venerdì 19 dicembre 2014

Faida di Qualiano: il processo sui quattro omicidi nella sua fase 'calda'

di Matteo Giuliani
QUALIANO. Si sta avviando verso la sua fase "calda" il processo per la faida interna al clan Pianese di Qualiano, che vide la morte di 4 persone tra il 2006 ed il 2008. Alla base della guerra intestina alla cosca egemone nel piccolo centro a nord di Napoli, la "scissione" del gruppo capeggiato da Paride De Rosa, alias Pariduccio, dopo la morte del boss Nicola Pianese o' mussuto e la presa del comando, da parte dei familiari della moglie Raffaella D'Alterio, sugli affari gestiti dal clan. A finire sotto il fuoco incrociato dei sicari furono Pasquale Russo o' cartunaro, Armanduccio Alderio, Carmine Starace e Antonio Sarappa. Nell'ultima udienza la palla è passata al difenaore di Paride De Rosa, l'avvocato Dario Vennetiello, che nella sua penetrante arringa difensiva, ha cercato di smontare tutte le tesi dei pentiti che cercano di incastrare il suo assistito. Secondo l'accusa De Rosa fu l'ideatore e l'esecutore materiale dell'omicidio di Pasquale Russo, avvenuto in maniera eclatante usando un'ambulanza rubata dal quale uscirono i killer che crivellarono a colpi di kalashikov la vittima. Le tesi della difesa hanno cercato di confutare le rivelazioni dell'unico testimone oculare del delitto, Antonio Iannone, che aveva descritto gli esecutori con caratteristiche fisiche diverse da quelle degli imputati. Per questa circostanza l'avvocato Vennetiello ha richiesto di incriminare Iannone per falsa testimonianza. Stessa richiesta nei riguardi di Ciro Pianese, anche lui collaboratore di giustizia, che secondo i legali della difesa si sarebbe autoaccusato di un omicidio, in combutta con De Rosa, pur non avendovi partecipato. Lo stesso Ciro Pianese è diventato poi pentito, dopo il suo coinvolgimento nell'omicidio Landi, che venne ucciso perchè chiese il rientro di una somma di denaro, incassata fraudolentemente da Pianese. La prossima udienza per il processo è stata fissata al 22 dicembre, mentre per la lettura della sentenza, i giudici dovrebbero pronunciarsi per il prossimo 7 gennaio.
http://www.internapoli.it/

Camorra, sequestrati beni per due milioni ad imprenditore del clan Fabbrocino

Beni per due milioni di euro sono stati sequestri all’imprenditore Antonio Francesco Massa, detto “Massitiello”, condannato dal Tribunale di Napoli per associazione camorristica nel 1999 per i collegamenti al clan Fabbrocino. Posti sigilli a due appartamenti tra Pomigliano d’Arco e San Gennaro Vesuviano e sequestrate quote intestate ai figli di una società con 15 pullman e una ditta individuale per il commercio al dettaglio e di relativi beni aziendali.

LE ACCUSE DEI PENTITI – Imprenditore del settore autotrasporti, Massa è stato accusato anche da diversi boss pentiti, come Pasquale Galasso («faceva il presidente dei commercianti, perché doveva portarli a Mario Fabbrocino per farli estorcere») e Carmine Alfieri («fa parte del gruppo di Mario Fabbrocino, familiare prescelto da Mario per portargli “ambasciate”»).
http://www.campaniasuweb.it/

Camorra, la Dia sequestra 70 milioni di beni al clan Contini: sigilli a case, conti auto e ristoranti

Fabbricati, auto, quote societarie in aziende di ristorazione, autotrasporto, autoparcheggio e locazione di capannoni per un valore di 70 milioni di euro sono state sequestrate a un uomo e a una donna considerati prestanome del clan Contini. I due sono Roberto Moccardi e la moglie Anna D'Orta. 

Le indagini hanno dimostrato che i due riciclavano e investivano in tutt'Italia danaro proveniente da attività criminali. Gli interessi del clan si concentravano soprattutto nella Capitale.

Il provvedimento nasce nell'ambito delle indagini nei confronti di esponenti del clan Contini che a gennaio scorso hanno portato all'arresto di 90 persone e riguarda il sequestro di unità immobiliari, rapporti bancari, autovetture, quote societarie relative ad importanti aziende di autoparcheggio, locazione di capannoni, movimento merci e trasporto per conto terzi, nonché altre attività operanti nel settore della ristorazione.

Moccardi e D'Orta sono imputati nel processo presso il Tribunale di Napoli contro Edoardo Contini e altre 168 persone, molte delle quali in stato di detenzione. L'udienza preliminare avrà inizio il 30 dicembre.
http://www.ilmattino.it/

martedì 16 dicembre 2014

Qualiano. Clan Pianese-D'Alterio, condanne per 80 anni di carcere

di Matteo Giuliani

QUALIANO. Condannati ad ottanta anni di carcere gli affiliati al clan Pianese-D'Alterio, per l'imposizione forzata dei gadget di Natale ai commercianti di Qualiano. Tra loro vi è Caterina Pianese, figlia del defunto boss Nicola o' mussuto e di Raffaella D'Alterio alias a' miciona, che in primo grado ha ricevuto 8 anni e sei mesi di carcere, assolto invece il compagno della donna, Angelo Conte, l'unico dopo il primo grado di giudizio. Alla quinta sezione del Tribunale di Napoli sono stati giudicati coloro che avevano richiesto il rito abbreviato; le condanne più pesanti sono state i 14 anni e 4 mesi inflitti a Giuseppe Iodice, 12 anni e 10 mesi a Sergio Palumbo e 10 e 4 mesi a Biagio Micillo, ritenuto il collante tra il clan qualianese ed i Mallardo di Giugliano e vero e proprio "gestore" del pizzo mascherato da vendita di materiale promozionale per le festività di fine anno. Le altre pene sono: Ramon Izzo 7 anni, Domenico Russo 3 anni e 6 mesi, Emanuele Forestiero 5 anni e 6 mesi, Nicola Poerio 8 anni, Vincenzo Iuffredo 9 anni. Le condanne, grazie anche al collegio difensivo degli imputati, sono state ridotte dagli inziali 140 anni complessivi richiesti dal Pubblico Ministero.
http://www.internapoli.it/

lunedì 15 dicembre 2014

Sant'Antimo. Muore dopo incidente in moto urtando il guardrail a Casoria

SANT'ANTIMO. Massimo Storace, 36enne parrucchiere di Sant'Antimo è morto ieri pomeriggio schiantandosi con la sua moto sul guardrail di uno degli assi di innesto degli svincoli autostradali a Casoria. L'uomo pur indossando il casco e tutte le protezioni previste, essendo un appassionato delle due ruote e uscendo spesso per lunghi viaggi, è deceduto nell'impatto con la barriera di ferro posta i margini della carreggiata. Nella sua uscita domenicale,per trascorrere una giornata in pieno relax, erano con lui altri due amici e si sta cercando di ricostruire come sia avvenuto l'impatto che ha portato alla perdita del giovane, molto conosciuto nel centro a nord di Napoli per la sua attività. Lascia una moglie e due figli piccoli, ma anche l'affetto di tanti conoscenti e clienti che lo ricordano come una persona dedita al lavoro, solare e sempre gentile con tutti. La salma ieri è stata consegnata alla famiglia che provvederà ai funerali del congiunto oggi pomeriggio alle 15,30.
http://www.internapoli.it/

domenica 14 dicembre 2014

Terra dei Fuochi: Acerra ricorda il suo vigile-eroe

michele liguori
Lunedì 15 dicembre verrà inaugurato l’Auditorium scolastico che porterà il nome di Michele Liguori, il poliziotto municipale morto di tumore dopo il suo costante impegno in tema di denunce ambientali.



Era davvero un eroe, Michele Liguori. Impegnato a denunciare sversamenti abusivi e malaffare da molto prima che le telecamere nazionali si accorgessero del dramma della Terra dei Fuochi. Un semplice vigile urbano del Comune di Acerra, morto un anno fa di tumore a causa di questo suo costante impegno sul territorio. E così il Comune acerrano vuole ricordare il vigile con l’intitolazione dell’Auditorium della scuola statale secondaria di primo grado “Ferrajolo-Capasso”. Appuntamento lunedì 15 dicembre, ore 16:30, in via Madonnelle. Saranno presenti la dirigente scolastica Annamaria Criscuolo, il sindaco Raffaele Lettieri e il vescovo Antonio Di Donna.

LA STRUTTURA – «L’Auditorium è un’occasione di crescita, di confronto, di promozione e valorizzazione della cultura che - sottolinea la dirigente Annamaria Criscuolo - si traduce nella passione per la storia, per la ricerca, per lo studio, per l’arte, nell’amore per la propria terra, nel bisogno e nella tutela della legalità, nell’impegno sociale, ecco perché - conclude - abbiamo deciso di dedicare al vigile Liguori il nostro Auditorium». La struttura, unica per la città, si compone di circa 350 posti ed ospiterà concerti, spettacoli, rassegne culturali, convegni delle scuole e di tutte le associazioni culturali del territorio. «Restituiamo finalmente uno spazio alla città - commenta il sindaco Raffaele Lettieri - dopo anni di attesa. Adesso gli insegnanti, gli studenti, tutti, potranno usufruire di un bellissimo Auditorium e penseranno al grande esempio di vita e di lavoro del tenente Michele Liguori».
http://www.campaniasuweb.it/

Sant’Antimo. Ristruttura appartamento e abbandona scarti edili e rifiuti vari

SANT'ANTIMO. Nel corso delle attività di monitoraggio e controllo del territorio nell'ambito del fenomeno “Terra dei Fuochi”, il personale del Comando Polizia Locale di Sant'Antimo, coordinato dal Comandante Biagio Chiariello, ha notato che in un'area, chiusa, costeggiante una delle strade principali del territorio, vi erano rifiuti di diverso genere. Scattati i controlli e gli accertamenti del caso, è stato notato che tali rifiuti provenivano da un appartamento in fase di ristrutturazione edilizia. Il responsabile è stato individuato in tale B.C. di anni 64 circa, residente alla via Colasanto, che senza alcun titolo autorizzativo e comunicazione lavori aveva intrapreso dei lavori edili pensando di disfarsi dei rifiuti speciali senza regolare smaltimento. Identificato l'uomo, subito ha confessato le sue responsabilità e a suo carico sono scattate pesanti sanzioni in violazione delle normative urbanistiche e ambientali. Gli agenti hanno posto sotto sicurezza l'area e invitato il responsabile a portarsi presso la sede del Comando di piazza della Repubblica dove gli sono state contestate le violazioni che vanno fino a 2000 mila euro in materia ambientale e edilizia, oltre allo smaltimento dei rifiuti a suo totale carico e spese tramite conferimento a Centro autorizzato. Continuato il controllo del territorio, altri 3 soggetti sono stati colti in flagranza dell'abbandono del “sacchetto” in altre strade del territorio, con sanzioni di complessivi euro 300,00.
http://www.internapoli.it/

Sant'Antimo. Sgominata una banda di rapinatori seriali: 7 persone in manette

SANT'ANTIMO. Seminavano il terrore nel Basso Casertano e in alcuni centri della Provincia di Napoli, tra cui Sant'Antimo, ma ieri i carabinieri della Compagnia di Caserta hanno arrestato 7 persone, tutte accusate di associazione a delinquere finalizzata alla rapina aggravata con l'uso delle armi. Sono tutte residenti a Sant'Antimo e a Casal di Principe. L'operazione è scattata dopo serrate indagini condotte dai militari dell'Arma, che hanno individuato i 7 componenti della banda che, nell'ultimo anno, ha terrorizzato commercianti e cittadini con una escalation di colpi senza precedenti. Rapine a tratti anche molto violente. Gli arresti sono scattati su ordine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, sui nomi degli arrestati, ha posto il più totale riserbo, in attesa della convalida del fermo che si dovrebbe svolgere lunedì mattina. Si presume che vi siano altri complici non ancora finiti in manette. Le indagini infatti proseguono per capire se gli arrestati possano essere accusati di altri colpi messi a segno negli ultimi tempi e per accertare se la banda agiva con la complicità di gruppi camorristici locali.
http://www.internapoli.it/

giovedì 11 dicembre 2014

Qualiano. Associazione mafiosa ed estorsione: Slitta a lunedì la sentenza per i 10 imputati nel processo ai danni del clan Pianese-D'Alterio

Processo al Clan Pianese-D'Alterio. Nella foto Caterian Pianese, Biagio Micillo e Sergio Palumbodi Matteo Giuliani
QUALIANO. E' stata rinviata a lunedì prossimo l'udienza per la lettura della sentenza nel processo ai danni alla cosca dei Pianese-D'Alterio di Qualiano. Ieri mattina si sono concluse le discussioni degli avvocati delle 10 persone imputate per camorra. L'operazione fu messa a segno dai carabinieri della compagnia di Giugliano il 26 giugno del 2012, nel quale furono indagate 66 persone, tra cui Biagio Micillo, Sergio Palumbo, Ramon Pizzo, Vincenzo Iuffredo, Nicola Poerio e la figlia del boss ucciso nel 2006 Caterina Pianese. Il pubblico ministero Gloria Sanseverino, titolare dell'inchiesta, aveva chiesto ai giudici di condannare dieci delle persone finite nel mirino della procura e che avevano scelto il processo secondo il rito ordinario. Complessivamente sono stati chiesti 138 anni di carcere. I reati contestati, vanno dall'associazione mafiosa di stampo camorristica all'estorsione. Per Micillo il pm ha chiesto la pena di 25 anni a Palumbo invece 18 anni, mentre per Ramon Pizzo la pena chiesta è di 14 anni, lo stesso per Iuffredo e Poerio. Per la figlia del boss invece, il pm ha chiesto la pena di 13 anni di reclusione.
http://www.internapoli.it/

mercoledì 10 dicembre 2014

Condannato figlio ex boss Antonio Iovine

 © ANSA(ANSA) - NAPOLI, 10 DIC - Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), presieduto da Orazio Rossi, ha condannato a 4 anni e mezzo di reclusione Oreste Iovine, 25 anni - figlio dell'ex boss dei Casalesi Antonio Iovine, attualmente collaboratore di giustizia - per associazione mafiosa, spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsione.
Il pm antimafia Cesare Sirignano, al termine di una requisitoria durata circa un'ora e mezza aveva chiesto 3 anni e mezzo.

Caserta, Versailles, Venaria e quattro numeri che dicono di che natura è oggi la crisi del Sud e quella dell'Italia.

Di seguito riporto un interessantissimo articolo di Francesco Grillo.

A volte davvero si ha la sensazione che scrivere articoli serva a poco. Non a nulla ma a poco.
Qualche anno fa capitò proprio a me di scrivere dalle colonne de Il Mattino un articolo la cui sostanza diceva che non ha più senso una qualsiasi lamentela del Sud sul proprio costante stato di (sotto) sviluppo se non si trovava un modo di mettere a valore il patrimonio artistico che queste regioni sprecano da decenni.

Il caso concreto era quello della Reggia di Caserta che, nel frattempo, è diventata il simbolo del degrado del Sud insieme agli scavi di Pompei. 
Dopo due anni la situazione è praticamente la stessa. E non se ne vedono i responsabili. 

Certo ci sono, in altri contesti, l'ultimo caso a Roma, amministratori che periodicamente tornano in galera e la guardia di finanza periodicamente fa retate. Ma nessuno paga per la fattispecie dell’inefficienza, dell’incapacità di fare il suo mestiere: fattispecie che è, in un certo senso, preliminare alla corruzione.

L’articolo sulla Reggia da parte di chi vi torna da luoghi dove riescono a dar valore anche ai sassi dei Druidi sarebbe assolutamente lo stesso.
Nel 1996, la Reggia di Caserta era al terzo posto in Italia (proprio dopo gli scavi di Pompei e gli Uffizi) per numero di visitatori: un milione e venticinquemila persone.
Nel 2013 la Reggia è al decimo posto, risulta aver perso altre due posizioni rispetto al 2012 ed essere stata visitata da meno della metà delle persone: 435,000.
Nel 2013, Versailles - da molti critici d’arte ritenuta la rivale europea di Caserta tra le grande regge del settecento – ha ricevuto 7 milioni e mezzo di turisti, un numero che è quattro volte superiore al numero di visitatori che Versailles riceveva nel 1996.

Ricapitolo perché la cosa a me sembra enorme, molto di più di tante chiacchiere che si fanno su un Paese che prima di essere corrotto appare, del tutto, incapace (e, forse, le due cose sono legate): in vent’anni la Francia ha quadruplicato i biglietti staccati e il numero di persone che possono accedere ad uno dei patrimoni dell’umanità che è il palazzo reale del Re Sole; l’Italia, nello stesso periodo, un periodo nel quale circa mezzo miliardo di persone in più sono passate dalla carestia alla possibilità di comprarsi uno smart phone e pagarsi una vacanza all’estero, è riuscita ad andare con la stessa velocità riducendo di un terzo il numero dei turisti nel suo palazzo più importante.

Il confronto è devastante, soprattutto, perché ci stiamo qui confrontano non con la Cina o con gli Stati Uniti. Ma con il Paese più simile all’Italia, quello che ci è più simile nelle difficoltà economiche e nella dimensione del deficit e del debito pubblico. 

Ma c’è un’altra cosa che c’è da dire: non tutta l’Italia sta precipitando. A Torino c’è una reggia simile – quella dei Savoia – a Venaria. Nel 1996 – quando a Caserta era al terzo posto in Italia – Venaria era chiusa. Quell’anno partì un restauro – finanziato dagli enti locali e dai privati – che ha riaperto il palazzo reale nel 2003. Oggi Venaria riceve ogni anno 600.000 visitatori e ha scavalcato Caserta (che è molto più grande e famosa).
E aldilà di tante chiacchiere è questo uno dei fatti sui quali bisognerebbe riflettere.

Come è possibile parlare di crescita senza aver prima sfruttato per intero le nostre possibilità? Come è possibile che sia ancora impossibile licenziare sovraintendenti tanto incapaci e cosa potrebbe obiettare il sindacato in un caso come questo nel quale è evidente che l’inefficienza sta sottraendo valore aggiunto al Paese, occupazione, danneggiano l’immagine dell’Italia e rendendo meno accessibile un bene che è patrimonio dell’umanità? Perché non premiare i funzionari – sempre pubblici – che contemporaneamente fanno funzionare Venaria? Cosa impedisce di introdurre domani mattina, almeno un premio di produttività per i sovraintendenti legato al numero di visitatori? Perché non possiamo fare noi come fanno in un Paese socialista come la Francia? 
E soprattutto come si può ancora sostenere che il problema del Sud siano stati i piemontesi e quello attuale dell’Italia sono i tedeschi?

In effetti però al danno si unisce la beffa. I quattrocentomila visitatori della Reggia di Caserta sarebbero ancora di meno se il Parco non fosse stato dichiarato – a differenza della Villa Borghese che è a Roma non in Svezia – museo (come le stanze del Palazzo): ciò comporta che chiunque – persino i residenti – deve pagare per entrare a fare una corsa (a differenza di ciò che accade a Villa Borghese o a Versailles). E a rendere ancora più comica la situazione c’è che gli abbonamenti per entrare sono solo per un intero anno solare perché “le macchine non consentono di emettere biglietti che valgono (ad esempio) dall’otto dicembre 2014 al 7 dicembre 2015”.
Sono le cose che ho scritto due anni fa di questi tempi. Due anni fa, tuttavia, notavo anche l’inglese assolutamente alla Totò con la quale il Ministero dei Beni culturali presentava la Reggia. Almeno questo problema è un parte risolto. Il sito in inglese è quasi scomparso (!). È rimasto solo una piccola descrizione ancora molto maccheronica che ribadisce che i “closing days” sono il Primo Gennaio, il 25 Dicembre, i giorni insomma nei quali ci sarebbe massima affluenza e massimo interesse da parte di un operatore culturale a mettere a disposizione delle persone, soprattutto dei più giovani, il proprio patrimonio.

E allora sono forse questi quattro numeri che dicono – meglio di qualsiasi altro – della questione del Nord, del Sud e dell’Italia. 
Non ci sarà crescita fino a quando non recupereremo – nel nostro lavoro e non nelle chiacchiere del Bar – orgoglio del nostro lavoro. Non ci sarà crescita fino a quando non potremo licenziare i sovraintendenti responsabili di questo scempio e, magari, affidare la Reggia a privati che siano capaci – nel rispetto degli standard di decoro e conservazione che alla Reggia non rispettano – di fare meglio. 
Non ci sarà crescita fino a quando un Presidente del consiglio che ha fatto il sindaco di Firenze non si ricorderà che è dalla riforma di “istituzioni medioevali come le sovraintendenze” (come lui stesso ebbe a definirle) che si fa ripartire un Paese stremato. Non ci sarà crescita fino a quando i sindacati non saranno messi di fronte alla scelta drastica – non nebulosa come quella sull’articolo 18 – se proteggere i dirigenti che non fanno nulla o i tanti giovani che potrebbero trovare occupazione domani da un atto di buon senso che riporti Caserta a far concorrenza a Versailles. E i cittadini casertani a fare jogging nella Reggia. 

Non ci sarà crescita fino a quando la colpa è sempre di qualcun altro e non esisterà una società civile capace di chiedere la possibilità di utilizzare le opportunità che esistono senza ridursi all’ultimo momento per andare a mendicare un posto “socialmente utile” come settimo impiegato seduto senza lavoro all’ingresso di una Reggia che non interessa più nessuno. O per chiedere all'ultimo momento all'Europa più finanziamenti che non riesce a spendere.

Sono questi – concretissimi, semplici – i “cambi di verso” di cui avremmo bisogno. Subito. E i giornali forse servirebbero per stimolare discussioni utili. Piuttosto che contemplazioni della crisi senza fine di una società ripiegata su se stessa.
http://www.ilmattino.it/

Napoli. Blitz a Soccavo, in manette lady camorra del clan Cocozza: era latitante da 4 anni

Napoli - «Ci sono io qui dentro, non sfondate la porta». Dopo 4 anni è finita così la latitanza di Anna Zaino, ritenuta affiliata al clan “Cocozza” attivo nel rione Traiano. I carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale la cercavano da 4 anni e la hanno individuata e catturata questa mattina in un’abitazione a Soccavo.

La donna è rimasta in silenzio fino all’arrivo dei vigili del fuoco chiamati dai militari per sfondare la porta blindata dell’appartamento, ma poco prima di far partire i “flex” per tagliare le cerniere d’acciaio, da dentro l’appartamento si è sentita Anna Zaino dire: «Non sfondate, vi apro!».

Sulla latitante pendeva un ordine di carcerazione del tribunale di Napoli per una condanna a sei anni di reclusione per estorsione ed usura aggravate dal metodo mafioso.

Anna Zaino non si era mai spostata dal quartiere di residenza, Soccavo, periferia orientale di Napoli durante i quattro anni di latitanza. Nell' edificio di via Tertulliano, dove stamattina hanno fatto irruzione i carabinieri, c' era la sua abitazione, che la donna teneva in stato di abbandono per simulare la sua assenza. Nello stesso edificio c' era un' abitazione di parenti alla quale si appoggiava. La Zaino è moglie di Salvatore Izzo, ritenuto un elemento di spicco del clan Cocozza, attualmente detenuto, e fruiva dell' appoggio logistico del clan.

All'arrivo dei carabinieri, la donna, che è ricercata per un condanna a 6 anni per usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso, inizialmente non ha risposto. I militari, però, erano certi della sua presenza in casa ed hanno fatto intervenire i Vigili del Fuoco. Quando ha capito che la porta dell' abitazione stava per essere demolita, Anna Zaino ha aperto e si è consegnata ai militari.
http://www.ilmattino.it/

Napoli. Camorra scatenata, ancora spari a Forcella, pregiudicato scampa alla morte

di Giuseppe Crimaldi

Ancora Forcella, ancora spari in strada, raid armati e violenza fuori controllo. Un uomo è scampato miracolosamente alla morte: dalla strada alcuni killer hanno iniziato a sparare contro le finestre della camera da letto in cui l'obiettivo si trovava, fortunatamente senza colpirlo.

L'episodio si è verificato stanotte, poco prima delle tre, quando Forcella torna evidentemente a essere terra di nessuno e prateria per le bande criminali che ancora oggi l'assediano. Obiettivo dei sicari era un pregiudicato legato al clan Mazzarella, che abita in un appartamento nel cuore del rione scosso da una nuova faida di camorra.

L'uomo, Salvatore Lambiase, residente in piazzetta Tranchese, è considerato dagli inquirenti vicino al gruppo Mazzarella, antagonista in questi ultimi mesi del neonato clan Giuliano (le terze generazioni della cosca un tempo egemone a Forcella). Indagini in corso da parte delle forze dell'ordine.
http://www.ilmattino.it/

Giugliano. 'Caffè Macchiato' chiesti 460 anni di carcere

GIUGLIANO. Requisitoria finale per il processo intentato al clan Mallardo e agli imprenditori che fiancheggiarono la famiglia giuglianese. Il Pubblico Ministero Maria Cristina Ribera ha chiesto in totale di 460 anni di carcere ai boss, affiliati ed imprenditori che fecero affari legandosi ai Carlantoni. A capo dell'associazione per delinquere di stampo mafioso, che imponeva le proprie forniture alle attività commerciali del giuglianese e del litorale domitio, Feliciano Mallardo per il quale sono stati chiesti 28 anni di carcere. L'operazione che portò alla sbarra il clan egemone a Giugliano, fu sorannominata 'Caffè Macchiato' perchè partì dall'imposizione forzata ai bar del circondario del caffè "Seddio", miscela direttamente controllata dalla malavita organizzata locale. A controllare l'imposizione della marca "unica" di caffè, c'era Giuseppe D'Alterio per il quale anche qui la richiesta del pm è stata pesante: 21 anni di pena. Oltre a loro coinvolti prestanome e familiari degi affiliati a cui il clan aveva intestato beni per oltre 50 milioni di euro, il tutto per sfuggire alle grinfie della magistratura che cercava di colpire il clan col sequestro di beni e la confisca delle proprietà degli uomini più in vista della cosca. Ora la palla passa al collegio difensivo degli imputati, che avranno tempo fino al 15 dicembre per portare le proprie tesi davanti ai giudici della settima sezione penale del Tribunale di Napoli.
http://www.internapoli.it/

Doppio agguato notturno nel Napoletano: due feriti

Napoli. Due persone sono state ferite a colpi di arma da fuoco la scorsa notte in due distinti episodi verificatisi ad Arzano e a Napoli che - secondo gli investigatori - potrebbero essere collegati.

Due feriti. Uno ricoverato in gravi condizioni e in prognosi riservata al Cardarelli, l'altro, invece al Loreto Mare con una frattura del femore. I fatti presumibilmente poco dopo le 22.

Il primo ferito, quello grave, si chiama Antonio Siesto, 19 anni. Si trovava a bordo della sua autovettura, una Ford Focus station wagon, insieme ad un amico, A.G.. Percorrevano via Galileo Galiei, ad Arzano, quando sono stati avvicinati da uno scooter di grossa cilindrata con a bordo due uomini con il volto coperto dai caschi integrali.

I due hanno intimato a Siesto di consegnare tutto ciò ceh aveva. Al rifiuto gli hanno sparato al torace. La dinamica è in corso di accertamento. L'amico è stato denunciato per favoreggiamento. Qualcosa nella ricostruzione della dinamica non torna. Gli agenti del commissariato di Frattamaggiore non hanno trovato né bossoli né tracce ematiche sul luogo dell'agguato indicato dai due.

Poco dopo, circa una trentina di minuti, altro agguato questa volta nella zona di Poggioreale. A rimanere ferito Aurelio Seta, 24 anni,. E' arrivato all'ospedale Loreto Mare con il femore fratturato ed ha raccontato di essere stato avvicinato da due persone a bordo di uno scooter con i caschi integrali che gli hanno esploso un colpo di pistola. Non ha saputo indicare né la marca dello scooter, né tantomeno la targa. Il tutto accadeva in via Stadera all'altezza di via del Riposo. Ma anche in questo caso non sono state trovate sul luogo indicato tracce dell'agguato. La polizia non esclude un collegamento tra i due episodi.
http://www.pupia.tv/

lunedì 1 dicembre 2014

"Facciamo un pacco alla camorra", presentazione a Napoli


Napoli. Presentata presso il polo commerciale “Eccellenze Campane” la quinta edizione dell'iniziativa “Facciamo un Paccco alla Camorra”.


Anche quest'anno il pacco-dono conterrà prevalentemente prodotti agricoli provenienti da terreni confiscati alle mafie e racconterà l'impegno di numerose cooperative sociali che, nel favorire l’inserimento lavorativo delle classi più svantaggiate, producono un'economia sana, sociale e sostenibile. Ad aprire gli interventi, moderati dall'agente di sviluppo locale Mauro Baldascino, è stato Gianni Solino, responsabile del progetto “La R.E.S. - Rete di Economia Sociale” all'interno del quale l'iniziativa natalizia trova la sua naturale collocazione.

“Siamo convinti – ha dichiarato Solino - che i beni confiscati, una volta ritenuti un problema per lo stato italiano e per i comuni che ne diventavano affidatari, sono addirittura una risorsa. Proprio a partire dai beni confiscati, ventinove soggetti tra cooperative, associazioni e università stanno proponendo un modello di sviluppo alternativo”.

“Facciamo un pacco alla camorra – ha dichiarato invece il presidente del Consorzio NCO Giuliano Ciano - non è solo un tentativo di creazione di economia sociale, ma è soprattutto un pacco ribelle, che vuole dire che un territorio difficile come questo ci sono delle persone che hanno deciso di voler cambiare le cose partendo dall'agricoltura sociale, l'economia vera, pulita, sana. Attraverso quest'iniziativa ci prendiamo anche il compito di stimolare politicamente quale possa essere un nuovo modello di sviluppo per questo territorio che deve fare di più, anche in termini di risorse, per i diritti degli ultimi, i diritti delle persone. Perché da soli non andiamo da nessuna parte e ce la dobbiamo fare tutti insieme”.

Ma il consorzio NCO, attuatore dell'iniziativa nell'ambito del progetto “La R.E.S” può contare anche sul sostegno e sulla collaborazione attiva del Comitato don Peppe Diana e di Libera Associazioni nomi e numeri contro le mafie.  “Il comitato don Peppe Diana – ha sottolineato Valerio Taglione – all'indomani dell'uccisione di don Peppe Diana ha sostenuto e promosso negli anni un percorso di riscatto e di liberazione e oggi non possiamo non sostenere con forza questa iniziativa”.

“Facciamo un pacco alla Camorra – ha proseguito il coordinatore del comitato don Diana – racconta ai cittadini di tutto il Paese un percorso che sta avvenendo sul territorio campano che, innestandosi nel messaggio di don Diana, prova a costruire il riscatto del territorio attraverso un nuovo modello di sviluppo fatto di relazioni positive tra le persone ed economia sociale”.

“Questo pacco – ha aggiunto il direttore di Libera Enrico Fontana - toglie alibi agli sprechi di legalità, a chi ancora nel nostro paese vede i beni confiscati, come un problema e non come una risorsa e antepone la scorciatoia della vendita al riutilizzo sociale. Con questa iniziativa si vuole dare segnali forti a chi ha responsabilità politiche e istituzionali. Il pacco alla camorra deve anche servirci per ricordare al Parlamento che giace da mesi abbandonato il disegno di legge che prevede l'introduzione dei delitti contro l'ambiente nel codice penale. Contrastare i responsabili di queste attività criminali è la maniera migliore per difendere i produttori, le cooperative sociali, chi investe in agricoltura sana”.  

Nel corso della presentazione è intervenuto direttamente da Reggio Calabria anche il Procuratore Cafiero De Raho che ha rimarcato a guardare la questione Beni Confiscati da un punto di vista diverso, che non sia esclusivamente quello economico.

“Il pacco alla camorra – ha dichiarato De Raho – è dimostrativo dei beni confiscati che producono. Assegnare una destinazione sociale ad un bene significa rispolverare quella parte di economia che era stata eliminata proprio dalla criminalità organizzata e quindi dimostrare che lì dove c'era la mafia oggi ci sono giovani che lavorano e contribuiscono al miglioramento sociale”. “I beni confiscati – ha concluso il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria – hanno il compito di dimostrare a tutti che esiste uno Stato che tiene alla lotta alle mafie e che da questa lotta crea opportunità per tutti e opportunità per i giovani”.
http://www.pupia.tv/

Sant'Antimo. «Io, professionista senza lavoro, a 47 anni in piazza per cercare un'occupazione»

Sant'Antimo. Piazza della Repubblica
SANT'ANTIMO. Pubblichiamo il post di un giovane geometra di Sant'Antimo, Lorenzo Bellissimo, sul tema della crisi e del lavoro. Poche righe ma emblematiche sulle condizioni dei professionisti che operano nel territorio a nord di Napoli, tra mille difficoltà con il licenziamento sempre in agguato, vuoi perchè le aziende fanno anche loro i conti con una crisi sempre più asfissiante, ma anche (e soprattutto) perché qui, a nord di Napoli, non ci sono garanzie, non c'è sicurezza, non c'è dignità nel lavoro. Lorenzo, 47 anni, sposato e con tre figli, oggi è costretto ad affrontare la cruda realtà di ritrovarsi senza lavoro.



In Piazza

Fino a poco tempo fa, mi chiedevo ma sta gente in piazza non ha niente da fare. Ora ci sono anche io, a non fare nulla.
Fino a poco tempo fa mi chiedevo ma per quale motivo si svegliano la mattina presto se non vanno a lavorare?
Ora ci sono anche io con loro senza lavoro.
Fino a poco tempo fa mi chiedevo ma cosa fanno tutte queste persone in piazza, che quando passavo tanti di loro mi chiedevano se li facessi lavorare, anche se per qualche giornata ed io rammaricato gli rispondevo che se ne avessi avuto bisogno sapevo come rintracciarli.
Ora ci sono anche io con loro a chiedere.
Fino a poco tempo fa mi domandavo ma mica si cerca così il lavoro.
Ora ci sono anche io a cercare un lavoro come loro.
Fino a poco tempo fa il punto di incontro con i miei operai era al deposito per andare a lavorare. Ora ci vediamo allo stesso orario in piazza per vedere cosa sarebbe possibile fare.
Be, spero che questo periodo duri per poco tempo, per me e per tutte queste persone che stanno in Piazza.

Geom. Lorenzo Bellissimo

http://www.internapoli.it/

venerdì 28 novembre 2014

Soldi e bolli falsi, 56 arresti in Campania: sgominato il “Napoli Group”

Napoli. Un’organizzazione dedita alla falsificazione di denaro, bolli e contraffazione di sigilli quella di cui fanno parte 56 persone arrestate, mercoledì mattina, dai carabinieri del comandi provinciali di Caserta e Napoli e del Comando antifalsificazione monetaria.

Ai destinatari della misura cautelare, emessa dal gip di Napoli Dario Gallo, su richiesta dei sostituti procuratori Gerardina Cozzolino, Giovanni Conzo e Filippo Beatrice, sono contestati i reati di associazione per delinquere, falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, falsificazione di valori di bollo e contraffazione di altri pubblici sigilli.
 
“Cosariello”, “ambasciata”, “l'americano” per indicare il dollaro: aveva un proprio gergo il “Napoli Group”, la banda di falsari attiva in Europa e Africa smantellata dai carabinieri. Banconote e monete venivano designate con altri nomi, anche nel tentativo di depistare gli investigatori in caso di intercettazioni. Le monete, in particolare, venivano indicate come “scarpe”, “pavimenti”, “cartoline” e “gnocchi”.
 
La banda, oltre ai soldi, falsificava anche “Gratta e vinci” e marche da bollo. Come spiegato dagli inquirenti, il “Napoli group” aveva ottenuto “il controllo completo del mercato internazionale mediante la distribuzione di rilevanti quantitativi di denaro falso immesso in Italia e in ogni parte del mondo”.
 
Francia, Spagna, Germania, Romania, Bulgaria, Albania, Senegal, Marocco, Tunisia e Algeria i Paesi più colpiti. Nel corso dei due anni di indagini finora svolti sul “Napoli group” sono state sequestrate 5.500 banconote e monete false di vario taglio per un totale di 1 milione di euro circa.

Caivano, blitz contro falsari: coinvolta la madre della bimba abusata

Caivano. C’è anche la madre della piccola Fortuna, la bimba di sei anni morta lo scorso 24 giugno dopo essere caduta nel vuoto dal balcone delle palazzine popolari al Parco Verde di Caivano, tra le persone coinvolte nel blitz che mercoledì mattina ha portato all’esecuzione di 56 misure cautelari per associazione a delinquere finalizzata alla fabbricazione e spaccio di monete falsificate. La donna, Domenica Guardato, è tra i destinatari dei divieti di dimora. L’ordinanza le è stata notificata dai carabinieri durante una perquisizione nella sua abitazione.
 
Sulla morte Fortuna è in corso un'inchiesta che ipotizza l'omicidio e abusi sessuali subiti dalla bambina nei mesi precedenti la sua morte. Tra gli ultimi appelli di “Mimma” sulla morte della figlia: “Voglio giustizia altrimenti me la faccio io”.
 
Quando i carabinieri sono arrivati a casa sua, poco dopo le cinque di stamattina, Mimma Guardato, pensava fosse per qualche novità legata alla morte della sua piccola. “E invece mi hanno detto che ero destinataria di un divieto di dimora, che dovevo lasciare casa. Ma io con questa cosa dei falsari non c'entro assolutamente nulla”, dice raggiunta telefonicamente.
 
“Sto andando dal mio avvocato Gennaro Razzino per cercare di capire cosa è successo, cosa sta succedendo e perchè io sono stata chiamata in causa in questa vicenda. - aggiunge - So solo che quando ho visto i carabinieri ho pensato alla mia piccola Fortuna, non certo ad una vicenda del genere”.
 
A chi le chiede se questa vicenda possa in qualche modo essere legata al suo ex marito, attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano, Mimma risponde: “Ci siamo lasciati nel 2009, non so neanche la ragione per la quale è in carcere”.

http://www.pupia.tv/

Camorra e droga: 20 arresti nel casertano contro clan Belforte

di Stefania Arpaia

Caserta. La polizia di Caserta ha eseguito, giovedì mattina, venti arresti contro il clan camorristico dei  Belforte, noto anche come dei “Mazzacane”.

Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico, alla detenzione ed allo spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti, con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare il clan di camorra attivo a Caserta, Marcianise, San Nicola la strada e comuni limitrofi, i presunti affiliati finiti in manette.

In base a quanto riferito dalle forze dell'ordine, 15 persone sono state colte in flagranza di reato. Sequestrati, dalla Squadra mobile della Questura di Caserta, 1,5 chilogrammi di cocaina. La notifica dell'ordinanza di custodia cautelare è stata messa in atto alle prime luci dell'alba.

La polizia ha reso noto che, i presunti referenti del clan gestivano le forniture di cocaina, crack e hashish delle varie piazze di spaccio operative sul territorio. Scoperta nel corso delle indagini, l'imposizione ai pusher, del pagamento di una percentuale sui proventi della vendita. L' approvvigionamento delle sostanze stupefacenti invece avveniva tramite presunti esponenti del clan Mazzarella di San Giorgio a Cremano, a Napoli.

Infine, la vendita al minuto era affidata a piccoli gruppi, a cui erano assegnate particolari “aree di competenza”, coprendo in questo modo tutto il territorio.

Un'operazione simile era scattata nel maggio 2012 quando 20 persone furono arrestate, accusate di associazione mafiosa, estorsioni e reati relativi alle armi, con l'aggravante di aver agevolato il medesimo clan.

http://www.pupia.tv/

Camorra, arrestato Valentino Gionta jr: era nascosto in una botola

Napoli. Si nascondeva in una botola, Valentino Gionta, figlio di Aldo Gionta, capo del clan camorristico di Torre Annunziata, arrestato all'alba.

Circondato dalle forze dell'ordine, l'uomo non ha opposto resistenza. A lui era stata affidata la gestione del clan, dopo l'arresto del padre, fermato lo scorso agosto nel porto di Pozzallo mentre si imbarcava per raggiungere l'isola di Malta. E' il nipote del superboss Valentino Gionta, capoclan storico dell’omonimo gruppo camorristico egemone nella cittadina di Torre Annunziata.

Latitante dallo scorso giugno, Gionta era nascosto in un rifugio ricavato nelle pareti di un appartamento nel rione Provolera, di proprietà di uno zio, condannato all'ergastolo.

Grazie ad un congegno elettronico, il latitante poteva entrare ed uscire dal nascondiglio. Rinvenuta nell'abitazione, l'ordinanza di custodia cautelare emanata lo scorso 5 giugno nei confronti del fuggitivo, scappato alla cattura per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, armi ed altro.

Sembra che Gionta avesse ricevuto indicazioni dal padre che, rinchiuso nel carcere milanese di Opera, gli avrebbe inviato una lettera con scritto: “Impara a sparare con il kalashnikov, poi ti dirò io cosa fare”.

Valentino ha il nome del nonno, capo del clan, che controllava il traffico di eroina a Torre Annunziata. Il boss, affiliato a Cosa Nostra, è recluso dal 1985 in regime di 41 bis.

http://www.pupia.tv/

lunedì 24 novembre 2014

Sant'Antimo. La Polizia Locale denuncia 48enne per violenza a Pubblico Ufficiale

SANT'ANTIMO. Gli agenti della Polizia Locale di Sant’Antimo hanno denunciato un cittadino resosi responsabile dei reati di danneggiamento e violenza e minaccia a Pubblico Ufficiale. L’uomo, G. G. di anni 48, recatosi agli Uffici del Comando di piazza della Repubblica, in uno stato confusionale, senza motivazione alcuna, ha inveito contro un operatore della Polizia Locale che ha subito cercato di bloccarlo ma il malintenzionato si è dato alla fuga. In pubblica via, l’uomo ha cercato di aggredire anche alcuni cittadini che si trovavano in zona ma grazie all’intervento dei caschi bianchi si è dileguato facendo perdere inizialmente le sue tracce. Allertata una pattuglia di zona via radio, gli agenti hanno localizzato il soggetto a pochi metri dal luogo dei fatti e, dopo una breve colluttazione, questi è stato bloccato e condotto negli uffici del Comando dove è stato compiutamente generalizzato e denunciato. Lo stesso, dato il suo stato confusionale, è stato sottoposto a controlli medici da parte del personale del 118 e ora si sta valutando l’applicazione nei suoi confronti di trattamento sanitario. Ora rischia un processo penale con pena pesante, risarcimento dei danni arrecati e applicazione di una misura di sicurezza. Rammarico per l’accaduto è stato espresso dagli agenti operanti e da alcuni dei cittadini, potenziali vittime dell’aggressione, nel vedere che altra parte di cittadini che si trovavano in piazza, hanno cercato di giustificare il gesto folle dell’energumeno anziché elogiare chi opera per la loro sicurezza rischiando in prima persona. Dall’inizio dell’anno, circa 7 gli episodi oltraggiosi che hanno visto coinvolti gli agenti del Comando, di cui uno ha portato all’arresto del responsabile con condanna, nonché uno con condanna a risarcire la parte offesa.
http://www.internapoli.it/

Camorra, un arresto per l'omicidio del capoclan del 2009

È considerato il mandante dell'omicidio di Gaetano Di Gioia, ucciso a Torre del Greco (Napoli) il 31 maggio di cinque anni fa: nuova ordinanza per Ciro Grieco, 50enne conosciuto negli ambienti della criminalità come Cirotto 'a marchese, appartenente al gruppo di fuoco dei cosiddetti Scissionisti.

I carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea nei confronti di Grieco, già destinatario di un analogo provvedimento emesso un anno fa, e di Francesco Paolo Raiola, ritenuto invece il mandante di quel delitto. Per il 50enne l'accusa è di omicidio e di tentativo omicidio in concorso con l'aggravante di finalità mafiose.

Nel corso delle indagini condotte a partire dal 2009, i militari hanno individuato i presunti mandante ed esecutore dell'omicidio del capoclan Gaetano di Gioia, noto anche come «Gaetano 'o tappo», e del tentativo di omicidio del figlio Isidoro, avvenuto in prossimità della centrale piazza Santa Croce, svelando anche il movente dell'agguato, maturato nelle fila della stessa organizzazione criminale, nella quale si era formata una frattura per la gestione degli affari illeciti.

Dopo un lungo periodo di detenzione, Gaetano Di Gioia era tornato libero e aveva ripreso le redini del clan, affidando al figlio Isidoro il controllo dello spaccio di droga e avocando i proventi delle estorsioni e la gestione delle liquidità. Tale decisione - secondo quanto accertato dagli inquirenti - aveva creato dissapori all'interno dell'organizzazione criminale, dissapori sfociati nell'agguato con il quale Gaetano Di Gioia e il figlio Isidoro erano stati «puniti».

Agguato che aveva anche sancito la scissione del gruppo dissidente dal clan di appartenenza e la formazione di un altro sodalizio criminale, gli «scissionisti del clan Di Gioia».
http://www.ilmattino.it/

Napoli. Pizzo su cd e dvd, blitz contro il clan Mazzarella: cinque arresti

Napoli - Vendevano droga ed estorcevano denaro a rivenditori all'ingrosso e al minuto di cd e dvd riprodotti illecitamente, facendosi pagare somme variabili dai 250 ai 2.500 euro ogni mese.

Cinque persone, ritenute responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e spaccio di stupefacenti, sono state arrestate dai finanzieri del Gruppo di Fiumicino in esecuzione di un'ordinanza cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea.

Tra gli arrestati c'è Vincenzo Mazzarella, detto «Harry Potter», 32 anni, figlio del defunto Salvatore Mazzarella detto «o cuntrario», già a capo, con i fratelli Ciro e Vincenzo, del clan Mazzarella. Il provvedimento trae origine da un'indagine della Dda di Napoli che ha permesso di documentare i collegamenti tra gli indagati che operano nell'orbita del clan Mazzarella, attivo nelle zone Mercato e Porta Nolana a Napoli.

Gli inquirenti hanno accertato che il gruppo camorristico aveva pronta disponibilità di armi, tra le quali una pistola calibro 9 con matricola abrasa e due pistole mitragliatrici. Il nucleo delle indagini è costituito dal contenuto delle conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, gran parte dei quali già affiliati allo stesso clan Mazzarella.

I finanzieri del gruppo Fiumicino hanno eseguito le misure cautelari personali emesse dal gip del Tribunale di Napoli, Isabella Iaselli, su richiesta dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, Catello Maresca e Francesco De Falco, nei confronti di altrettanti appartenenti al clan Mazzarella- storico sodalizio dei quartieri della Maddalena, Mercato, Case Nuove e Soprammuro di Napoli - specializzato - secondo gli investigatori - in una vasta gamma di reati - dall'usura ai traffici di stupefacenti; dal commercio di armi alla gestione ed al controllo del mercato della contraffazione e della pirateria audiovisiva - e con una elevata disponibilità di armi comuni e da guerra.

Tutte le persone colpite da cattura avevano ruoli e compiti di primissimo piano, e, più volte, avevano preso parte ai vari gruppi di fuoco organizzati per affermare il violento e totale controllo del territorio, in opposizione agli altri clan, con il preciso fine di rimpinguare le «casse criminali» con sempre maggiore liquidità, da reinvestirsi subito nel mantenimento degli affiliati, nei tipici traffici delinquenziali ed in attività economiche apparentemente lecite.

Le indagini - partite da episodi di pirateria audiovisiva e contraffazione marchi e condotte con un massiccio impiego di strumenti tecnici - hanno fatto emergere l'esistenza di condotte estorsive ai danni anche dei rivenditori di cd e dvd pirata e di merce contraffatta, nonchè il traffico di stupefacenti e di armi. Le attività investigative, corroborate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno riguardato clan Mazzarella ed, in particolare, 5 tra promotori e compartecipi, tutti giovani e che, dal 2006 in avanti, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che deriva dall'appartenenza al clan, hanno estorto, con minacce e rappresaglie, ai commercianti della zona, una vera e propria percentuale sui profitti d'impresa, quasi una «Ires di camorra» come l'hanno definita gli investigatori.
http://www.ilmattino.it/

giovedì 20 novembre 2014

Giugliano. Arrestato Giuseppe Mallardo detto «O' Chiatton»

Nella foto Raffaele Mallardo detto 'O Chiatton'
di Matteo Giuliani

GIUGLIANO. Vasta operazione della Guardia di Finanza tra Lazio e Campania per catturare Giuseppe Mallardo alias O' Chiatton, esponente di spicco dell'omonimo clan giuglianese. Oltre 100 militari sono stati impiegati per tutto il giorno in un' operazione dedita allo smantellamento di un’organizzazione criminale che frodava le assicurazioni. Le Fiamme Gialle, su indicazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno anche perquisito oltre 30 abitazioni e notificato vari provvedimenti di obbligo di dimora. La maggior parte dei controlli si sono concentrati tra Cassino e la provincia di Frosinone. Alla fine le fiamme gialle lo hanno sorpreso in un appartamento a Cassino. Giuseppe Mallardo è ritenuto il capo della cupola che gestiva una maxi frode da diversi milioni di euro contro le compagnie assicurative.
http://www.internapoli.it/

mercoledì 19 novembre 2014

Rifiuti, parla il pentito Luigi Diana: «Nessuno si faceva scrupoli. Era oro»


GIUGLIANO. Nell’Assise di Napoli, un processo senza fine. Da qualche tempo si parla di rifiuti urbani, speciali, tossici, discariche, nomi, luoghi, conseguenze. Da troppi anni ci sono le malattie e l’omertà. Il numero esatto c’è: 30 anni. I nomi ci sono: Gaetano Vassallo, Francesco Bidognetti, Cipriano Chianese. Un trio a capo di una società di fatto, quella dello smaltimento illecito dei rifiuti. L’ultimo, un avvocato meglio conosciuto come l’ideatore delle eco mafie, poi Bidognetti, il patriarca di questa “società”, ed infine Vassallo, uno dei pentiti che, con le sue dichiarazioni contro tutti, ha fatto tremare il sistema dei rifiuti. Tre nomi, ma intorno, un pull di persone che, persino i collaboratori di giustizia, dicono di non riuscire “a ricordare bene”, arricchendo le loro dichiarazioni di “mi sembra che”.

Tanti i processi per la questione rifiuti, uno su tutti Spartacus. Ad oggi, tra accusati ed accusatori, le aule del Tribunale di Napoli, nell’ospitare il Processo Cerci, si riempiono di nomi, tra noti e meno, ma tutti causa dello stesso male. Loro, le persone che hanno massacrato i territori passati alla storia come Triangolo della morte, ma che allo stato attuale, più che triangolo, i terreni inquinati, fanno parte di una configurazione senza confini. I nomi: Zagaria Vincenzo, Diana Luigi, Raffaele Giuliano, Mallardo Giuseppe, Cerci Gaetano, Perrella Nunzio, Pietro, Giorgio e Carmine Lago (di Pianura), i fratelli Cangiano (cugini di Bidognetti che detenevano depositi di materiali edili, dove fu individuato un camion adatto al trasporto della spazzatura), Caterino Nicola (capozona di Cesa), Schiavone Francesco, Mercurio Guido (capozona di Villa Literno), Iovine Antonio, Bencivenga Lello (imprenditore tra gli ultimi arrivati in società) e poi “amici nostri della zona di Casale”. Solo una parte dei tanti coinvolti, questi, coloro che Diana Luigi, detto “u gion”, ha citato in Assise. Lui in videoconferenza, presente (tra le sbarre) Cerci, il quale, a metà udienza, chiede di abbandonare l’aula. 

Nessuno si faceva scrupoli «volevano solo i soldi senza preferenza di tipologia di rifiuti. I rifiuti urbani costavano tra le 20,30 e 40 lire. Gli altri, avevano cifre diverse, ma i camion con tonnellate di immondizia, valevano 70 milioni di lire. Era oro. Tutti ammaestrati dall’Avvocato Chianese. Il maestro era lui. Ad un certo punto Bidognetti iniziò a preoccuparsi, quando in televisione si iniziò a parlare di mortalità e cose tossiche, perché aveva dei terreni a Casal di Principe, ma finiva lì.» Un fiume in piena il pentito che, alla domanda del PM sul perché si sia pentito, magari per contrasti pregressi con qualcuno delle persone da lui stesso (Lugi Diana) nominato, il collaboratore di giustizia risponde «assolutamente no anzi, io a Cerci, Vassallo, Bidognetti, ma pure altri, auguro ogni bene». Dunque, perché si è pentito? Dice «i motivi sono tanti, soprattutto perché stavo male». Arrestato nel 1999 e condannato all’ergastolo con il processo Spartacus, diventa collaboratore di giustizia il 22 Aprile 2005. Conferisce di un sistema rifiuti, compreso tra il 1997 ed il 2005, ma tutto ha inizio nel lontano 20 Ottobre 1987, quando Francesco Bidognetti e Cipriano Chianese danno il via a traffici di ogni genere e, nel 1989, ha inizio il sistema dei rifiuti, con accordi per individuare cave adatte allo sversamento illegale. Accordi, nei quali, venivano coinvolti i capi di zona. Tra questi Peppe Mallardo, per quanto riguarda Giugliano. Infatti, fu indicata una cava di lapilli, nel 1993, per la quale, Mallardo voleva essere coinvolto, in quanto zona di sua appartenenza.

Giuseppe Mallardo. «Lui faceva gli interessi di Bidognetti - dice il collaboratore di giustizia riferendosi al boss di Giugliano -, perché amici fraterni e, tramite Chianese e Vassallo, c’era la contesa degli affari ma avevano un utile. Se la cava è stata poi utilizzata, non lo ricordo», riferisce Diana. Lo stesso, racconta di rapporti e malaffare che si possono suddividere in due fasi. La prima fino al 1993/94 e la seconda, dove protagonisti sono inceneritore ed eco balle. «Vassallo era intimo amico di Francesco Bidognetti, il quale, aveva tutti sotto la sua ala protettiva, avallandoli nei lavori pubblici delle province di Napoli e Caserta. Infatti, la famiglia Vassallo, ha costruito nelle zone di Caserta e se non mi sbaglio, anche di Capua. Qui si parla di galline dalle uova d’oro. Nel 1993, ci fu un confronto tra Bidognetti e Zagaria, perché bisognava lasciare in pace Vassallo, poiché dava 100 milioni al mese di vecchie lire a Cipriano Chianese. Questo, perché noi del clan, quando vedevamo i grossi imprenditori portare soldi, ci facevamo fare dei regali – continua –. Una notte, mentre si sversavano rifiuti in una cava giuglianese, nella zona dei “tre ponti a Parete” - tra Giugliano e Parete appunto - ci fu un fermo della polizia. I boss lamentavano che si erano fatti prendere. Quelli che si sversavano, erano camion con rifiuti di ogni specie». 

Chi si lamentava veniva ucciso. La domanda che segue è “mai nessuno si è lamentato di questi sversamenti? Qualcuno intorno. Erano zone abitate”. «Ogni tanto i contadini, gli autisti, accusavano ma finiva lì». La risposta è secca: «contro di noi nessuno si lamentava, altrimenti si ammazzava chi protestava, è certo».

Gli affari non si limitavano alla Campania, perché anche in Toscana, precisamente a Firenze, imprenditori, si mostrarono interessati allo sversamento. Su commissione di Bidognetti, lì si recarono Guido Mercurio e Gaetano Cerci, per la trattazione anche di rifiuti ospedalieri. Situazione preoccupante, poiché Mercurio si premunì con falsi documenti “perché era uno furbo” , così lo descrive in udienza Diana, mentre Cerci no, ed era cosa nota, il suo parentato con Bidognetti. Sempre in Toscana, a Lucca, invece, Antonio Iovine noto anche come “o ninno”, ebbe contatti per quel che concerne rifiuti tossici. Luigi Diana conferisce anche di aspetti che esulano dai rifiuti, quali l’alta velocità, il cui diretto interessato, era Bencivenga. Quest’ultimo, con le sue conoscenze romane, poteva garantire subappalti ma in cambio, pretendeva garanzie, accordate da Bidognetti poiché l’imprenditore “portava soldi”.

Numeri stratosferici quelli indicati nella scorsa udienza, dove la Guardia di Finanza, esaminate cave e beni sequestrati con relativo giro d’affari, ha riportato cifre che, persino gli addetti ai lavori, faticavano a gestire nella trascrizione. Il processo Cerci, ha visto l’interruzione per la giornata in questione. Seguiranno altre date, visto che, tutto è ancora al vaglio della giustizia.
http://www.internapoli.it/

Omicidio Noviello, ecco la sentenza: Setola condannato all'ergastolo

Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Francesco Cirillo, Massimo Napolano e Giovanni Letizia condannati all'ergastolo e 6 mesi di isolamento diurno, Metello di Bona a 43 anni e Luigi Tartarone a 13 anni e 6 mesi per l'omicidio dell'imprenditore Domenico Noviello avvenuto a Castel Volturno il 16 maggio del 2008.

C'era un clima di grande attesa per la sentenza al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del processo per la morte dell'imprenditore Domenico Noviello, ucciso dall'ala stragista dei Casalesi guidata da Giuseppe Setola, avvenuta a Castel Volturno il 16 maggio 2008.

C'era molta folla all'esterno dell'aula dove il presidente della Corte d'Assise pronuncerà a breve la sentenza. Ci sono membri di numerose associazioni antimafia e i familiari dell'imprenditore. Presente anche il sindaco di Castel Volturno, Dimitri Russo, che si è costituito parte civile nel processo.
http://www.ilmattino.it/

CAMORRA | Racket a Torre del Greco, scacco ai Di Gioia-Papale: «Due secoli in cella»

di ALBERTO DORTUCCI
TORRE DEL GRECO -
Due secoli di carcere per i vertici e i fiancheggiatori del sodalizio criminale nato dall’unione tra i fedelissimi del boss Isidoro Di Gioia - oggi collaboratore di giustizia - e la colonia di via Fontana del clan Papale.

E' la stangata invocata dalla direzione distrettuale antimafia per chiudere il primo capitolo giudiziario dell’inchiesta nata dal blitz «Bolla Papale» scattato a febbraio del 2014: un’operazione capace di smantellare il business-racket messo in piedi all’ombra del Vesuvio dai «soldati» guidati dal rampollo di Gaetano Di Gioia - il padrino massacrato in un agguato di camorra il 31 maggio del 2009 - e dal baby boss Pietro Papale.

Davanti al gup Pasqualina Paola Laviano del tribunale di Napoli, il pm della Dda ha snocciolato le richieste di condanna formulate dalla collega Maria Di Mauro: richieste pesanti, costruite intorno alle dichiarazioni degli ex alleati degli amici di giù a mare. Dallo stesso Isidoro Di Gioia a Filippo Cuomo - passando per Gaetano Magliulo - i collaboratori di giustizia hanno avuto un ruolo fondamentale nella ricostruzione della fitta tela di «affari» costruita sull’asse Torre del Greco-Ercolano.

Affari messi in piedi su una doppia direttrice: la prima legata alla «vendetta» nei confronti degli scissionisti del rione Sangennariello - responsabili della morte del capoclan di corso Garibaldi - e la seconda legata al giro di estorsioni che doveva «coprire» l’intero territorio. Dal commerciante al dettaglio al grande imprenditore, tutti dovevano pagare. E perfino i titolari del nascente Polo Orafo di via Lamaria si dovevano piegare alla volontà della camorra, con i sicari del clan Di Gioia-Papale pronti a organizzare una spedizione di fuoco per intimorire gli imprenditori dell’oro rosso. Tutti retroscena rivelati dalle gole profonde e accertati dalla direzione distrettuale antimafia.

Adesso pronta a presentare il «conto» a boss e gregari che hanno scelto di essere giudicati con la formula del rito abbreviato, in modo da strappare lo sconto di un terzo della pena. La richiesta più severa è stata riservata a Pietro Papale, astro nascente del clan dei «bottoni» di Ercolano: quattordici gli anni di reclusione invocati dalla Dda di Napoli. Si è fermata, invece, a tredici anni la richiesta di pena per Bartolomeo Palomba: il pregiudicato di via Fontana era ritenuto il riferimento «locale» del clan Papale all’ombra del Vesuvio.

Pugno di ferro per un altro pezzo da Novanta della camorra tra Ercolano e Torre del Greco: Giovanni Di Dato - al secolo Giannino ‘o meccanico, residente in vico Agostinella - rischia 11 anni di reclusione. Stessa identica pena è stata invocata per il «bombarolo» Gennaro Granato, già finito nel mirino dell’Antimafia per l’attentato esplosivo all’ex megastore Original Marines di via Diego Colamarino. Un gradino sotto - 10 anni - la pena richiesta per Giovanni Oliviero, fiancheggiatore che inizialmente «operava» per conto di Filippo Cuomo. A scalare, poi, pene variabili dagli otto ai tre anni. A metà dicembre inizieranno le arringhe difensive degli avvocati dei 29 imputati, mentre il verdetto di primo grado è atteso per gennaio 2015.
twitter: @a_dortucci

18/11/2014
http://www.metropolisweb.it/

martedì 18 novembre 2014

Pizzo a imprenditori: 17 arresti contro clan D'Alterio-Pianese

Napoli. I carabinieri della compagnia di Giugliano (Napoli) hanno eseguito 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di esponenti del clan camorristico “D'Alterio-Pianese”, operante a Qualiano e nei comuni limitrofi.

Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e di estorsione aggravati da finalità mafiose.
Durante le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, i militari dell’Arma hanno individuato i ruoli di ciascuno degli indagati e hanno documentato modalità e circostanze nelle quali il clan imponeva il pizzo a imprenditori e professionisti nella zona a Nord di Napoli. Otto dei 17 indagati coinvolti nel blitz dei carabinieri nel Napoletano sono già detenuti in carcere.

L'indagine, sottolinea il procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli, Filippo Beatrice, ha consentito di definire i ruoli di ciascuno degli indagati all'interno del sodalizio camorristico, sorto dai contrasti interni al clan Pianese e sfociati nell'omicidio del reggente, Nicola Pianese, avvenuto a Giugliano il 14 settembre 2006. Di qui la scissione in due gruppi contrapposti riconducibili a Bruno D'Alterio, per il clan D'Alterio-Pianese, e a Paride De Rosa per il clan De Rosa, quest'ultimo sodalizio già colpito nel giugno scorso con l'esecuzione di 19 misure cautelari.

Secondo Beatrice si è dimostrata anche la gestione in regime di monopolio del mercato degli stupefacenti da parte del sodalizio nel comprensorio di Qualiano, arrestando, nel corso delle investigazioni, due degli indagati e sequestrando oltre 50 dosi tra hashish, cocaina e marijuana.

Nel corso delle indagini sono state sequestrate armi che erano nella disponibilità del clan ed in particolare 8 pistole, 5 fucili (di cui due a canne mozze), una carabina da guerra, una pistola mitragliatrice, 5 machete, 3 scimitarre e due balestre, oltre a 200 tra cartucce e proiettili.
http://www.pupia.tv/

Camorra, arrestato il “cassiere” dei casalesi: sequestrati beni per 50 milioni


Caserta. I carabinieri del nucleo antifrodi di Roma hanno arrestato, martedì mattina, Mario Natale, di Casal di Principe, per intestazione fittizia di beni.


L'imprenditore, ex patron della squadra di calcio dell'Albanova, che negli anni '90 arrivò a disputare la serie C2, e già al centro di altre inchieste, è ritenuto affiliato al clan dei casalesi e indagato per associazione a delinquere di stampo camorristico.

Dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia è emerso che natale aveva intessuto un rapporto organico con alcuni importanti esponenti della fazione Schiavone, svolgendo mansioni di “postino” e “cassiere” e intestandosi e gestendo beni per conto del clan, tra cui una società operante nel settore del Bingo in una sala giochi a Santa Maria Capua Vetere.

Allo stesso tempo, i finanzieri del comando provinciale di Napoli hanno proceduto al sequestro preventivo di 55 terreni, 41 immobili, otto fabbricati commerciali, 16 automezzi, 15 quote societarie, 13 società e cinque ditte individuali, per un valore di circa 50 milioni di euro. Il provvedimento scaturisce da indagini svolte dal Gruppo investigativo criminalità organizzata della Guardia di Finanza di Napoli, a seguito delle quali è stato possibile dimostrare come l’ingente patrimonio riconducibile a Natale e al suo nucleo familiare fosse incompatibile con i redditi ufficialmente dichiarati.

http://www.pupia.tv/

Camorra, nuovo colpo al clan Bifone: 4 arresti

Caserta. Vasta operazione contro il clan camorristico dei Bifone, operante tra Portico di Caserta e Macerata Campania, condotta dai carabinieri della locale stazione.

In arresto sono finiti Alfredo Bifone, fratello dei boss Antonio e Nicola; Elpidio Giuseppe Bifone, figlio di Nicola e nipote di Antonio; Michele Buonpane e Francesco Castellari. Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di estorsione aggravata dal metodo mafioso. I Bifone sono inseriti nel più ampio sodalizio criminale del clan Belforte di Marcianise.

Il provvedimento, scaturito da indagini condotte dai carabinieri di Macerata Campania, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, arriva ad un anno di distanza da un’altra operazione che portò all’arresto dei vertici del clan. Ora sono stati colpiti gli ultimi esponenti del clan sul territorio, i quali, nonostante le ultime operazioni, avevano tentato di riorganizzarsi. Vittime almeno sette imprenditori, costretti, tra il 2009 e il 2013, a versare il pizzo nei “canonici” periodi di Natale, Pasqua e Ferragosto.

Eseguite numerose perquisizioni e sequestrato, a scopo preventivo, un terreno intestato fittiziamente ma facente parte, secondo gli inquirenti, del patrimonio del clan, frutto delle attività illecite compiute. Sequestro che si aggiunge agli altri compiuti lo scorso anno per un valore di circa 3 milioni di euro.
http://www.pupia.tv/

giovedì 13 novembre 2014

Colpo ai clan di Marano 'Polverino' e 'Nuvoletta' Sei persone in manette

Marano. L'operazione dei carabinieri: i sei arrestati
MARANO. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli e della Tenenza di Marano, nell’ambito di una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 6 esponenti dei clan Nuvoletta e Polverino, attivi prevalentemente nell’area di Marano di Napoli, Quarto e Calvizzano, ritenuti responsabili di detenzione e porto abusivo di armi comuni e da guerra e di detenzione di stupefacenti, aggravati dall’ingente quantitativo e da finalità mafiose. Gli arrestati nel blitz degli uomini dell'Arma, sono: Antonio Nuvoletta 29 anni, Filippo Nuvoletta 33 anni, Antonio Granata 37 anni, Fabio D'Agostino 28 anni, Carmine Vasto 24 anni e Filippo Nuvoletta 47 anni. Ai destinatari del provvedimento è riconducibile l’arsenale di armi, tra le quali Bazooka, Kalashnikov, fucili e bombe a mano, nonché un grosso quantitativo di hashish, rinvenuti dai Carabinieri il 16 maggio 2013, nascosti all’interno di fusti sotterrati in località Montesacro di Marano di Napoli. Stamane i carabinieri, a seguito di ulteriore perquisizione nell’area boschiva di Marano hanno rinvenuto e sequestrato 32 panetti di hashish, del peso complessivo di 7 kg, occultati all’interno di una borsa contenuta in un bidone seminterrato.


Gli arrestati sono:

D’AGOSTINO Fabio alias “Bimbo d’oro” nato a Napoli il 20.03.1986, 

GRANATA Antonio nato a Napoli il 01.12.1977;

NUVOLETTO Filippo alias o russo nato a Marano di Napoli (NA) il 21.01.1967

NUVOLETTA Filippo alias o cecato nato a Mugnano di Napoli il 14.03.1981

NUVOLETTO Antonio, nato a Mugnano di Napoli (NA), il 08.10.1985, residente a Marano di Napoli (NA) in via Vallesana nr. 82;

VASTO Carmine nato a Mugnano 2/11/90.
http://www.internapoli.it/