sabato 27 novembre 2010

Marinella, il re delle cravatte: immondizia, che vergogna con i nobili inglesi


di Maria Chiara Aulisio

NAPOLI (24 novembre) - Una serata da dimenticare. Parola di Maurizio Marinella. A Londra per annunciare l’apertura del suo nuovo negozio il 30 marzo nel cuore di New Bond Street, la strada del lusso e della moda, tra Mayfair e Piccadilly, il re delle cravatte si ritrova, ancora una volta e suo malgrado, immerso in una «montagna» di munnezza. La prospettiva sembrava allettante, anzi lo era: una cena di gala a San Katherine Docks, in casa di lord David Mellor, politico, avvocato, musicologo, nel ’90 consigliere privato di Margaret Thatcher e già esponente nel Gabinetto di John Major come primo segretario al Tesoro. 

Occasione da non perdere per più di una ragione, non ultima quella che sua moglie Penelope, giovane nobildonna inglese, è già al lavoro per l’organizzazione delle Olimpiadi di Londra del 2012, dove Marinella potrebbe ben rappresentare il meglio dell’artigianato, dell’eleganza e della tradizione partenopea. Un incontro conviviale al quale era atteso anche Carlo d’Inghilterra. Peccato che non ci sia stato neppure il tempo di sedersi a tavola. «Marinella? From Naples? Are you submerged by garbage, isn’t it? Unbelievable». 

Che tradotto vuol dire: è vero che siete strapieni di rifiuti? «Ebbene sì, cari signori, ne abbiamo fino al collo e la situazione non è destinata a migliorare». Ecco, allora, la cronaca di una cena da incubo. Le domande arrivano insieme con l’antipasto, il disagio e l’umiliazione del re delle cravatte si taglia a fette: «A dire la verità provo anche a cambiare argomento ma mi rendo subito conto che è inutile. Tutti chiedono la stessa cosa - sottolinea sconfortato - tutti vogliono sapere da me come è possibile che una città si riduca così». 

E siccome non riescono proprio a credere a quel che dice Marinella, che parla di «inefficenza», «camorra», «illegalità», «inciviltà», insistono con le domande. Tra una portata e l’altra prende la parola la signora De Beers, quella dei diamanti per intenderci, capostipite di una delle famiglie più ricche della terra, pronta a mettere sotto torchio anche lei il povero Marinella sempre più avvilito. «Possibile che voi buttiate la spazzatura nei contenitori e nessuno la raccolga?» Risposta: «Possibile». «Possibile che i topi passeggino indisturbati sui cumuli di rifiuti?» Risposta: «Possibile». 


«Possibile che i vostri governanti assistano a questo scempio senza far nulla?» Risposta: «Sì, è possibile». E giù un’altra sfilza di curiosità, ambientali e sanitarie, da soddisfare sulla pelle di Marinella. Insomma, una serataccia in piena regola, ben oltre le previsioni. «Peggio. Roba da non credere. Quando sono andato via ero avvilitissimo. Io che speravo di poter raccontare la mia Napoli, quella della tradizione, dell’eleganza, della cultura... Avrei voluto parlare del nostro patrimonio artistico, delle bellezze naturali che abbiamo a disposizione. Invece niente, è stato un fuoco di fila...». 

Ma nonostante tutto Marinella non molla, anche se qualche segno di cedimento comincia ad avvertirlo anche lui di fronte allo scempio quotidiano, ad un disastro che si perpetua ormai da troppo tempo: «Mio nonno, quando avevo otto anni, mi disse che era importante che io restassi a Napoli perché questa città, con Parigi e Vienna, sarebbe stata una delle tre grandi capitali europee. Oggi è difficile crederci. E anche io che sono un napoletano ”tosto”, caro nonno, comincio a non farcela proprio più»

sabato 20 novembre 2010

Gli italiani scommettono sullo zafferano contro il papavero in Afghanistan

Articolo di , pubblicato lunedì 25 ottobre 2010 in Francia.

Promuovere la cultura dello zafferano per sostituire il papavero : questa è la sfida che vogliono lanciare i soldati italiani in Afghanistan. Nella regione di Herat, controllata dagli italiani, sono state già distribuite alle popolazioni locali sessanta tonnellate di bulbi di zafferano. In tutta la regione, sono stati piantati duemila ettari di terreno mentre i campi di papavero sono passati in cinque anni da 2000 a meno di 500 ettari. Nei pressi di Ghurian, circa 480 donne riunite all’interno di una cooperativa, si preparano a raccogliere i preziosi pistilli del fiore viola. Lo zafferano assicura loro un reddito di 9000 dollari all’anno per ettaro, tre volte più del papavero.
Bisogna dire che i talebani e i trafficanti di droga non vedono di buon occhio la sua diffusione. In una valle isolata, sono stati incendiati due camion che trasportavano bulbi e i conducenti assassinati. In alcune zone l’esercito italiano assicura le consegne in elicottero. “Lo zafferano rappresenta il futuro dell’Afghanistan”, dichiara l’alto rappresentante dell’ONU Staffan de Mistura. Al salone delle Biodiversità che si svolge a Torino, alcuni soldati del primo reggimento di artiglieria da montagna, da poco rientrati da Herat, per spiegare la loro iniziativa hanno aperto uno stand molto visitato. “Questo progetto è fondamentale per lo sviluppo di questo paese”, afferma il tenente Silvia Guberti, coordinatrice del progetto per le donne afghane.

Preso il boss Iovine, duro colpo ai Casalesi

CASAL DI PRINCIPE. Un duro colpo alla camorra è stato sferrato nel pomeriggio dalla Polizia. Il boss super latitante del clan dei casalesi, Antonio Iovine detto ‘o ninno, è stato catturato dalla Squadra Mobile di Napoli a Casal di Principe in Via Cavour. La notizia è stata battuta dall'Ansa. Secondo la principale agenzia di stampa nazionale, Antonio Iovine non ha opposto resistenza quando i poliziotti della squadra mobile di Napoli, di Caserta e del Servizio centrale operativo lo hanno immobilizzato. Secondo quanto si apprende da fonti investigative, il boss del clan dei Casalesi - al vertice assieme a Michele Zagaria - e' stato arrestato in un'abitazione di Casal di Principe appartenente ad una persona che lui frequentava. All'abitazione gli investigatori sono arrivati grazie ad un complesso lavoro fatto di pedinamenti e di accertamenti sulle persone piu' vicine al boss. Antonio Iovine era latitante da 14 anni. Condannato all'ergastolo nel 2008 nel maxi processo Spartacus. Era lui fino ad oggi il capo del clan dei Casalesi. Era inserito nell'elenco dei 30 piu' pericolosi latitanti d'Italia, assieme - tra gli altri - a Matteo Messina Denaro, numero uno di Cosa Nostra; Michele Zagaria, dei Casalesi; gli 'ndranghetisti Sebastiano Pelle e Domenico Condello; il bandito Attilio Cubeddu, coinvolto nel sequestro Soffiantini e fuggito nel 1997 dal carcere dove era detenuto. (fonte: Ansa)

Antonio, «'o ninno», era il prediletto del boss Sandokan (Francesco Schiavione ), quindi il «tigrotto» della camorra su cui Schiavione contava di più. Antonio Iovine era insomma il «delfino» dei Casalesi. Una serie incrociata di fidanzamenti testimonia i legami tra i due: la figlia di Antonio Iovine , Filomena (Milly) si è fidanzata con Ivano Schiavone, figlio di Sandokan; la figlia della sorella di Iovine, Filomena Fontana, si è unita con Paolo Schiavone, figlio di Cicciariello; la figlia di Rosanna De Novellis e di Carmine Iovine, anche lei Filomena (Filly) è infine stata fidanzata con Carmine Schiavone, un altro figlio di Sandokan.

IL SODALIZIO CON ZAGARIA - Antonio Iovine è legato da un patto di ferro e di amicizia a Michele Zagaria, l'altro superlatitante dei Casalesi.

SAN CIPRIANO, UN BORGO PER DUE BOSS: IOVINE E ZAGARIA - A San Cipriano ha la sua origine anche la famiglia Bardellino che ha avuto in Antonio il suo «leader maximo» e proprio da lui e dal suo amico Mario Jovine, i due hanno imparato come scalare i vertici della malavita e a evitare la polizia anche se a volte — per dimostrare la propria potenza — si facevano vedere a spasso per le strade del paese. Entrambi sono nati a San Cipriano, il centro nel quale nel 1988 venne assaltata la caserma dei carabinieri perché i militari avevano avuto «l’ardire» di arrestare un ragazzo durante la festa patronale. San Cipriano è collegato a Casal di Principe e a Casapesenna. I tre centri casertani non hanno soluzione di continuità tanto che negli anni Trenta ne si fece un solo Comune: Albanova.

CALCESTRTUZZO E COCAINA - Zagaria proviene da una famiglia di imprenditori edili, uno dei fratelli è il titolare di una ditta affermata ancor prima della sua entrata nei clan. E proprio il cemento è stata la leva della sua escalation: Tav, controllo della vendita del calcestruzzo, e, ma solo all’inizio, traffico di rifiuti tossici e pericolosi. Iovine e Bardellino avevano aperto la strada del Sud America per il traffico della cocaina, Zagaria e Iovine l’hanno fatta diventare un’autostrada. Bardellino e Iovine avevano inventato una «cupola» che ha fatto definire la camorra casalese «cosa nostra napoletana»; Zagaria e Iovine hanno fatto diventare l’organizzazione una grande multinazionale.

UNITI DA SCHIAVONE - Tutti e due legati a Francesco Schiavone che per anni è stato il parafulmine delle inchieste proprio perché ha sempre amato partecipare direttamente alle azioni. Così sono riusciti a mimetizzarsi evitando vendette, attentati, omicidi nel territorio di residenza. Tutti i loro reati avvenivano lontano da casa: persone sciolte nell’acido, traditori fatti sparire nei pilastri di cemento, avversari liquidati a suon di mitraglietta.

GLI APPALTI PUBBLICI - Appalti pubblici e speculazione hanno fatto guadagnare cifre da capogiro. Solo per i Regi Lagni sono stati spesi mille miliardi delle vecchie lire (arrivati dai fondi del terremoto). Con tanti soldi l’orizzonte si è allargato alla Spagna, alla Francia e poi all’est Europeo dove prima in Cechia e Slovacchia, poi in Romania, Bulgaria, Romania. Qui i casalesi hanno riciclato masse ingenti di denaro. Hanno tanti soldi le organizzazioni di Iovine e Zagaria da non costituire un problema se qualcuno chiedeva loro 20 milioni di euro per comprare la Lazio.

L'INVETTIVA DI ROBERTO SAVIANO - Antonio Iovine è tra i boss della camorra di cui racconta Roberto Saviano nel libro Gomorra. Nel settembre 2006, dal palco di una manifestazione organizzata in piazza, proprio a Casal di Principe, accusò pubblicamente i boss. Facendo i nomi: «Michele Zagaria e Antonio Iovine, avete rovinato questa terra, andatevene». Dopo quest'invettiva, l'autore di Gomorra ricevette le minacce dalla camorra che oggi lo obbligano a vivere scortato.

articolo tratto da corriere.it - 17/11/2010

sabato 13 novembre 2010

Fiancheggiatori di Setola, 1.500 euro al mese per i 'covi'

GIUGLIANO. Mille e Cinquecento euro al mese per mettere a disposizione casa e viveri a uno dei latitanti piu' pericolosi degli ultimi dieci anni, Giuseppe Setola, e ai suoi affiliati. Tanto pagava il clan dei Casalesi alle cinque donne arrestate questa mattina dai carabinieri di Caserta per favoreggiamento aggravato alla camorra del gruppo Setola. Oltre a loro sono finiti in carcere anche altri fiancheggiatori del clan. 

In tutto sono 13 persone. Si tratta di Francesco Cerullo, 50 anni di Casal di Principe, Paolo de Crescenzo, 28 anni di Castelvolturno, Michele Paone, 38 anni di Casal di Principe, Nunzio Sauchelli, 37 anni di Castelvolturno, Giuseppe Alioto di 68 anni di Giugliano in Campania e la figlia Luminista di 29 anni, Antonietta La Perutra, 29 e Anna Maffeo di 39, entrambe di Piscinola, Assunta Piccolo di 45 anni di Qualiano, Raffaele Tamburrino, 41 anni di San Marcellino, Anna Maria Segno di 33 anni di Castelvolturno, Massimo Alfiero di 38 anni di Casal di Principe e Giuseppe Guerra di 42 anni di San Marcellino. 

Le indagini sono nate dal ritrovamento di una sorta di arsenale in villette di Varcaturo, sul litorale domitio, il 30 settembre del 2008, giorno della cattura di Oreste Spagnuolo, Alessandro Cirillo e Giovanni Letizia, componenti del gruppo di fuoco del killer Giuseppe Setola responsabile della strage degli immigrati a Castelvoturno del 18 settembre dello stesso anno. Non solo. Gli inquirenti si sono basati anche sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Emilio Di Caterino, Spagnulo, Salvatore Fasano, Giovanni Mola, Giuseppe Gagliardi, Luigi e Francesco Diana. Questi hanno ricostruito gli spostamenti degli affiliati. 

L'accusa per i 13 arrestati e' quella di aver fornito ospitalita' in diverse circostanze a Setola, Letizia, Cirillo e Spagnuolo che utilizzavano appartamenti intestati in maniera fittizia agli indagati; di aver favorito la disponibilita' di abitazioni in cui si tenevano riunioni tra gli affiliati e di essersi intestati mezzi che utilizzava il gruppo di fuoco. Sauchelli, Paone, Guerra, De Crescenzo e Alfiero sono accusati di aver custodito armi (3 fucili d'assalto, 2 kalashnikov, un fucile a pompa, 7 pistole semiautomatiche, tutti con munizionamento) che appartenevano a Setola e ai suoi. Stando alla ricostruzione dei carabinieri, "o'cecato" subito dopo la fuga dall'ospedale di Pavia nell'aprile del 2008 venne ospitato in appartamenti intestati a Pasquale e Luminista. Nei mesi successivi, si sarebbe reso responsabile di 18 omicidi.

Ischia, il mistero delle bollicine in fondo al mare

ISCHIA (9 novembre) - L’ombelico del mondo per la ricerca scientifica si trova in uno spicchio di costa ischitana. È un piccolo habitat - unico - che si trova a pochi metri di profondità, sulla parete settentrionale del Castello Aragonese, sul quale si sta riversando l’attenzione planetaria dei media di settore. 

Motivo? È proprio qui che si indagano gli scenari futuri della vita sulla terra, sempre più stretta nella morsa dei gas-serra con effetti di lunga durata ancora tutti da esplorare. C’è un fenomeno, in particolare, la cosiddetta «acidificazione degli oceani», che è la spia più eloquente dei mutamenti in atto: è causata dalle crescenti emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera che, come è noto, vengono assorbite in gran parte dagli oceani.

I ricercatori del Laboratorio di Ecologia del benthos di Ischia, legata alla Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, hanno scoperto di recente che il sito ideale per questi studi si trova appunto nell’isola verde: è qui che si assiste infatti, grazie ai fenomeni di vulcanesimo secondario, alla fuoriuscita di anidride carbonica, una vera e propria bolgia di getto continuo di bollicine di gas a soli quattro metri sotto la superficie che, contrariamente ad altri luoghi analoghi, sono a temperatura ambiente, non caldi e privi di composti solforati che potrebbero essere dannosi per gli organismi marini.

Insomma è una location perfetta, pubblicizzata sulla prestigiosa rivista Nature qualche tempo fa, a corollario della «collaborazione tra la Stazione zoologica e altri istituti, quali le università di Plymouth, Cnrs di Parigi, Bar-ilan (Israele), di East Anglia in Gran Bretagna, e quella di Napoli-Caserta», come ha sottolineato la biologa marina Maria Cristina Buia, che lavora da anni proprio a Ischia, a margine di un meeting promosso l’altra sera dal Circolo Georges Sadoul, per il ciclo di incontri «Conoscere Ischia, per governarla». 

Da quel primo articolo su Nature, l’isola verde è entrata nella vetrina globale della scienza: prima la Bbc inglese, poi la televisione Cbc del Canada; quindi, nei mesi scorsi, National Geographic che sta per pubblicare l’inchiesta entro l’anno; e infine, sabato scorso, il Times, sono i protagonisti di una corsa informativa nello svelare i segreti di questa peculiarità ischitana. Va ricordato che in pratica la sovrabbondanza della Co2, ovvero l’anidride carbonica, provoca una serie di reazioni chimiche nell’acqua di mare, facendo calare il valore del Ph - che è l’indicatore di acidità - sotto la soglia normale che è di otto punti. 

Le predizioni per il 2100 dicono che il nostro mare sarà a quota 7,8, un numero che, per gli scienziati, non significa nulla di buono, e fa temere il peggio per il destino degli ambienti marini. «Il sito del Castello Aragonese - spiega la dottoressa Buia - rappresenta un primo esempio di laboratorio naturale in cui studiare tali effetti su ecosistemi ed organismi superficiali. La sua importanza, comunque è legata al fatto che il gradiente di “acidificazione” che le emissioni provocano comprende anche il famigerato valore 7.8 ipotizzato per la fine del secolo». Come dire, dunque, che il futuro è già qui. 

«Altri studi sono in corso sia sulle singole specie, sia sul sistema a Posidonia - aggiunge la studiosa - per individuare le risposte strutturali, funzionali e molecolari all’aumento dell’acidità. In generale si può già affermare che gli effetti osservati riguardano naturalmente una diminuzione della biodiversità totale». 

Ciro Cenatiempo

Carriera al silicone

Articolo di , pubblicato sabato 6 novembre 2010 in Svezia.

Forse la letteratura riuscirà ad opporre resistenza alla “tettificazione” dell’Italia.

Il regalo più gradito dalla gran parte delle ragazzine italiane dopo l’esame di maturità è un paio di seni siliconati. Sempre più spesso i genitori esaudiscono i desideri delle loro figlie. Infatti, con dei seni siliconati si può fare molta strada in Italia. Possono essere utilissimi per la foto da allegare al proprio curriculum, ad esempio. E agli esami universitari – quasi sempre orali – con quegli insegnanti noti per “squadrare le ragazze”. Ma, più di tutto, un bel paio di seni siliconati possono portare una giovane donna fino in paradiso. Cioè in tivù.
Molti conoscono ormai il formato standard della televisione italiana: un anziano in giacca e cravatta circondato da uno sciame di donnette mezze nude. L’abbiamo visto recentemente nel fantastico documentario di Erik Gandini, “Videocracy”. Lo stesso anno, nel 2009, è uscito un corto documentario per la tivù fatto da tre giornalisti italiani, “Il corpo delle donne”, ovvero il montaggio di scene di programmi diversi durante un giorno qualsiasi. Cose che si fanno vedere all’ora in cui i bambini tornano da scuola. Cose che si guardano all’ora di cena, con la famiglia riunita in cucina davanti alla tivù. Cose con le quali la mia nonna italiana di 91 anni si addormenta la sera seduta in poltrona.
In realtà sono cose viste e straviste, messe da parte con sdegno insieme a un sospiro di rassegnazione. Quando però le si guarda così, compresse come ne “Il corpo delle donne”, c’è da star male. Alcuni esempi presi dal film:
una ragazza stretta in un vestito succinto viene rinchiusa in una gabbia trasparente sotto un tavolo, in funzione di gamba dello stesso; un conduttore dà uno scappellotto a una valletta e commenta: “non c’hai neanche il cervello”; una donna con addosso solo un paio di mutandine penzola da un gancio per prosciutti e riceve il marchio di approvazione sul sedere.
Dov’è finita la resistenza? Le donne italiane non sono certo famose per essere delle mammolette. Nonostante negli anni ’70 il movimento femminile fosse forte e vitale, a definirsi femministe oggi sono in pochissime. Chi prova ad indignarsi nei confronti dell’immagine della donna sui media viene subito etichettato come noioso moralista. Delle invidiose, ecco. È per questo che anche donne meno giovani ricorrono oggi ad un po’ di “lifting”. Serie giornaliste televisive con nasi miniaturizzati, labbra giganti e lineamenti del volto stirati al massimo.
Forse la resistenza verrà dalla letteratura? In primavera è uscito l’eccellente romanzo “Acciaio”, che tratta di due bellissime ragazzine tredicenni e di ciò che succede quando i riflettori dei maschi si dirigono verso i loro fiorenti corpi. Il romanzo ha vinto il prestigioso premio Campiello e l’evento è stato trasmesso in tivù. Quando la giovane scrittrice, Silvia Avallone, stava per ricevere il premio, il conduttore Bruno Vespa ha cominciato a gridare al cameraman: “Prego inquadrare lo spettacolare decolleté della signorina”.
È inevitabile provare nostalgia per la leggendaria attrice Anna Magnani, che durante le riprese del film di Pasolini ”Mamma Roma”, al momento del trucco per una scena, sbottò: “Lasciamele tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una, che ci ho messo una vita a farmele!”

sabato 6 novembre 2010

Camorra, tangenti sui controlli anti-abusivismo: 4 vigili urbani arrestati

NAPOLI (3 novembre) - Sono 50 le persone arrestate stamane dalla polizia, nell'ambito di una inchiesta della Dda di Napoli nei confronti di capi e gregari del clan Lo Russo. Tra questi ci sono quattro appartenenti alla polizia municipale del Comune di Napoli, accusati di corruzione.
I Lo Russo controllano i traffici illeciti in una vasta zona della periferia nord di Napoli, tra i quartieri Piscinola, Miano, Chiaiano e Marianella. Tra le attività del clan, la gestione di una piazza di spaccio della droga nel rione Don Guanella, una serie di episodi di usura ed estorsione contro imprenditori e privati cittadini, il controllo di attività di abusivismo edilizio a Miano e Piscinola. 

Il decreto di sequestro preventivo disposto dalla Dda nei confronti di alcuni degli indagati include beni per oltre 60 milioni di euro, tra cui una settantina di immobili, oltre 30 società, 76 tra auto e moto e un centinaio di conti correnti bancari.

L'indagine. Un capitolo dell'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Federica Colucci su richiesta dei pm Sergio Amato e Francesco Valentini, è dedicato alle tangenti sui fabbricati abusivi e alla corruzione di vigili urbani e dipendenti comunali in genere. «Regista» dell'operazione era Gaetano Tipaldi, arrestato questa mattina; Antonio De Alfieri teneva invece i contatti tra il clan e i pubblici ufficiali. I vigili arrestati con l'accusa di corruzione sono Ciro Pellino, Ciro Pierri, Marcello Scuteri e l'ufficiale Antonio Fusco, tutti e quattro in servizio alla territoriale e non nell'antiabusivismo. Per questi ultimi, scrive il gip, «si può ipotizzare un rapporto di dipendenza quasi organica» dal clan, «legata all'intera attività amministrativa nel settore e non al singolo atto dell'ufficio. Si assiste - scrive ancora il giudice - alla completa sostituzione del clan all'apparato statuale, anche nei settori più propriamente amministrativi». 

Grazie alle intercettazioni telefoniche è stato anche possibile ricostruire come, a causa di contrasti tra i vigili corrotti e gli affiliati al clan sul denaro proveniente dalle tangenti, in alcuni casi gli abusi edilizi sono stati scoperti e i responsabili hanno protestato con i vertici del gruppo criminale, chiedendo la restituzione delle somme versate. Da parte loro, i Lo Russo rassicuravano sull'esito finale delle vicende giudiziarie spiegando che verbali e denunce erano la prassi, ma l'obiettivo di realizzare l'abuso sarebbe stato comunque raggiunto: «Abbiamo fatto le costruzioni, hanno avuto un verbale e quattro violazioni: stanno ad abitare dentro, belli in grazia di Dio e tutte cose... ogni violazione che tu hai è normale che più soldi devi dare all'avvocato....hai capito o no? Comunque non ti preoccupare, fai fare a me». Il clan era anche al corrente della composizione delle pattuglie di vigili dell'antiabusivismo e dei loro itinerari; più volte gli affiliati rassicurano i muratori, preoccupati perchè hanno visto in giro un'auto della polizia municipale, spiegando che a bordo si trovano persone amiche e che le vetture non sono dirette ai cantieri.