martedì 22 maggio 2012

S.Antimo. Sequestro da 140 milioni al clan Puca

SANT'ANTIMO. Gli agenti della Divisione Anticrimine della Questura di Napoli, hanno eseguito la confisca del patrimonio di Pasquale Puca, alias «'O Minorenne», 37enne di Sant'Antimo ed attualmente detenuto. L'uomo è ritenuto un soggetto ad elevatissima pericolosità sociale ed è a capo del omonimo clan camorristico operante nel Comune di Sant'Antimo e nelle zone limitrofe. L'organizzazione criminale è particolarmente attiva nel settore delle estorsioni in danno di imprenditori e commercianti e nel controllo delle attività economiche insistenti sul territorio su cui si estende la sua influenza.
Il 16 febbraio 2009, il 37enne venne arrestato per il concorso nel brutale agguato culminato nell?omicidio di Francesco Verde detto «'O Negus» e nel tentato omicidio di Mario Verde, entrambi esponenti di spicco dell'omonimo clan camorristico, storicamente contrapposto ai Puca nella gestione degli affari illeciti.
Successivamente, Pasquale Puca è stato raggiunto da un ulteriore Provvedimento di Custodia Cautelare in Carcere per il reato di associazione di tipo mafioso per aver organizzato e diretto l'omonima organizzazione camorristica.
Il Questore di Napoli, in seguito ad una complessa indagine patrimoniale, ha pertanto chiesto al Tribunale di Napoli la confisca dei beni mobili ed immobili del patrimonio di Puca, tra l'altro già sottoposto a sequestro dall'Autorità Giudiziaria con due Decreti emessi il 26 maggio ed il 2 luglio 2010.
La magistratura ha quindi disposto il provvedimento che i poliziotti hanno eseguito su: 3 Terreni, ubicati in Sant'Antimo alla Contrada Tollare. 13 Immobili, ubicati in in Sant'Antimo in via G. Fiorelli. 11 Immobili, ubicati in Sant'Antimo in via Adige. Quote societarie della società denominata Puca Pasquale s.a.s con sede legale in Sant'Antimo in via Tevere. 10 Immobili ubicati in Frignano in via croce di Asprano. Quote societarie della società Ellevi s.r.l. avente sede legale a Sant'Antimo alla via Roma. Quote societarie della società World Game s.r.l. avente sede legale a Sant'Antimo alla via Aldo Moro. Totalità delle quote societarie ed intero patrimonio aziendale della società denominata World Immobiliare s.r.l. con sede legale in Sant'Antimo in via Aldo Moro. Terreno ubicato in Casandrino alla Località Marinaro. Quote societarie della società Body Designer s.a.s. avente sede legale a Cesa (CE) alla via Matteotti. 1 autovettura. Totalità delle quote societarie ed intero patrimonio aziendale della società denominata Immobiliare Ralph s.r.l., con sede legale in Sant'Antimo in via Aldo Moro. 7 Appartamenti ubicati in Sant'Antimo in via Saturno. 2 Terreni ubicati in Sant'Antimo alla via Matilde Serao, località Quaranta. 10 appartamenti ubicati in Sant'Antimo in via Picasso. Terreno ubicato in Sant'Antimo alla via delle Azalee. 3 Immobili ubicati in Sant'Antimo in via Appia. Terreno ubicato in Sant'Antimo alla Contrada Cappelluccia. 7 appartamenti ubicati in Sant'Antimo alla via Cupa Palla. 2 immobili ubicati in Sant'Antimo alla via Tevere. 3 appartamenti ubicati in Sant'Antimo alla via Diaz. 4 appartamenti ubicati in Sant'Antimo alla via Calore.
Il valore complessivo del patrimonio confiscato ammonta a circa 140 milioni di euro.

Sant'Antimo: Tano Grasso incontra gli studenti del Moscati

SANT'ANTIMO. Accogliendo l’invito della prof.ssa Teresa Brunaccini, il dott. Tano Grasso, Presidente onorario della FAI, fautore del più grande e significativo attivismo antiracket, ha accettato di incontrare gli alunni dell’Istituto Superiore “G.Moscati” di Sant’Antimo. Con l’entusiasmo che gli è connaturato, Tano Grasso ha coinvolto i giovani studenti in un percorso di analisi e osservazione ragionata di un fenomeno diffuso nel nostro paese, e in particolare nella nostra regione, il pagamento di una tangente o pizzo, per poter svolgere senza pericolo la propria attività commerciale.
Tano Grasso è stato presidente della prima associazione antiracket italiana costituita a Capo d’Orlando nel 1990. È stato deputato e componente della Commissione parlamentare antimafia nell’XI e nella XII legislatura (1992-96). È professore a contratto di “Storia e dinamiche della mafia” presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catanzaro. Lotta quotidianamente per diffondere l’associazionismo antiracket che considera l’unica arma contro le mafie. Ha voluto incontrare gli alunni del Moscati in maniera informale, senza microfoni, senza clamore, e ha parlato con loro per indurli a riflettere, senza imboccare nessuno, senza dare ricette risolutive preconfezionate e imposte, ma soltanto offrendo la condivisione di una delle esperienze vincenti della lotta alla mafia e il coraggio e l’intelligenza delle sue scelte. A qualche alunno che parlava di coraggio, Grasso ha sottolineato che il coraggio viene dopo, prima c’è l’intelligenza, prima c’è la voglia e la capacità di elaborare strategie che contrastino quelle messe in atto dalle associazioni mafiose. Ha spiegato come, per contrastare quella che è una vera e propria “società”, quella mafiosa, bisogna creare un’ associazione in grado di porsi come interlocutore forte ai soprusi e al potere mafioso. Bisogna cioè uscire dalla solitudine e aggregarsi nella lotta, perché solo questa strada può far arretrare un’associazione di mafia che per affermare il suo potere si introduce nei vari settori della vita economica di un luogo, sconvolgendone le regole e destabilizzando perfino la vita quotidiana. I ragazzi hanno compreso in maniera chiara, attraverso gli esempi e le domande poste da Grasso, come il loro piccolo futuro lavorativo è messo in pericolo dalla diffusa consuetudine a pagare per lavorare. Tano Grasso ha detto: “Voi sarete ragionieri o consulenti d’impresa…cosa farete quando qualcuno verrà a chiedervi di non vedere qualcosa, cosa farete quando qualcuno verrà a chiedervi di assumere quella determinata persona? Vi piegherete alle richieste, o avvertirete le forze dell’ordine per sapere come e a chi aggregarvi per resistere?” Spunti di riflessione come quello realizzato da quest’incontro, dovrebbero essere frequenti nelle scuole, soprattutto quando gli alunni, come quelli dell’Istituto Moscati, sono impegnati, sia nelle attività curriculari che in quelle extracurriculari, a capire e vivere nella propria esperienza il significato della legalità. Affinché non rimanga solo una vuota parola e qualche pagina di studio.

Pioggia di arresti nel clan dei Casalesi

Durissimo colpo inferto ieri al clan dei Casalesi. In due diverse operazioni anti-camorra sono stati eseguiti 28 arresti tra Campania, Puglia, Toscana e Veneto. La direzione antimafia distrettuale di Napoli ha inoltre emesso 15 ordinanze di custodia cautelare contro il gruppo di Elio Diana, cugino di Francesco Schiavone detto “Cicciariello”, a sua volta cugino del boss dei Casalesi. Alle persone arrestate, tra Campania e Toscana, sono stati contestati vari reati, tra cui associazione di stampo camorristico, estorsione e ricettazione.
LE NUOVE LEVE – Le persone coinvolte, tra la Campania e la Toscana, sarebbero un gruppo di giovani massimo trentenni cui il boss Diana, dal carcere, avrebbe indicato le vittime cui andare a chiedere il pizzo. I carabinieri hanno precisato che «le indagini hanno permesso di accertare che il clan dei Casalesi, oltre al sostentamento finanziario e legale degli affiliati arrestati, è in grado, nonostante l’assidua e costante azione di contrasto con numerosi arresti e sequestri patrimoniali, di colmare i vuoti operativi venutisi a creare con il rapido reperimento e impiego di nuove leve».
IL BANCARIO VENETO – In Campania, Puglia e Veneto, le forze di sicurezza hanno anche operato altri 13 arresti in coordinamento con la polizia della questura di Venezia e sono riusciti a fermare alcuni napoletani ritenuti vicini alla camorra, un funzionario di banca e il patron del San Donà Calcio. Le indagini avrebbero fatto venire alla luce un patto criminale tra un funzionario di banca di Caorle, in provincia Venezia, un imprenditore e diversi pregiudicati di Napoli e Casal di Principe. Il bancario avrebbe anche riempito ben quattro assegni, sottratti al Banco di Napoli, per un ammontare di ben 4 milioni di euro.
PICCHIATO UN PRESIDENTE DI CALCIO – Il patron del San Donà calcio si sarebbe accordato con il bancario per il pagamento degli stipendi ai calciatori e per le sponsorizzazioni 2010-2011. Il bancario avrebbe dovuto fornire al presidente ben 10 assegni per un importo di 970.000 euro. Il numero uno del club veneto però non avrebbe mai incassato tale somma e per questo motivo otto camorristi lo avrebbero picchiato e sequestrato chiedendogli un milione di euro come risarcimento del mancato esito dell’affare. Ora gli arrestati sono accusati di estorsione aggravata, porto d’armi da sparo, truffa, lesioni gravi, falso e ricettazione, tutti reati commessi con l’aggravante delle modalità mafiose.

S.Antimo. Lite tra coniugi: arrestate nove persone

SANT'ANTIMO. A Sant'Antimo i carabinieri della locale tenenza hanno arrestato per rissa aggravata i coniugi di Francesco Di Cristofaro, 29 anni, già noto alle forze dell’ordine e Alessandra Mungiguerra, 22 anni, incensurata, la sorella del di Francesco, Di Cristofaro Paola, 35 anni, incensurata, nonché i familiari di Alessandra, Vincenzo Mungiguerra (padre), 52 anni, gia noto alle forze dell’ordine, Teresa Bosfa (madre), 49 anni, incensurata, Stefano Mungiguerra (fratello), 30 anni, incensurato, Marco Mungiguerra (fratello), 27 anni, residente a Sant’Arpino (Ce), incensurato, Rosa Mungiguerra (sorella), 33 anni, incensurata e Antimina Mungiguerra (sorella), 31 anni, incensurata, tutti del luogo. I predetti sono stati sorpresi in un cortile condominiale in via Roma, mentre al culmine di una lite per futili motivi tra i citati coniugi, si picchiavano tra loro a calci e pugni e bloccati dopo breve ma violenta colluttazione. sono stati medicati dai sanitari dell’ospedale “San Giovanni di Dio” a Frattamaggiore per lesioni Franceso Di Cristofaro guaribili in 7 giorni, Paola Di Cristoforo guaribili in 8 giorni e 2 carabinieri guaribili rispettivamente in 6 e 7 giorni. Gli arrestati sono in attesa di rito direttissimo. Al vaglio degli inquirenti i motivi che hanno innascato la violenta lite finita in ospedale.       

Terremoto in Emilia 7 morti e 3mila sfollati. Tra le vittime Gerardo Cesaro di Sant'Antimo

SANT'ANTIMO. Gerardo Cesaro era nato a Sant'Antimo 57 anni fa, si era trasferito al Nord da più di trent'anni ma continuava a mantenere rapporti stretti con la città d'origine. E' morto nel crollo del capannone dell'azienda dove lavorava, la Tecopress, una fonderia che produce pezzi in alluminio per motori (serve anche Bmw, Audi e Daimler) Gerardo Cesaro avrebbe terminato il turno alle 6. Non era lontano dalla pensione. Con le vecchie regole ci sarebbe andato a mesi, ha spiegato il responsabile risorse umane dell'azienda. Per estrarre Cesaro dalle macerie, con il figlio che assisteva alle operazioni, i vigili del fuoco hanno impegnato alcune ore. Con lui al momento della scossa lavoravano una decina di operai che ce l'hanno fatta a mettersi in salvo. Lui era impegnato al forno, che produce vibrazioni di suo. Forse per questo non ha avvertito in tempo la scossa. Il 57enne è stata l'ultima delle vittime ad essere recuperata perché il suo corpo era sepolto dalle macerie dell'azienda. La scorsa notte era di turno alla colata nell'azienda siderurgica e si è attardato per mettere in sicurezza i macchinari. Quel ritardo, dovuto all'attaccamento al lavoro, gli è stato fatale. La notizia della morte è giunta a Sant'Antimo nella tarda mattinata di ieri e il paese si è chiuso intorno alla famiglia Cesaro. Il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro (stessa città, stesso cognome, nessuna parentela): «Sono quanto mai vicino alla famiglia di questo lavoratore del sud, che insieme a tanti altri costituisce la spina dorsale del paese».Nella memoria dei suoi coetanei, c’è il ricordo di un ragazzo, alto e forte a cui piaceva lavorare. Uno coraggioso che trenta e più anni fa, mise qualcosa in valigia, e fuggì al Nord. Scappare da questa terra avara di opportunità vere. Da una decina di anni, aveva diradato il venire giù a Sant’Antimo. Ma non aveva spezzato il filo della memoria della sua città natale e i contatti con gli altri familiari. Telefonava anche una volta a settimana e chiedeva di tutti. Si interessava delle faccende del suo “ paese”. Raccontava al nipote, Francesco Cesaro, di essere felice perché ormai ad un passo dalla pensione. E si sentiva fortunato perché aveva un lavoronella fonderia Tecopress, di Sant’Agostino, nel primo ferrarese. «Faceva anche i turni di notte - racconta il nipote, mentre nella sua abitazione di corso Italia a Sant’Antimo, sta ultimando, con la mamma, i preparativi per un viaggio di lutto e lacrime. - Un lavoro duro e a quell’età ancora più scomodo ma che gli avrebbe permesso di anticipare di qualche mese la sospirata e meritata pensione». (Fonte Il Mattino)

giovedì 10 maggio 2012

Polizia penitenziaria: «Dentro Poggioreale la camorra ricicla 650mila euro al mese»

NAPOLI - «Movimentazione record di denaro nel carcere di Poggioreale, tra i più affollati d'Italia con più di 2.700 detenuti presenti a fronte di una capacità regolamentare della struttura di circa 1.500 posti letto. 640mila euro ogni mese, 8 milioni di euro all'anno, senza tracciabilità e con il rischio di manovre neppure troppo oscure della camorra».

La denuncia è del Sappe, sindacato della Polizia penitenziaria, che riferisce di aver informato il presidente del Consiglio Mario Monti e i ministri di Interno e Giustizia Cancellieri e Severino.

Spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria: «Nella Casa circondariale di Napoli Poggioreale la movimentazione di denaro che entra in istituto ogni mese è di circa 640 mila euro per un totale di circa 8 milioni di euro, al netto di eventuali vaglia postali, in mano ai reclusi.

In occasione dei circa 600 colloqui che vi si tengono ogni giorno, a causa del versamento presso l'ufficio del Bollettario di una somma di denaro che può raggiungere gli ottocento euro mensili, tenuto conto che ogni recluso ha a disposizione un tetto massimo di circa 200 euro settimanali, entra negli otto padiglioni un fiume di denaro: vale a dire che, poichè in ogni cella si trovano otto-dieci reclusi, ogni camera di detenzione può disporre di quasi otto mila euro al mese».

Secondo Capece «vi sarebbe allora da spiegare tale movimentazione record di denaro, che non lascia alcuna tracciabilità, dal momento che non può non sorgere il sospetto che si tratti di compensi per affiliare e per gli affiliati ai clan camorristici. La perplessità è ancora più consona se si confrontano i dati con quelli di altre realtà carcerarie nazionali dove ogni detenuto incamera quattro volte di meno. Sembra, invero, che la struttura napoletana sia diventata una palestra criminale, una accademia nella quale la criminalità organizzata riesce ad allevare e a reclutare manodopera: da non dimenticare quello che accadde anni fa nel padiglione MilanO, dove si potevano distinguere i capi della camorra dalla manovalanza».

Il Sappe sottolinea inoltre che ogni giorno, nel carcere napoletano, «si buttano circa 2500 pasti al giorno: uno spreco inconcepibile che evidenzia una netta contraddizione, quando dai bollettari compilati dal personale del Corpo emergono cifre e bilanci che rendono superfluo il vitto fornito dall'Amministrazione, a fronte delle numerosissime richieste che pervengono al sopravvitto: un volume di denaro da far impallidire una società per azioni quotata in borsa.

Di fatto i due terzi del cibo preparato e pagato dallo Stato finiscono nella spazzatura: e questo è vergognoso oltrechè immorale in tempi di crisi come quelli attuali».

Ma anche questa sarebbe una manovra della camorra per acquisire consenso tra i detenuti: «la maggior parte dei detenuti cucina in cella e ai più indigenti i boss forniscono la sussistenza quotidiana rifornendoli di cibo, che diventa quindi occasione di affiliazione e sottomissione».

Sant'Antimo. Piemonte riconfermato col 62% dei voti

SANT'ANTIMO. Il sindaco uscente Francesco Piemonte si riconferma alla guida della città. Si attesta infatti al 62% dei voti e passa al primo turno il candidato della coalizione di centro destra che, con tutti i partiti che la compongono, però, va oltre il 75%, evidenziando un forte voto disgiunto. E' Luigi Vergara a sottrarre a Piemonte una buona dose di voti di preferenza. La sua lista civica infatti non va oltre il 10%, mentre lui vola al 18%. Il candidato del Pd Gabrielle Pappadia non sfonda e sia attesta a poco più dell'11%, mentre il partito si attesta all'8%. L'altro candidato, Giuseppe Italia di Idv si attesta al 9% circa e il suo partito non sale oltre il 6,2%. Il Pdl è primo partito con oltre il 35%, a seguire la civica Vivi Sant'Antimo con il 12%, La civica Insieme con l'11,2%, l'Udc con il 9,7%, il Nuovo Psi con il 5,5% e infine Grande Sud con il 2%. L'affluenza alle urne è stata dell'81,03%, in aumento rispetto alle ultime amministrative (78,03%).
A questo punto appare evidente che Francesco Piemonte, candidato della coalizione di centrodestra, potrebbe essere il sindaco più votato della storia di Sant’Antimo. Ma sull’esito delle comunali della cittadina campana, roccaforte del presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, gli altri candidati gettano l’ombra della compravendita di voti. Così, mentre Luigi Vergara (Lista Civica) parla di “supermercato”, Giuseppe Italia dell’Idv rincara la dose: “Nella competizione tra Stato e antistato a Sant’Antimo c’è sempre un problema”. Ma Piemonte si difende: “I dati erano già evidenti prima, attaccarsi adesso alla compravendita di voti è un gioco meschino”.       

Il boss del pizzo ordinò dal carcere:«Per la prima comunione portate a mia figlia il miglior iPhone che c'è»

TORRE DEL GRECO - Questa notte i Carabinieri del nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno dato esecuzione a un’Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere emessa dalla magistratura napoletana a carico di 23 persone (tra le quali una donna e un minorenne) ritenute responsabili di estorsione continuata aggravata dal metodo mafioso.

Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, i militari dell’Arma hanno fatto luce su una lunga serie di estorsioni consumate negli anni dai clan “Falanga”, “Di Gioia-Papale” e dai cosiddetti “Scissionisti”, le consorterie camorristiche operanti a Torre del Greco, ai danni degli operatori del porto, il principale volano economico della città, con l’imposizione “ a tappeto” del pizzo a titolari di locali pubblici ed a quelli di attività marinare, di ormeggio e di pesca.

Istruttive le intercettazioni depositate. Il boss Isidoro Di Gioia, ad esempio, impose dal carcere ad uno dei suoi affiliati di regalare alla figlia, per la prima comunione, un I-phone di ultima generazione. Emerge dalle intercettazioni contenute nell'ordinanza di custodia cautelare notificata oggi dai carabinieri allo stesso Di Gioia e ad altre 22 persone nell'ambito dell'operazione sulle estorsioni agli operatori del porto di Torre del Greco.

In un colloquio in carcere con la madre, Di Gioia incarica la donna di portare un messaggio a Bartolomeo Palomba, da poco scarcerato e addetto alla riscossione delle tangenti per conto del clan: «Mandagli un bacio e digli ti chiedo solo un piacere, la bambina il 17 deve farsi la comunione e vuole l'iphone, però mi deve fare contento a me, mi deve fare contento a me».

Effettivamente, nota il gip, «Palomba regala per la comunione della figlia di Isidoro un i-phone del valore di 770 euro quale regalo da parte di Isidoro ed un buono da 150 euro per acquistare un video game a suo piacere».

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Camorra, sequestri e confische

Camorra, sequestri a imprenditore legato al clan Fabbrocino

NAPOLI. Gli uomini della Dia di Napoli hanno dato esecuzione al sequestro preventivo di tre imprese riconducibili all’imprenditore detenuto Antonio Iovino, alias “Siscarella”, la cui partecipazione al clan Fabbrocino è stata processualmente riconosciuta in diverse sedi giudiziarie.

Sequestri anche nei confronti di altri cinque indagati. Nonostante condannato quale imprenditore di riferimento del clan camorristico napoletano, e quindi destinatario della conseguente misura di prevenzione personale e patrimoniale, Iovino era riuscito ad imporre, nel comprensorio vesuviano, la propria posizione dominante nel settore dell’estrazione di materiali da cava e del movimento terra utilizzando imprese formalmente intestate a compiacenti prestanome.

Proprio per tali motivi il 30 gennaio scorso era stato destinatario della misura cautelare personale e reale, adottata, nel medesimo procedimento, essendo state acquisite a suo carico importanti fonti di prova in ordine alla sua infiltrazione in un appalto pubblico per la realizzazione di una importante arteria di collegamento interprovinciale per la cui realizzazione Iovino aveva imposto la fornitura di materiale da cava che veniva consegnato, frammisto a rifiuti di ogni sorta, da società intestate a terzi ma di cui egli era in realtà, il vero dominus. L'ulimo provvedimento, invece, prende le mosse dagli approfondimenti eseguiti nei confronti dello stesso imprenditore e finalizzati ad individuare l’eventuale esistenza di ulteriori imprese riconducibili alla holding dal medesimo organizzata al fine di sottrarre i propri beni ai rigori della normativa antimafia.

Secondo gli investigatori, infatti, hanno evidenziato che Iovino ha tentato di sottrarre all’espropriazione antimafia le quote della Indemar srl di San Gennaro Vesuviano (Napoli), storicamente riconducibile al proprio gruppo imprenditoriale, intestandone la titolarità ad un soggetto che per anni è stato un suo fidato dipendente. Diversamente, invece, al fine di ottenere fidi bancari e le autorizzazioni necessarie alla partecipazione a gare per l’affidamento di lavori pubblici, ha fittiziamente intestato a terzi le partecipazioni sociali della Cam-Co Campania Costruzioni srl di Ottaviano (Napoli) nonostante i compiacenti prestanome risultassero sprovvisti dei redditi necessari al loro normale sostentamento.

È stato accertato, infine, che gli illeciti profitti conseguiti nel tempo da Iovino sono stati, peraltro, investiti nella Margò srl di San Gennaro Vesuviano (Napoli), proprietaria, peraltro, dell’esercizio commerciale di famiglia, ubicato a Ottaviano, destinato alla vendita di pelletteria, profumi ed accessori femminili griffati. Di tutte le aziende destinatarie del sequestro l’imprenditore detenuto ha sempre esercitato i poteri di amministratore di fatto. La misura ablativa ha riguardato quindi beni mobili ed immobili per un valore complessivo di circa un milione di euro immediatamente affidati alla giudiziale custodia degli amministratori nominati dalla procedente autorità giudiziaria.

Giugliano. Sequestro da 4 milioni a boss dei casalesi

GIUGLIANO. I militari della Guardia di Finanza del Gico, hanno sequestrato tre villette a Giugliano, regolarmente affittate a militari della Nato. L’operazione, eseguita con un decreto emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, vede coinvolto il 42enne Aldo Nobis, fiancheggiatore del clan dei Casalesi di Michele Zagaria, nonché fratello di Salvatore Nobis, detenuto al 41bis perché considerato elemento di spicco della cosca capeggiata dall’ex primula rossa. Tra i beni sequestrati, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, ci sono anche cinque auto, una moto ed un libretto di deposito contenente 50mila euro. Gli accertamenti eseguiti dalla Guardia di finanza avrebbero dimostrato che le ville situate a Giugliano erano state concesse in locazione circa dieci anni fa da Aldo Nobis, in qualità di proprietario, al segretario di Stato per la Difesa del Regno Unito e l’Irlanda del Nord per essere destinata ad uso abitativo dai membri delle forze armate e degli impiegati statali inglesi che lavorano presso le basi Nato di Napoli. Ville che erano fissate ad un canone annuo di circa 66mila euro.

Nobis e la villa in stile "Scarface". Dipendente di una società di costruzioni di Modena, Aldo Nobis è stato indagato per intestazione fittizia di beni. Infatti, sebbene siano formalmente intestate a lui, le villette sarebbero riconducibili al fratello Salvatore. I finanzieri hanno posto i sigilli anche alla sua villa di residenza, in via Brescia a Casapesenna: un immobile di quattro piani in stile “Scarface” come la maggior parte delle ville costruite da affiliati di spicco del clan, protetto da un sistema di telecamere. L’uomo divide l’abitazione con la moglie, i due figli minorenni e la madre. Per gli inquirenti Nobis era a conoscenza delle indagini, in quanto negli ultimi mesi avrebbe ritirato parecchi contanti dal libretto di deposito.
Salvatore Nobis sarebbe uno specialista nel sistemare ordigni esplosivi davanti a imprese e negozi, i cui titolari sono sottoposti a estorsione per conto del clan dei Casalesi. Per questo motivo è conosciuto anche con il soprannome di “Scintilla”. Nobis è anche legato da un vincolo di parentela con Zagaria essendo nipote del defunto Giacomo Nobis, marito di Maria Elena Zagaria, zia di primo grado di Michele Zagaria.       
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