martedì 28 agosto 2012

Agguato a Scampia, un morto e due feriti

NAPOLI - La guerra di Camorra è riesplosa ufficialmente. Nel quartiere di Scampia, nella vela celeste, s'è stata una sparatoria al termine della quale un uomo è morto e due risultano feriti. Gennaro Ricci, 36 anni, questo il nome della vittima. Sarebbe vicino ai Vannella Grassi.

Sul posto le forze dell'ordine che hanno immediatamente avviato le indagini. Secondo le prime indescrezioni i feriti sono fuggiti dopo l'agguato.
 
Le altre due persone coinvolte nella sparatoria sono state successivamente portate al Cardarelli e al San Giovanni Bosco. Si tratta di Salvatore Piedimonte un 19enne di Giugliano. L'altro si chiama Vincenzo La Sorte ha 25 anni ed è residente in via Stadera a Napoli. Il primo è giunto al nosocomio senza la scorta della polizia. Il secondo, invece, sarebbe stato portato al San Giovanni con una vettura privata.

Non sono gravi le condizioni dei due feriti dell'agguato di Scampia, Salvatore Piedimonte e Vincenzo Lo Forte. Molto probabilmente i sicari sono arrivati a bordo di un'auto ed hanno sparato con pistole di tipo diverso.

Uno dei due è uscito dalla vettura è entrato all'interno della vela ed ha ucciso Ricci, probabilmente unico obiettivo degli assassini. Macchie di sangue ovunque, non solo sull'asfalto ma anche su delle auto in sosta. Adesso Scampia vive nel terrore: il botta a risposta tra il clan Grassi e gli scissionisti. Il quartiere è presidiato dalla polizia.

Sul fronte delle indagini prende consistenza l'ipotesi formulata dagli investigatori della Squadra Mobile di Napoli che Gennaro Ricci, appartenente ai Grassi (i cosiddetti «girati») sia stato ucciso per ritorsione all'omicidio di Gaetano Marino vittima di un agguato nei giorni scorsi sul lungomare di Terracina.

I girati sono una costola degli scissionisti fuoriusciti da tempo dalla cosca, con la quale hanno ingaggiato una faida iniziata nei mesi scorsi. Gli investigatori temono che adesso inizi un botta e risposta tra i due clan che potrebbe provocare una lunga scia di vittime.

Una risposta al delitto di Marino è stata la prima preoccupazione degli inquirenti.

L'escalation di violenza preoccupa il presidente dell'ottavo Municipio Angelo Pisani che chiede l'intervento dell'esercito.
 

lunedì 27 agosto 2012

Assicurazioni, dossier choc: in Campania 20 falsi incidenti al giorno

di Gerardo Ausiello
NAPOLI - In Campania venti incidenti stradali fasulli al giorno, praticamente uno all’ora. È il clamoroso dato contenuto nel report dell’Ania, l’associazione che riunisce le compagnie assicurative. Ma non mancano le polemiche, scatenate soprattutto dall’Aci che parla di «dati taroccati» e chiede «un’immediata inversione di tendenza».

TruffeStando ai numeri diffusi dall’Ania (relativi al 2010) che si basa anche su rivelazioni dell’Isvap, la maglia nera spetta alla Campania dove i sinistri con frode sfiorano il 10 per cento: quasi 7mila, su un totale di 69.763 registrati nel Paese. Una percentuale che però appare in diminuzione rispetto all’anno precedente (9,96 contro i 9,58 di oggi). Le province maggiormente colpite sono Caserta e Napoli: l’incidenza è pari rispettivamente al 12,38 per cento e al 10,91 per cento. Ma si tratta di una stima approssimativa perché, come si legge nel dossier, «i dati riportano solo le truffe scoperte dalle imprese attraverso i limitati mezzi che possono impiegare per contrastare tale fenomeno».

TariffeSebbene non sia possibile appurare con certezza le violazioni di legge, a Napoli e in Campania le tariffe continuano a salire alle stelle. Un cittadino, pur non provocando sinistri, arriva a pagare fino a 3mila euro all’anno per la sola Rc auto con una vettura di media cilindrata. «Sono cifre insostenibili - attacca il presidente dell’Aci Napoli, Antonio Coppola - I numeri sono spesso gonfiati e strumentalizzati dalle compagnie assicurative, che così giustificano le stangate. Da tempo chiedo all’Ania le statistiche ufficiali: sono convinto che contengano molte sorprese. Peraltro ricordo alle società che si ha l’obbligo di denunciare le truffe alle autorità competenti». Secondo Coppola «si è raggiunto ormai un punto di non ritorno: il mercato è bloccato, le compagnie fanno cartello e impongono i prezzi ai cittadini che non possono opporsi. Si tratta di un ricatto inaccettabile».

Polizze «fantasma»
Tra crisi economica e costi insostenibili si moltiplicano le macchine e i ciclomotori che circolano senza tagliando: in tutta Italia i veicoli sprovvisti di copertura assicurativa sono circa 3,5 milioni di cui oltre 800mila a Napoli e provincia (il 22,9 per cento del totale nazionale). Un fenomeno allarmante che la dice lunga sui pericoli che si corrono in strada e sulla necessità di norme più efficaci in materia.

Sinistri
Anche perché, se si guarda al numero di incidenti, si scopre che il primato non spetta affatto a Napoli e alla Campania: il capoluogo partenopeo, con il 22,9 per cento, è in linea con la media nazionale e molto lontano dalle città dove i tamponamenti sono maggiormente frequenti (Brindisi 44,5 per cento, Taranto 44,4, Crotone 41, Foggia 39,3, Lecce 39,1). In questa speciale classifica i centri più virtuosi sono Biella (11 per cento), Bolzano (11,3), Trento (12,8) e Verbania (12,9). Non si discostano molto da Napoli, invece, grandi metropoli come Roma (20 per cento) e Milano (18,9).

Il flop della scatola nera
La scatola nera funziona, ma le compagnie non la propongono. E così quello che avrebbe dovuto essere uno strumento contro le truffe, di fatto resta nelle officine. Perché? Il problema, osserva l’Ania, è il nuovo articolo 32 della legge numero 27 del 2012 che impone alle assicurazioni di pagare tutti i costi dell’installazione dell’apparecchio. Ragion per cui, in assenza di uno specifico obbligo a proporre polizze con scatola nera (molto più vantaggiose di quelle standard), le compagnie fanno finta di nulla e i clienti che non conoscono la normativa perdono l’occasione di risparmiare centinaia di euro.
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Napoli vittima sacrificale: all’ombra della Camorra

Der Spiegel
Napoli è molto più della sua fama: chi si limita a collegare la malavita organizzata e la spazzatura alla città portuale italiana, commette un errore. Nel suo centro storico ci attendono arte e cultura e fuori Napoli i pescatori di Capri.
Napoli non è una città vetrina, tuttavia resta una delle più interessanti metropoli del paese. Se messa a confronto con Venezia, Milano o Roma, la città viene considerata più una vittima sacrificale, ricordata piuttosto per la Camorra e le montagne di rifiuti, che per la sua cultura e il suo patrimonio artistico, di cui è tuttavia ricchissima. Inoltre la metropoli alle falde del Vesuvio è punto di partenza ideale per escursioni nei dintorni.
Per esempio a Pozzuoli, appena fuori Napoli, c’è l’Anfiteatro Maggiore, con un diametro di quasi 150 metri, uno dei più grandi e antichi d’Italia. Nel periodo del suo massimo splendore – quando “panem et circenses” erano la vita quotidiana – potevano assistere agli spettacoli fino a 45.000 spettatori.
Secondo la leggenda è in questo anfiteatro che San Gennaro fu risparmiato dai leoni per poi morire lapidato. I napoletani devoti sono convinti, che quello conservato come reliquia nel Duomo della città sia il sangue del martire e vescovo di Napoli.
Vale la pena anche fare un giro a Napoli città. Il centro storico della metropoli campana nel 1995 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Di conseguenza nella città ci sono diversi luoghi degni di essere visitati: la metropoli è ricca di castelli e palazzi, chiese e conventi. Tuttavia il degrado regna sovrano: su molte facciate fatiscenti si sgretola l’intonaco, in periferia si ammassano squallidi quartieri sormontati da grattacieli e molti napoletani guadagnano molto meno dei loro compatrioti del ricco nord.
Passeggiando per le strade di Napoli, non viene in mente che c’è il Vesuvio, un vulcano, e nemmeno quanto questo potrebbe diventare pericoloso. Soprattutto nelle giornate limpide, lo si vede all’orizzonte, stagliarsi contro il cielo azzurro. Non è più così imponente come un tempo: prima della sua devastante eruzione nel 79 d. C. era due volte più elevato.
Venti impetuosi sul Vesuvio
Per molti turisti è d’obbligo una gita sul cratere. La maggior parte di loro arriva nel Parco Nazionale del Vesuvio con i pullman o in auto. Già arrivando dall’autostrada si possono scorgere gli enormi ammassi di lava nera, scagliati dall’antica esplosione. Percorrendo i vari tornanti del parco si arriva fino a quota mille dove c’è il tempo per volgere uno sguardo al panorama, caratterizzato dai resti della più recente eruzione avvenuta nel 1944, anche se la lava è ora ricoperta di muschi, licheni e cespugli di ginestre.
Gli autoveicoli e i pullman non possono proseguire oltre – dal parcheggio si prosegue a piedi fino al cratere, a solo 200 metri più su. Ma la salita è faticosa. Chi volge il proprio sguardo sul luccicante blu del Mediterraneo, non si immagina certo, quanto lassù in cima possa essere freddo e ventoso.
In autunno il vento sul Vesuvio soffia così impetuoso, che si fa fatica a contrastarlo e a restare in piedi. Sono consigliabili abiti impermeabili e scarpe solide, anche se gruppi di ragazzi muniti di un allegro entusiasmo si spingono fin sul cratere in pantaloncini. Una volta in cima, l’umore cambia.
Nella zona vesuviana vivono oggi circa tre milioni di persone. L’idea, tutt’altro che impossibile, che il vulcano quiescente possa esplodere di nuovo una volta o l’altra, sembra non scatenare alcun panico. A Pompei sono chiaramente evidenti le conseguenze di una esplosione. Il sito archeologico oggi è una delle principali mete turistiche del Golfo di Napoli.
Pompei è viva
Ogni anno giungono qui milioni di visitatori da ogni parte del mondo. Numerosissimi autobus arrivano fino all’ingresso della città antica, da cui schiere di turisti a frotte defluiscono per riversarsi nei negozi di souvenir e nelle bancarelle di paccottiglia varia. Poco distante si trovano nel Foro, il cuore della città e piazza principale del mercato di un tempo con i resti della Curia, il municipio, e del tempio dedicato al dio romano Giove.
Oggi Pompei è viva come allora, prima della catastrofe: migliaia di persone passeggiano tra colonne ed affreschi, nelle antiche agenzie di cambio, nelle terme e nei bagni pubblici, in cui si possono ancora riconoscere il Frigidarium, la sala adibita a spogliatoio e la palestra. E nelle lussuose ville: la “Casa del Fauno danzante” con la sua superficie di 3000 metri quadri è la più ampia di tutte.
Camminare per le strade di una città che fu distrutta quasi 200 anni fa e poi per lungo tempo rimasta nel dimenticatoio, è una sensazione insolita. Diversamente da quanto molti credono, non affondò nella lava, ma fu sepolta da una pioggia di cenere, sabbia e pomice che il Vesuvio riversò nell’aria per tre giorni e tre notti. In alcune zone lo spessore della cenere era spesso dieci metri, per questo Pompei sparì.
Al tempo dell’impero romano Pompei era un’importante città commerciale abitata da circa 20.000 persone. “Qui arrivavano mercanti da tutto il Mediterraneo” racconta la guida Anna Sorrentino attraversando le antiche strade. Dalla città venivano esportati cereali, vino e olio d’oliva.
Un po’ più avanti si possono ammirare i resti di un panificio: una fornace fatta di mattoni e quattro molini per cereali, un tempo azionati a mano dagli schiavi. “Gli archeologici vi hanno anche scoperto 81 pezzi di pane carbonizzato” dice Anna. “Pompei aveva complessivamente 35 panifici”.
Capri sogno italiano di ogni turista
Classica gita di un giorno nel Golfo di Napoli è una scappata nella famosissima località isolana di Capri. Il cielo qui è sempre blu come il Mar Mediterraneo, anche in autunno. Già durante il viaggio in traghetto appare evidente perchè Capri sia stata considerata una meta da sogno italiana già nel 1800. Napoli è in breve scomparsa e l’isola è un mondo a se, in cui a fatica si possono immaginare mucchi di spazzatura e la mafia.
Anzi: chi arriva con la Funicolare alla Piazzetta posta a circa 150 metri più in alto, ha l’impressione che qui tutto sia elegante e sofisticato. Alcuni turisti si dirigono poche centinaia di metri più in là verso le strade circostanti. Ma Capri ha anche un volto completamente diverso, che si può meglio scoprire con una passeggiata attraverso l’isola. Una località degna di essere visitata sono i Giardini di Augusto da cui si può godere di un’affascinante vista sul mare e sui Faraglioni, formazioni rocciose appuntite al largo della costa, tipiche di Capri.
“Quando a Capri il sole rosso si tuffa nel mare e la pallida falce di luna scintilla nel cielo” così recita “Pescatori di Capri”, una famosa canzone tedesca degli anni ‘40 -’50, la maggior parte dei turisti è già scomparsa. Chi ha tempo e mezzi, dovrebbe pernottare qui e godere dei momenti di tranquillità di un autunno nel Golfo di Napoli

Sant'Antimo, alunni in viaggio per 'Impresa Europa'

SANT'ANTIMO. Sono partiti sabato 25 agosto 2012 gli alunni dell’Istituto Superiore “G.Moscati” di Sant’Antimo che fanno parte del primo gruppo tra quelli selezionati per partecipare ai progetti cofinanziati dal FSE e dalla Regione Campania: Azione C1 - Comunicazione nelle lingue straniere – Zusammen fliegen, e Azione C5- Impresa Europa del Programma Operativo Nazionale: “Competenze per lo Sviluppo” - finanziato con il FSE. Anno scolastico 2011/12. II^ Procedura Straordinaria. Prima destinazione:Berlino! I gruppi in partenza, oltre quello di ieri, sono diretti in Francia(Rouen) per quanto concerne l’apprendimento linguistico, e in Spagna, Regno Unito e Campania per quel che riguarda il modulo di apprendimento imprenditoriale, denominato Impresa Europa. I progetti, alcuni già attuati l’anno scolastico passato, vedono lo spostamento in Europa di un gran numero di alunni(15 per ciascuno di essi), motivati a migliorare le proprie competenze linguistiche o ad acquisire conoscenze e competenze da spendere nel mondo del lavoro. L’aspetto davvero positivo e nuovo per la scuola italiana e soprattutto del sud, è la possibilità che si offre agli allievi, di situare la loro esperienza scolastica a lavorativa in ambito europeo, sia attraverso la conoscenza di altri sistemi scolastici e imprenditoriali, sia ponendosi essi stessi in una dimensione che allarga a dismisura orizzonti culturali che a volte, soprattutto in periferia, possono rimanere compressi e inespressi. L’entusiasmo di alunni e genitori si sono visti con evidenza quando tutti si sono recati a scuola, a ricevere dal Dirigente Prof. Giuseppe Pagano, e dai docenti tutor e accompagnatori, materiale e notizie relative ai viaggi. Affetto e amicizia accolgono questi ragazzi e i loro genitori. Insieme al percorso culturale che si apprestano a svolgere, sicuramente crescerà la loro motivazione, ma soprattutto le loro competenze, comprese quelle emotive-relazionali. Aspettiamo il loro ritorno per farci raccontare ogni momento di questa bellissima esperienza.
 

Camorra. Assalto finale ai boss della droga. Il procuratore: problema di sicurezza nazionale

GIUGLIANO. Sparano a Terracina per ribaltare Secondigliano. E mentre lì studiano i clan, qui i camorristi si riposizionano: chi fugge, chi si arma fino ai denti. "Il problema è ormai nazionale, non di Napoli", avverte il procuratore antimafia Alessandro Pennasilico. È fissato a breve il summit con la Dda romana. Intanto Napoli è vicina all’identificazione dei killer. Grazie a un particolare che fa riflettere: se uccidono lì, c’è un cittadino che segna una targa e regala un vantaggio alla giustizia.
Chi ha ucciso, quarantotto ore fa a Terracina, un nome simbolo della camorra dell'area nord, Gaetano Marino, viene da Secondigliano. E lo ha fatto - raccontano le prime ricostruzioni del pool antimafia - per scelta strategica e per obiettivo di cassa. Per inviare un segnale: siamo quelli di (via) Vanella Grassi, siamo pronti al salto di qualità, possiamo eliminare un Marino, uno dei soci fondatori del cartello Di Lauro prima, e della frangia degli Scissionisti poi. Poi, per strappare una rendita significativa, rilevante anche geograficamente: è la piazza di spaccio che vale 100150mila euro al giorno, quella delle cosiddette Case Celesti, fin qui governata dalla famiglia Marino, guarda caso la più impenetrabile area del mercato di eroina e cocaina vicina alla storica residenza del rione dei Fiori, ovvero il palazzetto degli sconfitti Di Lauro.

Alle spalle della nuova (mai sopita) guerra che è quasi un incesto tra vecchi clan, dove tutti sono ex fedelissimi, ex compari, ex alleati e cugini tra loro, c'è infatti chi intravede l'ombra di un vendicatore dell'ex padrino spodestato e detenuto Paolo Di Lauro: è la mano del suo rampollo Marco, latitante da otto anni, l'imprendibile inserito nella lista dei primi 30 ricercati italiani, la cosiddetta anima nera della sete d'odio di Scampia e dintorni, sulle cui tracce sono sguinzagliati da tempo i migliori detective di polizia e carabinieri.

E mentre da Terracina riparte il dibattito su quanto e come la camorra abbia radicato i suoi pezzi da novanta, è a Napoli che rimbalza il terrore dei killer. E su entrambi gli schieramenti, da un lato le batterie del gruppo Vanella Grassi, dall'altro i vecchi Scissionisti come Abbinante, Abete e Notturno ora ridotti a vecchio establishment, la paura provoca fughe, tradimenti, defezioni. Chi taglia la corda, chi si cerca un rifugio per non essere attirato in trappola da volti amici, chi si consegna agli avversari nella speranza di essere risparmiato.

Così irrespirabile è l'aria tra loro, così impossibile avvicinarsi e vincere le reciproche diffidenze, che gli assassini hanno dovuto allontanarsi a Terracina, correre più rischi, fare un viaggio e restare in attesa per qualche giorno pur di sorprendere Gaetano 'o Cocainomane, (il fratello dell'ex potentissimo Gennaro Mckey da tempo in carcere), con le difese appena calate, e ammazzarlo mentre era quasi coi piedi nella sabbia, e addosso i pantaloncini come un bagnante qualsiasi.

Invece un filo tesissimo, ormai ben noto all'intelligence, lega i territori della Napoli criminale agli insediamenti nel Lazio e nel pontino. Così, dopo il delitto Marino, e dopo l'analoga esecuzione sul litorale di Nettuno del camorrista Modestino Pellino, clan Moccia, avvenuta appena un mese fa, la giustizia mette in campo la task force tra le Direzioni distrettuali antimafia di Napoli e Roma. "Per contrastare le basi logistiche, gli affari e le penetrazioni dei boss nel Lazio".

Il procuratore aggiunto antimafia di Napoli, Alessandro Pennasilico, premette: "È bene ribadire come sia un fatto acquisito il radicamento della camorra nel Lazio e verso nord: l'"esportazione", se così si può dire, è avvenuta da tempo, su più livelli e da parte di varie organizzazioni criminali. Parliamo del clan Moccia, dei clan di Secondigliano e Scampia, delle famiglie di Giugliano, dei casalesi. Ce n'è abbastanza per comprendere che questo non è un problema di Napoli o del Lazio, ma di salvaguardia della sicurezza nazionale".

Dopo i contatti di ieri tra gli uffici del Centro direzionale e della capitale, è fissato il primo summit operativo: la prossima settimana il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone incontrerà il procuratore Giovanni Colangelo e i magistrati impegnati da anni nell'offensiva contro le batterie di fuoco della periferia nord, a cominciare dal sostituto procuratore Stefania Castaldi, il pm che ha ottenuto storiche condanne dopo la "pulizia etnica" della faida di Scampia del 2005. È lo stesso pm che, nel luglio scorso, dopo che i camorristi avevano sparato contro i mezzi di polizia e carabinieri, aveva arrestato alcuni capi emergenti del gruppo "Vanella Grassi".
Uno di questi ultimi, Antonio Mennetta, considerato il braccio armato della frangia in espansione, è stato poi rimesso in libertà, per carenza di indizi, dal giudice per le indagini preliminari. Il gip non aveva ritenuto "riscontrate" le dichiarazioni dei pentiti: tra tre giorni è fissato l'appello mosso dalla Procura. Un "incidente" di percorso che fa comodo alla camorra? Il procuratore Pennasilico non ritiene si tratti di una cattiva performance della giustizia. "La dialettica processuale è questa. Anche io ho lavorato come gip, so che ciascuno fa il suo mestiere secondo il proprio legittimo ruolo. Certo è che la Procura non si ferma". L'impegno ulteriore, casomai, lo si attende "dalle amministrazioni, dai servizi sociali sul territorio, da scuola, chiesa e dai cittadini".

C'è un confronto che stride, da ieri. Qualcuno a Terracina ha appuntato il numero di una targa sospetta dopo il massacro di Marino: è quella dei killer o del gruppo in appoggio. Così l'inchiesta, che da 48 ore non si ferma e ha già macinato mezza dozzina di interrogatori fiume, sarebbe vicina all'identificazione di fiancheggiatori.

Un contributo che, forse, non sarebbe mai arrivato da testimoni napoletani? Pennasilico è franco: "Non è mai arrivato. Purtroppo in questo c'è differenza. Lì, è ancora il camorrista l'intruso. Da noi, specie in alcuni territori, sono le persone perbene di Scampia o Secondigliano e sono tante, comunque ad essere e sentirsi isolate, intruse. Ciò nonostante, dobbiamo chiedere alla comunità napoletana uno sforzo". Anche a Nettuno, dopo il delitto Pellino, qualcuno diede una descrizione preziosa degli aggressori. Si uccide nel Lazio, si ribalta Secondigliano. (CONCHITA SANNINO - Repubblica.it - 25/08/2012)
 

Killer a Terracina, atto di forza scissionista per punire i traditori

di Giuseppe Crimaldi
NAPOLI - La condanna a morte è maturata solo qualche sera fa. In una notte d’afa i boss - o meglio, quel che resta di loro tra coloro che restano ancora fedeli al gruppo Abete-Abbinante-Aprea-Notturno - si sono dati ppuntamento in un luogo sicuro. Probabilmente uno di quei villini di villeggiatura del Giuglianese che tanto si prestano per ospitare

Hanno discusso a lungo. Poi, si sono ritrovati tutti nel decidere che Gaetano Marino doveva morire. Andava eliminato perché è così che gli «infami» devono finire. La sua morte, in fondo, era scritta in quel Vangelo della camorra che prevede tale trattamento a sconto di un peccato capitale qual è il tradimento.

Imboccano una pista precisa le indagini che polizia e carabinieri - ma formalmente la delega è attribuita alla Squadra mobile di Napoli, guidata da Andrea Curtale (in collaborazione con la polizia colleghi di Latina) - stanno svolgendo sull’omicidio di Gaetano Marino, trucidato due giorni fa sul lungomare di Terracina.
E prende corpo, di ora in ora, un’ipotesi che - se confermata - spiegherebbe che quanto in queste ore sta succedendo nei quartieri a nord di Napoli equivalga ad un caos criminale, un magma che modifica alleanze ed equilibri e che si modifica esso stesso, a seconda degli eventi. Conferma, questo delitto - quale che ne sia la causale e cioè il movente - una cosa: la guerra è ufficialmente riaperta tra le cosche camorristiche di Scampia e Secondigliano.
Si temono altri giorni di sangue e terrore, come conferma in un’intervista al «Mattino» il procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico capo della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

La situazione di confusione generale ha fatto saltare tutti gli equilibri che fino solo a pochi mesi fa rendeva decifrabile il minimo sommovimento, nelle terre di Gomorra. E anche per la camorra vale la regola aurea di Mao: «Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente». Sicuramente quelli della Vannella Grassi, come i Di Lauro o gli Abete-Aprea-Notturno-Abbinante non hanno mai letto Mao Tse Tung, ma alla fine l’effetto pratico risulta essere lo stesso.

Gaetano Marino sarebbe stato ammazzato per aver tradito il gruppo degli scissionisti che ha relegato in provincia l’ultimo erede della fazione Amato-Pagano. Per aver girato le spalle, cioè, all’ultimo baluardo di resistenza criminale che fa ancora del gruppo Abete-aprea-Notturno-Abbinante il nocciolo duro di quel che resta del clan degli scissionisti. Un gruppo che - adetta di qualcuno - sarebbe in rotta. Ecco, sostiene una fonte investigativa qualificata, anche il fratello di «Genny Mc Kay» - al secolo Gennaro Marino, attualmente detenuto al 41 bis - si sarebbe «girato» dalla parte sbagliata: mettendo a disposizione della Vannella Grassi i proventi e il controllo della piazza di spaccio di cocaina che gli era stata affidata. Un tradimento imperdonabile, il suo. Se questa chiave di lettura è valida, molte cose potrebbero assumere nelle prossime ore un aspetto diverso, a Secondigliano come a Scampia.

E se è vero che dietro le quinte di queste trasformazioni criminali ci sono i Di Lauro - leggi Marco Di Lauro, il rampollo della famiglia di Ciruzzo ’o milionario, tutt’ora latitante - e un nuovo patto tra loro e quelli della Vannella Grassi, allora il cerchio potrebbe veramente chiudersi facilmente.
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lunedì 20 agosto 2012

Rifiuti, ecco com'è nata Gomorra: «Diossina dagli impianti del nord». L'articolo del Mattino

La differenza l’ha fatta il Fattore C. Ma l’origine è la stessa. Coincide, la genesi dell’emergenza, con la crisi dell’apparato industriale che aveva assicurato lo smaltimento dei rifiuti organici e industriali. In Lombardia e in Toscana il corto circuito fu provocato dalla diossina e dalla progressiva, ma velocissima, chiusura delle grandi discariche che erano state al servizio delle fabbriche e delle concerie. In Campania, dieci anni dopo, dal riempimento dei grandi fossi comunali che avrebbero dovuto assicurare una discreta autonomia per un altro ventennio ma che invece furono colmati prima del tempo proprio dalle scorie che arrivavano dal Nord. La differenza, dicevamo, l’ha fatta la camorra, che in Campania ha rallentato e poi bloccato la soluzione strutturale del problema che altrove è stato, invece, governato e irregimentato in appena cinque anni: dal 1985 al 1990. Cinque anni che hanno segnato irreparabilmente il destino ambientale delle province di Napoli e Caserta, raccontati da un imprenditore napoletano, Pietro Colucci, parte offesa e testimone in un processo - che va sotto il nome di «Operazione Artemide» - che si è chiuso con la condanna di tutti gli imputati. Il racconto, marginale nell’economia del procedimento, è contenuto nelle motivazioni della sentenza. E ricostruisce, in maniera originale rispetto al punto di vista dei collaboratori di giustizia, la nascita delle ecomafie. Lui, che aveva ereditato dal padre l’azienda che raccoglieva i rifiuti tra Mondragone e Sessa Aurunca, nel 1984 aveva subito un’estorsione dal capozona mondragonese. Rinunciò all’appalto in quel comune, conservò Sessa Aurunca ma poi, dieci anni dopo, lasciò anche quella zona. Al suo posto entrarono altri due imprenditori, Sarnataro e Barbieri, imposti dal capoclan Augusto La Torre. E furono questi ultimi a fare da apripista, qualche tempo dopo, alla Ecoquattro dei fratelli Michele e Sergio Orsi. La storia di Pietro Colucci, dunque, è il prequel dello scandalo dei consorzi e dell’affare che ha travolto l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, l’ex ministro Mario Landolfi e uno stuolo di amministratori locali che avevano trasformato il consorzio di bacino Ce4 in un carrozzone dispensatore di soldi e di assunzioni, a beneficio della camorra e della politica. E vi compare un personaggio, Giacomo Diana (morto durante il dibattimento), che ha fatto da sponda necessaria e indispensabile ai trafficanti di veleni della prima ora. Gestiva, Diana, la discarica Bortolotto, a Castelvolturno: una montagna di spazzatura en plein air, naturalmente abusiva, che nelle sue viscere ha nascosto tonnellate di bidoni pieni di scarti di lavorazione delle concerie toscane. È l’epoca in cui i Casalesi - Francesco Schiavone, Antonio Iovine, Francesco Bidognetti - entravano nell’affare in prima persona. La loro società, con sede in Toscana, si chiamava Ecologia 89. E in cui Nunzio Perrella, camorrista della zona flegrea, scopriva che il traffico di rifiuti era più redditizio del traffico di droga, stringendo un patto d’affari con Cipriano Chianese, avvocato con le entrature giuste in Regione e dei Servizi. Colucci racconta il passaggio dalla fase artigianale a quella industriale della raccolta e dello smaltimento, transizione segnata da contenziosi amministrativi e proteste di piazze: perché in quei mesi erano iniziate anche le lunghe code di camion che arrivavano da mezza Italia e che lasciavano cadere immondizia e percolato in strada. Proteste che in tempi più recenti - l’emergenza del 2007/2008 - i Casalesi hanno addomesticato per proprio tornaconto, assicurando la pax sociale in cambio del monopolio dei trasporti e dello stoccaggio delle ecoballe. «Per un lungo periodo c’è stata una discarica a Sessa che non mi ricordo da chi fosse gestita, ma era una discarica della città, quindi i camion sversavano in città. Questa discarica fu chiusa, perché nella fase di emergenza nazionale di Lombardia e Toscana, quando cominciarono a chiudere tutti gli inceneritori perché producevano diossina e quelle regioni non erano organizzate per ricevere i propri rifiuti, cominciarono a portare i rifiuti al sud. Cominciò in quella fase l'area della criminalità organizzata legata al trasporto di rifiuti, trasporto talvolta lecito, talvolta illecito, che ha fatto storia, purtroppo. E quella discarica fu chiusa non perché avesse smaltito illecitamente, ma perché accettava rifiuti da fuori regione». Quindi, lo sversamento necessario nell’impianto di Diana. Aggiunge Colucci: «L’emergenza nazionale che ha riguardato tutto il comparto, dalla Lombardia alla Toscana... comincia nell’85/86 e dura fino al 1990, quando poi quelle regioni si organizzarono in proprio con impianti». E commenta: «Fu uno scandalo nazionale perché prima invasero il Lazio, poi la Campania, poi andarono in Puglia. Lecitamente. In Calabria, invece, ci sono andati sempre, anche illecitamente. Lo ricordo perché come associazione (Assoambiente, che riunisce le imprese private aderenti a Confindustria che si occupano dell'igiene urbana, ndr) abbiamo studiato il fenomeno, ormai agli atti parlamentari della commissione di inchiesta sull'ecomafia. Questa vicenda ha coinvolto la Campania dall'86 al 1990, dal punto di vista ufficiale. Ufficioso, i rifiuti sono sempre arrivati, purtroppo, e le autorità hanno fatto di tutto per bloccarli, ma non sempre ci sono riusciti con celerità».
Rosaria Capacchione
Il Mattino - 18/08/2012


Disoccupato in villa con piscina: arrestato

MELITO. I carabinieri della locale tenenza hanno arrestato Salvatore Boggia, 57enne del luogo, disoccupato, incensurato, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa il 9 agosto dal gip di Napoli per ricettazione e riciclaggio. In particolare i militari dell’Arma, dopo indagini, nel giugno 2011 perquisirono la villa dell’uomo, con tanto di piscina, trovandolo in possesso di vari preziosi d’oro, per un valore complessivo di circa 80.000 euro, che con successivi controlli, sono risultati rubati: il 4 aprile 2011 in un’abitazione di Sant'Arpino; il 7 aprile 2011 in un’abitazione di Trentola Ducenta; il 18 maggio 2011 in un’abitazione di Sant'Arpino; il 22 giugno 2011 in una gioielleria di Roccarainola; inoltre fu trovato in possesso di depositi postali e polizze assicurative per un importo complessivo di 1.200.000 euro, intestati a lui e la moglie, dei quali non ha saputo giustificare la provenienza. La refurtiva è stata restituita agli aventi diritto, i depositi postali e le polizze sono state sequestrate. L’arrestato, dopo le formalità di rito, è stato accompagnato nella sua abitazione agli arresti domiciliari.
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