venerdì 28 febbraio 2014

Uccisi in un centro estetico come in “Gomorra”

Erano all’interno di un solarium di un centro estetico i due uomini uccisi ieri sera ad Arzano, in provincia di Napoli. I killer sarebbero entrati nel locale ed in pochi secondi avrebbero fatto fuoco ripetutamente per poi dileguarsi. Le vittime sono il 30enne Vincenzo Ferrante, che si stava rifinendo le sopracciglia, e Ciro Casone, 57 anni. 

ROBERTO SAVIANO – L’agguato ricorda la scena iniziale del film “Gomorra” di Matteo Garrone tratto dal bestseller di Roberto Saviano. E infatti lo stesso scrittore ha subito twittato: «Ad Arzano, esecuzione in un centro abbronzante, come nelle prime scene di Gomorra. E ci accusavano di descrivere una realtà inesistente...».

Omicidio di Arzano: una delle due vittime uccisa per sbaglio

Vincenzo Ferrante sarebbe stato colpito per errore nell’agguato commesso ieri sera nel centro estetico. 

Una delle due vittime dell’agguato di Arzano potrebbe essere stato ucciso per errore. L’obiettivo dei killer era solo Ciro Casone, 57 anni, che era nel centro estetico insieme alla sua fidanzata. Ma il 30enne Vincenzo Ferrante sarebbe stato colpito successivamente dai sicari che, molto probabilmente per coprirsi la fuga, hanno esploso colpi di pistola all’impazzata.

http://www.campaniasuweb.it

Massacrato dalle belve di camorra per errore: il cuore d'oro di Enzo, una vita per la famiglia


Tra un mese avrebbe compiuto trent’anni.


Tra un mese avrebbe voluto tirare i suoi primi bilanci su una vita di sacrifici. Avrebbe spento le candeline, con i due figli piccoli e la giovane moglie.

Enzo, invece, non c’è più. Massacrato senza pietà, da feroci belve della camorra, con il volto coperto da un casco integrale. Era nel centro estetico «Solaro» di via Rocco a soddisfare un suo innocente vezzo: nel box cinque, gli stavano ritoccando le sopracciglia. Nulla di male, per chi aveva fatto della sua vita solo un impegno di sacrifici e lavoro. Ha sentito gli spari, «botti» di morte contro il capoclan Ciro Casone. Uno che Enzo conosceva appena. Buongiorno e buonasera, poi basta.
di Gigi Di Fiore
http://www.ilmattino.it

giovedì 27 febbraio 2014

Clan Mallardo. Giugliano. Ascoltati i pentiti Pirozzi e Cangiano per incastrare l'imprenditore Luigi Russo

GIUGLIANO. Al banco dei testimoni ancora due pentiti Cangiano e Giuliano Pirozzi del clan Mallardo per incastrare Luigi Russo l'imprenditore di Giugliano nativo di Villaricca finito dietro le sbarre per associazione camorristica. Luigi è il fratello di Nando Russo braccio destro di Peppe Setola il boss stragista del clan dai casalesi condannato definitivamente all'ergastolo per la strage di Castel Volturno. processo è in corso davanti ai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che gli ha sequestrato anche tutte le attività ed i beni per svariati milioni di euro. I collaboratori sono stati citati dal pm Cesare Sirignano per completare il quadro di accusa a carico dell'imputato sotto processo insieme alla moglie Margaret Florence Perham, sorella di John Loran, affiliato al clan dei casalesi arrestato con il boss Setola. Poche cose sono state riferite da Cangiano il quale ha soltanto riferito di aver conosciuto Russo indirettamente perché i rapporti con il clan erano tenuti dal fratello Ferdinando. Per Pirozzi l'esame verrà concluso la prossima udienza del 15 aprile poiché il pm ha depositato un nuovo verbale che non era in possesso della difesa rappresentata dall'avvocato Emanuele Coppola. Pirozzi è ritenuto un colletto bianco del clan Mallardo ma ha già riferito di non aver mai conosciuto Luigi Russo. Dunque i due pentiti nulla di nuovo hanno aggiunto all'istruttoria dibattimentale che si avvia alla conclusione. Infatti per il prossimo 13 maggio è stata già fissata l'udienza per la requisitoria. La volta scorsa venne sentito un teste della difesa importante un avvocato amministrativista di Roma che era aveva finanziato l'operazione di Russo per l'acquisto dell'Hotel Flag con 700mila euro. Una testimonianza importante per la difesa per giustificare l'ingente movimentazione di danaro di Russo accusato di essere un prestanome della camorra. Gli inquirenti avevano sostenuto che Russo non aveva alcuna capacità di reddito per potersi permettere quella operazione, invece l'avvocato Giovanni Pascone ha dimostrato, con i documenti di le operazioni bancarie fatte quando egli decise di investire in quella operazione immobiliare. Russo è detenuto per associazione camorristica in quanto ritenuto dalla Dda di Napoli un prestanome del clan, l'imprenditore al quale la camorra si sarebbe rivolta per riciclare soldi sporchi investiti in speculazioni edilizie e immobiliari nella zona di Varcaturo. Secondo le contestazioni dell'Antimafia, Luigi Russo, essendo il fratello di Nando Russo, braccio destro di Setola, avrebbe messo a disposizione del boss stragista e dei suoi fedelissimi le sue attività e le strutture che amministrava. Albergo, camping ed altro utilizzati dai casalesi per commettere una serie di omicidi. (fonte: Maria Giovanna Pellegrino - Il Roma)
http://www.internapoli.it

Estorsioni, 4 arresti contro il clan Moccia

 Napoli. Quattro arresti, all’alba di mercoledì, degli agenti del centro operativo Dia di Napoli. I fratelli Antonio Del Prete, 29 anni, e Giovanni Del Prete, 27, Leopoldo Tremante, 57, e Giovanni Castiello, 42, sono ritenuti responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Secondo gli inquirenti, avvalendosi della forza di intimidazione promanante dal clan camorristico Moccia di Afragola, gli indagati avevano imposto, in varie occasioni, il pagamento di una tangente ad un imprenditore che si era aggiudicato vari appalti per attività di montaggio e manutenzione di luminarie pubbliche al comune di Afragola ed in zone limitrofe.

L’attività è stata svolta in due distinte fasi. La prima ha riguardato l’esecuzione del fermo di Giovanni Del Prete e di Tremante. Come accertato nel corso delle indagini, il primo gestiva la trattativa con la vittima e ritirava il danaro, mentre Tremante svolgeva il ruolo di intermediario. La vicenda era emersa nel corso di intercettazioni telefoniche che avevano consentito, sia di ricostruire chiaramente le singole fasi della vicenda estorsiva, dalla richiesta alla dazione del  danaro, sia di identificare compiutamente alcune delle persone coinvolte nella vicenda.

La Dia procedeva, inoltre, all’escussione della vittima che, inizialmente, per il timore di ritorsioni, negava di aver mai subito richieste o minacce estorsive ad Afragola, ma a seguito della contestazione di alcune conversazioni telefoniche, estremamente eloquenti, finiva con il confermare di essere stata vittima di estorsione da parte di persone che gli si erano presentate a nome dei “compagni di Afragola ”e che gli avevano chiesto di versare, a partire dal mese di giugno 2013, in due tranche, la somma di tremila euro, precisando di aver versato la prima – quella a cui si riferivano le intercettazioni – in prossimità delle festività natalizie.
Secondo le indagini, l’imprenditore aveva avuto i primi contatti con quelli che definiva  i “camorristi di Afragola” nel 2011, quando, dopo che i suoi operai avevano subito minacce su un cantiere attivo all’epoca, aveva incontrato un uomo qualificatosi come il “capo” della camorra  locale, il quale gli aveva chiesto, per tutti i lavori che effettuava in zona, una tangente “forfettaria” di quattromila euro all’anno da corrispondere in due tranche. Le richieste estorsive erano continuate negli anni successivi ed avevano visto la partecipazione anche di altre persone, in un primo momento, non compiutamente individuate.

Per tale motivo la Direzione distrettuale antimafia emetteva, oltre al decreto di fermo, anche decreto di perquisizione nei confronti di Antonio Del Prete, fratello di Giovanni, e Giovanni Castiello, ritenuto uno degli attuali elementi di spicco dell’organizzazione criminale operante in Afragola, nei cui confronti confluivano alcuni indizi assai chiari che lo individuavano come il probabile capo che aveva inaugurato la vicenda estorsiva.

Le attività svolte in sede di esecuzione delle perquisizioni consentivano  di ricostruire i fatti in maniera ancora più precisa e portavano all’emissione di un provvedimento di fermo anche nei confronti dei predetti, ritenuti partecipi alla vicenda estorsiva.

L’intervento della Dda e della Dia si è reso necessario, oltre che per impedire la prosecuzione del reato, per tutelare l’incolumità dell’imprenditore, dei suoi familiari e dei suoi collaboratori, verso i quali gli indagati, come emergeva dalle intercettazioni  telefoniche, meditavano ritorsioni.

 http://www.pupia.tv


Melito. Catturato pericoloso latitante e capo clan degli «Amato-Pagano»

Giugliano, il latitante Gennaro De Cicco arrestato dai Carabinieri
MELITO. I Carabinieri della Compagnia di Giugliano in Campania e del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna hanno catturato il latitante Gennaro De Cicco, 28 anni, ritenuto reggente del clan camorristico degli “Amato - Pagano”, i cosiddetti “scissionisti”, e inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi.
L’uomo si era dato alla macchia dal settembre 2012 per sfuggire a due provvedimenti restrittivi: una ordinanza di custodia in carcere emessa nel 2012 per omicidio e altra ordinanza, per associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti emessa nel febbraio 2013. E’ stato individuato e catturato a Melito di Napoli, una cittadina dell’hinterland a Nord del capoluogo partenopeo. Era in un appartamento su via Garibaldi all’interno del quale è stato sorpreso dai militari dell’Arma.
Dopo la convalida del fermo, avvenuta questa mattina presso la compagnia dei Carabinieri di Giugliano, De Cicco è stato condotto direttamente in tribunale al centro direzionale nel capoluogo partenopeo, dove si celebra il processo penale a suo carico.
http://www.internapoli.it

mercoledì 26 febbraio 2014

Sant’Antimo. Rubano impalcature in un cantiere: arrestati in due

SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo hanno arrestato per furto Ugo Chianese di 20anni, residente in via Girardi e Antonio Salvati di 41anni, residente in via Garibaldi, entrambi già noti alle forze dell'ordine. Durante un servizio di controllo del territoriom i militari dell'Arma hanno sorpreso i due uomini mentre rubavano materiale in ferro per impalcature, all’interno di un cantiere edile sul corso Michelangelo, dove si erano introdotti dopo aver forzato il cancello d’ingresso. La refurtiva, valore circa 8mila euro, è stata restituita all’avente diritto. Gli arrestati sono stati tradotti agli aresti domiciliari, in attesa di rito direttissimo.
http://www.internapoli.it

Roberto Saviano: “Mi sono rovinato la vita”

Il sogno di qualunque giovane giornalista di razza potrebbe assomigliare al profilo di Roberto Saviano: uno sguardo fermo e un buon fiuto per le storie, abilità e simpatia per trattare con le fonti, coraggio per entrare nella tana del lupo e una penna in grado di trasformare qualsiasi reportage in letteratura di buon livello.

" io non credo che sia nobile aver distrutto la mia vita e quella delle persone vicine a me per cercare la verità. Visto da lontano può sembrare nobile: ah, che bella cosa. Però io, che l’ho fatto, non lo vedo come nobile"Se poi a 26 anni riesce a scrivere un libro come Gomorra che finora ha venduto oltre 10 milioni di copie in tutto il mondo, il sogno sembra completo. Fino a quando si legge la dedica del suo nuovo lavoro, ZeroZeroZero, un viaggio di quasi 500 pagine nel traffico della cocaina da un sponda all’altra dell’Atlantico, un libro che in Spagna verrà pubblicato la prossima settimana dalla casa editrice Anagrama: “Dedico questo libro a tutti i carabinieri della mia scorta. Alle 38.000 ore passate insieme. E a tutte quelle che passeremo. Dovunque sarà”. Questa conversazione con Roberto Saviano (Napoli, 1979) ha avuto luogo nel seminterrato di un hotel di Roma, ovviamente sotto gli sguardi attenti dei suoi guardiaspalle.
Domanda: Dopo che la camorra (N.d.T.) l’ha condannata a morte, obbligandola a seppellirsi vivo, perché lei ha continuato a scrivere sugli stessi temi?

Risposta: Mi piacerebbe rispondere alla domanda con una frase retorica del tipo: continuo a scrivere perché credo nella verità, perché non sono riusciti a intimidirmi, mi sentirei però un po’ ridicolo perché dentro di me so che non è la verità. O meglio, perché la vera risposta è: sono ossessionato. Sono ossessionato perché dopo che mi sono imbattuto nella storia delle mafie non sono riuscito, neanche fisicamente, a non seguirla. Sapevo che, se avessi continuato a scrivere, la mia vita sarebbe andata sempre peggio. Non solo per via delle minacce, ma perché la maggior parte delle persone citata nel libro mi avrebbe denunciato per diffamazione. Però è più forte di me. È come una dipendenza. Una fissazione. Non è il semplice pensiero: è giusto lottare per la verità. Perché sono assolutamente convinto che…

D: Che è stato un errore?

R: Diciamocela tutta: io non credo che sia nobile aver distrutto la mia vita e quella delle persone vicine a me per cercare la verità. Visto da lontano può sembrare nobile: ah, che bella cosa. Però io, che l’ho fatto, non lo vedo come nobile. Anzi, mi dico: forse avrei potuto fare lo stesso con eguale impegno, con lo stesso coraggio, ma con prudenza, senza distruggere tutto. Invece sono stato impulsivo, ambizioso e mi sono rovinato la vita.

D: Fino a questo punto?

R: Bisogna tener presente che non posso disporre della mia vita senza chiedere un’autorizzazione. Non posso uscire né entrare quando voglio e nemmeno frequentare le persone che voglio senza doverle nasconderle per evitare le rappresaglie. A volte mi chiedo se non finirò in un ospedale psichiatrico. Sul serio. Ora ho bisogno di psicofarmaci per andare avanti, prima non ne avevo mai avuto necessità. Non ne abuso, però di tanto in tanto ne ho bisogno. È una questione che non mi piace affatto e spero che un giorno finirà.

D: Quindi è valsa la pena pagare un prezzo così alto?

R: No. E so che quando lo dico, qualcuno può pensare: che vigliacco. Vale la pena cercare la verità e arrivare fino in fondo, però proteggendosi. Nel mio cuore alberga una certezza drammatica: avrei potuto fare lo stesso senza rischiare tutto. Perché qual è il problema qui? Se si antepone un obiettivo, come la verità o la denuncia, a qualsiasi altra cosa della vita, si diventa un mostro. Un mostro. Perché tutte le tue relazioni umane e professionali sono finalizzate a ottenere la verità. Forse lo scopo è nobile, generoso, però la tua vita non è generosa. Le relazioni diventano terribili.

D: Perché?

R: Perché si deciso di sacrificare tutto sull’altare della verità. Quando ho cominciato a farlo non me ne sono reso conto. E nel libro lo dico: in nessun caso vale la pena rinunciare alla propria felicità per un obiettivo che consideri superiore. Vale la pena fare ciò che è giusto, cercando di tutelarsi.

D: Ha mai pensato di tornare indietro? Scrivere su altri temi?

R: È difficile. Forse ci proverò. Però il vero problema è che quando sei arrivato a una tale notorietà, se torni indietro rischi di buttare a mare tutto quello che hai fatto. E qui interviene la voce dell’ambizione: come faccio a sbarazzarmi di tutto questo lavoro, di tutto quello che ho ottenuto? E qui si inserisce un altro dibattito: tutto questo mi rende schiavo, e allo stesso tempo dà un senso alla mia vita. Anche se davanti a me c’è anche la sfida che non scrivo solo di criminalità . Voglio fare letteratura.

D: In ZeroZeroZero ci è riuscito.

R: Sì, credo di sì, il mio obiettivo è scrivere di cose reali in stile letterario. È stato difficile perché quando si parla dell’America Latina da qui si tende a vedere solo la parte sanguinaria, quella del massacro, come se tutto fosse un gran caos. Io invece ho cercato di dimostrare l’ordine messicano, non il disordine messicano. Il lato scientifico del tema. Non è stato facile.

D: Quali somiglianze ci sono fra il crimine organizzato in Messico e in Italia?

R: Moltissime. Molte di più che tra Colombia e Italia. Perché la struttura, la gestione del territorio è molto simile. Per questo ho cominciato il libro con una lezione che il boss italiano dà ai latino-americani di New York. In sostanza, li avverte: se volete il potere dovete sapere che un giorno lo pagherete. Se per caso avete immaginato che potete ostentare il potere e poi circolare liberi, vi sbagliate. La filosofia dell’infelicità è alla base di tutte le organizzazioni criminali.

D: Con il pretesto del libro è tornato a Napoli dopo molti anni. Cosa ha provato?

R: All’inizio avevo paura. Ho cercato di inventarmi qualsiasi cosa per andarmene. Mi preoccupava disturbare la città, la gente, che mi dicessero di smetterla. Invece ho incontrato migliaia di giovani felici di salutarmi, persone che volevano toccarmi e accarezzarmi, che mi prendevano le mani e mi dicevano: “Tranquillo, sei qui”. È stato emozionante. Prima ero tornato solo per andare in tribunale.

D: Come ha trovato la sua città?

R: Peggiorata. La crisi l’ha colpita di più. Il sogno del napoletano rimane quello di sopravvivere ed emigrare.

Tutte le parole di Saviano, anche le più drammatiche sulla sua vita, sono state pronunciate con il sorriso sulle labbra. (pubblicato il 16 febbraio 2014)

[Articolo originale "Roberto Saviano: “Me he arruinado la vida”" di Pablo Ordaz]

http://italiadallestero.info

domenica 23 febbraio 2014

Sant’Antimo. 30enne in manette mentre spacciava cocaina in via Cesare battisti

SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant’Antimo, nel corso di un servizio antidroga hanno tratto in arresto Francesco Borzacchiello, 30enne, residente in via Cesare Battisti, già noto alle forze dell'ordine, sorpreso in via Cesare Battisti mentre cedeva una dose di cocaina a 2 giovani. dopo l’arresto in flagranza, nel corso di una successiva perquisizione, l’uomo è stato trovato in possesso di 3,5 grammi di cocaina in dosi e di 60 euro in denaro contante, ritenuti provento di attività illecita. Gli acquirenti sono stati segnalati quale assuntori di stupefacenti. L’arrestato tradotto nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere (Ce).
http://www.internapoli.it

Donne killer nel commando di Caivano che ha bruciato due uomini

di Marco Di Caterino

Grumo Nevano. Camorra senza freni. Spietata.

Lunedì due morti carbonizzati a Caivano. Ora la scoperta di un altro cadavere, dato alle fiamme e completamente consumato dal fuoco, trovato nel bagaglio di una Fiat Multipla nelle campagne di Grumo Nevano. Fatti collegati tra loro da un unico filo: quella della vendetta. E c’è ancora qualcosa di più sconvolgente.

Per portare a termine il duplice delitto di Caivano il clan ha assoldato donne killer. Due assassine spietate. Sono donne quelle due ombre riprese da una telecamera di video sorveglianza di via Palmieri a Caivano, mentre scendono dalla Fiat Punto, dove erano stati appena uccisi Aniello Ambrosio e Vincenzo Montino, boss del clan Cennamo di Crispano, prima di essere avvolti dalle fiamme.

Questo spiega due cose. La prima, la facilità con la quale le vittime sono cadute nella trappola mortale. I due pregiudicati uccisi, che sapevano di essere sulla lista nera, mai si sarebbero appartati in auto con altri elementi del clan. Invece avrebbero accettato l’invito di quelle che forse credevano fossero soltanto l’avventura di una sera.
www.ilmattino.it

Faida di Caivano. La coca e i milioni dietro gli ultimi «bruciati»

di Giuseppe Crimaldi
Una partita da vincere. Milioni da mettere al sicuro. C'è il controllo delle nuove piazze dello spaccio di cocaina dietro la lunga scia di morti ammazzati nei Comuni a nord di Napoli.

Una lunga scia di morti ammazzati. Assassinati a colpi di pistola alla nuca e poi bruciati. Dietro questa nuova ondata di violenza esplosa nell'ultima settimana nei Comuni dell'hinterland settentrionale di Napoli c'è una posta in gioco altissima: il controllo delle piazze di spaccio dell'«oro bianco». La cocaina. Se un tempo nemmeno troppo lontano dai nostri giorni la camorra ordinava esecuzioni e omicidi per lavare sgarri, onte e per riequilibrare le alleanze sul territorio, oggi a Napoli si uccide in nome della droga

Le ultime informative trasmesse alla Procura della Repubblica di Napoli da polizia e carabinieri lo indicano chiaramente. E quello che in queste ore sta succedendo - da Scampia a Giugliano, da Grumo Nevano a Caivano - non è altro che il frutto di un piano diabolico che vedrebbe, tra i protagonisti, i nuovi capi del gruppo Amato-Pagano, gli «scissionisti» della prima ora.

Una strategia precisa, pianificata a tavolino. Espandere le aree del controllo del narcotraffico in Campania. «Soldi, punti e morti», proprio come diceva uno dei protagonisti nel film «Gomorra», sono diventati gli imperativi categorici dei clan che oggi dettano legge nel Napoletano. Fare «punti» significa acquisire il controllo di aree instabili, com'è attualmente quella governata dalla famiglia Cennamo, finita prepotentemente al centro delle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli dopo i morti ammazzati e bruciati nelle macchine nelle campagne della Terra dei Fuochi. Ed ecco arrivare la macabra catena di morti. I soldi, quelli, arriveranno presto.

A Caivano, nelle anonime palazzine del Parco Verde, ancora oggi vengono assoldate le «vecchiarelle»: anziane indigenti che - per un pugno di euro - inforcano gli occhiali e imbussolano la cocaina arrivata da Scampia nelle capsule da 0,25 e 0,50 grammi che verranno poi vendute al dettaglio. I bussolotti con la polvere bianca vengono poi distrubuiti ai pusher, una rete di spaccio amplissima e capillare, che da settimane investe anche i Comuni di Crispano, Grumo, Cicciano, Sant'Antimo, Acerra, fino ai Comuni limitrofi del Casertano. E' solo di poche ore fa l'arresto degli ultimi due spacciatori da parte dei carabinieri.


Le indagini. Due filoni. Il primo è quello che parte dal ritrovamento del cadavere di un uomo ucciso e poi dato alle fiamme. Era nel bagagliaio di un'auto abbandonata a Giugliano. Legami emergerebbero proprio con la malavita organizzata di Scampia. Il secondo filone porta al clan Cennamo, ai suoi regolamenti di conti interni e alla barbarie dei corpi ammazzati e poi bruciati. E il filo rosso che finisce con il legare la prima pista investigativa alla seconda porta sempre verso quel maledetto «oro bianco»
www.ilmattino.it

venerdì 21 febbraio 2014

Grumo Nevano, carbonizzato in auto. Le indagini

di Giuseppe Crimaldi

Camorra scatenata. E spietata. L'ultima vittima della faida in atto nei Comuni dell'area nord di Napoli potrebbe essere legata ai due morti trovati bruciati a Caivano

Il cadavere dell'uomo scoperto stamattina dai carabinieri in una campagna nel territorio di Grumo Nevano potrebbe appartenere ad un uomo che conosceva bene le due vittime ritrovate lunedì sera in un'area agricola di Caivano.

Gli inquirenti avrebbero già un nome. Potrebbe essere veramente quello dell'ultima vittima di una faida scatenata dalla camorra in questi ultimi giorni dopo la rottura di equilibri criminali legati al controllo dei traffici di cocaina nel Napoletano. Il condizionale è d'obbligo, in questi casi. Ma a suffragare l'ipotesi ci sarebbe una circostanza che i magistrati non sottovalutano: la sua scomparsa sarebbe stata già denunciata poco tempo dopo il ritrovamento degli altri due cadaveri di Caivano dai parenti di un terzo pregiudicato.

Appartiene a lui il corpo bruciato - lo stato di combustione del cadavere, anche stavolta, era completo - che giace nella Fiat Multipla ritrovata grazie alla segnallazione di una giovane che faceva jogging nelle campagne di Grumo Nevano? Bisognerà attendere i risultati del dna per poterlo affermare.

Lo sfondo di questa ondata di violenza che pare inarrestabile nelle zone della cosiddetta Terra dei fuochi è, ancora una volta, quello popolato dai «signori della droga»: dai nuovi boss e da quell''esercito di affiliati e gregari che - partendo dai quartieri di Scampia e da Melito - pare abbiano cercato e trovato nuove basi logistiche nei territori dell'hinterland a ridosso della provincia di Caserta.
http://www.ilmattino.it

mercoledì 19 febbraio 2014

Cento passi contro la camorra nel nome di don Peppe Diana

di Crescenzio Sepe

La sera del 20 marzo 2009, all’interno del Duomo di Napoli, davanti a centinaia di familiari delle vittime delle mafie, ho avuto il privilegio di celebrare una veglia di preghiera in memoria di tutti gli innocenti caduti per mano criminale, indossando la stola di uno dei martiri della nostra storia: don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe barbaramente ucciso dalla camorra il giorno del suo onomastico nel 1994. Erano giorni molto intensi quelli, per Napoli e la Campania. Il 21 marzo le strade di Napoli furono invase da un eccezionale corteo di 150mila persone per celebrare la XIV Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno. Nel nome di don Peppe Diana e di tutte le vittime della violenza criminale, Napoli mostrò un volto nuovo, un segno tangibile di speranza e di riscatto, immortalato due anni dopo con l’istallazione, nei giardini di via Cesario Console, della Stele della Memoria. In quei giorni, Napoli e la Campania mostrarono che «Per amore del mio popolo non tacerò», lo scritto più noto di don Diana - diffuso nel Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe - non è uno slogan o un atto di eroismo ma rappresenta piuttosto la linea di condotta che può e deve ispirare l’impegno di tutti, credenti e non. Le parole di don Diana sono quantomai attuali, nonostante siano passati più di vent’anni: «La camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato». Eppure, proprio a partire dal suo esempio, tanti passi avanti sono stati fatti nel corso di questi anni nella creazione di una forte e valida coscienza civile sull’importanza del contrasto al crimine. Così come il sangue dei cristiani uccisi è diventato sorgente di vita, dal sangue delle vittime di mafia, i martiri moderni, nasce una coscienza di legalità, rappresentata in misura compiuta dall’impegno dei loro familiari, che non si arrendono e continuano a credere, nonostante tutto, in un futuro migliore per i figli della nostra terra. In questa stessa direzione si colloca l’attività della Chiesa, come certificato dal documento della Conferenza Episcopale Italiana «Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno», che ricorda come «le comunità del Sud hanno visto emergere luminose testimonianze, come quella di don Pino Puglisi, di don Giuseppe Diana e del giudice Rosario Livatino, i quali - ribellandosi alla prepotenza della malavita organizzata - hanno vissuto la loro lotta in termini specificamente cristiani: armando, cioè, il loro animo di eroico coraggio per non arrendersi al male, ma pure consegnandosi con tutto il cuore a Dio». Don Diana come tutti i martiri, così come tutte le vittime delle mafie, non sono stati messi a tacere per sempre. Il loro messaggio, la loro testimonianza, il loro senso di giustizia e verità continuano a profumare di vita, di speranza e di riscatto.
* Arcivescovo di Napoli
http://www.ilmattino.it

Clan Mallardo, in aula il titolare del 'Flag'

GIUGLIANO. Un avvocato amministrativista romano come teste in favore di Luigi Russo, l'imprenditore di Giugliano, sotto processo per associazione camorristica e per essere stato additato dalla Dda di Napoli come prestanome della camorra. È l'avvocato Giovanni Pascone della Capitale a dire ai giudici del tribunale sammaritano di aver investito personalmente 700mila euro per l'acquisto dell'hotel Flag finito sotto i sigilli da parte dell'Antimafia. Gli inquirenti avevano sostenuto che Russo non aveva alcuna capacità di reddito per potersi permettere quella operazione, invece ora spunta a sorpresa un teste che aveva finanziato tutta l'operazione. L'avvocato Pascone ha dimostrato, con documenti alla mano, tutte le operazioni bancarie che vennero fatte quando egli decise di investire in quella operazione immobiliare L'amministrativista ha detto che trovò molto interessante la proposta che gli era stata fatta per finanziare l'affare del Flag, poiché l'albergo era in un'ottima posizione e gli era parso un buon investimento. L'avvocato ha poi riferito che non si arrivò a perfezionare la stipula del rogito in quanto dagli accertamenti che aveva fatto era venuto a galla che i precedenti proprietari avevano gravato l'immobile con numerose ipoteche. Poi l'albergo venne sequestrato dalla Dia su richiesta della Dda insieme ad altri immobili. La difesa di Russo, l'avvocato Emanuele Coppola, ha poi esibito varia documentazione in base alla quale si evince che Russo per i lavori di ristrutturazione aveva effettuato diversi finanziamenti ed attualmente vi sono ancora numerosi fornitori e ditte di costruzione che vantano dei crediti per i lavori effettuati L'udienza è stata aggiornata alla prossima settimana, questa volta per sentire altri tre collaboratori di giustizia che sono stati citati dal Pm Cesare Sirignano, titolare dell'istruttoria dibattimentale, per integrare alcuni punti non chiari. Verranno sentiti i collaboratori Cangiano, Bordello e Giuliano Pirozzi del clan Mallardo che con la famiglia Russo in particolare con Nando avrebbe avuto numerosi contatti. Russo è attualmente detenuto per associazione camorristica in quanto ritenuto dalla Dda di Napoli un prestanome del clan, l'imprenditore al quale la camorra si sarebbe rivolta per riciclare soldi sporchi investiti in speculazioni edilizie e immobiliari nella zona di Varcaturo. Russo è finito sotto processo insieme alla moglie Margaret Horence Perham, sorella di John Loran, affiliato al clan dei casalesi arrestato con il boss Setola. Secondo le contestazioni dell'Antimafia, Luigi Russo, essendo il fratello di Nando Russo, braccio destro di Setola, avrebbe messo a disposizione del boss stragista e dei suoi fedelissimi le sue attività e le strutture che amministrava. Albergo, camping ed altro utilizzati dai casalesi per commettere omicidi. (fonte: Il Roma)

Camorra, sequestrati beni per 40 milioni a imprenditori Mastrominico

 Caserta. Beni per un valore complessivo di 40 milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri del reparto operativo di Caserta ai fratelli Pasquale e Giuseppe Mastrominico, imprenditori di San Cipriano d’Aversa, già tratti in arresto nel novembre 2011 in quanto ritenuti affiliati alla fazione del clan dei casalesi guidata dall’ex superlatitante Antonio Iovine, alias “’O Ninno”.

Il provvedimento, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito di mirate indagini svolte dai carabinieri, è stato notificato ad altre 22 persone, terze intestatarie dei beni, individuate tra perenti e soci nelle attività economiche. I beni finito sotto sequestro sono situati nelle provincie di Caserta, Napoli, Latina, Frosinone, L’Aquila e Pisa: 102 terreni agricoli; 78 appartamenti; 8 appartamenti uso ufficio; 20 aree urbane; 13 imprese edili/immobiliari; 2 fabbricati rurali; 84 autorimesse; 3 lastrici solari; 16 locali deposito industriali; 25 veicoli; 59 rapporti bancari.

Il 15 novembre 2011 i Mastrominico furono arrestati, insieme ad altre sei persone, per concorso esterno in associazione camorristica. Il successivo 29 novembre furono destinatari di un’altra ordinanza di custodia cautelare per reati attinenti alle procedure di aggiudicazione di una gara d’appalto, per la riqualificazione urbana e ambientale del comune di Villa Literno, per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.
http://www.pupia.tv

Caserta. «Sono amico di Zagaria». Arrestato estorsore, la vittima era un agricoltore

CASERTA - Questa mattina, al termine di un'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, la Squadra Mobile di Caserta-Sezione di Casal di Principe , diretta dal vice questore Alessandro Tocco, ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip in relazione ai reati di usura, estorsione e calunnia, aggravati dalla metodologia mafiosa, nei confronti di Fernando Cantile, 62enne. 

L'indagine è scaturita da una serie di denunce presentate da un imprenditore agricolo, titolare di un'azienda bufalina di Villa Literno, che ha denunciato continue richieste usurarie e minacce estorsive da parte dell'indagato, a fronte di un prestito di 50mila euro concesso nel 2005, in cambio del pagamento di interessi pari al 10% mensile (per un totale di 120% all'anno), con la garanzia del rilascio di assegni a firma della vittima o della moglie.

Secondo le dichiarazioni dell'imprenditore, la somma, a seguito dei ripetuti rinnovi del prestito, nel 2011, era lievitata fino all'importo di 750mila euro, benchè nel corso degli anni il capitale iniziale fosse stato ampiamente restituito. Gli investigatori hanno inoltre accertato che la vittima era stata indotta in uno stato di soggezione assoluta in quanto l'indagato, per ottenere il puntuale pagamento delle somme pretese, lo aveva minacciato sostenendo che il denaro che gli aveva prestato proveniva dal boss Michele Zagaria, all'epoca latitante, con il quale vantava un'amicizia, nota alla stessa vittima.

Secondo la ricostruzione della Procura e della Squadra Mobile, la vittima, per far fronte alle pretese usurarie dell'indagato, e per giustificare l'esborso delle somme ricevute, nel corso degli anni era stato costretto anche ad acquistare, senza alcuna preventiva richiesta, e ad un prezzo esorbitante, centinaia di capi bufalini che aveva dovuto poi abbattere perchè ammalati o vecchi.

In seguito, a garanzia dei prestiti usurari, era stato costretto a sottoscrivere delle scritture private aventi ad oggetto la cessione della sua azienda agricola nonchè a concedere a titolo gratuito all'indagato, lui stesso imprenditore agricolo, la possibilità di coltivare i terreni ad essa annessi per rientrare delle somme pretese. 

Dagli accertamenti è inoltre emerso che l'indagato, venuto a conoscenza delle indagini a suo carico, aveva falsamente accusato l'imprenditore, con denunce presentate presso diversi uffici di polizia, di truffa e minacce, ed infatti risulta indagato anche per il reato di calunnia.

Al termine delle indagini, il gip presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha ritenuto sussistente anche l'aggravante della metodologia mafiosa e, pur dichiarandosi funzionalmente incompetente e disponendo la successiva trasmissione degli atti alla Procura Antimafia di Napoli, ha adottato la misura cautelare in carcere.
http://www.ilmattino.it

lunedì 17 febbraio 2014

Napoli, la metro più bella d'Europa, la Cnn non ha dubbi: «Toledo, meglio di Parigi»

Con oltre 150 anni di storia, la "tube" di Londra può vantare il titolo di più antica metropolitana del mondo. Ma la palma per la più bella stazione della metro in Europa va alla stazione di Toledo, a Napoli, almeno secondo una classifica stilata dalla Cnn, che vede al secondo gradino del podio la stazione di Westfriedhof, a Monaco, e al terzo quella di Komsomolskaya, a Mosca.


Nella sezione viaggi del suo sito online, la rete all-news spiega che nel corso dei decenni, anche Parigi, Berlino, Madrid, Milano hanno realizzato le loro linee ferroviarie sotterranee, dotandole di treni elettrici e spesso superando le stazioni della metro di Londra in termini di qualità estetiche, dimostrando così che sono molti i fattori da considerare per rendere una stazione della metro moderna e affascinante. E in questo senso, la fermata di Toledo, inaugurata nel 2012, batte tutti, grazie ai «pannelli luminosi» realizzati da Robert Wilson.

E questa «magnifica stazione» ha comunque rivali di tutto rispetto. Al quarto posto, c'è la stazione Olaias di Lisbona, al quinto Westminster, a Londra, e al sesto T-Centralen, di Stoccolma. Il metrò di Parigi arriva solo al nono posto, con la stazione Palais Royal-Musèe du Louvre.

http://www.ilmattino.it

sabato 15 febbraio 2014

Napoli: sigilli ai beni di “Schiattamuorto”, prestanome dei Moccia

Napoli. Beni per 150 milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri a un prestanome del clan Moccia, Salvatore Esposito, detto "'O Schiattamuorto", in un un'operazione scattata la scorsa notte in Campania.

I  militari del nucleo investigativo di Castello di Cisterna (Napoli) hanno posto i sigilli a tre ditte di pompe funebri, una società immobiliare, appartamenti, ville di lusso, decine di conti finanziari, un ristorante e ben 150 automobili.
Nel corso delle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, i carabinieri hanno scoperto che il patrimonio era riconducibile a un esponente di spicco della criminalità organizzata operante sull'hinterland a Nord del capoluogo campano.

Secondo l’accusa, Esposito si occupava del riciclaggio dei soldi sporchi, detenuto dal giugno 2013 per 416 bis (associazione per delinquere di stampo mafioso). Vent'anni fa gli uccisero un fratello nel corso della cosiddetta "faida del caro estinto" per il controllo delle ditte funebri sul territorio.
http://www.pupia.tv

mercoledì 12 febbraio 2014

Sant'Antimo. Si è svolto sabato il 2° Memorial Giuseppe D’Agostino


Sant'Antimo, la presentazione del memorial calcistico dedicato al prof. Giuseppe D'AgostinoSant'Antimo, la presentazione del memorial calcistico dedicato al prof. Giuseppe D'Agostino (foto D.M.)
SANT'ANTIMO. Le decine di palloncini colorati che sono volati in un terso cielo di febbraio, legati materialmente e idealmente dal nome ‘Peppe’, prima del fischio di inizio della gara d’apertura presso il Centro Sportivo “Solo calcio soccer club”, hanno sancito l’inizio del secondo torneo ‘Memorial Giuseppe D’Agostino’ che si concluderà il 12 maggio prossimo. Un evento che tutti i ragazzi del Liceo Scientifico ‘Bassi’ di Sant’Antimo, con l’impeccabile organizzazione del prof. Antonio Celardo, hanno fortemente voluto ripetere dopo l’esperienza fatta l’anno scorso che si concluse con una bellissima mostra allestita a scuola e che, a gran voce, fu visibile ben oltre i giorni stabiliti. Una kermesse dedicata al docente prematuramente scomparso nel maggio del 2012, strappato alla vita di atleta che aveva sempre condotto e che ha lasciato un enorme vuoto in tutti quelli che lo conobbero come docente, amico, fisioterapista e consigliere speciale. Tante le novità di quest’anno, dal giorno delle gare, ai gironi all’italiana con la contemporaneità di sei gare per volta ma soprattutto la presenza di squadre femminili che hanno aderito entusiasticamente all’idea di calzare scarpe bullonate, magliette e pantaloncini per dimostrare di esserci e di darsi sportivamente battaglia. Folta è stata anche la presenza dei colleghi che hanno voluto ricordare l’amico perduto e che hanno condiviso con gli allievi un momento bello, intenso, non scolastico, ma di vita insieme, di cameratismo puro, schierandosi con loro al centro del campo, prima dell’inizio, in un ideale abbraccio a Peppe. Il saluto e la benedizione del parroco Salvatore Coviello, che ha rammentato come lo sport sia aggregazione, conforto e volersi bene, ed aver posto l’accento sui veri valori che devono governare le menti dei giovani, è stato rafforzato dalle parole di Giuseppe Cresci, fine conoscitore del calcio campano, ex allenatore di C, responsabile del settore giovanile del Napoli negli anni ’90, nonché scopritore del talento di D’Agostino calciatore, che ha rammentato come lo sport sia metafora della vita e che quando si cade bisogna anche sapersi rialzare, assumendo sempre un atteggiamento di rispetto per gli avversari. La gara di apertura, per la cronaca, si è conclusa con la vittoria per 7 a 4 della V B sulla IV A con tre reti di Marco D’Agostino. Evidentemente un destino segnato dal nome.
http://www.internapoli.it

Napoli. Carciofi arrostiti e pane cafone: sequestri e multe per gli abusivi

di Nella Capasso
SANT’ANTIMO. Prodotti alimentari venduti in strada, tolleranza zero della polizia municipale e dei carabinieri. Denunciate tre persone.

Da alcuni anni, in molti centri delle province di Napoli e Caserta, nei giorni festivi e prefestivi, proliferano bancarelle artigianali, con «fornacelle» a carbone, dove vengono arrostiti e conditi carciofi, poi imbustati e venduti. Il tutto in condizioni igieniche di estrema precarietà.

«Punti vendita» improvvisati, esposti ai gas di scarico delle auto in transito. Venditori che s’industriano per sbarcare il lunario, trascurando il rispetto delle norme igieniche, ed acquirenti disposti a soprassedere, pur di non rinunciare ad un carciofo arrosto, impossibile da cuocere in casa, soprattutto se in un condominio. Difficoltà che ha contribuito ad incrementare questo tipo di commercio; anche se attratti dai carciofi, gli acquirenti finiscono per acquistare, in aggiunta, il «pezzo» di pane cafone, la bottiglia di vino, il barattolo di melanzane sott’olio, la bottiglia di pomodoro, tutti prodotti a… chilometro zero, ma senza garanzie igienico-sanitarie.

Per mettere freno al fenomeno, nel territorio cittadino, il locale comando di polizia municipale, agli ordini del maggiore Biagio Chiariello e la tenenza cittadina dei carabinieri,con il comandante Gaetano Ragano, hanno messo a segno un’operazione di contrasto del fenomeno.

Nel corso degli interventi sono state identificate tre persone, che avevano allestito dei veri e proprio punti di cottura «on the road», dove venivano arrostiti i carciofi. Le tre persone, con rispettivi aiutanti di famiglia, sono state sorprese in flagrante, mentre cuocevano carciofi provocando esalazioni di fumo, non a tutti gradito. Quando militari e caschi bianchi si sono avvicinati, uno dei tre titolari dell’improvvisato esercizio commerciale si è dato alla fuga, ma è stato subito raggiunto.

Tutti sono stati generalizzati e per loro sono scattate sanzioni amministrative per oltre cinquemila euro, oltre il sequestro della merce, che, non offrendo garanzie di sicurezza igienico- alimentare, è stata avviata a distruzione. Nel corso della stessa operazione, in particolare nella periferia della città, le forze dell’ordine hanno provveduto anche a far rimuovere sei tabelloni pubblicitari, installati su suolo pubblico, in maniera abusiva e provvedendo all’identificazione dei responsabili.
http://www.ilmattino.it

Senza lavoro, muratore si lancia sotto un treno: tragedia nel Napoletano

Napoli. Si è fatto prima il segno della croce, poi si è buttato sui binari mentre transitava il treno Intercity 550 nella stazione ferroviaria di Sant'Antimo-Sant'Arpino, tra le province di Napoli e Caserta.

A morire Antonio Silvestre, muratore, di 61 anni. Secondo le prime informazioni, l'uomo era depresso perchè non riusciva più a trovare lavoro.
Dalle 12.40 è stata sospesa la linea tra Casoria e Aversa per consentire i rilievi alle forze dell’ordine. I treni hanno percorso, temporaneamente, itinerari alternativi. Bloccato, per ore, il traffico ferroviario tra Casoria e Aversa, la circolazione è tornata ad essere regolare.

http://www.pupia.tv


Sant'Antimo. Si lancia sotto al treno: 62enne senza scampo

SANT'ANTIMO. E' un muratore di 62 anni, padre di tre figli che ieri, poco prima delle 13 si è lanciato sotto il treno in corsa, nella stazione ferroviaria S. Antimo - S. Arpino, all'altezza del bar. Il treno che non doveva effettuare la fermata, non è riuscito a fermarsi per evitare lo scontro che è costato la vita dell'uomo. Si chiamava Antonio Silvestre, spostato e padre di tre figli. Abitava a Sant'Antimo e faceva il muratore. Indossava una giacca a vento. Alcuni testimoni, come riferisce il quotidiano Cronache di Napoli, avrebbero notato che l'uomo, prima di lanciarsi davanti al treno in corsa, si è fatto il segno della croce, Sul posto sono intervenuti gli agenti della polfer di Aversa, i carabinieri del luogo e gli agenti di polizia del commissariato di Frattamaggiore. Il treno, l'Intercity 550 proveniente da Reggio Calabria e diretto a Roma, pur avendo mantenuto una velocità moderata, come previsto all'entrata di ogni stazione, dove non viene effettuata una fermata, non è riuscito ad evitare l'impatto. I documenti di riconoscimento dell'uomo, sono stati trovati poco distante dal luogo dell'impatto. Il traffico ferroviario è rimasto praticamente bloccato per ore. Ci sono volute più di tre ore per permettere all'Intercity 550 diretto a Roma di poter riprendere la marcia. Nel frattempo si sta cercando di fare chiarezza sulle cause che avrebbero indotto l'uomo a togliersi la vita.
http://www.internapoli.it


domenica 9 febbraio 2014

Toledo: la più bella metropolitana d’Europa anche per la CNN

toledoLa stazione della metropolitana più bella d’Europa? Si trova a Napoli in via Toledo. La classifica stilata dalla CNN, storica rete televisiva statunitense, conferma quella realizzata dal The Daily Telegraph: la fermata della linea 1 partenopea batte tutte in quanto a bellezza e impatto sui viaggiatori. Progettata dall’architetto spagnolo Oscar Tusquets, con opere d’arte di Robert Wilson e William Kentridge, la stazione di Toledo, oltre a essere un piacere per gli occhi, ha anche migliorato considerevolmente la mobilità a Napoli, col collegamento diretto alla stazione centrale di piazza Garibaldi.

LE ALTRE STAZIONI – Napoli batte Monaco di Baviera e Mosca. Al secondo posto troviamo infatti la Westfriedhof tedesca, inaugurata il 24 maggio 1998, e la Komsomolskaya della Capitale russa, che spicca per il particolare arredo che la fa somigliare a una sala da ballo. Al quinto posto la storica “Tube” di Londra, con la fermata di Westminster, rinnovata totalmente nel 1970 (è infatti la stazione più vecchia di tutte, costruita nel lontano 1868); al nono posto troviamo la fermata del Museo del Louvre di Parigi, mentre al dodicesimo troviamo la Staromestska di Praga, in Repubblica Ceca. La concorrenza era quindi ben agguerrita.
http://www.campaniasuweb.it

Sant’Antimo. Spaccio e detenzione di hashish: un 37enne e un 47enne spediti ai domiciliari

SANT'ANTIMO. I carabinieri della locale tenenza, hanno arrestato per spaccio e detenzione di stupefacente Domenico Maggio di 37 anni e Giuseppe Puca di 47 anni, entrambi residenti in via Solimene e già noti alle forze dell'ordine. I due uomini sono stati notati su via Solimene mentre spacciavano stupefacenti ad un giovane del luogo. Bloccati e perquisiti, l’acquirente è stato trovato in possesso di una stecchetta di hashish, appena acquistata per uso personale, mentre i due pusher di ulteriori 2.6 grammi di hashish e di 53 euro, ritenuti provento d’illecita attività. L’acquirente è stato segnalato alla Prefettura quale consumatore di stupefacenti. Gli arrestati sono stati accompagnati nelle loro abitazioni agli arresti domiciliari a disposizione dell’autorità giudiziaria.
http://www.internapoli.it

Sant'Antimo, seviziato e sgozzato: caccia al killer

di Giuseppe Crimaldi
E' caccia all'assassino di Antimo Maggio, il pregiudicato 52enne trovato ucciso nel suo appartamento di via Enrico Caruso.

Il killer (o i killer, è ancora presto per poterlo dire con certezza) ha prima legato e seviziato Maggio, allacciandolo a una sedia con una corda, e poi lo ha sgozzato con un grosso coltello. La conferma è giunta dall'esame del medico legale, che nel rapporto inviato alla Procura indica nel taglio della carotide la causa del decesso.

Subito dopo - e forse per evitare di macchiarsi del sangue che fuoriusciva copiosamente dalla gola della vittima - l'assassino ha avvolto la testa in un plaid. Maggio è stato ritrovato dal genero riverso supino sul pavimento della camera da letto. La casa era stata messa a soqquadro.

L'uomo - pregiudicato per tentato omicidio e detenzione di armi - presentava i segni di percosse, aveva il volto completamente tumefatto. Dunque chi lo ha ucciso ha agito con estrema efferatezza. L'uomo, separatosi dalla moglie tempo fa, viveva da solo da un paio d'anni.

Restano due le piste seguite dagli agenti del commissariato di Frattamaggiore, cui sono state delegate le indagini: quella di una rapina sfociata poi nel sangue o quella di un regolamento di conti nell'ambito degli ambienti della malavita.
http://www.ilmattino.it

Sant'Antimo. Legato, imbavagliato e ucciso in casa, pregiudicato di 52 anni

SANT'ANTIMO. Ancora un'omicidio cruento nell'hinterland di Napoli nord. Ieri un pregiudicato di 52 anni, Antimo Maggio, è stato trovato in un lago di sangue, legato con le mani dietro la schiena e con in bocca un fazzoletto. La scoperta del cadavere è stata fatta ieri pomeriggio, intorno alle 16, in Via Enrico Caruso, al civico 47. L'uomo viveva in un appartamento da solo. A scoprire il cadavere del 52enne, è stato uno dei figlio che da giovedì non aveva più sue notizie. Ha suonato invano il campanello di casa del padre. Quando ha aperto la porta dell'appartamento, ha trovato tracce di sangue ovunque. L'allarme è scattato immediatamente e sul posto sono giunti gli uomini della polizia del commissariato di Frattamaggiore. Poi anche il pm di turno e il medico legale. Maggio lavorava come operaio allo Stir di Giugliano. Aveva due figli ed era separato con la moglie. Il 52enne aveva precedenti penali in relazione ad un'indagine che lo ha coinvolto, circa 10 anni fa, in un tentato omicidio e detenzione di armi, avendo cercato di investire un poliziotto ad un posto di blocco. Poi si era scoperto che l'arma era una pistola giocattolo. Quando gli agenti di polizia sono giunti sul posto, in Via Caruso, hanno trovato il cadavere di Maggio, col volto tumefatto e pieno di sangue, come se fosse stato raggiunto da una violenta scarica di colpi di pistola dalla distanza ravvicinata. Tutto il resto della casa era praticamente in disordine. I vicini affermano di non aver sentito nessuno strano rumore. Le indagini, al momento, sono rivolte a 360 gradi. Gli inquirenti non escludono nessuna pista. Dal disordine trovato in casa, la cosa potrebbe far pensare ad un tentativo di rapina. Chi lo ha ucciso, potrebbe aver tentato di farsi dare qualcosa che l'uomo nascondeva nel suo appartamento. Intanto la scena del delitto è stata "congelata" e l'appartamento è stato posto sotto sequestro.
http://www.internapoli.it

giovedì 6 febbraio 2014

“Vigilanza di camorra”, 11 nuove ordinanze contro fazione dei casalesi

Caserta. 11 nuove ordinanze di custodia cautelare, eseguite dai carabinieri del reparto territoriale di Aversa, nei confronti affiliati alla fazione Bidognetti del clan dei casalesi.

Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con violenza e minaccia, illecito porto e detenzione di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine è partita nell’aprile del 2013, concludendosi nel novembre scorso, delineando un solido quadro indiziario che, il 15 gennaio scorso, aveva già portato all’esecuzione di fermi di indiziato di delitto nei confronti degli stessi indagati: Giuseppe Di Cicco, Luciano Di Cicco, Luigi Cammisa, Francesco Cilindro, Armando Antonio Ferrara, tutti di Lusciano; Carlo De Simone, Alfonso Fabozzo, Giosuè Palmiero, Pasquale Panfilla, Giuseppe Tessitore, tutti di Aversa; Daniele Petrillo, napoletano; e Samir Sassaui, domiciliato a Santa Maria Capua Vetere.

Ricostruito il nuovo assetto geo-criminale della fazione “Bidognetti” del clan con l’individuazione dei referenti locali sul comune di Lusciano e documentati numerosi episodi di imposizione di servizi di vigilanza privata mediante sottoscrizioni di contratti in danno di imprenditori di Lusciano, nonché numerosi episodi estorsivi a danno di imprenditori costretti a versare il pizzo in occasione delle “canoniche” festività. Degli 11 provvedimenti restrittivi, 10 sono stati notificati in carcere e uno al domicilio di un indagato.
http://www.pupia.tv

Camorra, scoperto arsenale del clan Grimaldi: 5 arresti

Napoli. Cinque persone ritenute affiliate al clan Grimaldi, insieme ad un ricercato, sono state sottoposte a fermo dai carabinieri dopo il ritrovamento di un arsenale all'interno di un appartamento di un residence ai Camaldoli.

Tra gli arrestati il presunto reggente del sodalizio criminale, Antonio Scognamillo, 45 anni, detto “’O Parente”, braccio destro del boss Ciro Grimaldi, detto “Settiro”, egemone nei quartieri occidentali di Napoli. In arresto anche Salvatore Granillo, 41 anni; Ciro Granillo, 22 anni; Maria Grimaldi, 45 anni; Immacolata Grimaldi, 23 anni.

Nel corso dell'operazione è stato Giuseppe Rocco, 38 anni, in fuga dallo scorso mese di marzo. Sequestrati una pistola semiautomatica calibro 9 parabellum con matricola abrasa e 12 cartucce nel caricatore, un fucile a pompa semiautomatico calibro 12, un revolver calibro 357 magnum con matricola abrasa, una pistola semiautomatica beretta calibro 9 corto con matricola abrasa e 179 munizioni di vario calibro e un caricatore oltre a un bilancino di precisione.

In un'altra abitazione, riconducibile a Granillo, rinvenuti e sequestrati una pistola semiautomatica calibro 9 con 15 cartucce nel caricatore, un revolver calibro 38 special, un revolver calibro 357 magnum con matricola abrasa e 42 munizioni per la stessa arma oltre a un micidiale fucile mitragliatore Ak47 Kalashnikov calibro 7,62, con due caricatori contenenti 61 munizioni e una pistola semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa, un giubbetto antiproiettile.
http://www.pupia.tv

Minacce del clan a giovane cameriera: «Licenziati, il posto serve a un'amica», arrestati due pregiudicati

BATTIPAGLIA – Minacce alla giovane cameriera di un bar per costringerla a lasciare il posto che avrebbero voluto assegnare ad una loro amica. Sono stati arrestati dai carabinieri con l'accusa di violenza privata due pregiudicati di Battipaglia, U.C. di 52 anni e P.L.C. di 56. Battipaglia – arrestati due pregiudicati affiliati a clan camorristico per violenza privata.

Vittima dei due pregiudicati una donna di 27 anni di origini rumene accusata di avere sottratto il posto ad un'altra ragazza. Il caso emerge nell'ambito di una inchiesta dei carabinieri della Dda

Nello scorso mese di gennaio i carabinieri di Battipaglia eseguono un provvedimento di confisca emesso dal Tribunale di Salerno su richiesta della sezione misure di prevenzione della Procura della Repubblica di Salerno nei confronti di un noto pregiudicato battipagliese legato al clan camorristico Pecoraro / Renna.

Tra i vari beni oggetto di confisca anche un avviato bar sito nei pressi dello stadio Pastena di Battipaglia ove lavorava una ragazza ucraina amica dell’ormai ex proprietario, ragazza che di li a poco verrà licenziata e sostituita con un’altra ragazza anche lei straniera.

Ed è a questo punto che i due pregiudicati, U.C. 52enne e P.L.C. 56enne, iniziano a porre in essere, vantando la loro appartenenza all’organizzazione criminale, una serie di minacce, sempre più evidenti e più pressanti nei confronti della nuova cameriera per costringerla a lasciare quel lavoro, sottratto alla loro amica.

La giovane però non ci sta. Così non cede alle minacce dei due, anzi, denuncia tutto ai carabinieri. I militari del Nucleo Operativo e Radiomobile, avviano cosi, con il coordinamento della DDA salernitana, una serie di accertamenti che conducono ad acquisire i necessari riscontri a quanto denunciato dalla ragazza con la conseguente emissione nei confronti dei due di un provvedimento di custodia cautelare in carcere eseguito questa mattina dai carabinieri.
http://www.ilmattino.it

Camorra, sequestrati tre milioni a imprenditori del calcestruzzo: «Beni riconducibili ai Casalesi»

Sequestri per 3 milioni di euro sono stati eseguiti dalla Dia di Napoli nei confronti di tre esponenti del clan dei Casalesi su disposizione del tribunale di S. Maria Capua Vetere. I provvedimenti riguardano l' imprenditore del calcestruzzo Vincenzo Abbate, 60 anni, di S. Prisco, Caserta, ritenuto interno al gruppo Zagaria e destinatario nel 2006 di un' ordinanza per associazione per delinquere di stampo camorristico.

Il sequestro ha interessato tre società di Abbate: la «Immobiliare Fratelli Abbate srl», con sede a Casagiove, in località Pannone , la «So.Ge.Cal» srl, con sede a Casagiove e la «Autotrasporti C.M.T.» srl con sede a San Prisco. Ad un altro affiliato al clan Zagaria, Giuseppe Granata, 50 anni, di Teverola (Caserta), destinatario di un' ordinanza per associazione per delinquere di stampo camorristico nel 2002,è stato sequestrato un immobile di 240 metri quadrati a Teverola, in via Bolzano.

Un altro immobile, a San Cipriano d' Aversa Caserta, in via Ovidio, è stato sequestrato a Pasquale Fontana, 52 anni, di Casapesenna, soprannominato «'o ragioniere» e colpito da un' ordinanza per associazione per delinquere di stampo camorristico nel 2006. Fontana - secondo quanto emerso dalle indagini - si sarebbe occupato degli investimenti di denaro del clan nel nord Italia a fini di riciclaggio.
http://www.ilmattino.it

I colletti bianchi dei Casalesi: sequestrati beni a tre imprenditori

Sequestri per 3 milioni di euro sono stati eseguiti dalla Dia di Napoli nei confronti di tre imprenditori vicini al clan dei Casalesi su disposizione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Si tratta di Vincenzo Abbate di S. Prisco, Giuseppe Granata di Teverola e Pasquale Fontana di Casapesenna. I tre erano stati destinatati negli anni scorsi di ordinanze di custodia per associazione camorristica.

VINCENZO ABBATE – Imprenditore 60enne nel settore della produzione e trasporto del calcestruzzo, è ritenuto dagli inquirenti pedina interna del clan: garantiva il controllo di quel particolare settore industriale che è propedeutico al concreto condizionamento degli appalti pubblici. A Vincenzo Abbate sono state sequestrate tre società: la Immobiliare Fratelli Abbate S.r.l., con sede in Casagiove. la SO.GE.CAL. s.r.l., con sede in Casagiove; la Autotrasporti C.M.T. s.r.l. dei Fratelli ABBATE, con sede in San Prisco al Viale Europa n. 59.

GIUSEPPE GRANATA – Colpito da un’ordinanza restrittiva per associazione camorristica nel 2002, è un imprenditore di 50 anni nel settore edile inserito organicamente nel clan, continuo fiancheggiatore e punto di riferimento dei capi. Lo stesso Granata mise a disposizione del gruppo criminale Zagaria la propria abitazione, le proprie conoscenze ed attività economiche, ottenendo in cambio diversi favori quali lavori in appalto o sub-appalto, cambio di assegni post-datati ed altro. Gli è stato sequestrato un immobile in Via Bolzano n. 9, di Teverola. 

PASQUALE FONTANA – Colpito da un’ordinanza restrittiva per associazione camorristica nel 2006, Pasquale Fontana, 52 anni, detto “o ragioniere”, è cugino di primo grado di Michele Zagaria. Nel clan aveva compiti strettamente finanziari: investiva denaro proveniente dalle condotte illecite, in contesti che per collocazione geografica (il nord Italia), economica (acquisto di immobili) e personale (imprenditori e società settentrionali). Gli è stato sequestrato un immobile in via Ovidio a San Cipriano d’Aversa.

http://www.campaniasuweb.it

La bellezza più grande

La Bellezza italiana trama contro i suoi cineasti. Per quanto drammatici siano i film, saranno sempre e prima di tutto dei bei depliant turistici. E per quanto tentino di rappresentare la crisi morale del nostro tempo, finiscono sempre per ritrarre uno stile di vita invidiabile, una dolce crisi. Udscivi dal film originario di Fellini su Roma metafora dell’apocalisse imminente, ed eri meno impressionato dalla dissolutezza e disperazione dei suoi personaggi che dagli allegri bagordi di un inizio serata in Via Veneto. E chi non vorrebbe essere Marcello Mastroianni, scettico su tutto ma che se le fa tutte? Anche i film di Antonioni si sforzavano di angosciarci, ma mai il vuoto esistenziale era tanto fotogenico. Non dubitavi che i personaggi di Antonioni in film come L’Avventura, La Notte e L’Eclisse soffrissero di mancanza di senso della vita, ma tutti sembravano usciti da un’edizione di Vogue. Erano perduti, ma con eleganza. E che scenografia!

Nel film La Grande Bellezza, il regista Paolo Sorrentino non finge neppure di ignorare la scenografia nella quale sfilano i suoi personaggi. Consapevolmente, usa perfino Roma  come personaggio. Chiama la scenografia a farsi complice nelle sue storie incrociate. E usare la bellezza di Roma così sfacciatamente è atto di viltà. La sequenza finale de La Grande Bellezza è una passeggiata della macchina da presa sotto i ponti del Tevere, mentre appaiono i titoli di coda, e il giorno in cui abbiamo visto il film molta gente che normalmente sarebbe uscita dal cinema è rimasta seduta per deliziarsi ancora un po’ con la scenografia.

Jep Gambardella, il protagonista del film (recitato da Toni Servillo, con la sua faccia da nobile romano di un affresco dipinto male), è Marcello Mastroianni dopo La Dolce Vita, in stato di cinismo terminale. Ha scritto un solo libro, e a chi gliene commissiona un altro dice che sta aspettando una “grande bellezza” per trovare l’ispirazione. Nel mentre, oltre ai piaceri della decadenza, approfitta delle piccole bellezze della quotidianità romana. Ma la grande bellezza è Roma stessa, che se non ha ispirato il personaggio ha certamente ispirato il regista.

Il difetto principale del film è la sua durata. Possiamo immaginare Sorrentino in agonia, nella prospettiva di dover tagliare qualcosa che era stato filmato, e per decidere alla fine di lasciare tutto, al diavolo la durata. Sai che un film ha oltrepassato la conclusione quando inizi a pensare “poteva finire lì…”,  e il film non finisce. Ci sono molte ultime scene ne La Grande Bellezza prima del finale vero. E rimane una frustrazione: Jep ricorda il suo primo amore e passa tutto il film facendo il misterioso su quello che lei le aveva detto, una volta, dopo un bacio in riva al mare. Sarà la frase di chiusura del film, pensi. E la frase non arriva. Ma non fa niente. C’è ancora la carrellata della macchina da presa  sul Tevere.

(pubblicato il 23 gennaio 2014)
[Articolo originale "A beleza maior" di Luis Fernando Verissimo]
http://italiadallestero.info

domenica 2 febbraio 2014

New York, scoppia la «guerra» della pizza. «Insulto a Napoli»


di Marco Piscitelli

NAPOLI - A New York è scoppiata la «guerra» della pizza napoletana. A scontrarsi, secondo quanto racconta il New York Post, sono due modi completamente diversi di concepire, creare e servire la pizza partenopea.

La «novità». A scatenare il dibattito è stata la «novità» introdotta dal pizzaiolo Giulio Adriani, nato a Roma, che serve a newyorkesi e turisti la pizza napoletana «a fette» (Slice of Naples). Il New York Post, che dedica un'intera pagina alla guerra, la definisce una «mossa blasfema» e si domanda se la pizza napoletana a fette possa essere un «insulto a Napoli».

Chef contrari. Contro lo chef Adriani si sono subito schierati i «garanti» della tradizione. In prima fila c'è lo chef napoletano (nato a via Toledo) Pasquale Cozzolino, della pizzeria «Ribalta» al Greenwich Village. «Sta sfruttando il nome di Napoli» dichiara lo chef al Post, «quello che produce non è parte della tradizione. Non potrò mai chiamarlo napoletano perché io rispetto la storia». «Stiamo proteggendo una delle più antiche e più importanti tradizioni gastronomiche», assicura il direttore della associazione Verace Pizza Napoletana Antonio Pace, che continua.

La difesa. Adriani, finito al centro della polemica culinaria, ribatte: «Siamo nel 21esimo secolo, come si può dire che solo i napoletani possono produrre pizza napoletana? Dove è scritto?». Lo chef romano, con origini partenopee, ribatte: «Le cose importanti sono l'esperienza, la conoscenza e la passione». Al Post Adriani ammette che la vendita al trancio è una decisione aziendale, fondata principalmente sugli stili di vita della città, basati su velocità e convenienza.

I clienti. Il servizio del New York Post si chiude con la dichiarazione di un agente immobiliare 53enne, che assicura: «Finché c'è il buon sapore, tutto il resto non mi interessa».
http://www.ilmattino.it

sabato 1 febbraio 2014

Processo 'Caffè macchiato': Nell'udienza il pentito accusa, ma D'Alterio si difende

GIUGLIANO. Si è svolta ieri mattina, nell'aula della VII sezione penale del tribunale di Napoli, l'udienza del processo che vede alla sbarra il boss Feliciano Mallardo, affiliati e imprenditori che gestivano l'affare del Caffè Seddio. Ieri è stata la volta dei pentiti Salvatore Izzo e Tommaso Froncillo, che da quanto è emerso, avevano stretti contatti con Feliciano Mallardo e sulla gestione degli affari del clan, attraverso il pizzo del caffè Seddio. Davanti al Pm Ribera, che sta istruendo il processo dinanzi ai giudici della VII sezione penale del tribunale partenopeo, il collaboratore di giustizia Tommaso Froncillo, ha fatto il nome di Alfredo Aprovitola e dei fratelli Giuseppe e Carlo Antonio D'Alterio. Poi ha spiegato con quali modalità veniva distribuito il caffè. Dopo la deposizione di Froncillo, è stata la volta di Giuseppe D'Alterio, che ha reso delle dichiarazioni spontanee, per difendere la sua posizione, dichiarandosi del tutto estraneo ai fatti. L'altro collaboratore di giustizia, Salvatore Izzo, però, ha rincarato la dose, affermando di conoscere molto bene Giuseppe D'Alterio, dato che avevano gestito gli affari insieme. Izzo ha spiegato i suoi rapporti con il clan Mallardo e dei contatti che all'inizio, ha avuto con il clan Nuvoletta, in quanto Izzo, lavorava presso un'agenzia ippica di Marano, riconducibile appunto ai Nuvoletta. Fu negli anni '80 che decise di spostarsi a Giugliano e aprire una casa di cura. Agli inizi degli anni '90, acquistò un terreno a Lago Patria dove realizzò un albergo. A quel punto, i suoi interessi economici si spostarono quasi completamente su Giugliano e furono avviati i primi contatti con i Mallardo e a quel punto, cominciavano le richieste da parte del clan di servirsi di alcuni fornitori e di effettuare prestazioni di servizi con operatori vicini al clan. Dura è stata la replica del collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Emanuele Coppola, Luca Panico, Giuseppe Panico e Quaranta. Il processo vede imputati: Feliciano Mallardo 61 anni di Giugliano, Pasquale Coppola 53 anni di Giugliano, Carlo Antonio D'Alterio 30 anni di Giugliano, Giuseppe D'Alterio 35 anni di Giugliano, Saverio Miraglia 43 anni di Giugliano e Michele Palumbo 60 anni di Villaricca. (fonte: Il Roma)