domenica 30 gennaio 2011

Veleni e percolato in mare. «La politica sapeva ma taceva i pericoli»

NAPOLI - Antonio Bassolino era «sempre bene a conoscenza della inadeguatezza degli impianti e degli illeciti in corso»: è un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare notificata ieri a 14 persone, tra cui il prefetto Corrado Catenacci e la dirigente della Protezione civile Marta Di Gennaro, accusati di avere riversato in mare tonnellate di percolato. Bassolino è indagato assieme a Gianfranco Nappi, l'ex dirigente della sua segreteria, e all'ex assessore regionale all'Ambiente, Luigi Nocera.

Dall'ordinanza, che conta un migliaio di pagine, emerge del resto che a molti era nota la gravità della situazione e il potenziale pericolo per l'ambiente e la salute, ma che volutamente tutto questo non veniva fatto trapelare.

Questa, per esempio, la deposizione resa agli investigatori da Antonio De Santis, direttore generale del Consorzio di gestione servizi di Avellino che gestisce alcuni impianti di depurazione e che fu incaricato di installare un impianto di pre-trattamento del percolato a Montesarchio e Villaricca: «In occasione di una riunione del 2007 fatta presso la discarica di Villaricca io contestai il fatto che i valori del percolato relativi al COD e all'ammoniaca oltre che agli sst e ai grassi erano tali per cui non si poteva ritenere che il percolato fosse prodotto solo da rifiuti solidi urbani e piuttosto che ci dovevano anche ssere rifiuti di tipo industriale... La risposta fu quella di interrompermi, dicendo che di queste cose non si poteva parlare».

Il chimico Antonio Pastena, che nel 2007 analizzò il percolato della discarica di Villaricca, invece, racconta: «Allorquando io e altri tecnici notammo che con ordinanza commissariale gli impianti di depurazione dei reflui civili furono obbligati a ricevere il percolato di discarica rimanemmo francamente sbigottiti. Ricordo in particolare l'impianto di Nocera Inferiore, che era di piccole dimensioni e che non era collaudato».

Giugliano: arrestato Sabatino 'o champagne'

GIUGLIANO. Sabatino Granata imprenditore, ritenuto, affiliato al clan camorristico dei Mallardo, attivo nel comune di Giugliano e nei territori limitrofi, e' stato arrestato dai finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli. Le indagini disposte dalla DDA partenopea hanno consentito di individuare e sequestrare beni per circa 30 milioni di euro che l'imprenditore aveva intestato a parenti e prestanomi per eludere le misure di prevenzione patrimoniali. I sequestri sono stati eseguiti dalle Fiamme Gialle in Campania, Lazio, Abruzzo, Toscana e Lombardia. All'alba di questa mattina i finanzieri del comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli hanno tratto in arresto Sabatino Granata, meglio noto come Sabatino 'o champagne', imprenditore ritenuto affiliato al clan Mallardo, deve rispondere dei reati di associazione per delinquere di stampo camorristico, reimpiego di capitali di provenienza illecita e frode processuale aggravati dalla finalita' dell'agevolazione mafiosa.


I beni sequestrati.
Un impero economico disseminato in mezz'Italia. Ecco l'elenco dei beni sequestrati per un valore di circa 30 milioni di euro: 127 unita' immobiliari, costituiti da fabbricati e terreni, quote di partecipazione di 14 societa' (settore edile e pubblico esercizio), un'azienda, 138 mezzi di trasporto (moto, ciclomotori e macchine), 192 rapporti finanziari, bancari e postali, in prevalenza conti correnti e conti di deposito. In sostanza, per gli inquirenti, l'arrestato aveva utilizzato le finanze della famiglia malavitosa dei Mallardo per acquistare immobili, estendere l'attivita' commerciale del clan. La gran parte degli immobili sono stati individuati a Giugliano: 48 unita' immobiliari e 24 terreni. Inoltre tutte le societa' interessate dalle indagini risultano avere la sede legale nel comune dell'hinterland napoletano, in pratica dell'imprenditore, eccetto una. Tra le ditte sequestrate oltre a una ricevitoria del lotto, anche un ristorante e un albergo. In uno dei locali, il bar 'Champs Elysees' a Licola, i baschi verdi hanno accertato che si tenevano summit di camorra: era dunque un luogo strategico per il sodalizio criminale. E ancora, in un altro locale, 'La Buca di Bacco', che fa parte dell'hotel 'La Fayette', si celebravano i matrimoni, i battesimi e le comunioni che riguardavano gli affiliati. (AGI)

Demolizioni, scoperta la «cricca» dei vigili. Indagati 8 agenti, un avvocato e 2 tecnici

di Leandro Del Gaudio
NAPOLI - Come fare quattrini con le demolizioni, come mettere le mani anche sul ripristino delle regole. Bastava organizzarsi, muoversi in modo scientifico, capillare. Il sistema, a voler ripercorrere le tappe degli inquirenti, è più o meno questo: quando arrivano sigilli o decreti di abbattimento per palazzi abusivi, il vigile si mostra inflessibile. Niente clemenza, quel palazzo deve andare giù, nessuno sconto o beneficio. Poi, alla fine del verbale, una strizzatina d’occhio e un consiglio: «Ma lei ha provato a rivolgersi all’avvocato? Quale avvocato? Ce n’è uno bravo, uno che fa miracoli...». È accaduto spesso, tanto spesso, da lasciare ipotizzare l’esistenza di una piccola e agguerrita gang specializzata in episodi di corruzione, in tangenti e quant’altro può ruotare attorno a complessi procedimenti amministrativi. Pianura, Soccavo, Chiaiano, un copione ricostruito grazie agli uomini del comandante della polizia municipale, il generale Luigi Sementa. Ci sono otto vigili indagati, ma anche un avvocato (evidentemente un professionista nei ricorsi che hanno a che vedere con le demolizioni), due tecnici comunali. Inchiesta contenitore, c’è un po’ di tutto: un’ipotesi di associazione per delinquere, prestiti a usura, ma anche tentativi di insabbiare una serie di decreti di demolizione. Tutto ruota attorno a cemento selvaggio, ma anche alla massiccia strategia di demolizione di edifici costruiti in modo abusivo. Palazzi mai condonati, per i quali sono stati apposti sigilli, fino ad arrivare a decreti di demolizione con tanto di firma del giudice. Ed è nelle fasi terminali di lunghi procedimenti amministrativi che c’è chi ha saputo monetizzare: otto vigili finiti sotto inchiesta, ma il giro potrebbe allargarsi. Funziona più o meno così: una volta proposta la consulenza di un legale, la parcella da pagare gratificava anche il personale in divisa. In che modo? Il rapporto - stando alle prime indiscrezioni - era di ottanta in cambio del venti per cento. Una volta sborsati i soldi per l’avvocato, il venti per cento dell’onorario finiva agli agenti «promoter», che dovevano svolgere anche un altro compito in seconda battuta: dovevano «dimenticare» per un po’ gli edifici da abbattere, tanto per dare la sensazione di aver chiuso la questione grazie all’interessamento del legale. Una partita di giro, una sorta di comitato d’affari che a lungo andare ha finito col riguardare e interessare anche alcuni tecnici comunali. Ma non è l’unico business cresciuto all’ombra di ruspe, demolizioni, decreti di abbattimento. C’è dell’altro e riguarda un probabile giro di usura messo in piedi sempre e soltanto a danno di chi è costretto a tirare giù case ed edifici. Interessi che crescono nel corso del tempo, a partire da un dato di fatto: chi deve abbattere un edificio non condonato, lo deve fare a spese proprie. Capita che i soldi non ci siano e ci si rivolge a una sorta di cricca che ha imparato a speculare sull’emergenza cemento abusivo. Inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara, che neanche a dirlo, proprio di recente è stato al centro di minacce e intimidazioni che puntavano a colpire la strategia varata ai piani alti dell’ufficio inquirente due anni e mezzo fa: nessuna tolleranza, eseguire i provvedimenti di demolizioni. Vicenda calda, a giudicare dal giro d’affari, che vede impegnati anche i vertici della Procura generale (ufficio guidato dall’avvocato generale Luigi Mastrominico), ma anche i sostituti pg Giuseppe Lucantonio e Ugo Ricciardi.

sabato 15 gennaio 2011

Napoli nei dossier Wikileaks: Saviano è una bussola morale contro la mafia

ROMA (13 gennaio) - In Campania la camorra fa affari anche con «importazioni a basso costo», che vanno «dalle mele cariche di pesticidi della Moldova al sale del Marocco infestato da E. coli», 
il temibile l'escherichia coli, con «etichette-made-in-Campania»: lo scrive il console generale Usa a Napoli, J. Patrick Truhn in un dispaccio del giugno 2008 pubblicato da Wikileaks. Nel file, il diplomatico cita le affermazioni di un «comandante dei carabinieri» di Napoli. Si parla anche dei panifici nelle mani della camorra dove si cucina il pane con materiali tossici.
Il ponte sullo Stretto «servirà a poco senza massicci investimenti in strade e infrastrutture in Sicilia e Calabria»: lo scrive J. Patick Truhn, console
generale Usa a Napoli in un dispaccio del giugno 2009 pubblicato da Wikileaks in cui si analizza la situazione in Sicilia, dopo lo scontro politico tra Raffaele Lombardo e «il partito del premier Silvio Berlusconi». Il “grandstanding” (teatrino) politico ha «bloccato una operazione di trivellazione per gas lo scorso anno e minaccia di rinviare un importante sistema di comunicazione satellitare della Marina statunitense», si legge nel dispaccio.
Politica non combatte la mafia. «Anche se le associazioni imprenditoriali, i gruppi di cittadini e la Chiesa, almeno in alcune aree, stanno dimostrando promettente impegno nella lotta alla criminalità organizzata, lo stesso non si può dire dei politici italiani, in particolare a livello nazionale». Lo scrive J. Patrick Truhn, in un dispaccio del giugno 2008.
Come dice Saviano, la mafia non è tra i temi del voto. «Come ci ha ricordato Roberto Saviano, il tema (della lotta alla criminalità organizzata, ndr) è stato virtualmente assente dalla campagna elettorale di marzo-aprile» 2008. Il diplomatico suggerisce a Washington di «lavorare per fare presente al nuovo governo che la lotta al crimine organizzato è una seria priorità del governo Usa, e che i drammatici costi economici della criminalità sono un argomento convincente per una azione immediata». E aggiunge di considerare Roberto Saviano come una bussola morale per la lotta alla criminalità organizzata. «Un autore che è sulla buona strada per diventare un modello reale nella battaglia a camorra, 'ndrangheta e mafia».
Maroni non commenta. «Non commento i commenti e preferisco rispondere con i risultati». Così il ministro dell' interno, Roberto Maroni, ha replicato alla domanda di un giudizio su un report del console americano di Napoli pubblicato da Wikileaks. «Il console di Napoli - ha spiegato Maroni - si riferiva a un periodo precedente il 2008 ed io sono diventato ministro nel maggio del 2008, ma al di là di quello preferisco commentare con i risultati e con le parole del capo della polizia, che ha affermato che i risultati che abbiamo ottenuto in Italia negli ultimi anni sono superiori a quelli di qualsiasi altro Paese nel mondo e certamente in Italia sono superiori a quelli registrati in tutti i tempi».

Malavita Napoletana. Boom di fan su Facebook

GIUGLIANO. Oltre sessantatremila fan e la notizia finisce al Tg5 e su un quotidiano veneto. I fan aumentano ogni giorno: la camorra fa adepti anche su Facebook. La pagina “Malavita napoletana”, scrive il Gazzettino, è stata aperta solo a settembre, ma è piena di commenti. Gli iscritti sono uomini e donne, adulti e adolescenti, ma soprattutto trentenni. L’amministratore è anonimo. Noto solo luogo geografico di provenienza, Giugliano, città nota per i record delle illegalità, tra rifiuti e abusi edilizi. Ma potrebbe trattarsi solo di un riferimento “culturale”. Dopo che ieri un servizio del Tg5 sulla pagina ne ha annunciato la prossima chiusura da parte della polizia postale gli utenti hanno iniziato a preoccuparsi: “Mica pensano che siamo tutti camorristi?”, anno scritto in bacheca. E probabilmente davvero non sono tutti camorristi. Ma tra loro, da quanto risulta alla polizia, ci sarebbero molti rapinatori. Non solo fan, quindi, ma anche emuli dei boss.

Napoli, fan della camorra su Facebook: 61mila adesioni: scoppia la polemica.


NAPOLI (6 gennaio) - Un bambino che impugna una pistola è l’immagine del profilo della pagina «Malavita napoletana» che è diventato un fenomeno di costume con oltre 62mila iscritti. E più se ne parla, più sulla pagina di Facebook cresce il numero delle persone che gradiscono il link del profilo, visibile a tutti, anche ai non iscritti. Basta cliccare sulla scritta «mi piace» per infoltire la quantità dei partecipanti.
Solo nella giornata di ieri la pagina, aperta a settembre scorso, ha registrato quasi un migliaio di nuove adesioni. Nel frattempo, sulla bacheca fioccano i commenti. Si era parlato anche di un oscuramento della pagina da parte della polizia postale.
Ma la polizia sull’argomento preferisce non entrare, anche se è chiaro che quanto avviene in rete viene monitorato, anche alla luce di recenti inchieste scattate grazie a quanto gli inquirenti avevano captato su internet e da strani messaggi. La rete è frequentata spesso anche da rapinatori, insomma, ben oltre i fan dei boss.
Nel corso della giornata inizialmente i sostenitori discutono dei servizi lanciati dai mass media che pubblicizzano le loro gesta, beandosi del successo. Poi, in serata quando comincia a girare il link del servizio trasmesso dal Tg 5 i sostenitori di «malavita napoletana» si arrabbiano nell’apprendere che addirittura si parla di chiusura della pagina. Ovviamente, l’idea di una possibile censura non piace.
«Mica pensano che siamo tutti camorristi?», scrivono in bacheca. Il più preoccupato è l’amministratore della pagina, che chiede ai suoi amici di pubblicare il video. Il dibattito si infiamma. Non mancano le accuse di chi deve aver visto il telegiornale. «Finalmente hanno capito che siete una banda di pazzi. Così la smettete di esaltare la criminalità», tuonano.
Poi, dai protagonisti arriva una considerazione più seria: «Con tutti i guai che ci stanno, pensano proprio a noi».
Certo su Fb si scherza, ma anche no e il malcapitato visitatore si imbatte in un catalogo di immagini di violenza, trailers di film sulla camorra e sulla mafia, inni alla sopraffazione, note sulla possibilità di fare soldi in maniera facile. Ma anche in sfottò e liti. È ovviamente rara la condanna ai comportamenti illegali.
Ci si diverte, comunque. Erano poco più di diecimila a ottobre scorso, sono diventati ventimila a novembre e aumentano sempre di più. L’amministratore della pagina, cioè colui che l’ha creata, resta anonimo. Viene dichiarata solo il luogo geografico di provenienza, ma potrebbe essere quello reale o anche solo un riferimento «culturale». In ogni caso, si tratta di Giugliano, la città nota per detenere i record delle illegalità, tra scarichi di monnezza e abusi edilizi.
In rete si collegano moltissimi napoletani, ma intervengono nelle discussioni anche romani, siciliani e toscani. Sono uomini e donne, molti sono adolescenti, ma ci sono anche parecchi adulti, in maggioranza trentenni. «Quando mi è arrivato l’invito l’ho accettato, ero curioso di vedere di che cosa si trattasse, ma partecipo poco alle discussioni», dice Luca Sena, 25 anni, di Potenza. Finora il passaparola tra gli internauti è stato formidabile, ma da quando del fenomeno si sono interessati i mass media, la curiosità è cresciuta ancora di più...

Camorra su Facebook, la Polizia postale:«Web usato per lanciare messaggi»


NAPOLI (7 gennaio) - «La camorra ha imparato ad utilizzare Facebook e i social network anche per trasmettere messaggi in codice e profili particolarmente affollati possono essere un ottimo sistema per mimetizzarsi». Andrea Rossi è capo compartimento della polizia postale, la linea di fronte più avanzata contro i reati on line. Ilprofilo Fb «Malavita napoletana» con gli oltre 62mila iscritti ha fatto immediatamente scattare un serrato monitoraggio da parte degli inquirenti non escludendo un intervento diretto.

«Purtroppo questo caso non è l’unico del genere - continua Rossi - chi fonda gruppi di questo tipo conta sull’effetto reazione. Circa la metà dei contatti è di segno negativo. Persone che condannano il principio ispiratore del profilo ma fanno il gioco di chi l’ha creato. Ci sono poi i provocatori che spesso travalicano il buon gusto e, inevitabilmente, ci possono essere anche i malintenzionati».

L’ipotesi di oscurare la pagina «Malavita napoletana» passa attraverso i controlli che sono attivati. «In un anno abbiamo ricevuto ventimila mail di segnalazioni e quasi millecinquecento denunce. Quando, poi, ci sono casi eclatanti, come può essere questo, le segnalazioni arrivano anche a duecento in pochissimi giorni. La nostra attività è vagliarle con attenzione per verificare quelle corrette. Va detto che la collaborazione con i social network è positiva. Il primo passaggio è la segnalazione ai responsabili dei siti e, al di là della libertà di espressione, si procede rapidamente all’oscuramento. L’odio razziale o il furto di identità sono reati per cui si procede più rapidamente. Per i casi importanti si attivano procedure internazionali».

Oscurare un profilo Facebook richiede, infatti, un iter particolarmente complesso. Non è facile intervenire per bloccare pagine e siti su internet. In particolare, per rimuovere le pagine di Facebook, è necessario agire tramite rogatoria internazionale che deve essere richiesta dalla magistratura..