domenica 21 ottobre 2012

Faida Scampia/ Ucciso 30enne incensurato

NAPOLI - Un incensurato di 30 anni, Pasquale Romano, originario di Cardito è stato ucciso in un agguato a Napoli. Il cadavere dell'uomo è stato ritrovato in piazza Marianella, nell'omonimo quartiere. Stando alle prime notizie, Romano era alla guida della sua auto quando è stato avvicinato dai killer che gli hanno sparato contro diversi colpi di arma da fuoco. Sull'episodio indagano i carabinieri della stazione Vomero.

Sono quattordici i colpi sparati contro Romano che era alla guida di una Renault Clio: per terra i carabinieri hanno ritrovato sette bossoli. Le modalità dell'agguato sembrano essere tipiche di una esecuzione di camorra: Romano è morto sul colpo. L'agguato è avvenuto a piazza Marianella, tra Chiaiano e Scampia, nei quartieri dove è riesplosa la faida di camorra e poco distante da dove solo poche sere fa, nella notte tra l'8 e il 9 ottobre, è stato ucciso con le stesse modalità il 27enne Mario Perrotta che aveva parcheggiato la sua auto in un garage della piazza. I carabinieri indagano per scoprire eventuali legami tra l'uomo, che risulta essere incensurato, e la criminalità locale.

Ucciso per errore, fidanzata sotto choc «Sparavano all’impazzata, l’hanno ammazzato per niente»

di Daniela De Crescenzo
NAPOLI - «Lino era appena sceso quando abbiamo sentito gli spari. Tre, quattro rimbombi. Rosanna immediatamente ha provato a chiamarlo sul cellulare, ma lui non rispondeva. Mi sono precipitata per le scale. E ho sentito gli altri botti, quanti non lo so. Rosanna era alle mie spalle, ho aperto il portone e visto il ragazzo riverso tra l’auto e il selciato. Mi sono girata, ho cercato di bloccare mia figlia per non farle vedere il corpo del fidanzato crivellato di colpi. Ma lei era già fuori: ha guardato e ha cominciato a urlare». 
Carmela Ferrigno è la mamma di Rosanna, la fidanzata di Pasquale Romano. Racconta quei minuti maledetti che «hanno distrutto due famiglie, quella di Lino e la nostra». Accanto a lei la ragazza sdraiata sul divano, incosciente dopo una massiccia dose di sedativi, e il marito, Salvatore, che lavora presso l’Associazione invalidi e mutilati di guerra. Intorno gli altri figli e i parenti, tutti accorsi per tentare di portare un conforto impossibile da trovare. Pasquale e Rosanna doveva sposarsi presto, molto presto. 
Lui aveva cominciato a lavorare alla Prysmian di Pozzuoli insieme al cognato, Gennaro. Aspettava il contratto a tempo indeterminato per poter finalmente mettere su famiglia dopo più di quattro anni di fidanzamento. «Era contento, felice. Finalmente vedeva arrivare quel futuro che aveva sempre sognato - racconta Genny - parlava sempre del matrimonio. Mi diceva ”adesso ci sposiamo, altrimenti quando lo fa un figlio tua sorella?”».
Ieri sera i due ragazzi dovevano andare a giocare a calcetto. Lino, come lo chiamavano in famiglia, era passato da Rosanna per darle un bacio prima di andare alla partita. Erano le 9,30. Ha salutato tutti ed è sceso incontro alla morte.
«È successa una cosa assurda, incredibile - dice Salvatore - Lino era un ragazzo onesto, come tutti nella sua e nella nostra famiglia. Noi siamo gente che ha sempre lavorato. Con i camorristi non abbiamo mai avuto a che fare. Noi siamo un’altra cosa, quelli là li abbiamo sempre combattuti. Io sono stato consigliere di quartiere, ho partecipato a tante manifestazioni per la legalità. Perciò adesso voglio parlare: la gente deve reagire, deve sapere che quello che è successo a noi può succedere a chiunque. Qua ci sono ragazzini, bambini mandati a sparare per poche lire. Gente che non sa niente, che non capisce niente. Adesso la giustizia li deve prendere. E deve prendere anche i capi, quelli che li convincono a uccidere».
Non ha dubbi Salvatore: Lino non può aver fatto niente per meritare di essere ammazzato così: «Credo che abbiano sbagliato persona, lo hanno preso per un altro», sostiene. «Lui era un ragazzo tranquillo, solare - dice Genny - anche sul posto di lavoro gli volevano tutti bene. E gli hanno sparato contro quattordici colpi. Quattordici colpi. Chissà cosa credevano di fare. 
«Non si può vivere così - interviene Salvatore - qua c’è una guerra. Noi lo sappiamo. Da Scampia, da Secondigliano che adesso sono piene di poliziotti e di carabinieri, quei maledetti si stanno trasferendo anche qua a Marianella. E noi abbiamo paura. Tutte le persone oneste hanno paura». Ma non può finire così, dice Salvatore, Lino non può essere scambiato per un camorrista. 
«Noi vogliamo parlare, vogliamo gridare. Vogliamo ribellarci. E la società civile deve essere con noi, deve dire basta. Non possiamo dargliela vinta. Perché quello che è successo a Lino che è stato ammazzato per niente, può succedere a chiunque. Non c’è difesa. E allora dobbiamo essere uniti. Dobbiamo dire che questa città è la nostra, non di questa gentaglia che ammazza solo per denaro. Dobbiamo scendere in piazza, dobbiamo riprenderci le strade, dobbiamo dire che questo spazio è nostro, non loro. Le bestie che ammazzano devono andare via. Noi siamo qua, vogliamo resistere. Io sto già cercando di prendere contatto con l’associazione delle vittime innocenti delle mafie. Ma se nessuno si schiererà con noi, se anche la morte di Lino non servirà a fermare questa carneficina, allora andremo via, in un’altra città, in un altro posto. Noi così non possiamo più vivere».


Rifiuti, "consulenze inutili": la Corte dei Conti cita Luigi Cesaro

NAPOLI. È di oltre 1,5 milioni di euro il danno arrecato all’Erario per inutili consulenze affidate dalla società in house della Provincia di Napoli Sapna SpA, costituita nel dicembre del 2009 per gestire il ciclo integrato dei rifiuti e traghettare la provincia napoletana fuori dall’emergenza ambientale.


Le indagini contabili, disposte dalla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Campania ed eseguite dai Finanzieri del Comando Provinciale di Napoli (Nucleo di Polizia Tributaria), hanno portato anche al sequestro conservativo di beni immobili, conti correnti e crediti presso terzi, riconducibili ai soggetti ritenuti responsabili, per un ammontare pari all’intero importo del danno contestato.
I militari delle Fiamme Gialle, attraverso l’accurato esame della documentazione amministrativo-contabile della Sapna, hanno ricostruito puntualmente i numerosi incarichi di consulenza esterna affidati già in fase di avvio dalla società partecipata.
Per ciascuno dei soggetti affidatari di consulenze, i finanzieri hanno esaminato a fondo le motivazioni e le procedure seguite dalla società per l’affidamento degli incarichi, i curricula vitae dei professionisti designati, gli elaborati dagli stessi prodotti nell’espletamento dei rispettivi incarichi, la relativa fatturazione ed i giustificativi di pagamento, avendo quale obiettivo generale quello di verificare il rispetto della normativa prevista in materia, con specifico riferimento agli obblighi di pubblicità, all’urgenza dell’affidamento, alle mansioni svolte ed alla rendicontazione delle attività, alla effettiva utilitas conseguita dalla società stessa.
Le indagini hanno evidenziato in primo luogo che gli incarichi professionali sono stati conferiti senza porre in essere le previste procedure di evidenza pubblica. In aggiunta a tale irregolarità, è poi emerso che le cosiddette “consulenze” non hanno di fatto comportato alcun effettivo arricchimento professionale per la Sapna.
Infatti, grazie ai puntuali riscontri eseguiti dai militari del Gruppo Tutela Spesa Pubblica, si è potuto dimostrare come gli incarichi attribuiti dalla partecipata, seppur definiti formalmente “consulenziali”, sono risultati, nella sostanza, carenti dei requisiti normativamente previsti per essere considerati tali (unicità ed eccezionalità delle prestazioni) ed anzi si sono caratterizzati per la loro continuità ed ordinarietà.
Secondo le contestazioni mosse dalla Procura Contabile e dalla Guardia di Finanza, quindi, gli amministratori che, nel tempo, si sono succeduti a capo della Sapna hanno affidato a consulenti esterni l’esecuzione di attività rientranti propriamente nei compiti ordinari per i quali la società stessa è stata costituita ed è stata dotata di risorse finanziarie e di personale. In tal modo si è causato un inutile esborso di denaro pubblico per retribuire dei professionisti anziché impiegare per tali mansioni il personale della società già in servizio.
Il danno complessivo subito dalle finanze pubbliche è stato quantificato dalle Fiamme Gialle e dalla Corte dei Conti in complessivi 1.559.798,05 euro, pari alle somme erogate dalla Sapna Spa per l’inutile conferimento di consulenze, e contestato i tre amministratori unici della Sapna, al presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, all’assessore delegato alle partecipate e a due dirigenti del medesimo ente territoriale.
Nell’ambito del relativo procedimento amministrativo-contabile la Corte dei Conti ha disposto il sequestro di immobili, conti correnti e crediti nei confronti di 6 dei 7 soggetti ritenuti responsabili, per un ammontare pari a quello del danno contestato.

venerdì 12 ottobre 2012

Faida di camorra: un morto e un ferito a Secondigliano

NAPOLI. Un morto e un ferito in un agguato a Napoli,  in Largo Macello, a Secondigliano, quartiere periferico della città, teatro negli ultimi tempi della nuova faida tra i clan della camorra.

Secondo una prima ricostruzione, due killer in moto hano crivellato di proiettili Salvatore Barbatodi 27 anni mentre è rimasto ferito gravemente Luigi Russo di 42. I due erano insieme quando è spuntata la moto con i due sicari. Russo è stato portato all'ospedale Cardarelli. Sul posto la squadra mobile che ritiene che possa trattarsi di un agguato nell'ambito della faida di Scampia.
LUNEDI' SERA UCCISO UN 27ENNE. Lunedì sera, poco dopo le 23, tra Chiaiano e Scampia, un ventisettenne, Mario Perrotta, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco subito dopo essere sceso dalla sua auto che aveva parcheggiato in garage di piazza Marianella. Gli investigatori della squadra mobile di Napoli, che indagano sull'accaduto, ritengono che, al momento, l'assassinio di Perrotta non possa essere messo in relazione con la cosiddetta faida in atto a Scampia tra le due fazioni degli Scissionisti in lotta per il controllo delle piazze di spaccio. Cinque i colpi che hanno raggiunto Perrotta: tre al torace, uno al gluteo e uno al collo. A terra cinque bossoli di pistola semiautomatica Luger. Il 118, giunto poco dopo sul posto, non ha potuto altro che constatare la morte dell'uomo. Il titolare del garage ha riferito agli agenti della squadra mobile di non essersi accorto di quanto stava accadendo ma di avere udito solo il rumore del motore di uno scooter.

domenica 7 ottobre 2012

S.Antimo.Viola la sorveglianza speciale: arrestato dalla polizia

SANT'ANTIMO. Antimo Artena, pluripregiudicato di 32 anni, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di Sant'Antimo, nella notte di ieri, è stato arrestato dagli agenti del commissariato di polizia di Nola per aver violato la misura alla quale è sottoposto. Un Ispettore, che presta servizio al commissariato Nola, libero da impegni lavorativi, infatti, ha notato l’uomo nella tarda serata di venerdì, mentre si aggirava a piedi in Via dei Mille in direzione di Via Abate Minichini e, avendolo già notato in precedenza mentre usciva dal Rione Gescal, ha richiesto l’invio di una pattuglia per un controllo. L’uomo, al momento privo di documenti, è stato identificato dai poliziotti. Arena è responsabile con altri dell’omicidio di Guiscardo Antonio, avvenuto nel marzo del 2007 in Sant'Antimo (NA). Arena, che al suo attivo ha molteplici precedenti per rapina, armi ed altro, è stato arrestato dai poliziotti e condotto in carcere, perché trovato in un Comune diverso da quello ove ha l’obbligo di soggiorno.

sabato 6 ottobre 2012

Catturato Massimo Di Caterino, reggente del clan dei Casalesi


Era l’ultimo della lista dei latitanti del clan dei Casalesi. Massimo Di Caterino, reggente della temuta cosca campana, è stato rintracciato e bloccato a Francolise, nel Casertano, in una palazzina di via Roma all’interno della quale, nel box doccia, era stato ricavato un bunker. Le indagini che hanno portato al suo arresto sono state condotte dalla squadra mobile di Caserta e dal distaccamento di Casal di Principe, rispettivamente guidati dai vice questori aggiunti Angelo Morabito e Alessandro Tocco, sotto il diretto coordinamento del procuratore aggiunto della DDA partenopea Federico Cafiero de Raho e del pm Catello Maresca.

 
IN MANETTE L’ULTIMO LATITANTE – Di Caterino era l’ultimo pericoloso latitante in una lunga lista di capi del clan dei Casalesi. Poche settimane fa era sfuggito ad un blitz a San Cipriano di Aversa. I poliziotti sono intervenuti all’interno dell’abitazione, munita di video camere esterne, pedinando la moglie, Marianna Zara. Secondo quanto si è appreso, al momento dell’arresto non ha proferito parola. Ad ammanettare l’ultimo dei latitanti del clan dei Casalesi è stato il vice questore aggiunto Alessandro Tocco, che dirige la sezione distaccata di Casal di Principe della squadra mobile casertana. Il boss è stato subito condotto dalla polizia nella sede della Questura di Caserta. All’arrivo delle auto nel piazzale interno, i poliziotti presenti negli uffici si sono affacciati alla finestra applaudendo i colleghi della Squadra Mobile e gridando «bravi».
RRESTATO IL PROPRIETARIO DI CASA – Con l’accusa di favoreggiamento, è stato arrestato il proprietario dell’abitazione in cui aveva trovato rifugio Di Caterino, Massimiliano Iossa, di 41 anni.
Nell’appartamento i poliziotti hanno trovato e sequestrato dispositivi per rilevare apparati di intercettazioni, una pistola calibro 7.65, munita di 2 caricatori con otto cartucce ciascuno e 10mila euro in contanti.
LUOGOTENENTE DI ZAGARIA – Soprannominato “pistuolo”, Di Caterino è nato a Caserta 40 anni fa. Era ricercato dal 31 marzo 2010, da quando era stato raggiunto, insieme a Nicola e Carmine Zagaria (rispettivamente padre e fratello del capoclan Michele Zagaria) da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, estorsione e favoreggiamento personale, reati aggravati dall’avere agito al fine di agevolare il gruppo Zagaria del clan dei Casalesi. Di Caterino è infatti ritenuto uno dei più fidati luogotenenti del boss arrestato a Casapesenna il 7 dicembre 2011, dopo 16 anni di latitanza. I pizzini ritrovati nel covo di Francolise confermano che il boss gestiva tutti gli affari economici del gruppo Zagaria e provvedeva al pagamento degli stipendi degli affiliati e delle famiglie dei carcerati.


Lotta ai casalesi

Ancora pizzo dopo l'arresto del boss Zagaria


CASERTA. Operazione contro il clan dei Casalesi della Squadra Mobile di Caserta coordinata dalla Procura Antimafia di Napoli: in esecuzione sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti affiliati al gruppo Zagaria della cosca di Casal di Principe. Le accuse vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso all'estorsione aggravata. Le indagini della polizia hanno evidenziato come, nonostante l'arresto del boss Zagaria, non si siano mai interrotte le attivita' estorsive nei confronti di imprenditori e commercianti a cui, dopo la cattura dello storico latitante, gli emissari del clan avevano ribadito che "nulla era cambiato" e che "dovevano mantenere gli impegni assunti con l'organizzazione", riferendosi al pagamento delle rate estorsive non ancora versate. Le indagini hanno accertato come gli affiliati liberi continuino a eseguire le direttive impartite, nonostante il regime di detenzione duro, da esponenti storici e di vertice del clan "deiCasalesi" e che le somme raccolte tramite le estorsioni erano finalizzate al pagamento degli stipendi e delle spese legali ai familiari dei detenuti. 
Le sei ordinanze di custodia cautelale sono state notificate dalla squadra mobile di Caserta a Michele Barone, 38 anni, Michele Fontana, 41 anni, soprannominato ''o sceriffo'', Giorgio Pagano, 36 anni, Renato Piccolo, 39 anni, Costantino Diana, di 34 anni e Francesco Sabatino, di 42. Tra i destinatari delle misure restrittive emessa su richiesta della Procura Antimafia di Napoli figurano, come mandanti dei raid estorsivi anche elementi di spicco e fidati luogotenenti del boss Michele Zagaria, attualmente detenuti, come Barone e Fontana. Tra le vittime delle estorsioni figura anche un imprenditore di Casapesenna (Caserta) che, negli scorsi anni, si era aggiudicato l'appalto per la realizzazione di un complesso residenziale da 50 villette a Castel Morrone, nel Casertano, per un importo di 6 milioni di euro. Gli estorsori di Zagaria gli avevano imposto un 'pizzo' da 35mila euro di cui due tranche, per complessivi 20mila euro, erano state versate prima della cattura del boss. All'operazione ''Thunderball' si e' giunti anche grazie alle dichiarazioni rese dal collabortore di giustizia Salvatore Venosa, detto 'o cucchiere'', a capo del clan dopo l'arresto dei vertici della cosca. Scoperto anche un tentativo di estorsione nei confronti di un ristoratore di san Marcellino (Caserta) a cui era stato chiesto il pagamento di 3mila euro, suddivise in tre rate di mille euro da versare nelle canoniche scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto.

Casalesi, chiesta confisca da 15 milioni di euro
«Dante Passarelli era un imprenditore organico al clan dei Casalesi, cambiava assegni, si intestava beni e vinceva appalti grazie alla forza intimidatrice della camorra». È quanto scrive nella requisitoria il pm della Dda di Napoli Sandro D’Alessio, che chiede ai giudici della sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere la confisca definitiva di beni sequestrati nel 2010 riconducibili a Passarelli, morto nel 2004. Tra i beni, del valore di 15 milioni di euro, ci sono quote societarie, terreni e appartamenti degli eredi Biagio, Davide, Gianluca e Franco, quest’ultimo in carcere.
L’EX AZIENDA CIRIO –Tra i beni confiscati, c’è anche un terzo dei 220 ettari della tenuta Balzana a Santa Maria La Fossa, che l’azienda Cirio utilizzava fino agli anni ‘80 per coltivare pomodori. Secondo gli inquirenti, quel terreno venduto a Passarelli era stato comprato con risorse provenienti dalla famiglia Schiavone e Bidognetti. L’azienda, infatti, era diventata una delle basi logistiche dei Casalesi e rifugio di latitanti.
L’IMPRENDITORE – Dante Passarelli era l’ex proprietario di note aziende, tra cui lo zuccherificio Ipam. Nel maxi-processo Spartacus, nei suoi confronti fu richiesta una pena a otto anni di reclusione, ma non venne mai condannato perché morì poco prima della sentenza di primo grado in seguito a una misteriosa caduta da un terrazzo di un appartamento in Villa Literno. Diversi i collaboratori di giustizia che hanno fatto il nome di Passarelli: Augusto La Torre, che nel 1994 aveva compiuto un attentato contro Passarelli per colpire la cosca degli Schiavone di cui l’imprenditore era considerato il factotum, Raffaele Ferrara, secondo cui Passarelli era vicinissimo ad Antonio Bardellino già alla fine degli anni ‘70, e Dario De Simone, che parla dell’imprenditore come di persona «costantemente al servizio del clan per cambiare gli assegni». 


martedì 2 ottobre 2012

Napoli da primato grazie al Plart


Venerdì 5 ottobre, con la partecipazione di quaranta iscritti provenienti da varie parti d’Italia, presso il Museo Plart di Napoli iniziano le lezioni del nuovo corso interdisciplinare di formazione nel restauro di opere d’arte e design in plastica. Un percorso formativo unico nel panorama nazionale, che dà l’opportunità di specializzarsi nell’ambito delle pratiche di restauro più all’avanguardia e contemporanee.
SOSTEGNI E BORSE DI STUDIO – «Per noi è un motivo di grande soddisfazione - spiega Maria Pia Incutti, presidente della Fondazione PLART - che l’iniziativa messa in campo abbia ricevuto un giusto riconoscimento. La grande eccellenza dell'attività formativa ha ricevuto il sostegno di importanti realtà scientifiche e culturali (Imast Scarl , Fondazione Banco di Napoli, Alifana Due Scarl , Associazione Amici di Palinuro, Milano Costruzioni Srl, Fondazione Angelo Affinita) con l’assegnazione di venti borse di studio per i partecipanti più meritevoli e disagiati».
PLART, NON SOLO MUSEO – L’avvio di questa attività formativa rappresenta uno degli obiettivi originari della Fondazione. Infatti, alla dimensione museale, il Plart unisce quella di centro di ricerca per il recupero, la conservazione e il restauro delle opere d'arte e di design in plastica. I materiali polimerici sono chimicamente molto complessi e nel tempo subiscono forti processi di degrado. A fronte di ciò, tuttavia, attualmente non sono ancora disponibili protocolli e procedure conservative riconosciute e condivise con altre strutture di ricerca istituzionali.
IN FUTURO ANCHE UN MASTER – Intuendo tale lacuna di esperienze e di competenze, la Fondazione PLART ha deciso di intraprendere questo impegno, con l’annunciata intenzione di diventare un centro di eccellenza, aperto alla collaborazione con università e centri di ricerca internazionali, nella prospettiva di sviluppare su questi temi il primo Master universitario, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti diretta da Giovanna Cassese.