venerdì 30 agosto 2013

Le 'Pesche della legalità' dai terreni dei Nuvoletta

MARANO. Terreni che una volta ospitavano la latitanza di Totò Riina, appartenuti al clan dei Simeoli, una costola del clan Polverino - Nuvoletta, oggi producono pesche grazie all'impegno della Cooperativa sociale "Resistenza" che offre lavoro a giovani di Marano, Chiaiano, Secondigliano e Scampia, oltre a 20 minori sottoposti a misura cautelare della comunità "Don Peppe Diana" di Viale Colli Aminei. In tutto circa 300 persone impegnate. I terreni, sequestrati nel 1997 e confiscati nel 2001 sono stati affidati nel 2012, appunto, alla Cooperativa Sociale "Resistenza". A parlare è Ciro Corona che spiega: «Siamo orgogliosi di occuparci di queste terre a scopo sociale, dando la possibilità a chi è del luogo, ma anche ai ragazzi che stanno scontando pene alternative al carcere, insieme a tanti volontari provenienti da tutt'Italia. Se per i beni confiscati alla camorra è prevista la produttività non solo economica, ma anche sociale - ha aggiunto - allora era giusto che noi aprissimo "le porte" di questo bene confiscato per dare l'opportunità a gente del luogo di lavorare e di formarsi insieme a noi». Oltre ai ragazzi della Cooperativa sociale "Resistenza", sono giunti volontari da tutt'Italia, come i Boy Scout di Rimini: «Vogliamo scoprire questa realtà e andare a fondo sui veri problemi che ci sono su questo territorio ha spiegato Fabio Lucchi intervenendo ai microfoni di Repubblica TV - problemi che comunque troviamo anche a casa nostra a Rimini. dove da anni ormai si è diffuso il fenomeno delle mafie. Con noi qui sono arrivati anche ragazzi di 15 o 16 anni per cominciare a capire come affrontare queste problematiche».

Napoli, ancora sangue: ucciso con un colpo alla testa, è incubo faida a Secondigliano

Il delitto al Rione Berlingieri. «Alto Impatto» a Scampia. Rimosse le barriere delle cosche


Lo hanno freddato con alcuni colpi di pistola alla testa. Il corpo senza vita di Antonio Matuozzo, trentuno anni, è stato ritrovato ieri sera nel Rione Berlingieri, a Secondigliano, intorno alle 21.45, dopo una telefonata anonima al 112. 
Accanto al cadavere dell’uomo, nei giardinetti di via delle Dolomiti, c’era un motorino sul quale si presume stesse viaggiando. Suo fratello Carlo, 28 anni, è considerato dagli inquirenti vicino al clan della Vanella-Grassi. Nel pomeriggio, operazione «Alto impatto» a Scampia. Ma torna la paura della faida.
Era pronto a tornare a Napoli, già due giorni fa aveva acquistato un biglietto aereo sotto falso nome, ma non immaginava di avere già da oltre una settimana alle costole i poliziotti della Questura di Napoli che lo braccavano ormai da mesi.
Aveva trovato in Spagna, a Barcellona, il suo rifugio dorato Manuel Brunetti, pluripregiudicato napoletano che dopo aver mosso i primi passi di una carriera scellerata con il clan Contini era passato con i Ferrajuolo di Forcella, tentando più di recente di compiere addirittura il grande passo per «mettersi in proprio», formando cioè un autonomo gruppo criminale.
«’O Chicco», come si faceva chiamare negli ambienti delinquenziali del centro storico cittadino, era sparito nel nulla il 15 luglio scorso: da quando cioè la Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli aveva emesso un mandato di cattura per la condanna a 16 anni di reclusione per il reato di omicidio, detenzione e porto abusivo di armi.
Brunetti è ritenuto infatti l'esecutore materiale di un efferato omicidio datato gennaio 2009: quello in cui rimase ucciso Umberto Concilio, 28 anni, guardia particolare giurata. Un episodio gravissimo, ripreso peraltro dal sistema di videosorveglianza del Banco di Napoli di via dei Tribunali: immagini terribili, fotogrammi che dimostrarono la freddezza con la quale il killer, dopo aver tentato di derubare il vigilante della sua pistola di ordinanza, gli esplose contro numerosi colpi di pistola a bruciapelo alla testa e alle gambe.
E veniamo a ieri. Le manette per Brunetti sono scattate alla porta degli Arrivi Internazionali dell'aeroporto di Fiumicino. Qui, ad attenderlo, c'erano gli agenti della sezione Omicidi della Squadra mobile di Napoli con i colleghi dello Sco (il Servizio centrale operativo) e della Polizia di frontiera. Il latitante è stato individuato, proveniente da Barcellona, su un aereo giunto ieri mattina alle 10 nello scalo romano, e subito arrestato al momento del suo sbarco, dopo aver tentato di eludere l’intervento di polizia, confondendosi tra i passeggeri. Viaggiava in compagnia della moglie e del figlio.
Appena atterrato l'aereo, i primi a salire sul velivolo sono stati proprio i poliziotti in borghese. Dopo avere identificato Brunetti, senza dare nell'occhio, hanno aspettato che superasse il finger e lì gli hanno notificato l'ordine di custodia cautelare per la condanna a sedici anni. Al pregiudicato non è rimasto altro che porgere i polsi e lasciarsi ammanettare.
Ma come si è giunti alla cattura di Brunetti? Non è ancora chiaro.
La polizia ribadisce che sulle sue tracce si è giunti grazie a una brillante operazione di polizia giudiziaria, anche se non si può escludere che il latitante possa essere stato tradito da una telefonata intercettata con l'Italia mentre era ancora a Barcellona, se non addirittura da una «soffiata» giunta dagli ambienti criminali partenopei. Le indagini della polizia avrebbero consentito di accertare, nei mesi scorsi, la presenza in Spagna del giovane; e di acquisire la certezza di un suo imminente rientro in Italia, utilizzando false generalità e documenti contraffatti.
Il 26 ottobre del 2009 Brunetti era riuscito a evadere dal carcere dei minori di Airola, dov'era detenuto proprio in conseguenza dell'arresto per l'omicidio della guardia giurata.

mercoledì 28 agosto 2013

Arresti Mallardo, la fine di un Clan?

Giugliano. La condanna di Picardi e l'arresto di Michele "a' macchinetta" hanno definitivamente decapitato il clan Mallardo. Il cartello criminale che per vent'anni ha imposto pizzo e condizionato la vita dell'area nord non ha più nessun elemento di spicco in libertà.

L'unico ancora fuori. Ad essere ancora ricercato c'è solo Mauro Moraca scampato agli arresti di questi ultimi mesi accusato di associazione a delinquere è l'unico dei "Mallardo" a poter dire ancora la sua nei consessi criminali. Ora, però, ha il fiato sul collo delle forze dell'ordine e dopo il rocambolesco arresto via facebook di Di Nardo è lui l'uomo da prendere per la DDA. La lista degli arrestati è lunga tra i primi a finire in gabbia Peppe Dell'Aquila "o ciuccio" preso in una villa a Varcaturo, poi dopo di lui uno dopo l'altro tutti i ras: Biase o' Chiacchiarone, Feliciano o' Sfregiato, Patrizio Picardi preso a Baia, Francesco Napolitano,  Giuliano Amicone e Lello Mallardo "scichirocco".

Nuovi scenari. Quello che preoccupa i residenti e che ora dopo 20 anni di pax mallardiana il territorio se non presidiato con forza e costanza dalla Stato diventi teatro di nuovi scontri di camorra come successe agli inizi a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80 quando la guerra tra i Cutoliani e la Nuova Famiglia tinse di rosso sangue le strade della città. La preoccupazione più forte è la colonizzazione dei babyboss provenienti da Scampia che già hanno preso le vicine Melito e Mugnano e che si sono spinti sino a Marano con una scia di morte, terrore e droga. Oppure potrebbero essere proprio le vecchie leve superstiti fedeli al professore di "Vesuviano" a scendere di nuovo in piazza per far valere rivendicazioni assopite da anni di galera e agguati scampati. Insomma se da un lato i giuglianesi gioiscono per la fine di un clan che da anni decideva vita e morte di questo territorio dall'altro, come è sempre successo in passato, temono l'inizio di una faida. 

Perseguita una donna per 2 anni, arrestato per stalking

Il 39enne di Sant'Antimo fermato a Melito dai carabinieri mentre pedinava una 39enne di Giugliano: l'uomo rinchiuso a Poggioreale.

MELITO. A Melito i carabinieri della locale tenenza hanno tratto in arresto un 39enne di Sant’Antimo già noto alle forze dell'ordine resosi responsabile di stalking. L'uomo e’ stato sorpreso in via Salvatore Di Giacomo mentre pedinava una 48enne di Giugliano e alla vista dei militari dell’arma (che erano stati chiamati dalla signora) si e’ dato a precipitosa fuga a bordo della sua utilitaria venendo comunque raggiunto e bloccato. E' stato accertato che l’uomo, corteggiatore rifiutato, dal dicembre 2011 aveva messo in atto una serie di comportamenti persecutori con pedinamenti e controlli degli spostamenti e con comunicazioni e molestie telefoniche, ingenerando nella donna uno stato di ansia e paura che avevano compromesso lo svolgimento della quotidianità. L’arrestato è stato tradotto nella casa circondariale di Poggioreale.

Rifiuti interrati, appello di Don Patriciello al pentito Schiavone

NAPOLI. “Esci dal generico. Dicci chiaramente dove, in quale contrada, in quale terreno, in quale sito sono stati sversati i veleni che stanno portando a morte la nostra gente, i nostri giovani, i nostri figli. Sai che un popolo numeroso e impaurito lotta ogni giorno per arrivare a qualche soluzione. Oso chiederti di aggiungerti a noi. Vieni anche tu con noi”.
E' appello lanciato su Facebook da padre Maurizio Patriciello, il sacerdote “anti roghi” di Caivano (Napoli), in una lunga lettera indirizzata al boss pentito dei Casalesi, Carmine Schiavone. In un'intervista andata in onda su Sky, Schiavone ha raccontato dell'avvelenamento, con i rifiuti provenienti da ogni angolo di Italia ma anche dall'estero, delle terre della Campania.
“Il pane macchiato dal sangue che gli innocenti della catastrofe ambientale stanno versando – ha aggiunto don Patriciello – è indigesto. E' pane che non sazia. Pane avvelenato. Pane velenoso”. “E' giunta l'ora – scrive don Patriciello - che si facciano avanti tutti coloro che hanno avvelenato, o permesso di avvelenare, le nostre campagne. E' giunta l'ora del coraggio e della verità. Aiutaci anche tu a svergognare questi loschi figuri”.
Il sacerdote del Parco Verde di Caivano non ha perso la speranza: “Mafia e mafiosi, camorra e camorristi – scrive – possono essere e di fatto saranno distrutti. Il male non ha l'ultima parola. L'ultima parola l'avrà solamente il bene. A trionfare sarà l'amore, non la cattiveria. Sempre e dappertutto, anche in Campania. Ma questo avverrà quando sapremo, noi campani e chi i campani ha comprato per una manciata (potrà essere anche un autotreno, è la stessa cosa) di monete. Quei soldi, lo hai visto, bruciano più del fuoco”.
Un impegno contro il “male” che deve vedere tutti in prima linea perché, ha concluso don Patriciello, “i nostri figli non abbiamo a maledirci”.