mercoledì 8 dicembre 2010

“Città di Partenope”: prosegue l'iniziativa sulla raccolta differenziata

NAPOLI (6 dicembre) - L’emergenza rifiuti corre anche sul web. Ma stavolta on line non ci sono le immagini di turisti che scattano foto ai cumuli di immondizia o i tanti sacchetti disseminati in strada.

Città di Partenope (progetto ideato dal pubblicitario Claudio Agrelli) nei giorni scorsi ha lanciato attraverso il proprio sistema di democrazia diretta (primo sistema di e-democracy telematica attivo in Campania) un quesito che potrà essere votato da tutti coloro che si collegano al sito www.comunedipartenope.it.

Sono già centinaia i cittadini che stanno affollando le urne virtuali di “Città di Partenope” per rispondere alla domanda: “Saresti d’accordo nel proporre al Comune di Napoli un passaggio di deleghe alle Municipalità in materia di raccolta differenziata, cosicché la pianificazione e il controllo del processo venga decentrato ad organi più vicini ai cittadini?”. Ad oggi l’87% è favorevole e il 13% è contrario.

L’obiettivo è quello di sensibilizzare ancor più l’opinione pubblica sulla questione rifiuti.

Pronto ad assumersi l’onere e a coinvolgere gli altri colleghi il presidente della prima municipalità, Fabio Chiosi. Al termine della votazione, Città di Partenope sottoporrà al Comune e ai principali candidati della nuova amministrazione i termini della proposta. L’adesione è libera e tutti possono iscriversi per votare, naturalmente dopo aver firmato il codice etico della città, un decalogo di regole del vivere civile. Partenope è una città virtuale che sempre più vuol incidere su quella reale e lo fa affiancando alle denunce soluzioni concrete che porta avanti con tenacia, come nel caso della battaglia per la riqualificazione della Galleria Umberto I, oggi sorvegliata dalla Polizia Municipale e presente nel recente censimento del FAI “I Luoghi del Cuore” come monumento più votato in Campania e tra i primi in Italia.
http://www.ilmattino.it/

Politica e affari dietro l'emergenza rifiuti

Scritto da: Prof. Amato Lamberti 

L'emergenza rifiuti non è solo il frutto di incapacità degli amministratori o di pressioni del crimine organizzato. Il problema rifiuti potrebbe essere affrontato in modo semplice e razionale, vale a dire fissando regole chiare per il conferimento differenziato dei rifiuti da parte dei cittadini e poi provvedere alla raccolta porta a porta e, infine, al conferimento delle frazioni differenziate alle aziende o agli impianti di trattamento e riutilizzo. Semplice, facile e chiaro. In tutto il mondo civile funziona così e nonostante l'aumento dei rifiuti non si registrano problemi. Da noi no, perchè la logica è quella di arrivare al risultato moltiplicando però le occasioni di affari per il maggior numro possibile di persone, comprese le organizzazioni criminali. Ma a fare affari sono innanzitutto politici e amministratori che gestiscono politicamente (spartitoriamente) le strategie di soluzione del problema, la moltiplicazione dei passaggi della massa dei rifiuti, l'assunzione di sempre nuovo personale quasi sempre inutile. l'acquisto di sempre nuovi automezzi, la distribuzione degli appalti, dei subappalti, dei noli a freddo e a caldo, la concessione di consulenze ed incarichi per studi, monitoraggi, pubblicità, rapporti con giornali e televisioni, che servono solo a rinforzare l'immagine e a consolidare le clientele. Certo fanno affari anche gli imprenditori e i professionisti amici di politici e amministratori. Fanno affare i tecnici, i funzionari di partito, gli addetti alle segreterie degli amministratori, i parenti, le amanti e tutto il sottobosco che vive di rapporti con la politica. La soluzione del problema, siano i rifiuti, gli ospedali, le bonifiche, le strade, è l'ultima cosa. Più si prolunga l'emergenza e più gira la giostra dove molti tentano di farsi almeno un giro.


Un Procuratore della Repubblica e settemila processi

Articolo di Giustizia, pubblicato giovedì 25 novembre 2010 in Olanda.
[NRC Handelsblad]
Ad un Pubblico Ministero in Sicilia manca tutto. Codici, computer, giudici. I politici corrotti sono i primi a notare le conseguenze di una buona amministrazione della giustizia.
Per un attimo il giudice Elisabetta Mazza e il Procuratore Capo della Repubblica Calogero Ferrotti hanno dimenticato le loro preoccupazioni sulla demolizione del Diritto nel sud Italia. Davanti a loro è seduta la maestra d’asilo in pensione Rosaria Pignato. La sua rabbia riempie con facilità l’immensa sala del Palazzo di Giustizia di Enna, una piccola città di provincia in Sicilia.
 Vestita con un abito rosso e scarpe rosse testimonia dietro occhiali da sole colorati contro il comandante di polizia del suo paese. Ogni mercoledì mattina verso le sette e mezza questo La Martino appariva al mercato e riempiva borse di plastica di banane, sedani, patate, arance e lattuga. Il suo assistente caricava il raccolto nel portabagagli e lui partiva senza pagare, come se fosse normale. Quell’uomo ha uno stipendio. Deve pagare come ogni cittadino, grida la Pignato nell’aula di tribunale con le due gabbie per gli accusati vuote.
Il giudice Mazza, presidente del collegio penale (35 anni e da sei in servizio), nasconde la sua risata dietro il palmo della mano quando apprende che la maestra d’asilo nel 2006 ha addirittura filmato di nascosto il comandante per raccogliere prove contro di lui. Qui in Sicilia non ho mai incontrato un cittadino così coraggioso, dice il Procuratore Capo Ferrotti (67 anni), dopo la seduta.
Coraggio e perseveranza non mancano nemmeno a Ferrotti e Mazza. Da un mese e mezzo Ferrotti è il solo pm a Enna. I suoi quattro sostituti sono partiti e non sono stati rimpiazzati. Durante la seduta viene ripetutamente chiamato all’esterno per emergenze. Il processo nel frattempo si ferma. Da solo deve giudicare e gestire i settemila casi che gli si presentano annualmente. Alla sera e nel fine settimana prepara i processi. Mi sento come in un ospedale senza medici, dice lui. Quando se ne va via tardi la sera spegne lui stesso le luci del Palazzo di Giustizia e chiude a chiave la porta.
La situazione di Ferrotti è caratteristica dello stato abominevole del Pubblico Ministero nel Sud dell’Italia a partire da più o meno tre anni a questa parte. Il 30-40% percento delle posizioni sono vacanti. Nei tribunali più piccoli qualche volta si arriva perfino al 75-80%. I successi che vengono ottenuti contro la mafia sono solo da attribuirsi all’enorme sforzo lavorativo e professionalità di quelli che sono rimasti al loro posto, dice Ferrotti.
Dopo la seduta, il giudice Mazza spiega che lei deve fare a meno di cinque dei suoi dieci colleghi. Ha 440 processi da gestire personalmente. Per spiegare il degrado della giustizia fa vedere la camera di consiglio. Ci sono cinque diversi tipi di sedie intorno al tavolo, la più moderna delle quali risale agli anni ‘60. Il computer non ha la tastiera, né la stampante e la connessione internet. La serie di libri in cui viene annualmente raccolta la giurisprudenza si ferma al 1994. Questo è, guarda caso, l’anno in cui Silvio Berlusconi è entrato in politica, ma lei non vuole dir nulla sul premier e la sua inarrestabile lotta contro il potere giudiziario. Semplicemente paga di tasca propria i nuovi codici e i nuovi CD di giurisprudenza.
Mediamente mancano nel Sud Italia il 20% dei giudici che ci dovrebbero essere. Mazza: lo Stato conta sul nostro impegno extra, sulla nostra disponibilità a lavorare durante il fine settimana. Ma se non riceviamo aiuto velocemente dovremo fermarci, perché lo stesso giudice non può fare contemporanemente sia l’inchiesta che il processo. Questo è il momento peggiore da molti anni.
Le conseguenze si possono immaginare. Per la fretta vengono commessi più errori di forma dai Pubblici Ministeri. I processi si protraggono per anni. Nella cittadina di Enna l’anno scorso sono andati in prescrizione il 20 percento dei processi penali, anche a causa di leggi che hanno accorciato i termini della prescrizione. I cittadini perdono fiducia nella giustizia, perché riescono ad ottenerla con sempre maggiore difficoltà. Le aziende straniere non investono più, perché non sanno né quando né se il loro investimento renderà, dice Mazza.
Ad Enna un processo di primo grado dura mediamente tre anni e tre mesi ma ci sono anche molti valori sopra questa media e ci vogliono anni prima che un processo abbia inizio. Se un’azienda fallita ti deve dei soldi, qui fai meglio a vendere la casa o a chiedere un mutuo perché non ottieni che un massimo del 40% con anni di ritardo, sempre che tu ottenga qualcosa, dice l’avvocato Alessandro Messina. Le compagnie di assicurazioni speculano, secondo lui, su questo tipo di situazioni. Ti offrono il 20% di quanto hai diritto dopo un danno. Sanno che la vittima deve per forza accettare, perché altrimenti è costretta a trascinare il caso per anni. Messina dice che la politica fa mancare i mezzi di proposito, in modo da indebolire la giustizia. I politici corrotti sarebbero i primi a pagare le conseguenze negative di un buon funzionamento della giustizia.
Quando Ferrotti l’anno scorso, per protesta contro il degrado della giustizia, ha minacciato di andarsene in pensione, il Ministro della Giustizia Angelo Alfano, anch’egli siciliano, ha risposto: se “Se il Procuratore Capo non se la sente più di darsi da fare in una situazione di emergenza, può anche andare a godersi la sua pensione”. Ferrotti è rimasto e ha continuato a lottare: un capitano non lascia la nave prima che affondi.
Grazie alle azioni di protesta dei cittadini e dell’ordine dei magistrati il prossimo aprile gli verranno assegnati tre giovani neolaureati in legge. Ma la causa della mancanza strutturale di pm nel Sud Italia non è risolta. Dal 2007 una legge proibisce ufficialmente che i neolaureati vengano nominati procuratori o giudici. È solo stata fatta un’eccezione per questo caso.
Prima del 2007 i posti vacanti venivano sempre assegnati a giovani perché i magistrati con esperienza non sono attratti dall’idea di andare al lavorare al Sud. Chi lo fa, prova ad andarsene dopo il termine minimo di tre anni.
Qui chiaramente non è New York, spiega il giudice Mazza. Ad Enna fino all’anno scorso non c’era nemmeno un cinema. Il carico di lavoro in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania è inoltre molto più alto che nel Nord Italia. Ed i rischi sono maggiori in questa zona controllata dalla mafia nonostante non vi siano più state uccisioni di magistrati negli ultimi 15 anni.
Secondo Ferrotti, che nella stampa nazionale è da qualche tempo decritto come un superman, la crisi della giustizia in una zona come quella del Sud Italia è funesta per la fiducia nello Stato. Se qualcuno fa pascolare le sue pecore sulla tua terra, qui conviene rivolgersi al boss mafioso locale invece che al giudice, dice anche il giornalista José Trovato, che lavora qui ed a causa di minacce di morte è scortato dalla polizia.
La ex-maestra d’asilo, la Pignato, non si lascia scoraggiare. Ha dovuto aspettare quattro anni per la prima udienza e ne passeranno degli altri prima della sentenza definitiva. Ma qualche soddisfazione se l’è tolta. Il comandante di polizia corrotto è stato mandato in pensione prima del tempo. Al Capo Procuratore per ora non viene invece concesso nessun riposo.
Riforme della giustizia sono urgentemente necessarie. Meno della metà degli italiani ha fiducia nel sistema giudiziario del proprio Paese, secondo le ricerche sulla fiducia degli italiani nelle istituzioni. Molti sostengono gli attacchi al potere giudiziario del premier Berlusconi perché non si sentono protetti. Il premier ha già una volta definito i magistrati una razza degenerata. I magistrati hanno in parte di che rimproverarsi per la critica. Ci sono quelli che battono la fiacca e quelli che rifiutano di accettare gli incarichi nel Sud, dove la mafia è forte.
Ma la giustizia soffre soprattutto di problemi strutturali che la politica non si occupa di risolvere. Troppi delitti devono essere gestiti dal giudice penale con la conseguenza che la macchina si ingolfa. Si può fare un processo solo dopo che un giudice, spesso dopo anni, ha stabilito la sua necessità e la causa penale può effettivamente iniziare con nuovi giudici, diversi dal primo.
I ritardi sono perciò enormi. Ogni tanto c’è una riforma. Nessun governo degli ultimi 15 anni ha però apportato mezzi e modifiche procedurali necessari a sveltire il corso della giustizia.
[Articolo originale "Eén officier van justitie en zevenduizend rechtszaken" di Bas Mesters]

Il patrimonio artistico italiano, più unico che raro, riguarda tutti

[The Guardian]

La ricca storia del paese è vitale per tutti tranne che per il governo di Berlusconi, ora in pericolo. Non sarebbe ora di istituire un Fondo Internazionale?
Proteggere il patrimonio artistico è un problema di tutti. Eppure si pensa ancora che sia un problema nazionale. Questo è un atteggiamento miope e pericoloso: nel momento in cui l’economia internazionale fa fatica a riprendersi e diversi paesi affrontano la crisi in modo diverso, i lavori d’arte e di architettura sono a rischio ovunque.
Il tragico crollo della Casa dei Gladiatori a Pompei e lo sciopero degli impiegati museali italiani contro i tagli della finanziaria evidenziano una potenziale catastrofe nel cuore culturale dell’Europa. Dal XVI secolo innumerevoli viaggiatori hanno compiuto il loro pellegrinaggio in Italia per abbeverarsi alla fonte dell’eccellenza artistica. Il patrimonio culturale del Paese, dagli antichi templi greci agli affreschi di Giotto e Michelangelo, è a dir poco impressionante per la sua ricchezza e nessuno può affermare che queste meraviglie abbiano un valore puramente nazionale.
Eppure la brutale politica nei confronti dei beni culturali del governo Berlusconi – che sta compiendo ciò che molti temono che il nostro governo potrebbe fare qui ai nostri musei, se non peggio – mette in pericolo il prezioso tessuto della nazione.
Cosa si deve fare? Noi non possiamo fare nulla di certo, visto che, per quanto ne sappia, non ci sono istituzioni che possano intervenire. Il Fondo Artistico svolge un ottimo lavoro nel proteggere l’arte britannica, il Fondo Nazionale tutela i monumenti e il paesaggio inglese, ma entrambi non servono a nulla in questo contesto. Altri paesi sono ugualmente provinciali riguardo alla loro eredità culturale, che i francesi chiamano il “patrimonio” nazionale.
Allora i britannici amanti dell’arte come possono aiutare i musei italiani? Qualcuno ha qualche suggerimento? Un’eccezione a questo provincialismo è stato lo sforzo internazionale per salvare Venezia. Britannici entusiasti come John Julius Norwich e i fondatori di “Venezia in pericolo” hanno giocato un ruolo molto importante nel sostenere la città che sta affondando.
Adesso a Venezia le facciate di molti edifici centrali sono coperte da enormi cartelloni pubblicitari, visto che degli sponsor privati pagano per i restauri e i lavori di costruzione. A me stanno troppo a cuore i tesori italiani per usarli come merce di scambio politico. Se gli sponsor privati o degli investimenti possono avere un ruolo, come a Venezia, questo va bene. Le pubblicità che coprono i palazzi non piacciono a “Venezia in pericolo”, ma sicuramente sono meglio dei crolli, no?
C’è bisogno di una globalizzazione delle iniziative artistiche, come un Fondo Mondiale d’Arte o un Fondo Internazionale. Non ci può essere ripresa economica se si guarda solo agli interessi personali, né è possibile proteggere la grande arte in questo modo.
[Articolo originale "Italy's arts heritage is in a class, not a world, of its own" di Jonathan Jones]

Pompei versa in condizioni molto gravi
[NRC Handelsblad]

Il crollo della casa dei gladiatori a Pompei causa una mozione di sfiducia in Italia.
La colpa del degrado di Pompei viene imputata al premier Berlusconi. Eric Moormann, professore emerito di Archeologia Classica, non sarebbe sorpreso qualora si verificassero nuovi crolli.
Il premier Berlusconi, già perseguitato da scandali, ha un ulteriore problema ora che l’opposizione ha annunciato una mozione di sfiducia in Parlamento contro il suo ministro della Cultura, Sandro Bondi. Il motivo è il crollo di un edificio usato per i gladiatori a Pompei, la città romana sepolta nell’anno 79 D.C. da un’eruzione del Vesuvio.
La posizione di Berlusconi sembra precaria. Il suo ex alleato, il Presidente della Camera Gianfranco Fini, domenica gli ha chiesto di dimettersi. Il partito di Fini, che tuttora sostiene il governo Berlusconi, martedì ha votato con l’opposizione contro una proposta di legge del governo e . Fini potrebbe far cadere il ministro per dimostrare il suo potere.
Bondi continua a rifiutare di dimettersi nonostante sia stato costretto ad ammettere che altri edifici di Pompei stanno per crollare.
La situazione a Pompei è molto grave, afferma Eric Moormann, professore emerito di Archeologia Classica all’Università Radboud di Nimega. Il problema è che nel corso degli ultimi duecentocinquanta anni si è scavato troppo, mentre allo stesso tempo non ci sono soldi per la conservazione dei monumenti, la maggior parte dei quali versano in condizioni deplorevoli. “Non mi sorprenderebbe se ne crollassero degli altri”.
Il crollo dell’edificio ha causato molta emozione e rabbia in Italia. Moormann: “Un collega napoletano mi ha mandato un messaggio spiegandomi che il Ministero della Cultura la scorsa settimana ha stanziato trenta milioni di euro da usare per nuovi scavi ad Ercolano, la cittadina sepolta sotto fango e lava dalla stessa eruzione del 79 D.C. Questi milioni sono ancora una volta sottratti al bilancio per la conservazione archeologica. I lavori sono affidati a terzi, nemmeno al proprio servizio archeologico. Il mio collega sceglie le parole con cura, ma tra le righe leggo che come al solito è stata una questione di affari tra amici.”
Due anni fa il governo dichiarò lo stato di emergenza per Pompei, classificata patrimonio mondiale dall’Unesco. Molti affreschi sono già rovinati e migliaia di pietre sono cadute dai muri.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha definito il crollo dell’edificio una vergogna per l’Italia. Secondo l’opposizione i tagli dell’attuale governo sarebbero la causa della mancanza di manutenzione.
Ma secondo Moormann il degrado di Pompei non è solo colpa di Berlusconi. L’edificio sarebbe potuto crollare anche dieci anni fa. Non è servito che il suo governo abbia ulteriormente ridotto il budget ma il problema esiste da tempo. L’Italia ha una così enorme quantità di tesori artistici da preservare che farlo sarebbe impossibile persino per il Paese più ricco del mondo, figuriamoci per uno con problemi finanziari.
L’edificio dei gladiatori, una cosiddetta ‘schola’, è crollata sabato scorso probabilmente perchèé le fondamenta del complesso erano state danneggiate da infiltrazioni d’acqua. Non è una casa, ma una palestra in un atrio colonnato. Era l’unica del suo genere ad essere sopravvissuta dall’antichità, quindi una grande perdita.
Nel 2008 un commissario speciale avrebbe dovuto investire 57 milioni in manutenzione. Molti casi per i quali il governo Berlusconi ha dichiarato lo stato di emergenza sono sotto inchiesta a causa di sospetta corruzione. Da allora si sono susseguiti tre commissari speciali, spiega Moormann, che hanno sostituito un direttore considerato molto capace dai suoi colleghi. “Non sono in grado di dire se è stato fatto qualcosa di buono con quei soldi, quando ci sono stato in primavera alcune cose erano state riparate mentre altre erano malridotte come prima. Il ristorante era però stato ristrutturato, chiaramente spendendo un sacco di soldi. Con circa due milioni di visitatori all’anno, Pompei è una delle principali attrazioni in Italia ma i soldi che vengono guadagnati lì devono essere consegnati al Ministero, quindi non si arriva da nessuna parte.” “Il deplorevole stato in cui versa Pompei non è solo colpa di Berlusconi”.
[Articolo originale "'Toestand Pompeï is zeer ernstig'" di Ron Rijghard]