamente inquinante: quindi imbrattare la città con manifesti per educare la gente a non imbrattarla è una contraddizione in termini. Non trova? 

D’altro canto bisogna rilevare come alcuni comportamenti siano assai ostici da mettere in pratica. Penso in particolare al cartello sulla raccolta differenziata: come farla se interi quartieri della città ancora non sono ancora attrezzati dal Comune in tal senso? Tutto questo per chiederle: può una campagna pubblicitaria proporre comportamenti virtuosi se l’amministrazione stessa non si adopera per farli rispettare?

Assolutamente no. È ovvio che una comunicazione del genere, soprattutto per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti, non può che ottenere una reazione di rifiuto (scusate il bisticcio). Gli amministratori dovrebbero essere i primi a dare l’esempio e non pretendere dai cittadini cose che non possono ancora fare, per motivi oggettivi. È questo uno dei punti in cui invece si dovrebbe rinsaldare il rapporto fra cittadini e amministrazione, con il dialogo. Fare solo pubblicità equivale a fare un monologo. Oppure avevano voglia di buttare dei soldi...

http://www.campaniasuweb.it/


Sant’Antimo. Rapinano le stesse vittime per 2 volte in due giorni

Sant'Antimo, i due arrestati dai carabinieri
SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo nel corso di un servizio per il controllo del territorio hanno tratto in arresto in flagranza di reato Khalashi Faruk 35enne, commerciante e Khan Rana, 37enne, operaio, entrambi del Bangladesh e domiciliati a Frattamaggiore. I due sono stati sorpresi dagli operanti, intervenuti in via Mazzini. A volto scoperto e armati uno di coltello e l’altro di martello avevano intimato a due connazionali di 30 e 34 anni di consegnare quanto in loro possesso. Nel corso di attività investigativa i militari hanno inoltre accertato che nella notte del 25 ottobre avevano rapinato con le medesime modalità le stesse due vittime, costringendole a consegnare la somma in denaro contate di 800 euro. Il coltello e il martello sono stati rinvenuti e sequestrati. Gli arrestati sono stati tradotti nella casa circondariale di Poggioreale.


http://www.internapoli.it/

Sant'Antimo. Proteste per un nuovo ripetitore vicino ad una scuola

SANT'ANTIMO. Preoccupazione per l'installazione di un ripetitore per la telefonia cellulare, nei pressi della scuola dell'infanzia "C'era una volta" in Corso Europa. Domenica, quando la struttura era chiusa, un gruppo di operai ha innalzato un traliccio metallico e posizionato delle antenne sopra di esso. I residenti della zona si sono fiondati in municipio per chiedere se ci fossero tutte le dovute autorizzazioni per montare l'antenna di ricezione sul suolo dell'immobile che affaccia sulla vicina scuola materna. I primi lavori al manufatto abbandonato, dove in passato sorgeva una distilleria, sono cominciati a giugno e nella zona pensavano che si stessero apportando migliorie per aprire una nuova attività commerciale. Solo in questi giorni invece si è scoperto che si stavano mettendo a punto i piani per posizionare un nuovo ripetitore in zona, senza che nessuno dei residenti ne fosse a conoscenza. Monta quindi la protesta, anche per la minaccia che le onde elttromagnetiche possano investire per parecchie ore al giorno sia i residenti dell'are, sia i piccoli della vicina scuola. Le mamme di questi ultimi stanno seriamente pensando di ritirare i figli dalla struttura, dove studiano decine di alunni del centro cittadino. Negli altri comuni sono nati nel tempo vari gruppi che si oppongono alla costruzione di questi impianti, soprattutto a Calvizzano, Marano e Villaricca, anche con azioni tese a fermare gli operai inviati per ultimare i lavori. Gli utlimi casi di antenne "selvagge" a Qualiano, dove l'immobile su cui sorge è sotto inchiesta per le autorizzazioni a costruire un sottotetto, a Calvizzano, dove tanti manifestanti hanno fermato l'installazione di un traliccio sopra un fabbrica di frigoriferi e a Marano dove associazioni e partiti ambientalisti stanno cercando di fermare i lavori di un nuova antenna in un fondo agricolo della frazione San Rocco.
http://www.internapoli.it/

lunedì 27 ottobre 2014

Camorra negli ospedali casertani, sequestrati bar. Tre arresti

Caserta. Gestivano i bar all’interno degli ospedali di Marcianise, Maddaloni e Piedimonte Matese in assenza di titolo di occupazione e attività commerciale.

Non solo. Nel presidio marcianisano i gestori erano costretti a versare una tangente mensile a persone ritenute affiliate al clan Belforte, le quali avevano anche proposto l’acquisto del punto di ristoro per 100mila euro. Con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, i carabinieri del nucleo investigativo di Caserta hanno quindi tratto in arresto tre persone, padre e due figli, tutte di Marcianise. Sequestrate, inoltre, le attività di ristoro.
Dalle indagini è emerso che il Centro ricreativo aziendale dell’Asl Caserta ha affidato alcuni locali a terzi privati, che tuttora li occupano e gestiscono l’attività di bar arbitrariamente, in quanto privi di alcun titolo, in assenza di contratto con l’ente ospedaliero che, peraltro, per l’affidamento a privati avrebbe dovuto espletare una gara pubblica per evitare danni alla concorrenza.

“Una situazione di totale illegittimità” che, sottolineano dalla Procura, “perdura da svariati anni a causa della totale assenza di controllo dei vertici delle aziende ospedaliere circa l’esistenza di un regolare contratto di locazione tra Asl e Cral sull’effettiva gestione dei locali da parte di quest’ultimo, sul regolare versamento dei canoni mensili di locazione a favore dell’azienda sanitaria e sulle spese relative al consumo di luce e acqua che, a tutt’oggi, risultano a carico degli ospedali”.

Gli inquirenti, poi, riferiscono che la situazione ha favorito l’ingerenza di persone contigue al clan Belforte che, come emerso dalle indagini, hanno preteso il pizzo dal gestore del bar nell’ospedale di Marcianise, tentandone addirittura l’acquisto.
http://www.pupia.tv/

Sant’Antimo. Evade dai domiciliari e tenta di corrompere i carabinieri

SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo hanno tratto in arresto Francesco Papa, 54enne, residente in via Giacinto Gigante, già noto alle forze dell'ordine e sottoposto alla detenzione domiciliare per inosservanza a foglio via obbligatorio. Nel corso di un servizio di perlustrazione per il controllo del territorio e di personaggi d’interesse operativo, i militari dell’arma l’hanno sorpreso mentre rientrava nella sua abitazione cercando di evitare le conseguenze di una evasione. Nell’estremo tentativo di sfuggire a conseguenze penali, inoltre, ha promesso 1.000 euro ai militari dell’arma affinché omettessero di procedere. Subito arrestato, e’ stato tradotto nelle aule dibattimentali del tribunale Napoli Nord, in attesa di rito direttissimo.
http://www.internapoli.it/

lunedì 20 ottobre 2014

La pizza napoletana candidata a Patrimonio dell'Umanità

Napoli. Stop a pizza con "Pomarola" del Brasile, olio "Pompeian" Usa e "Zottarella" tedesca. Il percorso che porterà, si spera, a inserire "l'arte della pizza napoletana" nella lista Unesco dei patrimoni immateriali dell’Umanità per tutelarne così l’identità, inizia oggi a Cernobbio con una raccolta firme.

L'iniziativa è della Coldiretti, ed è stata presentata nell'ambito del Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione. L'obiettivo è sostenere l'iscrizione nella prestigiosa lista della pizza partenopea e anche per fare definitivamente chiarezza sull'origine italiana degli ingredienti e sulle modalità di preparazione per garantire le condizioni igienico e sanitarie ottimali.

"La pizza napoletana - sottolinea la Coldiretti - dal 4 febbraio 2010 è stata ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dall'Unione Europea, ma ora l'obiettivo è quello di arrivare ad un riconoscimento internazionale di fronte al moltiplicarsi di atti di pirateria alimentare e di appropriazione indebita dell'identità".

L'adesione della Coldiretti alla campagna, va di pari passo con la petizione lanciata sulla piattaforma Change.org insieme all'Associazione Pizzaioli Napoletani e alla fondazione UniVerde dell'ex ministro dell'Agricoltura, Alfonso Pecoraro Scanio, per garantire pizze realizzate a regola d'arte con prodotti genuini e provenienti esclusivamente dall'agricoltura italiana e combattere anche l'agropirateria internazionale. Il rischio di pizze 'taroccate' esiste non solo all'estero ma anche in Italia, dove quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori.

"Troppo spesso viene servito un prodotto preparato - spiega la Coldiretti - con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di semi al posto dell'extravergine italiano".

E i numeri parlano chiaro. In Italia sono stati importati nel 2013 - spiega la Coldiretti - ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenza all'aumento del 20 per cento nei primi due mesi del 2014. Un fiume di materia prima che, sottolinea la Coldiretti, ha compromesso notevolmente l’originalità tricolore del prodotto servito nelle 50mila pizzerie presenti in Italia che generano un fatturato stimato di 10 miliardi.

"Il riconoscimento dell'Unesco avrebbe un valore straordinario per l'Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che "è chiaro che garantire l'origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale".
http://www.pupia.tv/

Sant'Antimo. Esplode bombola di gas in un appartamento: due feriti

SANT'ANTIMO. Paura ieri a Sant'Antimo per lo scoppio di una bombola di gas in un appartamento di via Trieste e Trento. Lo scoppio ha investito un addetto che stava eseguendo il lavoro di sostituzione della bombola vuota e l'anziana proprietaria dell'abitazione. Fortunatamente solo lievi ferite per i due, ma la casa della pensionata ha rischiato di prendere fuoco, senza contare che avrebbe potuto innescare un'esposione catena per la presenza di altre 5 bombole non messe in sicurezza. Paura tra i residenti che hanno subito allertato i vigili del fuoco e nel contempo sono arrivati anche gli agenti della polizia locale, che coadiuvati dalla protezione civile, hanno circoscritto l'area e chiuso il transito ai veicoli. Entro mezzogiorno le operazioni di spegnimento dell'incendio e messa in sicurezza dello stabile sono terminate. Per l'abitazione dell'anziana è stato predisposto lo sgombero, per ulteriori rilievi alla stabilità della struttura, mentre un altro appartamento investito dallo scoppio ha riportato alcuni danni, ma al momento era disabitato.
http://www.internapoli.it/

Sant'Antimo. Pensionata si sveglia e trova il ladro in casa: allarme criminalità in città

SANT'ANTIMO. Pubblichiamo la scioccante lettera sfogo di un residente di Sant'Antimo, vittima insieme alla madre, di un furto perpetrato in casa, mentre l'anziana genitrice dormiva. La donna svegliata dai rumori, si è ritrovata con uno sconosciuto in casa che proprio in quell'attimo, stava rubando nel suo appartamento. Un'esperienza choc raccontata in prima persona. 

Stanotte a casa mia e' accaduto quello che non avrei mai voluto accadesse. La mia piu' grande preoccupazione quando sono fuori casa per lavoro e' accaduta, un verme di un uomo dopo aver scassinato la finestra del bagno si e' introdotto in casa e dopo aver rovistato dappertutto, ha trovato solo il borsellino sul tavolo, con un misero bottino di 60 euro, pronti per le commissioni del giorno e documenti che una comune pensionata ha. Mentre si aggirava per casa, mia madre si e' svegliata e ha avuto l'incontro con lui nel corridoio. Il ladro le ha prontamente puntato una luce abbagliante negli occhi, cosicché lei è corsa nella sua camera, chiudendo la porta e dando l'allarme dalla finestra della stanza da letto, svegliando buona parte del vicinato. Fortunatamente i vicini sono andati in suo soccorso. Io spero che tu riesca a leggere quello che sto scrivendo, perche ti voglio ringraziare, si proprio ringraziare, per non averle fatto del male, per non averle stretto la corda al collo che hai perso ed è stata trovata vicino alla finestra, quando sei scappato. Grazie, ma ti voglio dire ancora una cosa, ti conviene rischiare cosi tanto per cosi poco? Ma che pensi di trovare in casa di una pensionata? Per pochi euro rischi di far morire una persona di crepacuore e se quella corda la usavi, avresti ammazzato per 60 euro?? Comunque il mio vero grazie va ai miei vicini per essere intervenuti 

Questa è l'episodio raccontato su un noto social network, da parte di un normale cittadino di Sant'Antimo, dove ultimamente la criminalità sta colpendo in maniera massiccia. Oltre all'increscioso episodio di cui sopra, in questi giorni ci sono state altre aggressioni, un tentativo di furto sventato alle poste, un altro caso di rapina con minacce su via Appia.

http://www.internapoli.it/

giovedì 16 ottobre 2014

Sant'Antimo. Picchiano selvaggiamente un tabaccaio per rapinarlo dell'incasso

SANT'ANTIMO. Un imprenditore è stato rapinato questa mattina mentre si stava recando all'ufficio postale di Sant'antimo, per depositare l'incasso della sua attività. Si tratta di un tabaccaio. I malviventi lo hanno seguito e un paio di balordi l'hanno aggredito, con calci e pugni, pestandolo pesantemente, lungo la strada provinciale che conduce nel confinante comune di Cesa. L'uomo è il titolare di una tabaccheria in una zona periferica della cittadina. La vicenda ha suscitato sconcerto in città. Stamane infatti si era sparsa la voce di una rapina all'ufficio postale, poi invece si è saputo dell'aggressione ai danni del commerciante. Solo due giorni fa i carabinieri hanno arrestato gli autori di una rapina avvenuta sulla Via Appia, ai danni di un'automobilista. In due, un 43enne e un 40enne, avevano minacciato e rapinato la vittima della somma di 45 euro per poi dileguarsi, ma i carabinieri, dopo accurate indagini li hanno identificati e arrestati. L'ennesima rapina di stamane rilancia nuovamente l'allarme sicurezza in città.

http://www.internapoli.it/

Confiscati beni per 46 milioni tra Roma, Caserta e Napoli: scacco ai Mallardo

Napoli. Beni per oltre 46 milioni di euro quelli confiscati dai finanzieri del comando provinciale di Roma, su disposizione del Tribunale di Latina, ai fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, ritenuti appartenenti al clan Mallardo di Giugliano, e Vittorio Emanuele Dell’Aquila e Giovanni Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni, per conto del quale avevano costituito una cellula economica operante prevalentemente nel territorio del basso Lazio.

La confisca riguarda 13 società, con sede in provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna, operanti nel settore delle costruzioni, nel commercio di porcellana, di auto, nel settore dell’intermediazione immobiliare e alberghiero e della ristorazione, 105 immobili in provincia di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna e 23 auto e moto e numerosi rapporti bancari, postali, assicurativi e azioni. Il proccedimento arriva a distanza di un anno dal sequestro eseguito nell’ambito di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale e personale nei confronti dei fratelli Dell’Aquila.

Le indagini del Gico (Gruppo investigazione criminalità organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, avviate nel 2012 e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma, hanno consentito di accertare la costante ascesa, nella Provincia di Latina, Napoli e, in parte, in Emilia Romagna, dei fratelli Dell’Aquila, noti imprenditori campani, attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del clan Mallardo.

L’operatività del clan è stata nel tempo orientata, attraverso il controllo economico e i considerevoli reinvestimenti dei proventi delle attività criminali, al finanziamento del traffico di stupefacenti e al controllo delle attività economiche di rilievo (edilizia, appalti e forniture pubbliche, commercio all’ingrosso). Non più limitandosi al territorio d’origine, il clan - ormai da tempo - aveva esteso la propria sfera d’azione anche in altre Regioni dell’Italia centrale e meridionale e, in particolare, nel Lazio.

Il provvedimento del Tribunale di Latina conferma la solidità dell’impianto accusatorio formulato dalla Dda capitolina, sia per quanto concerne la pericolosità sociale di Domenico, Giovanni e Vittorio Emanuele Dell’Aquila, ai quali è stata applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di loro residenza per cinque anni, che in relazione alla macroscopica sproporzione tra il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario ai medesimi riconducibile e la rispettiva situazione reddituale dichiarata al Fisco, ordinando la confisca di tutti i beni individuati. Le operazioni di polizia hanno comportato l’impiego di oltre 100 finanzieri tra Lazio, Campania ed Emilia Romagna.
http://www.pupia.tv/

mercoledì 15 ottobre 2014

Rifornivano armi ai clan napoletani e casertani: sette fermi

Napoli. Sette persone sono state arrestate dai carabinieri della compagnia di Mondragone nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli in quanto ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere dedita al traffico illecito di armi da fuoco, detenzione e porto di armi e munizioni comuni e da guerra, con l’aggravante del metodo mafioso.

A capo dell’organizzazione, secondo gli investigatori, c’era una guardia giurata, Armando Conte, 53 anni, di Qualiano, che avrebbe messo le sue conoscenze tecniche a disposizione di vari gruppi criminali, i casalesi, i Savarese, i Giuliano, garantendone in più occasioni l’approvvigionamento necessario per rafforzarne la loro forza militare nelle faide che hanno caratterizzato gli ultimi anni, soprattutto nel territorio partenopeo. Tra gli indagati anche un uomo di Villaricca, titolare di un’armeria nella città a nord di Napoli e dipendente di un poligono di tiro a Napoli.

Dalle indagini è emersa, inoltre, la capillare diffusione dell’associazione: in ogni quartiere del capoluogo napoletano esisteva un uomo di fiducia, un intermediario con i diversi clan camorristici e con il compito preciso di prendere le ordinazioni in base alle richieste degli affiliati. Un’altra guardia giurata gestiva, invece, gli ordinativi e le consegne delle varie armi e munizioni.

Tra le conoscenze di Conte sono stati individuati anche i titolari di note armerie dell’hinterland napoletano, grazie ai quali egli è riuscito ad ottenere munizioni, armi o parti di essere necessarie per soddisfare le esigenze e le richieste provenienti dai diversi gruppi criminali. Il gruppo aveva un vero e proprio prezzario: una pistola veniva venduta a un prezzo oscillante tra i 500 e i 900 euro, mentre per un fucile mitragliatore si raggiungevano anche i 2700 euro.
http://www.pupia.tv/

martedì 14 ottobre 2014

I “Puparuole ‘mbuttunate”: la ricetta napoletana che conquistò l’Ungheria

peperone ripieno
Campania, terra di sapori e buon cibo fin dai tempi più antichi. Questa domenica inauguriamo il nostro viaggio all’interno dell’enogastronomia regionale, per raccontarvi di come i nostri sapori abbiano conquistato praticamente il mondo intero. Un excursus che ci accompagnerà ogni fine settimana da qui a Natale e che comincia con i classici “puparuole ‘mbuttunate” di napoletana memoria. Un piatto tipico della tradizione partenopea, con numerose varianti, da quella “povera” a quella “borghese”, che accontentava e accontenta praticamente tutti i palati. Compresi quelli dei cittadini ungheresi…


Proprio così: i peperoni ripieni conquistarono l’Ungheria fin dai tempi della scoperta dell’America, quando le prime piante furono importate in Europa e Vicino Oriente, proliferando soprattutto in Turchia. Da qui il peperone fu portato nel Regno di Napoli grazie all’Ordine dei Domenicani, che da allora stabilirono un vero e proprio monopolio nella coltivazione, vendita ed esportazione. Fu proprio nella Capitale del Regno che la ricetta del “puparuolo ‘mbuttunato” ebbe i suoi natali, dapprima in una variante molto semplice che prevedeva mollica di pane bagnata, uovo sbattuto, capperi, olive e pan grattato; in seguito arrivò la versione più “ricca”, con l’utilizzo della carne macinata che viene fatta rosolare in padella con il trito per soffritto. Questa seconda versione piacque ai regnanti d’Ungheria, dove il peperone era intanto stato esportato grazie all’Ordine dei Domenicani.

Bisogna infatti precisare che i rapporti fra Regno di Napoli e Regno d’Ungheria erano stati sempre molto stretti a partire dal XIV Secolo, quando sul trono partenopeo c’era Ladislao. Proseguirono, poi, nel XV Secolo con Beatrice d’Aragona, nel XVIII Secolo con Carolina di Borbone e Maria Sofia, sorella della nota e quasi leggendaria Elisabetta, meglio conosciuta come principessa Sissi. Fu così che, nell’ambito degli scambi commerciali fra i due regni, il peperone imbottito fece la sua comparsa in Ungheria, dove vieni tutt’oggi cucinato con una ulteriore variante: alla carne macinata viene infatti aggiunto il riso, che viene poi condito con una salsa in agrodolce dal sapore molto simile a quello del ketchup (si può anzi affermare a buon diritto che gli ungheresi sono stati precursori se non inventori di questa salsina che ha poi cominciato a spopolare nei fast food di tutto il mondo).

LA RICETTA – VERSIONE NAPOLETANA

Ingredienti e dosi per 4 persone:

4 peperoni

200-300 gr di mollica di pane raffermo

1 uovo

50 gr di pangrattato

1 dl d’olio extravergine d’oliva

50 gr di olive nere snocciolate

20 gr di capperi

2 cucchiai di uvetta sultanina

1 mazzetto di prezzemolo

4 foglie di basilico

4 cucchiai parmigiano grattugiato

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

sale e pepe q.b.

Preparazione

Scottare i peperoni sul fuoco e privarli della pellicola di superficie. Svuotarli dei semi.

Preparare il ripieno: bagnare la mollica di pane e poi dopo circa 10 minuti, strizzarla e metterla in una ciotolina. Unire l’uovo sbattuto e il resto degli ingredienti. Mescolare con cura ed aggiungere anche una spolverata di pangrattato.

Imbottire i peperoni con questo composto e sistemarli su di una teglia. Irrorarli con un filo d’olio e coprirli con del pangrattato e una spolverata di formaggio.

Infornare i peperoni imbottiti alla napoletana nel forno caldo a 180°C per circa 30 minuti.


LA RICETTA - VERSIONE UNGHERESE

peperone ripieno ungherese
Ingredienti e dosi per 4 persone


400 gr. di carne di maiale tritata

120 gr. di riso

due cucchiai di paprica in polvere (dolce)

Sale

Pepe

Aglio

4 peperoni rossi di dimensione medio-piccola


Preparazione

Lavare e tagliare in due i peperoni, togliere il gambo, ripulirli di semenze e varie. Adagiarli uno a fianco all'altro in una teglia precedentemente unta d'olio. Lessare il riso. Insaporire la carne tritata in una padella con pochissimo olio, aglio, sale, pepe. Impastare la carne con il riso e i due cucchiai di paprica dolce. Riempire i peperoni e metterli in forno giá caldo per 30-40 minuti. Servire caldi.

Marco Grimaldi
http://www.campaniasuweb.it/



Sant'Antimo. Sfila la protesta pacifica degli studenti del Moscati

SANT'ANTIMO. Si è svolta ieri mattina, lunedì 13 ottobre 2014, la bellissima e pacifica manifestazione degli studenti, dei docenti e dei genitori dell’ISTS “G.Moscati di Sant’Antimo. Dopo l’assemblea degli studenti, alle 10 si è mosso il corteo che ha visto la partecipazione di tutti le componenti dell’Istituto, alla volta del Comune di Sant’Antimo, dove si è avuto un incontro dei rappresentanti delle tre categorie con il Vicesindaco con delega alla Pubblica Istruzione dott. Corrado Chiariello, in assenza del Sindaco impegnato in un improrogabile consiglio comunale.

All’origine della protesta la decisione delle autorità competenti, a giugno 2014, di impedire l’accesso ai locali della succursale del Moscati, per motivi di sicurezza. La succursale non è stata ritenuta idonea ad accogliere un cospicuo numero di alunni, quale è quello dei frequentanti fino al momento di tale decisione, senza che vengano effettuati lavori di ristrutturazione e messa a punto degli impianti.

Dopo un’estate estenuante, in cui il Dirigente Prof. Giuseppe Pagano e i suoi collaboratori hanno cercato tutte le strade per garantire un regolare svolgimento delle lezioni a inizio dell’anno scolastico imminente, soprattutto con gli interlocutori istituzionali quali sono la Provincia e il Comune, nulla di fatto si è profilato all’orizzonte. Ecco che l’anno scolastico è iniziato e docenti, alunni, genitori e personale ATA si sono visti catapultati in un doppio turno alternato per le diverse sezioni della scuola.

Grande è il disagio per lavoratori e studenti. Gli alunni del turno pomeridiano, a settimane alterne, sono costretti a saltare il pranzo o farlo in orario improbabile per una corretta alimentazione. Manca la concentrazione dovuta, nelle ore pomeridiane, molti studenti non sanno come conciliare i loro impegni, talvolta lavorativi, con questa nuova situazione, i genitori non sanno come accompagnare i loro figli.

I rappresentanti della scuola, consapevoli di non poter chiedere l’impossibile, hanno voluto tuttavia far sentire la loro voce e presenza, chiedendo al Comune di Sant’Antimo di attivarsi più che in passato per reperire locali adatti ad accogliere alcune classi, almeno fino a quando non saranno pronti quelli della succursale, sui cui lavori è competente la Provincia. Ecco che inizia per i ragazzi l’altalena degli interlocutori istituzionali: martedì 14 ottobre infatti, i rappresentanti degli studenti si recheranno nella sede della Provincia di Napoli per affrontare il discorso della ristrutturazione non solo della succursale ma anche della sede centrale dove, se non fossero fermi da anni i lavori in corso, se da tempo il piano terra non fosse stato lasciato il “cantiere” che è diventato, ora non ci sarebbe penuria di spazi, per una scuola che vanterebbe tutto quanto serve per fare davvero la “buona scuola, a prescindere e oltre gli altisonanti e retorici paroloni dei documenti che ogni governo e Ministro dell’Istruzione ci vuole propinare!

La buona scuola è fatta di diritto alla cultura, diritto all’educazione, diritto agli spazi della cultura. La buona scuola è diritto alla cittadinanza attiva, quella che gli studenti del Moscati hanno voluto affermare con forza e senso di responsabilità. Questo è uno dei frammenti della “buona scuola”. Bisogna avere un luogo per studiare, un luogo per crescere, un po’ come avere…”una stanza tutta per sé”. Chissà se tutto questo sarà oggetto di valutazione per “promuovere” i docenti della buona scuola! …Rispondi all’appello: presenti!
http://www.internapoli.it/

giovedì 9 ottobre 2014

Catturato latitante accusato di omicidio

I carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna hanno catturato il latitante Michele Caiazza, 24enne ritenuto affiliato al clan camorristico degli Amato Pagano, operante per il controllo degli affari illeciti nell'area nord di Napoli e nell'hinterland del capoluogo campano. 

L'uomo è stato rintracciato in un appartamento a Castel Volturno (Ce), dove i militari hanno fatto irruzione la scorsa notte.

Il ricercato, che stava dormendo con la moglie e la figlia piccola, è stato sorpreso nel sonno e non ha opposto resistenza all'arresto. Caiazza sfuggiva a due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse su richiesta della Direzione investigativa antimafia di Napoli: una per associazione di tipo mafioso per la sua affiliazione agli Amato Pagano e l'altra per concorso nell'omicidio di Fortunato Scognamiglio, avvenuto a Melito il 16 gennaio 2012.

Stava dormendo con la moglie e la figlia piccola in un appartamento di Castel Volturno (Caserta) quando i carabinieri hanno fatto irruzione. Così è stato arrestato Michele Caiazza, 24 anni, latitante del clan Amato Pagano, nei cui confronti erano state emesse due ordinanze di custodia cautelare in carcere, una per associazione di tipo mafioso e l'altra per concorso nell'omicidio di Fortunato Scognamiglio del 16 gennaio 2012. Caiazza non ha accennato ad alcuna reazione.

http://www.ilmattino.it/

mercoledì 8 ottobre 2014

Camorra, Setola si pente: “Voglio collaborare, ma salvate la mia famiglia”

Caserta. Vuole collaborare con la giustizia il boss Giuseppe Setola, leader dell'ala stragista del clan dei casalesi. E stavolta è ufficiale.

A dichiararlo è stato lui stesso durante il processo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, in cui è imputato. Collegato in videoconferenza dal carcere di Milano, Setola ha comunicato: "Ho deciso di collaborare, il pm Milita venga da me già da stasera". Ma ha invocato anche immediata protezione, soprattutto per i suoi familiari: "Salvate la mia famiglia, altrimenti i Bidognetti li uccidono". In videoconferenza, da un altro penitenziario, era collegato anche il suo ex scudiero Giovanni Letizia, al quale ha detto: "Giovà, lo so che non sei d’accordo, ma la malavita è finita".

E ha confessato la verità anche sui presunti problemi di vista, che ha sempre lamentato nonostante le diffidenze degli inquirenti: "Io ci vedo benissimo, mandatemi a prendere. Mi dispiace per Casal di Principe", ha detto Setola che, tra l'altro, ha revocato l’incarico all’avvocato Paolo Di Furia, nominando un altro legale, Antonio Di Micco.

Appena una settimana fa, il boss aveva fatto le prime ammissioni in aula, decidendo però di interrompere la sua collaborazione con i magistrati. "Sono colpevole dell’omicidio Noviello ma non mi pento, - aveva detto - ho ammazzato 46 persone, tra cui Tavoletta e Antonio Diana. E anche un siciliano per il cui delitto sono stato assolto". Spiegava così le ragioni della sua scelta di non pentirsi: "Stavo facendo la scelta collaborativa ma sono tornato indietro altrimenti avrei dovuto accusare tutta Casal di Principe e mia figlia non sarebbe più potuta andare a scuola a Casale". Ora il dietrofront. Setola, quindi, dopo il recente pentimento del "Ninno" Antonio Iovine, diventa un altro elemento di primo piano del clan a decidere di collaborare.

http://www.pupia.tv/

Camorra, sequestrati beni per 40 milioni a un imprenditore vicino ai Casalesi

Per vent’anni sarebbe stato un “dominus” di numerose attività imprenditoriali del clan dei Casalesi. A Michele Patrizio Sagliocchi, imprenditore di Villa Literno operativo nel settore petrolifero ed immobiliare, sono stati sequestrati beni patrimoniali per un valore di circa 40 milioni di euro. Coinvolti anche la moglie ed i figli di Sagliocchi e quattro amministratori di società collegati all’imprenditore casertano.

GLI ASSEGNI – L’imprenditore avrebbe corrisposto alle fazioni Zagaria e Bidognetti ingenti somme di denaro attraverso il cambio di assegni che gli veniva richiesto di volta in volta; insomma, una sorta di interazione paritetica tra Sagliocchi e la consorteria criminale che si traduceva in favori e protezioni. Le operazioni di cambio assegni venivano svolte con una tale indifferenza da non preoccuparsi minimamente della provenienza illecita degli stessi così da inserire nel circuito legale contanti provenienti dai propri conti correnti. 

SPEREQUAZIONE TRA ENTRATE E USCITE – Individuata una evidente sperequazione tra le entrate e le uscite di Sagliocchi. Tra l'altro, questa disparità ha assunto maggior valore considerando che è frutto di patrimonializzazione “occulta” di ingenti capitali per contanti, attraverso l'acquisto di immobili e terreni, anche con il pagamento in “nero” del corrispettivo pattuito. 

RICICLAGGIO – Approfondite anche una serie di segnalazioni per operazioni sospette previste dalla normativa antiriciclaggio nelle quali sono state evidenziate numerose anomalie su movimentazioni finanziarie risultate prive di qualsiasi giustificazione. 

I BENI SEQUESTRATI – L’operazione, effettuata dalle guardie di finanza di Formia, ha portato al sequestro di disponibilità finanziarie per circa 8 milioni di euro costituite da conti correnti bancari, conti postali, libretti di deposito, titoli e rapporti assicurativi, un'imbarcazione di lusso, 14 automezzi e l'intero patrimonio societario di varie società attive nelle province di Napoli e Caserta. Sottoposte a sequestro anche partecipazioni in sei società nelle province di Napoli, Caserta e Benevento ed una con sede a Malta. E poi, 123 tra immobili, terreni e fabbricati: a Formia è stato sequestrato un fabbricato acquistato ad un'asta fallimentare, per un valore di circa 600.000 euro, lasciato in locazione ad un centro medico diagnostico, a Roma tre unità immobiliari a Trastevere, a Caserta il Palazzo Alois e a Napoli il Cinema Posillipo.
http://www.campaniasuweb.it/

Sant’Antimo: Rubano 2 cellulari da un negozio distraendo i commessi: acciuffati

Gli arrestati Pasquale Calise e Giovanni De Micco
SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo insieme a colleghi di Cercola, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa il 1° ottobre dal gip di Napoli nord, per furto aggravato in concorso, traendo in arresto Pasquale Calise di 74enne, residente a Melito di Napoli e Giovanni De Micco di 65 anni, residente a Cercola. Nel corso di indagini i militari dell’Arma li hanno identificati grazie all’utilizzo del sistema informatico weblase e al circuito di videosorveglianza di un negozio di Sant’Antimo, dando un nome ai due soggetti che il 18 luglio scorso, avevano rubato due smartphone da un esercizio commerciale su Via Roma a Sant’Antimo, furto perpetrato distraendo gli addetti alle vendite e impossessandosi furtivamente dei due dispositivi, per poi darsi a precipitosa fuga saltando in sella a uno scooter parcheggiato nelle vicinanze.


http://www.internapoli.it/

martedì 7 ottobre 2014

Napoli: Rione Traiano, se a sparare è la camorra nessuno vede niente

di Arnaldo Capezzuto

Nessuno ha visto nulla. Nessuno sa niente. Non ci sono testimoni e neppure cortei e manifestazioni improvvisate per chiedere giustizia. Niente di tutto questo. Torna l’omertà al Rione Traiano, Napoli, Italia, Europa 2014.


Quando a sparare sono i killer tutti si nascondono con la coda tra le gambe. A pochi passi da dove un mese fa,nella notte tra il 4 e il 5 settembre, moriva il 17enne Davide Bifolco, ucciso “accidentalmente” da un carabiniere,   tornano i sicari dei clan a far fuoco. Niente capannelli in strada. Tutti zitti. Non una parola con i guardi. Il deserto. Sul selciato resta il corpo crivellato da proiettili di Maurizio Minichini, 38 anni,  erito da un commando di camorra in via Catone, affluente della strada principale del Rione Traiano. L’uomo, un pregiudicato per reati contro la persona e il patrimonio, è ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale San Paolo. I medici stanno tentando di salvargli la vita.

L’agguato è avvenuto sotto casa del 38enne. Sarebbe stato avvicinato da due persone in sella a uno scooter – spiegano gli inquirenti – che gli hanno esploso contro almeno quattro colpi di pistola, raggiungendolo all’addome e a una spalla. In quelle stesse strade dove sembrano echeggiare ancora gli slogan urlati contro le forze dell’ordine– la camorra ti protegge, lo Stato ti uccide -oppure le testimonianze “spontanee” dove oltre a metterci la faccia si urlava alle telecamere anche il proprio nome e cognome per discolpare latitanti, pregiudicati all’improvviso è calato un silenzio impenetrabile. Al Rione Traiano come hanno documentato e mostrato i reportage di Luca Bertazzoni della trasmissione Servizio Pubblico comanda la camorra. Dettano le regole, impongono codici e stabiliscono ruoli e attività criminali. Chi non vuole starci deve rinchiudersi in casa e viverci da invisibile.

L’ex comandante del comando provinciale dei carabinieri di Napoli nel corso di una manifestazione “invitato” dai familiari e amici di Davide Bifolco si tolse il cappello in segno rispetto per quella morte. Un gesto di grande dignità. Lo Stato però ora e non domani deve rimettersi il cappello e violare i quartieri-Stato in mano alla camorra. Non ci possono essere zone franche dove l’illegalità e ogni tipo di traffico sfugge alle maglie della giustizia. Sembra che partendo dal Rione Traiano passando per il rione Forcella e giungendo tra il Parco Verde di Caivano e le Salicelle di Afragola tutto è permesso. Non è così e non dev’essere così. Sembra che ci sia una sorta di silenzio-assenso dove le precarie condizioni sociali, lavorative inducano lo Stato a chiudere un occhio e anche l’altro. Sono realtà complicate, complesse dove le istituzioni non hanno per niente la coscienza pulita. A volte la coesione sociale diventa un valore supremo da tutelare anche accettando in modo silente il monopolio di un sistema illegale.


A Napoli e in generale nei tanti rioni Traiano d’Italia sono pronte ad esplodere delle enormi polveriere. Certo i segnali che giungono dai massimi vertici dello Stato non sono tra i più incoraggianti. Nell’agenda del governo presieduto da Matteo Renzi – ad esempio – la lotta alle mafie e in generale contro la criminalità non è tra le priorità. Le organizzazioni malavitose hanno campo aperto e posso espandersi in modo indisturbato. Anzi infiltrasi, ripulirsi diventare parte di quello Stato che non decide e non cambia verso contro le mafie è secondo gli ultimi rapporti di intelligence una strategia che paga. Insomma le incertezze e gli svarioni legislativi - vedi l’autoriciclaggio- sembrano – pensando male – non casuali. Manca la tensione morale, la volontà, la chiarezza per rispondere a muso duro contro i sistemi criminali. Tornando al Rione Traiano solo conferme: la camorra ha gestito, condizionato e autorizzato le “manifestazioni” pro-Davide. Si salvi chi può.    

http://www.ilfattoquotidiano.it/

Giugliano. 'Caffè Macchiato': sul banco dei testimoni gli affiliati al clan D'Alterio-Pianese

GIUGLIANO. Durante il processo a carico degli affiliati al clan Mallardo, per l'imposizione ai bar del giuglianese del caffè 'Seddio', sul banco dei testimoni è salito il pentito Vincenzo Guadagno. Quest'ultimo, afferente al clan di Qualiano dei D'alterio-Pianese, ha parlato delle confidenze avute in carcere dal boss Feliciano Mallardo su come funzionava la fornitura "forzosa" alle caffetterie di Giugliano e dei comuni limitrofi. Il collaboratore di giustizia qualianese ha poi confermato che, il clan dell'area nord, imponeva determinati prodotti ai commercianti della zona e aveva preso anche il controllo di molte attività commerciali, divenendo nel tempo una vera e propria potenza anche nella distribuzione di bevande, alimentari ed altri generi di consumo. Dopo Guadagno è toccato parlare all'altro pentito Attilio Pellegrino, questi in passato era stato il braccio destro di Giuseppe Mallardo, per il quale gestiva la società Ciba, che si occupava di forniture alimentari e direttamente sotto il controllo, tramite prestanome, dei boss giuglianesi. La difesa ha però cercato, tramite documentazione bancaria, di smontare le tesi dell'accusa evidenziando le discrepanze sulle possibilità economiche degli accusati, mentre è stata chiamato in causa anche la Direzione Distreuttuale Antimafia di Napoli per risalire alle movimentazioni finanziarie del clan e degli imprenditori che si appoggiavano ad esso. La prossima udienza è fissata per il 14 ottobre dove testimoniera', tra gli altri, anche Bruno D'Alterio, ex elemento di spicco del clan D'Alterio-Pianese di Qualiano ed ora collaboratore di giustizia.

http://www.internapoli.it/

Scomparso nel 1989, svolta nelle indagini: fu eliminato dal clan

Caserta. Arriva la svolta, dopo 25 anni, alle indagini sulla scomparsa del giovane Paolo Letizia, avvenuta a Casal di Principe la sera del 19 settembre 1989.

Gli uomini della Direzione investigativa antimafia martedì mattina hanno eseguito, su disposizione della Dda, cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di esponenti di primissimo piano del clan dei casalesi, attualmente già detenuti. Si tratta di Francesco Bidognetti, 63 anni, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte”, e di Francesco Schiavone, alias “Cicciariello”, 61 anni, rirtenuti mandanti del sequestro, esecutori materiale dell’omicidio e del successivo occultamento del cadavere; Walter Schiavone, detto “Walterino”, 53 anni, ritenuto mandante dell’omicidio; Giuseppe Russo, alias “Peppe ‘o Padrino”, 50 anni, e Salvatore Cantiello, alias “Carusiello”, 44 anni, ritenuti esecutori materiali dell’omicidio e dell’occultamento del corpo.

Ricostruite le fasi del rapimento e dell’omicidio di Letizia, 21 anni, figlio di un imprenditore del posto. Fu prelevato da tre sconosciuti, armati e col volto travisato, e ucciso in un momento di massima recrudescenza della pulizia etnica che il clan, dopo l’eliminazione del suo “fondatore” Antonio Bardellino, stava conducendo nei confronti degli affiliati rimasti fedeli ai parenti di quest’ultimo.

Il caso era stato archiviato otto mesi dopo la scomparsa, nonostante la testimonianza di una donna. Poi la riapertura lo scorso marzo, anche a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Della Corte, amico del ventunenne ucciso.

Le nuove indagini hanno fatto luce sulla scomparsa e sugli autori del delitto. E’ emerso che Francesco Bidognetti, Walter Schiavone e Francesco Schiavone, all’epoca ai vertici del clan, persuasi dalla militanza di Letizia nel gruppo rivale dei Bardellino, facente capo ad Antonio Salzillo, ordinarono il suo sequestro, materialemnte eseguito da Giuseppe Russo, Salvatore Cantiello e Nicola Alemanni, detto “Bengt Bengt”, quest’ultimo poi deceduto. I sequestratori, armi in pugno, dopo aver costretto Letizia a salire sulla vettura a bordo della quale erano sopraggiunti, lo condussero nelle campagne di Santa Maria la Fossa, in una masseria di proprietà di Francesco “Cicciariello”, al cospetto di questi e di Bidognetti. Dopo essere stato interrogato, il giovane fu ucciso e il suo cadavere occultato. Nonostante le rivelazioni dei pentiti il suo corpo, ad oggi, non è stato trovato. 

La madre di Letizia, Esterina, nei mesi scorsi aveva rivolto accorati appelli, anche al neo pentito Antonio Iovine, affinché chi fosse a conoscenza dell'omicidio facesse ritrovare il cadavere.
http://www.pupia.tv/

giovedì 2 ottobre 2014

Camorra, preso nel Milanese il latitante Di Carluccio

Napoli. E’ considerato un elemento del clan Contini il 54enne Ciro Di Carluccio, arrestato la scorsa notte, intorno alle 2.30, a Pogliano Milanese (Milano), dalla polizia.

L’uomo era latitante da un anno perché destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli per associazione per delinquere di stampo camorristico, estorsione e usura. E’ stato intercettato e bloccato dagli agenti delle questure di Napoli e Milano, del Servizio centrale operativo e della polizia scientifica nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Dda partenopea.

Il provvedimento cautelare era stato eseguito nei confronti di 90 persone ritenute appartenenti al clan Contini che, negli anni scorsi, faceva parte del più vasto e potente cartello camorristico denominato "Alleanza di Secondigliano".

Sfuggito alla cattura lo scorso 22 gennaio, il latitante, oltre ad essere ritenuto responsabile di estorsione ai danni di un commerciante, è considerato dagli investigatori a capo di due gruppi associativi legati al clan Contini e finalizzati al reinvestimento di proventi illeciti in attività di ristorazione, gioiellerie e impianti di distribuzione di carburante.

Di Carluccio è stato localizzato in una villetta a schiera nel comune dell'hinterland milanese in compagnia di un uomo originario di Casoria, denunciato per favoreggiamento personale. Al momento dell'irruzione nella casa, il latitante non ha opposto resistenza.

http://www.pupia.tv/