giovedì 28 febbraio 2013

Strage di San Martino: 11 ergastoli


Ergastolo per i killer della “strage di San Martino”, l’agguato messo a segno in corso Ponticelli la sera dell’11 novembre 1989. Una carneficina in cui la camorra fece fuori sei avventori di un bar, di cui quattro innocenti. Carcere a vita, dunque, per undici persone, mentre alle altre sei, nel frattempo divenute collaboratori di giustizia, sono state commutate pene tra i 16 e i 18 anni di reclusione. Sicari e mandanti furono arrestati nel gennaio 2011.
I CONDANNATI – La sentenza è stata emessa oggi dalla terza sezione della Corte d’Assise, presieduta da Carlo Spagna, che ha accolto quasi in toto le richieste del pm Vincenzo D’Onofrio. L’ergastolo è stato inflitto a Pacifico Esposito, Luigi Piscopo, i fratelli Antonio, Ciro e Giuseppe Sarno, Roberto Schisa, i fratelli Ciro, Gennaro e Giovanni Aprea, Vincenzo Acanfora e Gaetano Caprio. I condannati dovranno versare inoltre una provvisionale di centomila euro a ciascuna parte civile. 
LA PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA – Per rimarcare la totale estraneità delle quattro vittime innocenti agli ambienti criminali, la Corte d’Assise ha disposto che un estratto della sentenza, a spese degli imputati, sia pubblicato sul quotidiano Il Mattino, mentre l’intero dispositivo sarà pubblicato sul sito del ministero della Giustizia e su quello della rivista online Iustitia. 
LA STRAGE – L’agguato, avvenuto in corso Ponticelli la sera dell’11 novembre 1989, davanti al bar Sayonara, fu deciso dal clan camorristico dei Sarno e attuato da affiliati al clan Aprea per colpire il gruppo rivale capeggiato dal boss Andrea Andreotti. L’obiettivo dei killer erano Antonio Borrelli e Vincenzo Meo, ma assieme a loro furono uccisi anche Gaetano De Cicco, Domenico Guarracino, Salvatore Benaglia e Gaetano Di Nocera, che si trovavano accanto a loro ai tavolini del bar.
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giovedì 21 febbraio 2013

Qualiano, clan Pianese: si pente Vincenzo Di Maro


QUALIANO. C'è un nuovo pentito nella mala qualianese. La notizia è stata resa nota ieri, durante l'udienza tenutasi nella sala bunker “Ticino 1” del carcere di Poggioreale. Si tratta di Vincenzo Di Maro che ha reso testimonianze nel processo sugli affari illeciti del clan Pianese di Qualiano. La procura, dunque, da oggi può contare anche sulla collaborazione di Di Maro che si aggiunge a quelle di Bruno D'Alterio, il fratello di Raffaella D'Alterio moglie del defunto boss, e dei fratelli Vito e Vincenzo Guadagno. Grazie alle dichiarazioni dei pentiti, si potrà fare chiarezza sulle attività che il clan aveva messo in piedi negli ultimi anni e sui delitti trasversali che hanno visto protagonisti il gruppo dei Pianese – D'Alterio da un lato e quello dei De Rosa dall'altro lato. C'è attesa anche per capire le mosse degli altri imputati dopo il pentimento dei collaboratori di giustizia.
La tappa processuale di ieri, è stata caratterizzata dal deposito al Gup delle dichiarazioni di Vito Guadagno e di Vincenzo Di Maro i quali hanno parlato dell'imputato 33enne di Marano Giuseppe De Fenza, affermando di non conoscerlo. L'udienza è stata ggiornata alla prossima settimana. Quella di ieri è stata la prima tappa di un processo con rito abbreviato che vede protagonisti oltre 50 tra capi e gregari della cosca, tutti, a vario titolo, accusati di associazione mafiosa, estorzione aggravata dall'articolo 7, e altri reati. Tra i 51 indagati troviamo Francesco Astuccia (36 anni di Qualiano), Zacaria Bara (36 anni di Qualiano), Salvatore Campanile (56 anni di Marano), Raffaele Campochiaro (40 anni di Piscinola), Biagio Cante (31 anni di Villaricca), Domenico Cante (31 anni di Villaricca), Agostino Ciccarelli (38 anni di Giugliano), Angelo Conte (28 di Qualiano), Maria Coppola (34 di Qualiano), Giovanni Correale (26 anni di Qualiano), Antonio D’Alterio (27 anni di Qualiano), Bruno D’Alterio (60 anni di Qualiano), Bruno D’Alterio (40 anni di Qualiano), Domenico D’Alterio (43 anni di Qualiano), Raffaella D’Alterio (50 anni di Qualiano), Giuseppe De Cario (33 anni di Qualiano), Giuseppe De Fenza (33 anni di Marano), Ciro De Meo (46 anni di Qualiano), Paride De Rosa (47 anni di Mugnano), Salvatore Di Marino (46 anni di Mugnano), Vincenzo Di Maro (23 anni di Qualiano), Salvatore di Palma (44 anni di Qualiano), Francesco Esposito (34 anni di Villaricca), Salvatore Ferrara (36 anni di Qualiano), Immacolato Fiorillo (46 anni di Qualiano), Alfonso Formisano (32 anni di Scampia), Vincenzo Guadagno (32 anni di Villaricca), Vito Guadagno (37enne di Villaricca), Fortuna Iovinelli (46 anni di Villaricca), Paolo Iovinelli (47 anni di Qualiano), Luigi Iuffredo (27 anni di Qualiano), Maurizio Lanna (46 anni di Giugliano), Luigi Mallardo (49 anni di Villaricca), Filippo Mastrantuono (27enne di Qualiano), Agostino Migliaccio (56enne di Qualiano), Anna Miraglia (41enne di Qualiano), Luigi Murolo (27 anni di Villaricca), Sergio Palumbo (52enne di Qualiano), Angelo Passarelli (38enne di Qualiano), Nicola Perillo (35enne di Qualiano), Costanza Pianese (30enne di Qualiano), Diego Pianese (55enne di Qualiano), Nicola Raffaele Pianese (23enne di Qualiano), Ramon Pizzo (29enne di Qualiano), Luigi Poerio (44 anni di Qualiano), Giuliano Quaranta (52enne di Milano), Domenico Russo (41enne di Giugliano), Giuseppe Scoglio (40enne del Rione Alto), Massimo Scoglio (37enne del Rione Alto) e Gerardo Strazzulli (41enne di Villaricca). A dicembre la prossima udienza che vedrà in aula gli imputati. Il collegio difensivo è composta, tra gli altri, dagli avvocati Pasquale Pianese, Pietro Ciccarelli, Michele Giametta, Pasquale Russo ed Emilio Martino.
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Sant'Antimo. «Eroina dei poveri»: 4 pusher arrestati

SANT'ANTIMO. I carabinieri della tenenza di Sant'Antimo sono intervenuti in piazza Santo Spirito, una zona frequentata da spacciatori e assuntori di stupefacenti, nel corso di un servizio antidroga ed hanno tratto in arresto due persone che spacciavano il micidiale kobrett, eroina di scarto, l’eroina meno pura in assoluto e dal prezzo più basso, un prodotto intermedio di lavorazione che si ottiene saltando la fase di acetificazione che trasforma l’eroina base in eroina cloridrato. In manette sono finiti Alessandro Chianese di 38 anni, residente in via Enrico De Nicola, già noto alle forze dell'ordine per omicidio, detenzione e porto d’armi, furto, contrabbando e rapina e Benedetto Marzocchella, 32enne, residente in via Giordano Bruno, già noto alle forze dell'ordine per detenzione e porto d’armi, rapina e spaccio di stupefacenti. I due sono stati sorpresi mentre spacciavano passando dosi a vari acquirenti e nel corso di perquisizioni personali sono stati trovati in possesso di quattro dosi di kobrett e 50 euro in contante (addosso a Chianese) e di due dosi di kobrett e 30 euro in banconote (addosso a Marzocchella). Anche a Caivano i carqabinieri hanno messo a segno un'altra operazione contro la micidiale droga arrestando in flagranza Gennaro Oliviero 19enne, residente nel “Parco Verde” e Alfonso De Rosa 30 anni, residente nel Rione Iacp, entrambi già noti alle forze dell'ordine. Nel corso di un servizio antidroga nel “Parco Verde”, i militari dell’Arma hanno notato Oliviero spacciare droga a due acquirenti mentre De Rosa gli faceva da vedetta e sono intervenuti immediatamente bloccando i due pusher e gli acquirenti che avevano appena acquistato due dosi di kobret. Gli arrestati sono stai tradotti nella casa circondariale di Poggioreale.
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Clan Mallardo: voto di scambio alle elezioni


GIUGLIANO. Avrebbero operato per il voto di scambio alle elezioni provinciali di Napoli nel 2009. E' una delle accuse emerse dopo le indagini dei carabinieri del Noe di Roma sul clan Mallardo, che hanno portato all'arresto di nove persone a Giugliano. Secondo l'ordinanza, in un'intercettazione del 9 giugno 2009, due giorni dopo le elezioni provinciali di Napoli, il capo del gruppo Domenico Pirozzi parlando al telefono col nipote, «lascia sottendere che il clan si sia adoperato affinche' un preciso politico potesse essere favorito nella propria corsa elettorale attraverso il controllo e l'indirizzo dei voti. E' ovvio che l'inserimento di un politico vicino alla organizzazione criminale negli enti istituzionali garantirebbe un sicuro accesso alle attivita' di infiltrazione del sodalizio». Per il giudice «si comprende come il Pirozzi sia il punto di riferimento dei soggetti che chiedono piccoli favori economici, strumento di base della gestione la compravendita di voti con il controllo delle bande criminali». Dalle indagini dei carabinieri, guidati dal capitano Pietro Rajola Pescarini, e' emerso che Pirozzi e i suoi erano anche responsabili di rapine, col ''buco'' o passando dalle condotte fognarie. Il 10 agosto 2009 il colpo e' andato a segno all'Unicredit di Villaricca, nel Napoletano: due erano nell'istituto, sei sono sbucati armati dal pavimento, uno con la maschera antigas. In nove avevano preparato lo scavo, per un bottino 35 mila euro. Il 13 ottobre, invece, una rapina al caveau dell'Unicredit e il 30 alla stessa banca di Napoli. Poi al portavalori con l'incasso del centro commerciale Auchan. Due carabinieri indagati per corruzione, sono stati coinvolti per chiudere un occhio con il figlio del capo, fermato a guidare senza patente varie volte. Niente multa e sequestro in cambio di regali. 

Le accuse. Voto di scambio, rapine, estorsioni e anche spaccio di droga. Tutto deciso in una agenzia immobiliare, quartier generale dei camorristi del clan Mallardo, a Giugliano, nel Napoletano. E' ''una piovra dai mille tentacoli'' quella emersa dalle indagini dei carabinieri del Noe di Roma, coordinati dal colonnello Sergio De Caprio, il 'capitano Ultimo'. Sono nove le persone arrestate, mentre due carabinieri del Nucleo radiomobile di Giugliano sono indagati per corruzione. A finire sotto sequestro e' stata l'agenzia immobiliare Sab, la societa' Gruppo Citri. I fatti contestati riguardano il 2009. Il capo del gruppo e' ritenuto Domenico Pirozzi, detto 'Mimi' 'o pesante'. Lo dimostrerebbero le intercettazioni tra i vari complici e lo confermerebbero anche diversi pentiti che hanno descritto agli investigatori il ruolo di Pirozzi. Secondo l'ordinanza firmata dal gip del tribunale di Napoli, Anita Polito, richiesta dai pm Giovanni Conzo e Maria Cristina Ribera della Dna partenopea, era Pirozzi il punto di riferimento per pianificare gli assalti in banca e alle poste, progettare lo scavo dei tunnel sotterranei per l'irruzione nei caveau, gestire i conti della cellula criminale col cassiere-contabile che li custodiva nella cassaforte di casa sua. E anche per cercare di infiltrare la politica, assicurando voti in cambio di favori. In casa di uno degli arrestati sono stati trovati e sequestrati una pistola calibro 21 con sei colpi e 14mila euro in contanti.
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lunedì 11 febbraio 2013

Estorsioni, 4 arresti contro clan dei casalesi: c’e’ anche soldatessa

CASERTA. I carabinieri di Aversa hanno notificato quattro provvedimenti restrittivi nei confronti di estorsori legati al gruppo Bidognetti del clan dei casalesi. 

L'indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha consentito di ricostruire i ruoli e le condotte dei singoli indagati nella riscossione del "pizzo" ai danni di un imprenditore edile di Parete (Caserta), nel casertano, nel 2008.
La vittima degli estorsori aveva costruito un complesso immobiliare a Parete di 20 appartamenti e una villetta; su questi lavori il gruppo, in cui aveva una parte di primo piano una volontaria dell'Esercito italiano congedata dopo un suo primo arresto, Laura Titta, 26 anni, aveva chiesto una tangente da 20mila euro.
La donna, già accusata di aver favorito la latitanza di Emilio Di Caterino, all'epoca dei fatti era fidanzata con Giovanni Mola, affiliato dei Casalesi poi pentito. Proprio durante un colloquio in carcere con questi, Titta aveva ricevuto un "pizzino" che la incaricava insieme Bartolomeo Vitiello di portare a termine l'estorsione prima di Natale.
Intercettazioni ambientali e telefoniche, oltre alle dichiarazioni dei pentiti, hanno permesso di documentare due episodi estorsivi per i quali il gip di Napoli ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere per Titta, Vitiello, Lorenzo Griffo e Metello Di Bona.
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Napoli. Controlli sulle RC auto. l'intestatario era Michael Jackson


NAPOLI - La realtà supera sempre la fantasia. E così capita che una pattuglia della polizia stradale di Nola, agli ordini del comandante Sabato Arvonio, si imbatte durante i controlli sulla 7 bis, predisposti dal dirigente Maurizio Casamassima, in due autovetture con polizze false. Quando gli agenti hanno controllato le polizze contraffatte di una nota società italiana on line hanno scoperto il «pezzotto»: la donna forniva un certificato assicurativo la cui firma del direttore generale era quella del leggendario James Brown. 

Gli agenti hanno approfondito l'accertamento appurando che il veicolo non era assicurato: la donna veniva denunciata alla Procura mentre l'auto e il certificato assicurativo venivano sequestrati. Altrettanto stupore alla seconda polizza fasulla: un giovane disoccupato esibiva una polizza a firma del compianto Michael Jackson.

Anche in questo caso, gli agenti denunciavano il proprietario dell'auto residente a Nola, con relativo sequestro del veicolo e della polizza e una multa di 821 euro, mentre si cerca di risalire a quella che sembra una vera e propria organizzazione. 

Nei giorni scorsi, inoltre, fermati due pregiudicati (un uomo e una donna) senza patente di guida. L'uomo ha riferito di non aver superato mai l'esame, la donna invece ha imparato da sola per poter andare dal marito in carcere: le vetture sono state sequestrate. Durante l'operazione sequestrate altre 15 auto. Per finire maxi sanzione al titolare di un'officina che non aveva smaltito oltre 200 pneumatici.

Nello Lauro
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Sant’Antimo: primo memorial Giuseppe D’Agostino

SANT'ANTIMO. Parte lunedì 11 febbraio alle ore 15 il Primo Memorial dedicato a Peppe D’Agostino, il professore prematuramente scomparso nel maggio scorso per una malattia che in poco più di un mese ne consumò le enormi energie e la grande voglia di vivere. Una volontà ed un attaccamento ai valori sani dello sport che lui stesso cercava, col suo esempio, di inculcare ai ragazzi, compresi quelli che non erano suoi alunni diretti. Il torneo, fortemente voluto dagli studenti e dai colleghi che ancora lo rimpiangono, coinvolge quest’anno quasi tutte le classi dell’istituto, recentemente intitolato a Laura Bassi, prima fisica italiana ad avere una cattedra all’Università di Bologna, ma voci di corridoio mormorano già di un prossimo evento che coinvolgerà tutte le scuole del giuglianese e dell’area frattese. Quest’anno il torneo, che terminerà il 13 maggio, ad un anno dalla sua scomparsa, si terrà sui campi del Centro Sportivo di Sant’Antimo ed ha avuto il patrocinio morale del Comune col sindaco Piemonte e la funzionaria Meles. Giuseppe D’Agostino, già calciatore della Casertana dei tempi d’oro e del Giugliano che raggiunse la serie D negli anni ’70, era laureato in Scienze Motorie e ‘masseur’ di professione ed era il confidente buono di chi voleva un consiglio all’interno del liceo. Attento, preciso, salutista ad oltranza, disponibile con tutti, aveva il classico fisico del calciatore, alto, ben messo ed intelligente con la palla al piede. Quando, tra colleghi, facevamo qualche partita era sempre il primo a capire dove sarebbe finita la palla e dove andarla a prendere per poi giocarla e magari piazzarla nell’angolo più lontano, dove il portiere non sarebbe mai potuto arrivare. Peppe era un ‘drago’ del pallone, si vedeva che aveva giocato ad alti livelli e a noi, poveri comuni mortali, non restava che ammirarlo. Da insegnante stava dando tutto, sia umanamente che professionalmente ma all’improvviso ci ha lasciati costernati e frastornati senza che riuscissimo a capire ‘perché’. Questa serie di gare sono la minima parte di quanto alunni e professori avrebbero voluto fare per ricordarne la memoria, affinchè il suo ricordo resti sempre vivo nei cuori di chi lo ha conosciuto e lo ha frequentato. Perché, tra una lezione ed un’altra, tra la didattica e la crescita di ragazzi che affrontano la loro età più difficile, l’adolescenza, c’è una cosa che non bisogna mai dimenticare e che lo stesso Peppe aveva sempre in testa. La scuola è la vera palestra, per dirla in termini sportivi, della nostra vita ed ha un ruolo fondamentale nella crescita di tutti noi.
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giovedì 7 febbraio 2013

Proiettile per il parroco anticamorra «I clan vogliono il degrado, così comprano voti a 50 euro»

di Marco Di Caterino
La camorra minaccia ancora il parroco del rione Salicelle di Afragola. E' la seconda volta in pochi mesi: qualcuno ha lasciato un proiettile calibro 9 nel cortile della chiesa dove svolge la sua attività pastorale don Ciro Nazzaro. «A fine mese inaugureremo il centro polifunzionale con ambulatori, parafarmacia e servizio di baby sitting - dice il sacerdote – ma alla criminalità organizzata non va bene l'attuale fase di riqualificazione del rione, che farebbe uscire dall’isolamento e dal degrado oltre 6mila persone. Le cosche vogliono che il territorio resti una sorta di discarica umana, condizione più semplice per controllare i residenti. E anche per indirizzare i voti, comprati con una spesa in generi alimentari di appena cinquanta euro». Sull’episodio indagano i carabinieri della locale caserma.
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Sant'Antimo: fiamme al V piano del municipio


SANT'ANTIMO. Prima un boato, poi le fiamme che si sono sprigionate per alcuni minuti e che sono state spente grazie al rapido intervento di alcuni dipendenti comunali con l’ausilio degli estintori. Sono stati attimi di paura ieri mattina al quinto piano del Comune di Sant’Antimo dove, all’altezza del quadro elettrico posizionato vicino all’ascensore coperto da una porticina, si è sprigionato un piccolo incendio. Erano circa le 12 quando, mentre il sindaco Francesco Piemonte era in riunione proprio al quinto piano nella sala giunta con i suoi assessori, è stato udito uno scoppio proveniente proprio dalla cabina elettrica. Poi c’è stata una fiammata che ha coinvolto sia il quinto che il quarto piano annerendo le pareti. Dopo pochi secondi si è diffusa nella casa comunale una puzza di bruciato. Immediatamente sono accorsi alcuni dipendenti che, con estintori alla mano, hanno spento l’incendio. Altri hanno chiamato i vigili del fuoco e i militari dell’Arma della locale stazione che hanno avviato tutti gli accertamenti del caso. Al momento non è esclusa nessuna pista, da quella del corto circuito a quella del dolo. Sarebbero state trovate tracce di liquido infiammabile sul posto. Se fosse così sarebbe stata confermata l’origine dolosa dell’incendio. La casa comunale è dotata di un sistema di videosorveglianza. Bisogna vedere se le telecamere siano puntate sul luogo del rogo dove sono stati trovati alcune carte di giornali arrotolati a terra. Forse sono stati usati per appiccare l’incendio. Saranno comunque i carabinieri nei prossimi giorni ad accertare cosa sia successo. Il sindaco Francesco Piemonte e i componenti della giunta si sono accorti solo dopo pochi minuti di ciò che era accaduto. Sono stati avvertiti da un dipendente, poi quando sono usciti dalla stanza hanno visto la parete annerita. “Eravamo in giunta e inizialmente non ci siamo accorti di niente - afferma Rosa Di Biase, assessore alla Solidarietà, Integrazione sociali e Politiche lavorative - poi abbiamo udito il trambusto, siamo usciti e abbiamo visto le pareti innerite. Fortunatamente nessuno si è fatto male. Sono comunque stati attimi concitati, subito sono arrivati sul posto i vigili del fuoco e i carabinieri. Speriamo si tratti di un semplice incidente che non ci sia dietro il rogo la mano di nessuno”, conclude l’assessore. Dopo aver coordinato le operazioni i componenti dell’esecutivo sono tornati in riunione.
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Clan Ferrara

di Maurizio Cerino

VILLARICCA - Un clan del secolo scorso. Che veniva considerato dormiente sia per la flessione dei «fatti di sangue», sia per il clima intimidatorio creato nella cittadina. Ma anche per il «profilo basso» che mantenevano gli affiliati, dai vertici all'ultimo dei «guagliuni». 

Basti pensare che il boss, Domenico Ferrara, a Villaricca non lo vedevano in strada da trenta anni E invece la cosca dei Ferrara-Cacciapuoti si è rivelata essere quantomai vitale. Soprattutto molto operativa, considerato che, negli ultimi anni il capo indiscusso, Domenico Ferrara, conosciuto meglio come «'o muccuso», affiancato, con pari dignità, dal cognato, Luigi Cacciapuoti, aveva esteso i propri interessi al più proficuo settore del traffico di stupefacenti, senza tralasciare appalti, usura e racket. 

Ieri, al termine di indagini lunghe quanto complesse, i carabinieri della seconda sezione del nucleo investigativo del comando provinciale, coordinati dal capitano Giampaolo Brasili, con i colleghi della compagnia di Giugliano, con il capitano Francesco Piroddi, hanno notificato una ordinanza di custodia cautelare in carcere a nove componenti del clan. L'inchiesta nelle sue battute finali si è rivelata estenuante per riuscire a localizzare e quindi arrestare Domenico Ferrara: i militari lo hanno trovato in un palazzone anonimo nelle immediate prossimità di casa sua.

Tutto il lavoro investigativo si poggia sulle dichiarazioni di un corposo numero di collaboratori di giustizia. Ventotto per l'esattezza, per ognuno dei quali il gip delegato ha tracciato i profili criminali, stabilendone l'attendibilità sulla base delle sentenze di condanna che, ciascuno per la propria parte di «confessioni» è riuscito a ottenere. Pentiti di grande spessore criminale: spicca fra tutti Carmine Alfieri, con un «attivo sentenze», ai collaboratori dell'ultim'ora, che nel pedigree contano solo un verdetto, ma non per questo meno importanti dei blasonati boss.

Sono in carcere, su disposizione del gip Alessandro Buccino Grimaldi: Luigi Cacciapuoti, 54 anni; Luigi Ciccarelli, 52 anni; Domenico Ferrara, 56 anni; Francesco Ferrara, 45 anni; Vittorio Maglione, 45 anni; Francesco Maglione, 53 anni; Pietro Montella, 48 anni, tutti di Villaricca; Domenico Ciccarelli, Mugnano, 41 anni e Claudio Miraglia, di Giugliano, 50 anni. 

Secondo quanto hanno vagliato i pm Alessandro Pennasilico, oggi procuratore capo a Torre Annunziata, e Cristina Ribera, dai racconti dei pentiti esce uno spaccato preciso della cosca: ciascuno degli affiliati, al di là dei due capi, ha un ruolo preciso. Per fare un esempio i pentiti hanno affermato che «Vittorio e Francesco Maglione sono due dei responsabili della droga, hashish e cocaina in particolare, insieme con Luigi Ciccarelli, insospettabile esperto anche in cavalli di ritorno e rapine. Ma – proseguono le dichiarazioni di correità - si tratta di bracci operativi. Della gestione della droga, dietro di loro, quali quotisti di puntate, vi sono sempre Domenico Ferrara e Luigi Cacciapuoti, ovvero i capi del clan».

Ed ecco i meccanismi del narcotraffico. Lo spiega un pentito, un tempo affiliato al clan di Villaricca, settore droga, per l’appunto. 

«Si tratta di un finanziamento indiretto, un vero e proprio sistema a circuito chiuso. Tutti i grossi commercianti, legati da vincoli parentali o economici ad esponenti del clan Ferrara-Cacciapuoti, corrispondono somme , spesso fondi al nero, e le consegnano ad un personaggio, persona con una particolare posizione nel clan e che, quindi, gode di rispetto e di prestigio sul territorio. Spesso si tratta di Claudio Marsiglia, ben inserito nell’importazione di hashish dalla Spagna. Viene raccolta la somma che ammonta ogni volta a più di un milione di euro; si organizza il viaggio, di solito uno ogni tre mesi, talvolta anche prima se si hanno i soldi. Arrivato il carico, gli addetti allo smistamento si preoccupano di distribuirlo a coloro che cureranno lo spaccio al minuto sul territorio; a volte il carico è già tutto prenotato, altre ne residuano 40-50 chili: in questo caso la droga va in un deposito: Marsiglia spesso ha scaricato l’hashish proprio nei pressi della nuova caserma dei carabinieri di Villaricca, dove una volta i militarono sequestrarono 50 chili, o a Città Mercato. 

Questa droga è «l’appoggio» che viene pagato e ci si serve di insospettabili, quali persone anziane o disoccupati incensurati cui si corrisponde una somma di circa trecento euro a settimana».
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I Ferrara - Cacciapuoti e il vincolo di sangue
VILLARICCA. Il clan camorristico Ferrara – Cacciapuoti a Villaricca era, fino ad ieri, guidato da Domenico Ferrara, detto o ‘muccuso, e dal cognato Luici Cacciapuoti. Un’organizzazione malavitosa basata sul vincolo di sangue. Sono pochissimi gli affiliati appartenenti a questa cosca che non hanno vincoli parentali. Il blitz di ieri è il finale di un indagini durata nel tempo e messa in atto grazie alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, che hanno consentito di accertare l’esistenza di un solido sistema di gestione del traffico di sostanze stupefacenti con il meccanismo delle cosiddette “puntate” per l’acquisto dei quantitativi di droga dalla Spagna. Soldi che poi venivano investiti in attività commerciali e nelle costruzioni. Il complesso dell’attività investigativa ha consentito di tracciare l’organigramma del gruppo investigato. 

La cosca Ferrara Cacciapuoti Al vertice vi sono Domenico Ferrara - l’individuazione e l’arresto del quale è avvenuto grazie agli stringenti controlli svolti dai carabinieri al fine della esecuzione della misura cautelare e Luigi Cacciapuoti, che risultano, pertanto, avere funzione di organizzatori e capi dell’ organizzazione; vi è poi un gruppo dei cosiddetti personaggi composto, quanto meno, da Francesco Ferrara (cuginodel capo clan Domenico Ferrara), Filippo Cacciapuoti (fratello dell’altro capo clan Luigi Cacciapuoti), i fratelli Vittorio e Francesco Maglione, nonché Domenico Ciccarelli, i quali risultano aver costituito il principale anello di congiunzione tra gli affiliati ed i vertici del gruppo. Vittorio Maglione e Claudio Miraglia risultano poi aver gestito, per conto del clan, traffici di sostanze stupefacenti, avvalendosi di numerosi altri affilati, quali Luigi Ciccarelli, ed altri fiancheggiatori. 

Le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli hanno fatto luce sui saldi legami della cosca a livello politico ed amministrativo. «Il clan dominava in maniera incontrastata nel Comune di Villaricca, all’uopo usufruendo di saldi legami a livello politico ed amministrativo ed agendo in particolare nei settori della esecuzione di capillari azioni di matrice estorsiva in danno dei soggetti produttivi operanti nel territorio di riferimento (anche sotto la forma del cd. cambio assegni, ossia della imposizione della immediata monetizzazione di titoli di credito di riscossione futura ed incerta), del reimpiego nell’attività edilizia (in ogni caso sottoposta nell’indicato Comune al rigido ed esclusivo controllo da parte degli esponenti di vertice del medesimo gruppo Ferrara - Cacciapuoti) ovvero in altre iniziative economiche lecite (quali la gestione di concessionarie di autoveicoli, di strutture ricettive, di distributori di carburanti e di lavanderie industriali), segnatamente a mezzo di prestanome, dei proventi derivanti dalle condotte precipuamente criminose poste in essere dagli affiliati a tale gruppo, della perpetrazione di azioni usurarie, del maneggio di armi da sparo anche da guerra e - a partire dai primi anni di questo secolo - del traffico di sostanze stupefacenti” scrivono i magistrati nel provvedimento». 

Capi e gregari incastrati da 28 pentiti Ventotto collaboratori di giustizia di dieci clan diversi. Ex capi e gregari delle organizzazioni malavitose di Napoli e provincia e di Caserta che negli anni hanno ricostruito l’organizzazione criminale che opera su Villaricca e su Marano. Si tratta di Carmine Alfieri, ex capoclan; Massimo Amatrudi (Casalesi); Domenico Bidognetti (Casalesi); Pasquale Cervetta (Nuvoletta); Giovanni Chianese (Pianese-De Rosa); Fiore D’Avino (Alfieri); Dario De Simone (Casalesi); Alfonso Diana (Casalesi); Luigi Diana (Casalesi); Biagio Di Lanno (Polverino); Angelo Ferrara (Moccia); Angeloantonio Ferrara (Casalesi); Raffaele Ferrara (Casalesi); Tommaso Froncillo (Mallardo); Pasquale Galasso (Alfieri); Luigi Guida (Casalesi); Salvatore Izzo (Polverino); Salvatore Laiso (Casalesi); Salvatore Lo Russo (Lo Russo); Giovanni Mola (Casalesi); Andrea Parolisi (Scissionisti di Secondigliano); Roberto Perrone (Polverino); Giovanni Piana (Scissionisti di Secondigliano); Maurizio Prestieri (Scissionisti di Secondigliano); Carmine Schiavone (Casalesi); Luigi Sequino (Casalesi); Salvatore Speranza (clan Nappo di Qualiano) e Domenico Verde (Polverino). I ventotto collaboratori di giustizia hanno riferito sull’esistenza e l’operatività del clan FerraraCacciapuoti di Villaricca.
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