domenica 30 marzo 2014

La faida di Qualiano. il pm chiede 6 ergastoli e 16 anni per i pentiti

QUALIANO. Faida di Qualiano, terminate ieri le ultime discussioni della difesa dopo la requisitoria del pm davanti al gup Modestino del tribunale di Napoli. Per la sentenza ed eventuale replica dell'accusa bisognerà aspettare il prossimo 9 aprile. Gli imputati che vennero arrestati lo scorso mese di luglio su richiesta della Dda che era riuscita a fare luce su eccellenti omicidi avvenuti nel 2008 tra Qualiano e Castel Volturno. Il gup aveva accolto la richiesta di rito abbreviato per tutti gli inquisiti ritenuti legati al clan D'Alterio-Pianese, da un lato, e De Rosa, dall'alto, entrambi operanti sul territorio di Qualiano. Il pm distrettuale Sanseverino ha già invocato la pena dell'ergastolo per tutti tranne per Ciro Pianese e Bruno D'Alterio in quanto collaboratori di giustizia, per i quali sono stati chiesti solo 16 anni, e per Diego Pianese per il quale sono stati chiesti 30 anni. Carcere a vita invece per Raffaela D'Alterio, Luigi Luffredo, Vincenzo Di Maro, Sergio Palumbo, Luigi Mallardo, Giovanni Correale, accusati degli omicidi di Carmine Starace avvenuto il 16 febbraio del 2008 a Qualiano e Antonio Sarappa avvenuto a Castel Volturno Ma gli omicidi della faida sono cinque in tutto, strage avviata con l'ornicidio del capoclan Nicola Pianese, «'o mussuto», il 14 settembre 2006 sempre a Giugliano. Dopo l'arresto di Pianese, avvenuto nel 2002, vennero gestiti dalla moglie Raffaella D'Alterio, che trascinò nel clan anche il fratello Bruno. La loro linea di gestione però fu molto dura. Quando il boss Pianese venne scarcerato, nel giugno del 2006, venne messo a conoscenza di tutte le infedeltà. Scoprì anche la relazione che sua moglie aveva con il suo braccio destro Pasquale Russo 'o cartunaro per il cui omicidio venne rubata un'ambulanza dalla quale scesero i killer. Mentre Pianese stava pianificando la loro eliminazione, venne ucciso, a Giugliano. Poi pare tono le controffensive e uno alla volta cadono Pasquale Russo e Armando Alderio, ucciso a Villaricca, il 1° dicembre del 2006 entrambi coinvolti nell'omicidio del capo clan. (fonte: Maria Giovanna Pellegrino - Il Roma)
http://www.internapoli.it

Sant’Antimo. Botte alla moglie incinta per soldi. Carabinieri arrestano 34enne

SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo sono intervenuti su richiesta di aiuto al 112 nel negozio in via Marconi di proprietà di una 34enne che era stata minacciata, picchiata e rapinata dal marito, noncurante dello stato di gravidanza della consorte. L’uomo, già noto alle forze dell'ordine, è stato tratto in arresto dai carabinieri per rapina aggravata e maltrattamenti in famiglia dopo essere stato rintracciato a bordo della sua auto mentre percorreva via Dante Alighieri. Dopo le botte alla consorte incinta si era impossessato dell’incasso giornaliero del negozio, circa 150 euro. Approfondendo la situazione familiare i militari hanno accertato che l’uomo aveva analoghi comportamenti, con atti di violenza psicologica e fisica da oltre quattro anni. La signora è stata portata all’ospedale di Frattamaggiore dove i medici le hanno diagnosticato” dolori adominali” guaribili in 5 giorni. Una parte del denaro è stato rinvenuto e restituito all’avente diritto. L’arrestato tradotto nella casa circondariale di Poggioreale.

http://www.internapoli.it

giovedì 27 marzo 2014

Giugliano. Banda di spacciatori sgominata dai carabinieri: nove persone in manette

Giugliano, l'operazione dei carabinieri
GIUGLIANO. I Carabinieri della Compagnia di Giugliano in Campania (NA) hanno arrestato 9 persone ritenute responsabili a vario titolo di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, tutte raggiunte da ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Napoli. Nel corso di indagini coordinate dalla Procura partenopea i militari dell’Arma hanno documentato l’operatività del gruppo criminale, scoprendo che era dedito allo smercio di cocaina e marijuana nel comune di Giugliano in Campania e che ognuno dei componenti aveva un ruolo ben preciso nell’illecita attività.

A finire in manette sono Antonio Granata 47 anni, Matteo Pollone 38 anni, Savatore Marrone 32 anni, Carmine Migliaccio 32 anni, Mattia Morrone 45 anni, Aniello Palumbo 42 anni, Tiziana Fioretto 36 anni, Andrea De Bisogno 28 anni, Gennaro Saporito 23 anni.


Le indagini hanno inizio con l'arresto di Michele Granata (padre di Antonio, ndr), il 27.10.2012, per detenzione a fini di spaccio di 14 chilogrammi di sostanza stupefacente tipo marijuana e di 8 piantine di canapa indiana rinvenuti presso la sua abitazione. In occasione della perquisizione si accertava che il giardino interno di tale abitazione, protetto da una cinta muraria elevata, fungeva da serra utilizzata per la coltivazione della canapa indiana e alimentata da un articolato sistema di irrigazione. Nel garage (oltre a una rivista esplicativa di tale coltivazione) era custodita marijuana essiccata e suddivisa in contenitori di diverse dimensioni e peso, pronti per essere venduti/ceduti. Già nell'anno 2009 Granata Michele e il figlio Antonio erano stati arrestati per detenzione a fini di spaccio di circa 200 kilogrammi di canapa indiana in vegetazione all'interno del suddetto giardino. In quella occasione venivano sequestrati lampade e manuali per la suddetta coltivazione, bilancini di precisione, bustine contenenti semi di marijuana e, nella disponibilità di Granata Michele, una pistola cal. 7,65. Da qui le indagini. La attività investigativa si è sviluppata mediante intercettazioni su utenze telefoniche e in ambientali unitamente a servizi di appostamento, pedinamento e controllo. La capillare attività di intercettazioni ha svelato variegati episodi di spaccio di sostanze stupefacenti. Grazie alle articolate indagini è stato possibile - ricostruire i singoli episodi di cessione identificare i ruoli di ciascuno degli indagati.

http://www.internapoli.it

Dieci anni dalla morte di Annalisa Durante: l'imperativo è non dimenticare

Ricorre oggi il decimo anniversario della morte dell’angelo biondo di Forcella, Annalisa Durante, la bellissima ragazza di 14 anni colpita durante un conflitto a fuoco nel quartiere di Forcella, il cui nome Libera, proprio nei giorni scorsi, anche alla presenza di Papa Francesco, ha letto insieme a quelli di tante altre vittime innocenti di criminalità.

"La città si stringe alla sua famiglia, alla mamma, al papà Giannino che non ha mai smesso di testimoniare, al di là del dolore sempre insopportabile, mai lenìto, l’impegno per un risanamento del quartiere, per una società più giusta e responsabile" dichiara l'assessore alla cultura, Nino Daniele.

Il Comune di Napoli, la Fondazione Pol.i.s., l'Associazione Annalisa Durante e Libera si astengono dal promuovere iniziative pubbliche, nel rispetto della volontà della famiglia di Annalisa che ha voluto in questa occasione solo un momento intimo e privato di raccoglimento religioso.

Daniele aggiunge: "Nell’auspicio che il valore della testimonianza e dell’impegno sociale continuino a vivere intorno alle iniziative promosse da istituzioni, scuole, associazioni in “Piazza Forcella”, invitano la cittadinanza alla rappresentazione di “Vado via”, uno spettacolo frutto di un laboratorio teatrale animato nel corso dell’anno da Marina Rippa con le donne del quartiere, che avrà luogo domani, venerdì 28, e sabato 29, alle ore 19.30, nei locali di piazza Forcella, in via Vicaria Vecchia 23, anche in onore di Annalisa Durante".

http://www.ilmattino.it

martedì 25 marzo 2014

Cartello sull'ortofrutta. Patto tra Riina e camorra: nove condanne

GIUGLIANO. Dopo tre anni di udienze si è concluso con 9 condanne e 6 assoluzioni il processo chiamato "La Paganese", dal nome della ditta di autotrasporti coinvolta nelle indagini, sul 'patto' tra il clan dei Casalesi e il gruppo dei corleonesi nella gestione dei mercati ortofrutticoli in tutta Italia e per il trasporto di frutta e verdura. Il collegio B della seconda sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Luigi Picardi con i giudici Valentina Giovanniello e Nicola Paone, ha condannato a 13 anni di reclusione Salvatore Fasanella, Felice Graziano a due anni e 6 mesi di reclusione, Antonio Pagano a 9 anni, Antonio Panico a 4 anni e 6 mesi, Almerico Sacco a 13 anni, Gaetano Sacco a 13 anni, Francesco Schiavone 12 anni e 6 mesi, Paolo Schiavone a 10 anni e 3 mesi, nonchè Gaetano Riina, fratello del boss Totò, a sei anni. Gli assolti, Giuseppina Battista, Ferdinando Damato, Stefano Federigo, Micillo Francesco, Nicola Graziano e Nicola Schiavone. 

"Le condanne riconoscono l'esistenza di un rapporto tra i casalesi e i corleonesi rappresentati dal fratello del boss Totò Riina, Gaetano". Così il pubblico ministero del processo "La Paganese", Cesare Sirignano, commenta la sentenza. "Un rapporto - continua il pm - nato per controllare un settore strategico dell'economia e per i mercati dei prodotti ortofrutticoli. E' emblematico come le organizzazioni criminali possano allearsi anche dopo scontri cruenti per influire sull'economia nazionale dettando le regole che incidono fortemente sulla libertà imprenditoriale e che finiscono per determinare anche i prezzi dei prodotti.

Rilevante è constatare come sia dannosa la presenza delle organizzazioni criminali in settori così importanti della vita dei cittadini a vantaggio patrimoniale di chi controlla il mercato con metodi mafiosi". L'inchiesta nacque dall'operazione "Sud Pontino" della Dda di Napoli coordinata da Federico Cafiero De Raho, oggi a capo della procura di Reggio Calabria, culminata nel 2010 con oltre 60 arresti. Le ordinanze, emesse nel 2011 dal gip Pasqualina Laviano, furono notificate, tra gli altri, a Gaetano Riina e Nicola Schiavone già detenuti, ma anche a importanti personaggi anelli di congiunzione con il clan Mallardo di Giugliano e con Cosa Nostra, come Francesco Napolitano, Patrizio Picardi, Pasquale Coppola e Carmelo Gagliano. Le indagini ricostruirono un intero decennio di storia dei rapporti di interessi economici e imprenditoriali, e anche di accordi e scontri, tra le due mafie. Da una parte, i Casalesi che, tramite la gestione monopolistica di un'agenzia, "la Paganese", controllavano tutti i trasporti dei mercati ortofrutticoli ai mercati di Palermo, Trapani, Fondi. E dall'altra, i corleonesi che avevano così 'libero accesso' per i loro prodotti nei mercati della Campania e del Lazio.

Preziose per le indagini le rivelazioni dei pentiti Gianluca Costa, Francesco Cantone e Salvatore Laiso. In particolare, fu Costa a mettere in luce il patto tra camorra e mafia, mettendo in evidenza l'accordo con Gaetano Riina e i fratelli Sfraga, referenti imprenditoriali delle famiglie Riina-Messina Denaro nel settore ingrosso dei prodotti ortofrutticoli.
(fonte: Repubblica.it)

lunedì 24 marzo 2014

Sant’Antimo. Appicca un incendio presso discarica rifiuti: un arresto

SANT'ANTIMO. Gli uomini della Polizia Locale di Sant’Antimo erano a un convegno organizzato sul territorio relativo proprio alla problematica della legalità e terra dei fuochi. Pervenuta una segnalazione telefonica di un cittadino che indicava un rogo tossico alla via Pietroluongo, il Comando ha subito allertato la pattuglia, dove era presente anche il Comandante, Magg. Biagio Chiariello. La pattuglia si è precipitata sul posto dove da lontano si intravedeva la nube tossica in un’area già segnalata alle competenti Autorità e dove insistevano dei rifiuti. Giunti sul posto, veniva notato un uomo 50 enne residente a Succivo, nel casertano, che stava bruciando delle sterpaglie con rifiuti configurando la condotta di “combustione illecita di rifiuti” di cui all’articolo 256 bis del codice dell’ambiente, norma introdotta dal nuovo decreto “terra dei fuochi” del dicembre 2013 che prevede la reclusione da due a cinque anni. E’ scattato il sequestro di un accendino utilizzato per accendere il fuoco e l’uomo, a seguito di chiare disposizioni fornite dal Magistrato di turno, Dott. Giovanni Corona della procura Napoli Nord, è stato tratto in arresto in flagranza di reato e condotto per rito direttissimo in aula dove è stato convalidato il provvedimento restrittivo. Per il reato commesso è infatti presta la pena della reclusione da anni 3 ad anni 6. L’attenzione della Polizia Locale di Sant’Antimo è molto accentuata verso la tutela dell’ambiente, punto sensibile del Sindaco Piemonte sin dall’inizio del suo mandato. Ultimamente, si è intensificata in collaborazione con l’aliquota di Polizia Giudiziaria del personale della Procura Napoli Nord che dietro chiare direttive appoggia a pieno titolo l’operato del Comando. Negli ultimi giorni, infatti, dietro segnalazione di altro cittadino, sono stati controllati ben 3 camion segnalati come autori di sversamenti in una strada periferica della città. “Soddisfazione - per il lavoro svolto dal comandante Chiariello è stata espressa anche dall’assessore alla Polizia Municipale Paolo Sessa, - l’operazione che ha portato all’arresto per “combustione illecita di rifiuti” dimostra come sul territorio si tiene alta l’attenzione sui reati ambientali”.
http://www.internapoli.it

Sant’Antimo. Provocano un black-out al cimitero per rubare accumulatori

SANT'ANTIMO. I carabinieri della locale tenenza hanno arrestato per furto aggravato chianese ugo, 30 anni, residente in via girardi, Luigi Femmiano 30 anni, residente sul Corso Europa e Pasquale Verde 32 anni, residente in via G. Gigante, tutti già noti alle forze dell'ordine. I predetti sono stati bloccati su Via Girardi mentre tentavano la fuga, immediatamente dopo che dal locale cimitero avevano rubato 42 accumulatori di corrente dalle cabine elettriche, ove erano penetrati forzando il cancello d’ingresso, provocando l’interruzione dell’energia elettrica a tutta l’area cimiteriale. La refurtiva, del valore stimato in 25mila euro, è stata restituita all’avente diritto. l’illuminazione dell’area cimiteriale è in corso di ripristino. Gli arrestati sono in attesa di rito direttissimo.
http://www.internapoli.it

Sant’Antimo. Rubano rame dalle cabine, black out al cimitero. Tre ladri in manette

di Marco Di Caterino
Sant’Antimo. Nemmeno da morti la criminalità ci lascia in pace. Tre malviventi, hanno lasciato al buio le lampade votive di tutto il cimitero di Sant'Antimo, dopo aver rubato da ben tre cabine di derivazione una cinquantina di accumulatori. Evidentemente dall'aldilà più di uno di sarà talmente innervosito per essere stato distrurbato dal sonno eterno, che i tre mariuoli sono stati arrestati poco dopo dai militari della locale tenenza, diretta dal tenente Gaetano Ragano.

Le manette sono scattate per Ugo Chianese, 30 anni, Luigi Femiano, 30 anni, e Pasquale Verde, 32 anni, tutti del posto e " vecchie conoscenze " dei carabinieri, La refurtiva, dal valore di circa 25 mila euro, è stata racuperata e riconsegnata alla direzione del cimitero, che ha subito fatto intervenire una squadra di operari che sono ancora al lavoro per ripristinare l'erogazione della corrente elettrica. I tre ladri, accusati di furto aggravata sono stati rinchiusi nelle camere di sicurezza in attesa di essere processati per direttissima.
http://www.ilmattino.it

domenica 23 marzo 2014

Latina, in 100mila al corteo di Libera contro le mafie. Don Ciotti: "In Italia nessuna verità sulle stragi"

Latina, in 100mila al corteo di Libera contro le mafie. Don Ciotti: "In Italia nessuna verità sulle stragi"In 100mila in marcia contro le mafie. Latina si è riempita di giovani studenti, anziani, famiglie e bambini per la XIX edizione della Giornata dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie organizzata da Libera e Avviso pubblico. Nel capoluogo pontino sono arrivate anche le biciclette della 'Transumanza per la legalità', e poi tanti cittadini che hanno preso parte alla grande manifestazione per stringersi intorno ai familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata, tutti uniti dal comune sentimento di giustizia e di legalità.

"Siamo venuti qui per affetto, stima e riconoscenza per questo territorio, qui ci sono belle persone e belle risorse - ha detto don Ciotti in testa al corteo - Siamo venuti per cercare verità per don Cesare Boschin e tanti altri e per non dimenticare che le organizzazioni mafiose attraversano tutto il territorio e anche l'Agro Pontino. Ho trovato migliaia di ragazzi, qui c'è un'Italia intera che si è data appuntamento", ricordando che ieri "il Papa è stato chiaro: 'Piangete e convertitevi, in ginocchio chiedo di cambiare vita'". "Le nostre antenne di cittadini ed associazioni - continua don Ciotti - ci dicono che qui le mafie non sono infiltrate, sono presenti. Fanno i loro affari nel settore dell'economia e della finanza. Se fosse solo un problema di criminalità basterebbero le forze dell'ordine ma è anche un problema di case, di povertà e di politiche sociali". Sul caso rifiuti e sulle dichiarazioni del pentito Schiavone, don Ciotti ha ricordato: "Si sapeva da vent'anni, mi sono stupito di chi si è stupito. Boschin vedeva tutto questo dalla sua finestra e sulla sua morte non sappiamo ancora la verità. Non c'è strage in Italia di cui si conosca la verità".

Il corteo ha sfilato fino a piazza del Popolo a Latina per il momento clou della giornata con gli interventi dei relatori che hanno preceduto il saluto finale di Don Ciotti. Sul palco a pedali allestito nel cuore della città, in un silenzio surreale rotto solo dagli applausi della folla, sono stati scanditi le oltre 900 vittime della mafia: da Giovanni Falcone a Paolo Borsellini e Peppino Impastato. Commozione anche quando sono stati nominati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, la giornalista del Tg3 e l'operatore, uccisi 20 anni fa, il 20 marzo 1994, lungo una strada di Mogadiscio, in Somalia. Tre i maxi schermi allestiti per seguire gli eventi: uno in piazza San Marco, uno in viale Italia e uno in piazza del Popolo.

Don Ciotti ha parlato della prescrizione e delle attuali leggi anticorruzione ancora poco incisive: "Chiediamo che la politica decreti per legge il 21 marzo come Giornata nazionale per le vittime di tutte le mafie: le sveglie delle nostre coscienze sono loro, che sono caduti per la legalità e per la giustizia - ha aggiunto don Ciotti - Per vivere ci vuole coraggio, non perché la vita sia difficile o spavantosa: ci vuole coraggio perché così la vita è più vera. Siamo tutti fragili e piccoli ma metterci in gioco significa vincere e si eviterà l'errore più grande: vivere senza aver davvero vissuto. Auguri e grazie a tutti: a Latina e alla Regione Lazio che ci ha accolto. Giovani voi siete me-ra-vi-glio-si", ha concluso così il suo discorso, intorno alle 13, e la manifestazione è terminata. Si prosegue nel pomeriggio e in serata con numerosi seminari, spettacoli e mostre. Da questa mattina, le strade del centro di latina sono state chiuse al traffico prima della partenza del corteo. 

Al corteo, con Don Ciotti, si sono uniti anche il presidente del Senato Pietro Grasso, Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il procuratore Giancarlo Caselli, la presidente della commissione antimafia Rosy Bindi, il vescovo di Latina Monsignor Mariano Crociata, numerosi parlamentari pontini e il sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi. E' atteso l'arrivo del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Grasso, ex procuratore antimafia, è arrivato accompagnato dai massimi esponenti delle forze dell'ordine tra cui il questore Alberto Intini, il comandante della Guardia di finanza Giovanni Reccia e il comandante provinciale dei carabinieri Giovanni De Chiara.

"Essere qui ha un significato ben preciso, per noi è un segnale importante - ha detto il presidente del Senato - Il Parlamento ha in esame diverse iniziative come quella sul voto di scambio che dovrà passare in Senato. Ci sono poi iniziative governative perché la lotta alla criminalità è una priorità per il governo". Grasso ha infine ricordato quanti sono morti a causa della mafia e ha ribadito l'impegno del Parlamento e del governo per dare risposte ai familiari. "Ci sono ancora familiari delle vittime delle mafie - ha detto - che aspettano i risarcimenti".

"La risposta più urgente che possiamo dare è un rafforzamento degli strumenti per il contrasto alla criminalità economica, al potere economico delle mafie. Stiamo lavorando per dare a breve risposte in questo senso", ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Il ministro ha poi sottolineato il riconoscimento che lo Stato deve a questa giornata "che è ormai entrata nel calendario civile degli italiani". E ha concluso: "Occorre costruire norme che avvicinino lo Stato a quanti conducono quotidianamente la lotta alle mafie".

"Oggi siamo tutti responsabili - ha commentato Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia - Confidiamo nella richiesta di conversione che il Papa ha fatto ieri in maniera forte nei confronti degli uomini e delle donne di mafia. I mafiosi sono forti perché qualcuno si gira dall'altra parte, c'è qualcuno che pensa che ci si possa convivere o fare affari - ha aggiunto - Si deve dire di no con forza. Se da queste giornate ci sarà una persona in più che vuole fare la lotta alla mafia abbiamo ottenuto un risultato importante".
http://roma.repubblica.it

sabato 22 marzo 2014

IL PAPA INCONTRA LE VITTIME DELLE MAFIE. APPELLO AI MAFIOSI: "PER FAVORE, CONVERTITEVI"

22 marzo 2014

"Il desiderio che sento è di condividere con voi una speranza: che il senso di responsabilità vinca sulla corruzione, in ogni parte del mondo. Questo deve partire dalle coscienze e deve risanare i comportamenti in modo che la giustizia guadagni spazio e prenda il posto dell'inequità". Queste le parole di papa Francesco, che è intervenuto alla Messa nella chiesa di San Gregorio VII a Roma, alla vigilia della giornata per le vittime della criminalità organizzata che si svolge sabato 22 marzo a Latina.  

La prima volta  che un papa prega con i parenti delle vittime di mafia
E' la prima volta che un papa prega insieme con i parenti delle vittime delle mafie. Al suo arrivo il pontefice ha abbracciato don Ciotti e stretto la mano al presidente del Senato Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia. Il Papa ha salutato alcuni dei fedeli presenti dinanzi alla chiesa, poi è entrato all'interno tenendosi mano nella mano con don Ciotti. 

Papa: "Convertitevi"
"Vi sarò vicino questa notte e domani a Latina anche se non potrò venire; in particolare esprimo la mia solidarietà a chi di voi ha perso una persona cara vittima della violenza mafiosa. Grazie perché non vi siete chiusi ma siete usciti per raccontare la vostra storia, questoo è molto importante soprattutto per i giovani. Prego per tutti voi e le vittime delle mafie. Non posso che concludere con una parola per i protagonisti assenti, i protagonisti mafiosi: cambiate vita, convertitevi, fermatevi di fare il male, noi preghiamo per voi. Lo chiedo in ginocchio, è per il vostro bene, questa vita che vivete adesso non ci darà piacere, non ci darà gioia, non vi darà felicità: il potere, il denaro che voi avete adesso, tanti affari sporchi tra tanti crimini mafiosi, il denaro insaguinato è potere insaguinato e non potrete portarlo nell'altra vita. Convertitevi, ancora è tempo per non finire nell'inferno che è quello che vi aspetta se continuate così. Avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro e piangete".

L'intervento di don Ciotti
"E' un lungo elenco quello delle vittime delle mafie, ci sono anche 80 bambini. Ci sono tanti giusti, persone libere e leali", ha detto don Luigi Ciotti. "Abbiamo bisogno di verità, di tanta verità. Chiediamo giustizia e verità. Il problema delle mafie non è solo un problema giudiziario ma è un problema sociale e culturale. Riguarda le responsabilità pubbliche. Oggi è più che mai necessario uno scatto: occorrono politiche sociali, occorre rafforzare la confisca e l'uso sociale dei beni delle mafie". Don Ciotti chiede poi norme più stringenti su corruzione e voto di scambio. "Occorre poi non lasciare soli i magistrati: un nome su tutti, Nino Di Matteo".

22 marzo a Latina, la giornata della memoria e dell'impegno
Sabato 22 marzo Latina ospita la XIX edizione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, promossa dall'associazione Libera e dall'associazione Avviso pubblico. Sono un migliaio i familiari delle vittime, in rappresentanze delle 15mila persone che hanno perso un loro caro per mano della violenza mafiosa, giunti a Roma per partecipare alle veglia col Pontefice e alla giornata a Latina. Oltre 900 nomi di semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle Forze dell'ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perché, con rigore e coerenza, hanno compiuto il proprio dovere. 
http://www.rainews.it

L'ex boss pentito: «Torturato psicologicamente»


Giuseppe Misso, meglio conosciuto come "Peppe 'o chiatt", si pente di essersi pentito. In un'intervista-video rilasciata a Nanopress.it (e visibile in anteprima sul sito www.ansa.it), il nipote omonimo dell'ex boss del Rione Sanità si sfoga: «Io ho affidato la mia vita alla procura di Napoli purtroppo», e «il mio caso è stato gestito da altri che mi hanno anche torturato psicologicamente, portandomi due volte a tentare il suicidio. Basti pensare - continua - che sono stato tre anni in albergo io, mia moglie e due bambini con le valigie a terra, dovevamo prendere gli indumenti da terra».




Insieme con il fratello Emiliano Zapata, Misso è stato referente nella metà degli anni Novanta nel clan Misso alla Sanità. Arrestato per camorra la prima volta nel 1998, dopo alterne vicissitudini giudiziarie, si è pentito il 30 marzo 2007.

«Non collaborerei più - continua nell'intervista Misso -, non perché mi penta di aver fatto arrestare, questa è una scelta che ho maturato, non parlo della pena, perché è giusto che la pago avendo fatto ammazzare tante persone, ed è giusto che pago fino all'ultimo giorno. Però la Legge prevede dei benefici che non mi sono mai stati attuati. Il contratto da collaboratore di giustizia - conclude - prevede una serie di cose, soprattutto la tutela, l'assistenza, cose che in sette anni non ho mai riscontrato».

http://www.ilmattino.it

Napoli. Flash mob per Annalisa Durante a 10 anni dall'uccisione: insulti e sputi sui ragazzi


di Giuliana Covella

«Come si può cambiare? Noi ce la mettiamo tutta, ma poi avvengono questi episodi che ci fanno cadere le braccia. Perché questi atti sono lo specchio di una non cultura che ancora persiste in questo quartiere».

Fernanda Tuccillo, dirigente del trentaquattresimo circolo “Ristori-Durante” di Forcella, commenta così gli sputi che una coppia di centauri ha lanciato addosso a due insegnanti durante la marcia silenziosa in ricordo di Annalisa Durante. Ieri era il 21 di marzo e in tutta Italia si ricordano le vittime innocenti della criminalità. Tante, troppe. Tra queste, in via Vicaria Vecchia, tutti si ricordano di una in particolare. Annalisa aveva solo 14 anni, quando il 27 marzo 2004 fu colpita a morte dai proiettili dei killer. Il bersaglio di quell’agguato non era lei, ma Salvatore Giuliano, rampollo del clan.

Tra pochi giorni ricorrerà il decennale di quella tragedia e a Forcella, davanti a centinaia di bambini che sfilano lungo i vicoli accade che qualcuno mostri di non gradire la manifestazione e che sputi addosso a due docenti che accompagnano gli alunni nel lancio di palloncini bianchi e rossi. Ognuno, sia insegnanti che studenti, ha attaccato sulla giacca o sul grembiulino il nome di una vittima innocente.
http://www.ilmattino.it

venerdì 21 marzo 2014

Rivoluzione Dda a Napoli: cambiano i vertici del pool anticlan

di Leandro Del Gaudio
NAPOLI - Cambia la guida del pool anticamorra napoletano, secondo le ultime disposizioni assunte dal procuratore Giovanni Colangelo.
A guidare la Dda di Napoli saranno due magistrati che hanno dedicato buona parte della propria carriera alla lotta del sistema criminale a Napoli e in altri contesti del sud Italia: a Filippo Beatrice va il coordinamento delle indagini legate alla camorra cittadina, mentre al collega Giuseppe Borrelli la guida della camorra legata ai clan casalesi e a una parte dell’hinterland napoletano.

Viene così confermata una gestione a due dei fatti legati alla malavita organizzata, di fronte all’esigenza di armonizzare questioni investigative diverse, ma anche un numero di pm (trenta in organico) che fanno della Dda di Napoli il pool più numeroso d’Italia. Due neo procuratori aggiunti a combattere racket, traffici di droga e di rifiuti pericolosi, ma anche omicidi di natura criminale, in una fase molto delicata per la scia di morti ammazzati registrati di recente, ma anche per il continuo evolversi di equilibri criminali.

Ormai da mesi, in una parte dell’hinterland a nord di Napoli è in corso una faida brutale per la conquista del mercato della droga. Tra Afragola, Crispano e Arzano sono stati uccisi e carbonizzati quattro soggetti ritenuti potenziali aspiranti alla gestione di una fetta di territorio. Morti ammazzati e sfregiati con le fiamme, un chiaro messaggio ai rivali - come a dire: neanche una degna sepoltura per chi è contro di noi - in un regolamento di conti che sposta l’attenzione sul potere criminale radicato ad Afragola. Stesso scenario per quanto riguarda Marano, specie dopo la cattura di Mario Riccio, detto Mariano, ormai ex enfant prodige legato agli scissionisti di Secondigliano degli Amato-Pagano, dove sono in corso epurazioni a colpi di omicidi e lupare bianche. Realtà sempre in divenire, che rendono necessaria massima cooperazione tra le due Dda, anche alla luce dei vasi comunicanti tra uno scenario e l’altro: è probabile infatti che la faida di Marano sia figlia dello stop alle piazze di spaccio del terzo mondo di Secondigliano e di alcune zone di Scampia.

Due aggiunti di particolare esperienza, dunque: Beatrice ha svolto il ruolo di pm anticamorra a Napoli, prima di indossare le vesti di sostituto procuratore nazionale antimafia sotto la guida di Piero Grasso; Borrelli ha invece condotto le indagini per il pool anticamorra tra la fine degli anni Novanta e la prima parte dello scorso decennio, per poi passare in forza al pool reati contro la pubblica amministrazione, e per andare - siamo nel 2007 - a Catanzaro dove ha svolto il ruolo di procuratore aggiunto.
I due aggiunti prendono il posto lasciato da Francesco Greco, che va a dirigere la Procura di Napoli nord, e di Gianni Melillo, capo di gabinetto del ministro della giustizia Orlando.
Ma l’organico della più numerosa Procura di Napoli non è ancora completo: sono prossimi ad essere investiti del ruolo di aggiunti anche Vincenzo Piscitelli e Luigi Frunzio, il primo titolare di indagini legate al crimine finanziario (come quelle su Finmeccanica), il secondo proveniente dal ministero, dopo aver svolto il ruolo di pm anticamorra a Napoli fino alla metà dello scorso decennio.
http://www.ilmattino.it

Napoli ricorda le vittime innocenti della criminalità

 Napoli. Una corona di fiori è stata deposta davanti alla Stele della Memoria, il monumento collocato a Napoli nei giardini di via Cesario Console che ricorda il sacrificio di tutte le vittime innocenti della criminalità e fortemente voluto dalla Fondazione Polis della Regione Campania, dal Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità, dall'associazione Libera e dal Comune di Napoli. L'iniziativa ha rappresentato un ulteriore passo di avvicinamento alla Giornata della Memoria e dell'Impegno, promossa da Libera e Avviso Pubblico e in programma sabato 22 marzo a Latina.
Sono intervenuti il commissario regionale antiracket Franco Malvano, l'assessore comunale alle Politiche Giovanili Alessandra Clemente, il presidente della Fondazione Polis Paolo Siani e i referenti dell'associazione Libera Geppino Fiorenza e don Tonino Palmese.

Erano presenti, insieme a una delegazione dei familiari delle vittime innocenti della criminalità, il prefetto di Napoli Francesco Antonio Musolino, il questore Guido Marino, il capo della Procura Giovanni Colangelo, rappresentanti dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, il presidente della Camera Penale Domenico Ciruzzi.

"La Regione è in prima linea sul tema del contrasto al crimine", ha evidenziato Malvano, "sia in materia di aiuto alle vittime che di riuso dei beni confiscati e di prevenzione dei fenomeni estorsivi e di usura". "Una grande risorsa nella lotta alla camorra non è il pianto dei familiari delle vittime ma la loro forza e il loro impegno", ha invece sottolineato Alessandra Clemente, nella duplice veste di rappresentante delle Istituzioni e di familiare di una vittima innocente di criminalità.

Sull'importanza dell'impegno dei familiari delle vittime si è soffermato anche Paolo Siani, evidenziando "i tanti passi avanti compiuti nel corso degli anni nella formazione di una vera antimafia sociale, che trova conferma nell'enorme successo di pubblico riscosso dalla fiction dedicata a Don Diana e nell'incontro che noi familiari delle vittime avremo domani a Roma con Papa Francesco".

Ha chiuso l'incontro don Tonino Palmese: "Il dono che ci fa Papa Francesco è emblematico di come la Chiesa sia concretamente vicina ai familiari delle vittime. È assurdo che per anni si sia dovuta giustificare la bontà di Don Diana e delle nostre vittime. L'auspicio è che ciò non accada più e che continui a rafforzarsi un'alternativa reale alla vita delle mafie, vero oltraggio a Dio".

http://www.pupia.tv

mercoledì 19 marzo 2014

“Per amore del mio popolo”: Preziosi sarà don Peppe Diana per non dimenticare

Alessandro Preziosi interpreterà il noto prete anticamorra, don Giuseppe Diana, per una fiction in due puntate su Rai1. L’appuntamento non poteva che essere per il 18 e 19 marzo, giorno in cui cade l’anniversario della sua morte. Sì perché don Peppe Diana morì a Casal di Principe il 19 marzo 1994, ucciso nella sacrestia della chiesa San Nicola di Bari con due colpi di arma da fuoco alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. È morto sul colpo, lasciando l’amaro in bocca a chi, come lui, ha sempre creduto che la verità potesse rendere liberi gli uomini e condurli verso la salvezza. Il titolo della fiction prende spunto da quello di una lettera, scritta da don Peppe in occasione del Natale 1991, rivolta a tutte le parrocchie della zona. Una lettera che per lui rappresentò un esempio necessario da dare, mentre per i boss della zona una sfida da punire.

Alessandro Preziosi: “Il ruolo più bello e importante”
Alessandro Preziosi presterà il suo volto sul piccolo schermo a don Peppe Diana: “E’ la cosa più bella e importante che ho fatto finora. Un progetto unico, che ha dato nobiltà al lavoro di tutti: è un prodotto di fortissimo impatto. Era un uomo che ha vissuto in maniera intensa la sua vita, dedicandola totalmente ai ragazzi. Con grande semplicità e un’infinita capacità di ascolto. Era un uomo esuberante, con un forte senso di libertà e di meraviglia verso le cose e le anime belle. Era più uomo che prete. Aveva un’umanità che lo rendeva parte della società nella quale viveva. Ed è proprio questo che ho cercato di rendere nella mia interpretazione“.

Alla base del suo personaggio la storia del noto sacerdote vittima della camorra a Casal di Principe, nato da una famiglia di contadini e ordinato sacerdote a soli 24 anni, dopo essere stato in seminario dai suoi 10. Da quel momento la comunità inizierà ad avere bisogno di lui e viceversa, soprattutto i giovani, con i quali don Peppe inizia ad instaurare un bellissimo rapporto di complicità e stima. Diventerà poi responsabile diocesano dell’Agesci, l’associazione degli scout, e avvierà così la sua lotta alle mafie, tentando di debellarla dalla vita dei suoi paesani sottraendo le anime più pure dalle grinfie della criminalità organizzata.

L’intervento di Rosy Bindi per “Venti di cambiamenti”
Si è tenuta questa mattina l’incontro alla Camera, che aveva come oggetto di discussione “Venti di cambiamenti” – il ricordo di don Giuseppe Diana. Dopo la proiezione in anteprima della fiction Rai “Per amore del mio popolo”, la Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi ha introdotto il dibattito rilasciando alcune importanti dichiarazioni in merito alla fiction e alla figura del prete anticamorra che si è immolato per la sua gente:

La fiction ha fatto la sua parte per aiutare a capire meglio lo straordinario messaggio che Don Diana rappresenta per tutti noi. [...] Era un prete che faceva il suo dovere, così dovremmo dire dei magistrati, dei poliziotti, dei cittadini normali. [...] In questi giorni il collaboratore di giustizia Spatuzza ha usato una frase per raccontare l’uccisione di Don Pino Puglisi; ‘abbiamo dovuto ucciderlo perché voleva il nostro territorio”, una frase temenda capace però di tenere dento una verità: la camorra e le mafie hanno paura di chi fa capire che si può costruire un futuro senza violenza.

http://tv.fanpage.it

Diecimila in corteo per ricordare don Diana a Casal di Principe

CASERTA - Almeno diecimila persone in corteo a Casal di Principe per il ventennale della morte di Don Diana. E' in corso tra le strade principali del comune dell'hinterland casertano il corteo nel giorno del 19 marzo di 20 anni dopo il tragico delitto di camorra, in cui perse la vita il parroco della cheisa di San Nicola.

Subito dopo la Messa migliaia di persone si sono concentrate nei pressi del campo sportivo di Casal di Principe, da dove si è mosso un corteo di migliaia di persone. Scuole, associazioni, scouts provenienti da ogni parte d'Italia sono presenti.

Il lungo corteo composto in gran parte da studenti delle medie e delle scuole elementari e dai ragazzi delle parrocchie della diocesi di Aversa ha percorso le strade di Casal di Principe fino al piazzale del cimitero dove si tiene la manifestazione finale.

Nella folla il fratello e la sorella del sacerdote, Emilio e Marisa Diana. «Il sacrificio di don Giuseppe - ha detto ai giornalisti Marisa Diana - non è stato inutile, è servito ad innescare il cambiamento ed oggi è un simbolo della lotta alla criminalità
organizzata».

Verso la fine del percorso si è unita al corteo il presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, con i sindaci di Afragola e Casavatore ed i commissari prefettizi di Casal di Principe e dei comuni sciolti per sospetto di infiltrazione camorristica.

Davanti alla casa di don Giuseppe Diana il corteo si è fermato ed ha applaudito a lungo. I ragazzi hanno scandito lo slogan: «Don Peppe, uno di noi». Affacciata al balcone l'anziana madre del sacerdote, Iolanda, ottantenne, che è stata salutata dall'onorevole Bindi e da don Luigi Ciotti, animatore di Libera.

Presente anche il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico: «L'eroismo semplice e umile di Don Peppe Diana - commenta Bubbico - consiste nell'aver voluto fare fino in fondo il suo lavoro di parroco che, a costo della vita, non ha accettato i soprusi e le violenze, anzi, li ha denunciati dall'altare».

Sul palco la lunga lettura, a turno da parte di giovani studenti, delle vittime delle mafie.

Don Diana, vent'anni dalla morte. Il vescovo durante la messa: «Il camorrista è come Giuda»
di Claudio Coluzzi
INVIATO - ‎Il camorrista e' come Giuda perché vende la vita per denaro. Con queste parole il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, ha celebrato la messa che 20 anni fa, nella parrocchia di San Nicola di Bari a Casal di Principe, fu interrotta con quattro colpi di pistola che uccisero don Peppino Diana.

Don Diana si accingeva, il 19 marzo del 1994 a dire messa nel giorno del suo onomastico. Una folla immensa questa mattina ha riempito la chiesa e ha occupato l'intero sagrato. In prima fila, con i familiari di don Peppino, anche il Pm Federico Cafiero che indago' sull'omicidio, ora Procuratore di Reggio Calabria. Per l'assassinio di don Diana e' stato condannato il killer Giuseppe Quadrano e il boss Nunzio De Falco.

Grande commozione, dopo l'omelia, quando ha preso la parola la sorella di don Peppino Diana. “Nessuno si è dimenticato di te. La tua vita è stata troppo breve, i tuoi nipoti ti hanno potuto conoscere solo tramite noi. Ma nessuno si è dimenticato di te. Hai dato amore e poi la vita per il tuo popolo e ora il tuo popolo ti ricorda. Aiutaci e veglia su noi noi. Sei stato un grande e lo sarai per sempre. Ti vogliamo bene”. Le ultime parole sono state interrotte dalla commozione e, subito dopo, da un lunghissimo applauso in chiesa. Sul pulpito è poi salito Vincenzo, amico disabile di don Peppino: “Chi ti ha ucciso è stupido e lo ha fatto perchè aveva paura di te e della tua forza. Io ti scrivo lettere ogni giorno da venti anni, mi ricordo sempre quando mi hai portato a Lourdes. Tu hai aiutato tanto me e ora io, in tuo nome, aiuto i ragazzi con i Braccialetti Rossi che sono in ospedale”.

Subito dopo la Messa migliaia di persone, più di diecimila, si sono concentrate nei pressi del campo sportivo di Casal di Principe. Qui si è mosso il corte. Scuole, associazioni, scouts provenienti da ogni parte d'Italia. Ma anche tantissime persone comuni che, singolarmente, hanno deciso di testimoniare con la loro presenza di voler seguire l'esempio di don Peppino. Tra le associazioni i ragazzi della strage di “Via d'Amelio” con magliette rosse e agende rosse, poi palloncini, cartelli, bandiere, gonfaloni di decine di città. Una commemorazione vissuta in un clima festoso e coinvolgente.

www.ilmattino.it

martedì 18 marzo 2014

Per amore del mio popolo

Lo scritto più noto di don Peppe Diana è la lettera Per amore del mio popolo, un documento diffuso a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe, un manifesto dell'impegno contro il sistema criminale:

« Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

La Camorra

La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche

È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l'infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d'intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L'inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l'inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l'Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.

Il Profeta fa da sentinella: vede l'ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO
Appello

Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”. »

(Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d'Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO))

Incubo a Marano, altri casi di lupara bianca: nessuna traccia di due giovani

di Ferdinando Bocchetti

Marano. La città nell’incubo. Una cappa di piombo. Si teme la catena di vendette senza fine.
Non si parla d’altro di gregari in fuga dopo la misteriosa scomparsa di Antonio Ruggiero e dell’uccisione di Andrea Castello. Altri due personaggi avrebbero fatto perdere le tracce.

Ma si parla con insistenza di lupara bianca anche se non c’è nessuna denuncia e sui nomi si preferisce non fare illazioni. Di certo, ancora nessuna notizia di Antonio Ruggiero, il pregiudicato scomparso nei giorni scorsi amico di Andrea Castello, ucciso a Casandrino.

La pista più battuta dagli inquirenti è appunto quella che porta a un regolamento di conti all'interno del clan Amato-Pagano, con l'obiettivo di fermare l'ascesa delle pedine più inquiete dell'ala legata al boss scissionista Mariano Riccio: quella maranese, da tempo operante anche nei territori di Melito e Mugnano e sempre più smaniosa di impossessarsi di fiorenti piazze di spaccio.

Ma intanto, mentre si tenta di far luce sull'omicidio di Castello e sulla sparizione di Ruggiero (la sua auto è stata ritrovata ad Orta di Atella completamente carbonizzata e crivellata di colpi), altri due giovani pusher ritenuti vicino a Riccio, e sempre residenti a Marano, sarebbero letteralmente scomparsi dalla circolazione. In pratica, come inghiottiti dal nulla. Altri due sodali di Mariano Riccio, insomma, forse da punire, al pari di Castello e Ruggiero, per qualche vecchio sgarro o per aver tentato di assumere in piena autonomia il controllo del clan un tempo guidato da Cesare Pagano. Per ora non è ancora chiaro se la loro scomparsa sia da ricondursi alla decisione di allontanarsi volontariamente dalla zona a seguito dei tragici fatti di Casandrino.
Ad ogni modo si tratta di notizie che, al momento, non trovano conferma da parte degli investigatori, che pure sono ben a conoscenza della vicenda. Ciò che è certo è che quel manipolo di ragazzi, armati fino ai denti, strafatti di cocaina e che avevano fatto irruzione in città nel settembre del 2012, non si era guadagnato alcuna simpatia sul territorio: non erano visti di buon occhio dagli affiliati al clan Polverino, sempre più in crisi e in grave difficoltà organizzativa dopo le ultime inchieste giudiziarie, né tantomeno dalla popolazione, da decenni abituata a convivere con una camorra silenziosa e perlopiù imprenditoriale.

La famiglia di Antonio Ruggiero è, tra l'altro, tristemente nota a Marano. La storia dei Ruggiero è infatti segnata da eventi tragici e ora, a quanto pare, anche da inquietanti coincidenze, tutte riaffiorate all'indomani della barbara esecuzione di Andrea Castello.

Il 30enne di cui si sono perse le traccie da oltre tre giorni ha perso ben due fratelli, entrambi giovani e in circostanze drammatiche, di certo non riconducibili alla sfera criminale. I due, Luigi e Vincenzo, morirono a distanza di pochi anni l'uno dall'altro: il primo a causa di un incidente in moto, l'altro per una sciagurata fatalità sul luogo di lavoro. Ma non è tutto. Il suo cognome rievoca quello di un defunto e temutissimo capo-zona, Donato, detto «Ninuccio 'o Pellerossa», ammazzato all'inizio degli anni Novanta e cugino di primo grado di Antonio la cui sparizione è stata denunciata ai carabinieri della locale tenenza proprio dai suoi familiari.

C'è poi l'inquietante coincidenza, quella che chiama in causa un altro cugino di Antonio, Salvatore Ruggiero, di cui non si hanno più notizie da oltre venti anni. Il suo corpo non è mai stato ritrovato e anche per quel caso, a Marano, si era parlato apertamente di lupara bianca. 
http://www.ilmattino.it

Sant’Antimo. Maltrattava la moglie da dieci anni: 37enne in manette

SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo hanno tratto in arresto per tentata estorsione e lesioni personali un 37enne del luogo già noto alle forze dell'ordine e sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno perché all’interno della sua abitazione aveva picchiato la moglie convivente, una casalinga 28enne perché non voleva dargli dei soldi. La donna è stata portata all’ospedale di Frattamaggiore ove i medici le hanno riscontrato “trauma cranico e contusioni multiple per il corpo” guaribili in 10 giorni, dimettendola dopo le prime cure. Nel corso degli accertamenti conseguenti all’intervento è emerso che analoghi comportamenti andavano avanti da circa 10 anni. L’arrestato è stato tradotto nel carcere di Poggioreale.

http://www.internapoli.it

domenica 16 marzo 2014

Napoli, arrestato Angelo Cuccaro, il boss di Barra

Napoli, arrestato Angelo Cuccaro, il boss di Barra (VIDEO).
Angelo Cuccaro, capoclan di Barra e Ponticelli, periferia Orientale di Napoli, è stato arrestato nel pomeriggio di oggi dalla Polizia di Stato. Il boss era latitante da due anni ed era destinatario di diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere e condannato in via definitiva all’ergastolo per un omicidio. Anngelo Cuccaro, soprannominato “Angiulillo o’ fratone“, e’ stato sorpreso dai poliziotti ad Ardea, in provincia di Roma. Al blitz hanno preso parte gli agenti delle Squadre Mobili di Napoli e Roma, del Servizio Centrale Operativo e della polizia Scientifica. Cuccaro aveva trovato alloggio in una villetta ma la polizia lo ha sorpreso e arrestato in strada. Il latitante, che ha 42 anni, era stato condannato all’ergastolo per l’ omicidio di Esposito Luigia avvenuto nel 1996. Con i fratelli Michele e Luigi, entrambi latitanti, gestiva gli affari dell’omonimo clan, attivo nell’area orientale dei Napoli gia’ dalla fine degli anni ’80, che attualmente detiene il monopolio di spaccio e racket del quartiere di Barra e delle aree confinanti inclusa Ponticelli.


Cuccaro è il boss che tre anni fa era stato immortalato dalle telecamere mentre, proprio nel suo quartiere, Barra, durante la tradizionale Festa dei Gigli, era a bordo di una lussuosa Rolls Royce bianca che sfilava tra la folla plaudente. All’epoca Cuccaro era recentemente uscito di prigione, dopo aver scontato una pena di dieci anni. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha fatto giungere, tramite il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, le congratulazioni agli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, delle Squadre Mobili di Napoli e Roma e della Polizia Scientifica per l’arresto.

www.fanpage.it

sabato 15 marzo 2014

Ucciso con due colpi alla testa: è un 31enne di Marano con precedenti per rapina e droga

MARANO. E' un 31enne di Marano la vittima uccisa nell'agguato in via Lavinaio a Casandrino. Andrea Castello era un pregiudicato. Aveva precedenti per rapina e stupefacenti. E' stato ritrovato lungo la strada, vicino al corpo tre bossoli. Con molta probabilità è stato giustiziato lì: la posizione del cadavere, in ginocchio e con il viso rivolto verso un muretto, lo fa ritenere agli investigatori. Castello presentava una ferita alla testa, una all'addome e una al torace. Un'esecuzione in piena regola. Su posto i carabinieri hanno trovato quattro proiettili e un'ogiva. L'allarme è stato dato da un passante. Forse, è stato portato lì a bordo di un'automobile, visto che si tratta di una strada interpoderale e non di facile accesso, e poi ammazzato. L'allarme è stato dato da un passante. Nella stessa strada lo scorso 3 marzo fu ritrovato un corpo carbonizzato all'interno di una Fiat Grande Punto. Anche in quel caso la vittima, un uomo, era stato ucciso con un colpo d'arma da fuoco. Era il quinto cadavere carbonizzato nel Napoletano in poco meno di un mese tra i comuni di Giugliano in Campania, Caivano, Grumo Nevano e Casandrino, tutti nell'area nord di Napoli. Indagano i militari della compagnia di Casoria e del nucleo investigativo del gruppo di castello di Cisterna.
http://www.internapoli.it

Agguato di camorra, l'uomo ucciso a Casandrino era legato al boss Riccio
di Ferdinando Bocchetti

Era solito girare in sella ad una moto da cross Andrea Castello, il 31 enne originario di Marano giustiziato ieri sera a Casandrino.

Un viavai continuo per le strade del centro storico del città, nei vicoli finiti - a seguito dell'indebolimento del clan Polverino - ormai da circa due anni sotto la giurisdizione degli Amato-Pagano e di quel Mariano Riccio, il giovane e spietato boss assicurato alla giustizia poco più di un mese fa.

Castello non aveva un background criminale di primissimo livello; qualche precedenti per rapine e pestaggio e droga (aveva obbligo di firma). Ma da qualche tempo - secondo i soliti bene informati - aveva avuto il compito di gestire una piazza di spaccio nel territorio di Melito.
www.ilmattino.it

Omicidio di Casandrino, scomparso amico della vittima: torna l'incubo della faida di Scampia
di Marco Di Caterino

E' scomparso da due giorni, Antonio Ruggiero, 30 anni, di Marano, amico stretto di Andrea Castello, il pregiudicato, ucciso venerdì sera in via Lavinaio a Casandrino.

L'auto a bordo della quale è stato visto l'ultima volta Antonio Ruggiero, è stata ritrovata poco fa nelle campagne di Orta di Atella, completamente carbonizzata.

Qualche ora dopo la scoperta del delitto, i familiari di Antonio Ruggiero, hanno presentato la denuncia di scomparsa, avvenuta presumibilmente giovedì scorso. L'ultimo giorno nel quale sono stati visti. Andrea Castello aveva appena firmato presso la locale tenenza dei carabinieri.
www.ilmattino.it

venerdì 14 marzo 2014

Follia a Sant'Antimo: litiga col figlio, lo rinchiude in camera e appicca il fuoco: 25enne salvato dai vicini

di Nella Capasso

Sant'Antimo. Ha tentato di uccidere il figlio di 25 anni, dando fuoco alla stanza dove dormiva, che aveva preventivamente chiuso a chiave. Mario Dell'Omo, 50 anni, incensurato, dopo aver cosparso la sua abitazione di liquido inffiamabile, si è allontanato, ma è stato arrestato dai carabinieri della locale tenenza.


Il giovane è stato tratto in salvo dai vicini di casa ed ha riportato ustioni di secondo grado. All'origine dell'efferato gesto, vi sarebbe una lite tra padre e figlio per questioni familiari.

http://www.ilmattino.it

Sant’Antimo. Appicca il fuoco alla camera del figlio dopo una lite familiare

SANT'ANTIMO. Questa mattina, a Sant’Antimo, i carabinieri della locale tenenza hanno tratto in arresto Mario Dell’Omo, 50 anni, del luogo, incensurato, resosi responsabile di tentato omicidio aggravato. I militari dell’Arma l’hanno bloccato perché nella sua abitazione, usando liquido infiammabile, aveva dato fuoco alla camera da letto ove dormiva il figlio convivente 25enne, dopo aver litigato per vecchi e mai sopiti rancori originati da questioni familiari. Dopo l’azione criminosa mario dell’omo ha abbandonato la casa chiudendo la porta di ingresso a chiave mentre il giovane, aiutato a uscire da vicini, e’ stato soccorso e trasportato dal 118 all’ospedale di Frattamaggiore. I medici gli hanno riscontrato ”ustioni di 2° grado alla mano e al polso sinistro - alla regione lombo-sacrale, al polpaccio sinistro e ai piedi nonché ferite lacero contuse al braccio sinistro” guaribili in 10 giorni. Le fiamme sono state domate da vigili del fuoco di Afragola e hanno danneggiato mobili e suppellettili della casa. L’arrestato e’ stato tradotto a Poggioreale.
http://www.internapoli.it

mercoledì 12 marzo 2014

Sant’Antimo. 31enne in manette per detenzione di hashish e marijuana

SANT'ANTIMO. Questa notte, a Sant’Antimo, i carabinieri della locale tenenza durante un servizio antidroga, hanno tratto in arresto Francesco De Cristofaro, 31 anni, residente in via Ungheria, già noto alle forze dell'ordine. Sottoposto a controlli mentre percorreva via del Caravaggio alla guida della sua Ford Ka con fare sospetto, l’uomo è stato trovato in possesso di 200 grammi di hashish, 50 grammi di marijuana nascosti in varie parti della vettura, oltre a 320 euro ritenuti provento di attività illecita e 7 bustine di cellophane vuote. L’arrestato è stato tradotto nella casa circondariale di Poggioreale.
http://www.internapoli.it

lunedì 10 marzo 2014

Don Peppe Diana: vent’anni non sono passati invano

Don Peppe Diana: vent’anni non sono passati invanoIl 19 marzo ricorre il ventesimo anniversario dell’uccisione del parroco di Casal di Principe per mano della camorra. Un territorio, quello del Casertano, che sta trovando la forza di reagire ai soprusi di camorristi, affaristi e criminali.

Cinque proiettili: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e l’ultimo al collo. Don Peppe Diana morì nel giorno del suo onomastico, 19 marzo 1994, ore 7 e 25 del mattino, poco prima che dicesse messa nella chiesa di San Nicola a Casal di Principe. Era una situazione molto diversa da quella attuale, e sottolinearlo non è scontato: all’epoca, solo vent’anni fa, la camorra casalese imperava, il solo pronunciarla incuteva timore e forme distorte di rispetto, la vita di interi centri urbani si svolgeva all’ombra di criminali, affaristi, speculatori e politici collusi, quando non apertamente camorristi. Oggi c’è rimasto ancora tanto da fare, dire che la camorra è sconfitta, semplicemente, è una menzogna. Quel che è cambiato è l’approccio mentale: nel marzo 2014 nemmeno se ne poteva parlare. Don Peppe Diana fu ucciso perché fu tra i pochi a farlo.


PER AMORE DEL MIO POPOLO – Il 25 dicembre 1991, giorno di Natale, nelle chiese di Casal di Principe fu affisso un vero e proprio manifesto anticamorra, una presa di coscienza collettiva sotto forma di lettera, che divenne famosa col titolo “Per amore del mio popolo non tacerò”: « La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura – scriveva don Peppe Diana – impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato». Don Diana lo scriveva a chiare lettere: «Precise responsabilità politiche». Le istituzioni locali e nazionali avevano permesso alla camorra di penetrare in ogni aspetto della vita pubblica e sociale, inermi di fronte a un potere che si voleva più forte di quello legittimo esercitato da uno Stato sempre più indifferente e imbelle. Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano, tutti i paesi dell’agro aversano e di Terra di Lavoro, non esistevano né sull’agenda pubblica, né sulla cartina geografica del governo di Roma. Don Peppe Diana richiamò tutti alle proprie responsabilità, puntò il dito per mostrare quel pezzo dimenticato di territorio nell’Italia Meridionale, che si voleva abitata solo da ignoranti, cafoni e subumani.

IL RISVEGLIO – La camorra è ancora presente nella vita pubblica, negli appalti, nel business dei rifiuti, nelle aule dei Comuni e persino negli ospedali, nella “gestione” della nostra salute. Eppure proprio da quei rifiuti interrati, dalle ecomafie che hanno distrutto il futuro di una terra un tempo fertile e rigogliosa, sono sorti, come "contagio" positivo, i primi sintomi del risveglio, la voglia semplice e legittima di poter continuare a vivere qui, tra Napoli e Caserta, terra di don Diana, non degli Schiavone e dei Bidognetti. I cortei, le manifestazioni, la consapevolezza precisa e netta di chi oggi pronuncia la parola “camorra”, sono lo specchio di una società che cambia e non vuole più abbandonare i suoi elementi migliori, i suoi don Peppe a lottare da soli. Il 19 marzo un corteo, organizzato da “Libera”, dal comitato Don Peppe Diana e dalla diocesi di Aversa, attraverserà le strade di Casal di Principe per ricordare il parroco a vent’anni dalla sua morte. Un appuntamento che, mai come stavolta, ha il sapore di un risultato concreto e raggiungibile: combattere la camorra non è più solo una “roba per attivisti”: è diventata precisa esigenza sociale.
http://www.campaniasuweb.it

Camorra. Gli «affari» dei Casalesi nel basso Lazio: sette arresti e sequestri di beni

di Giuseppe Crimaldi

Sette persone in manette, perquisizioni e sequestri di beni per oltre un milione e 400mila euro: sono i risultati di un blitz appena concluso dalla Squadra mobile di Latina contro il clan dei Casalesi.

Gli arresti sono l'effetto dell'ultima indagine conclusa dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli sulla «invasione» profonda e silenziosa del clan dei Casalesi nei Comuni del basso Lazio. L'indagine, coordinata dai magistrati Giovanni Conzo, Alessandro D'Alessio e Cesare Sirignano, è stata condott dalla Mobile di Latina.

Inquietanti gli scenari che emergono dalla lettura delle carte: i Casalesi avevano movimentato ingenti capitali di provenienza illecite reinvestendoli in aziende e società dell'Agro pontino. Perquisizioni sono ancora in corso a Formia, San Cosma e Damiano, Latina, oltre che a Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Cancello Arnone e Castelvolturno.

Tra gli arrestati figurano Salvatore Di Puorto, Antonio Ianuario e Salvatore Ianuario, detto «Mammone», personaggio di spicco della criminalità casertana.

http://www.ilmattino.it

Afragola. Killer freddano pregiudicato in auto: era stato condannato per un omicidio 15 anni fa

di Marco Di Caterino
Afragola. Agguato mortale allo svincolo dell'Asse Mediano di Afragola.

Due killer a bordo di una Fiat Punto hanno esploso cinque colpi di pistola contro una Matiz di colore grigio guidata da un pregiudicato del posto, Gennaro Caliendo, del '77.

I killer sono arrivati dal Corso Meridionale. L'uomo al volante li ha visti, ha fatto retromarcia sbandando contro un pilastro. A quel punto è stato centrato più volte all'addome, al collo e alla nuca.

Su posto sono arrivati gli agenti del commissariato di polizia, guidati dal vicequestore Sergio Di Mauro. Dopo poco si è appreso che la vittima si trovava in stato di semiliberà da un anno e che doveva tornare in carcere entro le 21. Caliendo era stato condannato a 15 anni di reclusione per l'omicidio di Rodomonte Chiacchio, un ragazzo di 18 anni accoltellato per la rapina di un cellulare nel 1999.

http://www.ilmattino.it

Napoli. Sospettato di indefeltà al clan e ucciso: arrestati il mandante dell'omicidio e i due killer

Sono accusati di aver eseguito l'omicidio di Carmine Capozzoli, avvenuto nel febbraio 1995, "nell'interesse e per conto del clan Sarno di Ponticelli", si legge in una nota diffusa dagli inquirenti sotto l'egida del procuratore aggiunto Giovanni Melillo.

Questa mattina i carabinieri della tenenza di Crcola hanno dato esecuzione alla misura cautelare in carcere, emessa dal gip di Napoli, a carico di Antonio Sarno (di Nuicola), nato a Napoli il 13 agosto 1953, Ciro Minichini, nato a Napoli l'11 luglio 1971, Pasquale Austero, nato a Napoli il 18 dicembre 1966.

Sarno è considerato dagli inquirenti il mandante dell'omicidio, "unitamente al cugino Pasquale Sarno, collaboratore di giustizia e già figura apicale del clan omonimo". Pasquale Austero e Ciro Minichini, quest'ultimo già detenuto per una condanna in primo grado per molteplici omicidi, sono accusati di aver eseguito materilamente il delitto.

Secondo la ricostruzione emersa dalle indagini, sulla scorta delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, Capozzoli "fu ucciso per essere stato sospettato di infedeltà nei confronti del clan Sarno, cui apparteneva, e per i propri rapporti di parentela con i fratelli Ciro e Vincenzo Ricci, già vittima, pochi mesi prima, di analogo agguato mortale".
http://www.ilmattino.it