venerdì 29 ottobre 2010

La gioventù senza lavoro italiana vuole sfuggire alla ‘gerontocrazia’

I giornali italiani, i blog e i social network abbondano di frustrazioni che i giovani italiani incontrano nel cercare uno stage o un lavoro decente nel proprio Paese.

Durante un recente incontro con i giovani del partito, Silvio Berlusconi ha dato loro il consiglio di cuore di non essere ossessionati dallavoro fisso e soprattutto di guardare oltre i confini italiani. E’ stata una raccomandazione degna di nota del premier 74enne. Soprattutto proprio ora che sempre più italiani sembra stiano suonando l’allarme per la massa di giovani istruiti che lascia l’Italia e fugge all’estero in cerca di un futuro migliore.

I giornali italiani, i blog e i social network sono pieni delle frustrazioni che i giovani italiani incontrano nel cercare uno stage o un lavoro decente nel proprio Paese. Quasi il 30% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non ha lavoro. Quelli che riescono a trovare lavoro, devono farlo con rapporti di servizio temporanei e spesso sottopagati. E che dire degli italiani tra i 30 e i 34 anni? Quasi un terzo vive – spesso spinto dal bisogno – ancora dai genitori, tre volte di più che all’inizio degli anni ‘80.

La gerontocrazia
Perché? Perché in misura crescente i giovani sono diventati vittime di ciò che gli italiani chiamano ‘gerontocrazia’, l’amministrazione dei vecchi. Dal punto di vista politico ed economico tutto sembra essere messo esclusivamente al servizio degli italiani anziani, mentre l’Italia spende relativamente poco per abitazioni, disoccupazione e asili, che sono di interesse cruciale per i giovani italiani che vogliono iniziare una carriera.
In Italia – la settima economia del mondo e la quarta in Europa –  per i giovani italiani gioca oltrettutto un fattore che complicaulteriormente le cose: le famiglie d’appartenenza e le conoscenze sono più importanti per le possibilità di carriera che le capacità personali. La conseguenza: l’Italia “tradisce” le future generazioni, scrivono per esempio Tito Boeri e Vincenzo Galasso nel loro libro ‘Contro i giovani’.
Il manifesto
Si tratta della stessa lamentela che si legge in un manifesto di lotta che da qualche tempo fa furore su internet. Nel cosiddetto ‘Manifesto degli espatriati’ i giovani italiani chiamano alla raccolta di firme per ‘porre fine alla gerontocrazia che tiene l’Italia nella sua morsa’. In modo che i giovani italiani non siano più costretti ad abbandonare ‘la loro amata terra’.
Che spesso non sia una passeggiata, si può chiaramente dedurre dall’esperienza dei giovani italiani che la giornalista Claudia Cucchiarato ha raccolto nel suo libro ‘Vivo altrove’. Si tratta di storie degne di nota a proposito di emigranti italiani giovani e spaesati, come un insegnante italiana che si guadagna da vivere come cantante a Barcellona, un avvocato che vive a L’Aia, o un veterinario che ha iniziato a lavorare come cameriere a Londra.
La nostalgia di casa
Ma forse l’osservazione migliore sulla tendenza del giovane italiano verso ‘l’Italia’ è quella del 34enne Giovanni Chirichella, un manager nelle risorse umane di Milano che attualmente lavora in Texas a Houston: ‘il tuo DNA, tu stesso, quello che respiri, tutto ciò che mangi è legato alla città dove sei nato. Molti italiani in tutto il mondo in realtà soffrono di nostalgia per il resto della loro vita’, dice Chirichella nella rivista americana Time, che questa settimana dedica un ampio speciale all’esodo dei giovani italiani.
Qualcuno prova dopo una breve e buona carriera all’estero a fare comunque ritorno in Italia. Ma il successo deve essere minimo,questo e’ quanto si ricava dalle interviste nel Time, ma soprattutto dal blog ‘Giovani talenti’, del 34enne Sergio Nava, che riserva attenzione ai suoi compagni di generazione ‘in fuga’, sul canale italiano Radio 24.

Arriva Cantone: Tutti in piazza contro la camorra

GIUGLIANO. Una città stretta intorno a Raffaele Cantone simbolo della lotta alla camorra. Ieri mattina è stata una giornata particolare per Giugliano, che ha voluto far sentire forte il suo e no alla criminalità organizzata.Durante la manifestazione anticamorra promossa dal comitato civico “Contro le mafie”. E lo ha fatto esprimendo pubblicamente il suo appoggio al magistrato giuglianese che da anni sta lottando a suon di arresti di criminali legati ai vari clan della camorra, in primis quello dei Casalesi. Un messaggio forte e chiaro quello lanciato da piazza Matteotti dai tanti studenti delle scuole elementari e medie che, insieme ai loro docenti, ieri hanno riempito il centro storico. Gli alunni delle scuole Impastato, Cante, Basile, Fratelli Maristi, Minzoni, licei e scuole elementari di Qualiano, Marano e Calvizzano, chi con striscioni, chi con manifesti scritti a penna, si sono presentati alle 9.30 in piazza Matteotti. «Tutti sanno che sono profondamente legato a questa città, del resto nonostante lavori a Roma abito ancora qui - ha detto l’ex pm antimafia, da anni sotto scorta poiché minacciato dai clan è sempre difficile parlare di camorra, soprattutto in questo paese dove sembra che questa parola non si possa pronunciare. Invece la camorra esiste, si sente e si vede. In via Sant’Anna c’è una lapide che ricorda la morte di una ragazza ammazzata dalla criminalità. Anche lì non si è usata la parola camorra, quasi come se ci fosse paura anche solo di scriverlo. Vedere tutte queste persone in piazza che gridano liberamente, in modo spontaneo il proprio no alla camorra è una cosa stupenda». Molto apprezzato dal pubblico anche l’intervento di Raffaele Del Giudice, direttore regionale di Legambiente, che ha sottolineato la difficile situazione dal punto di vista ambientale in cui si trova non solo Giugliano ma l’intera provincia di Napoli. Tantissimi bambini in piazza, tanti anche gli adulti, pochi, pochissimi invece i giovani. Si contavano sulle dita delle mani anche esponenti dell’amministrazione comunale. Tranne qualche esponente della minoranza, in particolare del Pd, in piazza c’era un vuoto politico. La mattinata è trascorsa tra la lettura di alcuni passi del libro “Solo per giustizia”, accompagnati dalla chitarra di Raffaele Cardone, e l’esibizione sul palco dei Bidonvillarik. «E’ stata una mattinata per ringraziare Cantone che nonostante viva sotto scorta, in questi anni ha continuato a portare tra le scuole ed i luoghi di cultura il proprio messaggio di giustizia - hanno affermato gli iscritti al movimento civico ‘Contro le mafie’ - ringraziamo tutti quelli che mantengono questa fiamma viva, una fiamma che parla di legalità, di amore».

sabato 23 ottobre 2010

I clan in ascesa – Come la mafia conquista il mondo

[Der Spiegel]
Che sia Spiesen-Elversberg, Caracas oppure Toronto, la mafia è dappertutto. Nessun paese al mondo è risparmiato dall’egemonia delle holdings criminali. L’esperto di clan Francesco Forgione ha svelato le rotte commerciali e i luoghi di residenza dei boss e in nessun altro luogo sono altrettanto presenti quanto in Germania.
L’assassinio di un uomo rettto era fissato per domenica 5 settembre 2010. In tarda serata Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, la “perla del Cilento” sul Mar Tirreno, guidava la sua Audi verso casa. Poco prima dell’arrivo nella zona Acciaroli alcuni sconosciuti hanno fatto fermare l’auto. Vassallo non ha fatto in tempo a tirare il freno a mano, che uno degli aggressori ha aperto il fuoco a distanza ravvicinata. Otto dei nove proiettili hanno colpito il bersaglio, attraversando il collo, l’orecchio, la mandibola, la spalla e il torace della vittima. Uno ha colpito dritto al cuore.
Vassallo era benvoluto, era conosciuto per il suo impegno nella tutela dell’ambiente e per la sua incorruttibilità, si batteva per un turismo ecosostenibile e responsabile nella regione. Appena due settimane prima della sua morte sembra aver cacciato personalmente alcuni spacciatori dalla zona del porto di Acciaroli, che secondo i testimoni avevano portato grandi quantità di sostanze stupefacenti via mare in città. Vassallo aveva fatto appello urgente alla polizia di pattugliare più frequentemente per porre fine all’incubo.
Le sue preghiere sono state ascoltate, ma a quanto pare dalle persone sbagliate. Nonostante la mancanza di prove il procuratore antimafia di Salerno ritiene probabile che l’omicidio in strada sia stato una vendetta della camorra, che in Campania controlla non solo il commercio di droga, ma anche gli interessi sul settore immobiliare e sui contratti di costruzione nel Parco Nazionale del Cilento, che attira molti turisti. In Italia, il caso ha suscitato clamore e indignazione tra politici di ogni colore. In Germania invece la risposta dei media è stata disattesa, come sempre quando la mafia non uccide proprio davanti alla sua porta di casa.

Niente sangue, niente mafia
“Finché il sangue non scorre per le strade, nessuno crede alla mafia”, si lamenta Francesco Forgione, l’ex capo della commissione parlamentare anti-mafia sotto il governo Prodi. “La morte di Vassallo mi fa arrabbiare, mostra che la società non ha ancora sviluppato sufficienti anticorpi contro la criminalità organizzata e che le autorità lo hanno lasciato solo”. Forgione – riccioli scuri, la barba brizzolata di tre giorni, occhiali dalla linea sobria – vive nel suo appartamento mansardato a Roma, da cui si gode una magnifica vista sulla città. Sorseggia con indifferenza un espresso calabrese molto forte e sospira profondamente.
“Anche le autorità tedesche hanno chiuso gli occhi di fronte alla realtà, finché la strage di Duisburg nell’agosto del 2007 non ha risvegliato bruscamente tutti “. Già nel gennaio del 2000 la polizia investigativa federale redasse un rapporto molto dettagliato sulle attività della mafia calabrese a Duisburg dal titolo “Analisi: San Luca”. Un’ eccellente e completa sintesi delle attività illegali della ‘Ndrangheta, ma priva di conseguenze. Il problema è stato recepito come essenzialmente italiano, fino a quando ci si è ritrovati con i sei cadaveri stesi a terra davanti al ristorante «Da Bruno». “All’improvviso è diventato anche un problema tedesco”, dice Forgione tamburellando con la punta delle dita sul tavolo davanti a sè.
Duisburg è situata in un luogo strategicamente favorevole, sul confine tra Belgio e Paesi Bassi, il principale punto di accesso per la cocaina in Europa. “Quest’omicidio plurimo non è avvenuto per una faida tra clan rivali”, ha detto Forgione. Non è un caso che quasi tutti i sospettati siano stati arrestati ad Amsterdam. Inoltre, in occasione dell’arresto di Giuseppe Nirta nel novembre 2008, sono stati ritrovati un milione di euro in contanti. No, il massacro nel Nord Reno-Westfalia sarebbe stata “solo un’altra fase della guerra per il controllo del traffico internazionale di stupefacenti e armi”, ritiene l’esperto.
“La Germania è la meglio colonizzata”
“Duisburg ha svelato un problema fondamentale, quello dell’ipocrisia”, dice Forgione. “Il denaro della mafia viene portato in giro per il mondo, sempre sperando che la mafia stia lontana dal proprio territorio. Ma non è così che funziona”. Prima i mafiosi seguivano i flussi migratori, ora sono loro ad attrarre i flussi finanziari: “Dobbiamo cercare il crimine organizzato là dove non si vede”, dice il cinquantenne.
Se la Germania ora è il paese più attraente per la mafia in Europa? “No, ma è quello meglio colonizzato. La tecnica di indagine dovrebbe tener conto di questo: “non dobbiamo indagare solo calabresi o siciliani in Germania, ma anche i notai tedeschi e gli avvocati che lavorano per loro – tutti cittadini rispettabili e prestanome che prendono parte al riciclaggio di denaro sporco tramite reinvestimenti.”
Inoltre si starebbe vagliando, almeno a livello di Unione Europea, di introdurre finalmente tecniche e strumenti investigativi comunitari, ma anche leggi. Secondo Forgione si riscontra presso le autorità in tutta Europa – a parte i casi di complicità e corruzione – una sorta di ottusità, una tendenza a minimizzare il fenomeno mafioso. Che siano il Canada, il Messico o il Venezuela, nessun paese è risparmiato da quella che Forgione chiama la “segreta colonizzazione del mondo che dura da decenni”.
Da 25 anni questo comunista vecchio stampo, giornalista, sociologo, politico e docente universitario lotta contro le onorate società che sono diventate da tempo holdings operanti a livello internazionale, con celebri avvocati, consulenti economici eccellenti, attrezzature altamente tecnologiche e strutture di comunicazione moderne.
“La mafia non ha ideologia”
Nel suo libro “Mafia Export” Forgione descrive in modo dettagliato e competente, come Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra realizzino circa 130 miliardi di euro l’anno. Come ne investano circa la metà in contrabbando, traffico di droga ed armi così come negli stipendi dei loro “dipendenti” e nel sostegno di “collaboratorii” detenuti. E di come poi immmetta il restante 50 per cento nell’economia legale, ripulendo i soldi come le lenzuola di una vergine siciliana.
Così la spagnola Costa del Sol è stata ribattezzata da tempo “Cosca del Sol “o” Costa Nostra “, dai mafiosi calabresi e siciliani che qui investono massicciamente, per lo più indisturbati, nei settori del turismo, della gastronomia, dell’industria alimentare e del traffico di droga. Secondo Forgione non c’è stato grosso carico di droga dal Sudamerica o dall’Africa negli ultimi 15 anni ” che sia giunto in Europa senza passare dalla Spagna”. Si arriverebbe addirittura alla collusione tra i vari gruppi italiani per mantenere stabile il prezzo delle importazioni.
Sulla base della storia di Aldo Miccichè, ex deputato della Democrazia Cristiana (DC), che un tempo ha vissuto in Venezuela, Forgione dimostra come la politica, l’industria farmaceutica e la criminalità organizzata imponga i suoi comuni interessi anche a migliaia di chilometri di distanza. Pare che Miccichè abbia contattato tramite un intermediario il braccio destro del premier Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri. “Se parliamo con Dell’Utri, vuol dire che siamo nel salone di Berlusconi, in modo da afferrare lui” dice il politico, secondo il verbale di intercettazione.
“Il senatore Dell’Utri è sicuramente una delle figure più inquietanti per quel che riguarda la collaborazione della nuova destra con la mafia”, dice Forgione. Le persone politicamente influenti in Italia si dividono in due schieramenti: coloro che sono contro la mafia e quelli che da essa vengono nutriti e incoraggiati. E’ vero, ma come sempre nella storia di due secoli dei clan “la mafia non ha ideologia, non è né di destra né di sinistra, cerca il collegamento con il potere e lo utilizza. Non importa chi siede al comando”
“Comprare tutto quel che si trova”
Forgione racconta nel suo libro piccoli aneddoti di mafiosi che a Norimberga mettono le loro armi nel microonde di una pizzeria prima di incontrare lì i loro colleghi. Ma anche grosse storie di potenti trafficanti di armi, di traffici senza scrupoli di beni di sussidio e di ingenti somme, che ogni giorno vengono guadagnati in tutto il mondo con traffici sporchi per poi essere riciclati. Anche ai cambiamenti storici i clan reagiscono in modo flessibile. Perciò operazioni di intercettazione di inquirenti italiani immediatamente dopo la caduta del muro di Berlino rivelarono che boss di tutti i gruppi diedero all’unisono ordine alla loro gente “comprate tutto quello che trovate”. Inoltre non è un segreto che i capoccia abbiano approfittato massicciamente della crisi finanziaria.
Al momento la ‘Ndrangheta calabrese è considerata un modello di gruppo che agisce in modo globale. Indifferentemente da dove si insedia riproduce sempre lo stesso modello criminale, però non esporta solo criminali, ma anche il suo concetto culturale più primitivo. A Duisburg si è scoperta sul retro una stanza attrezzata con 13 sedie che veniva utilizzata per le riunioni, il numero tradizionale delle ‘ndrine che compongono l’unità organizzativa “locale”. Accanto al corpo del diciottenne Tommaso V. è stata ritrovata un’immaginetta sacra di quelle usate nei riti iniziatici dell’Arcangelo San Michele. Era stato annesso alla mafia poco prima della strage. “Un rito arcaico che crea un’identità”, ritiene Forgione.
Cosa fa infuriare i boss
L’autore non solo ha srotolato gli atti delle indagini e restituito il contenuto dei verbali di intercettazione. Ha riprodotto una lista completa dei membri della mafia arrestati all’estero dal 2000 e si è impegnato a tracciare la diffusione in Germania di tutti i clan di ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra. “Ho una tale, folle passione per le carte”, dice quasi scusandosi Forgione. Fedele al motto “so dove vivi”, ha fatto una meticolosa sintesi dei paesi del mondo in cui i clan sono attivi e delle rotte commerciali che usano. Una sorta di topografia della mafia, che presso i boss suscita verosimilmente poco entusiasmo, ma i cui membri approfittano del mito del bandito moderno, in fuga, ipermobile e nebuloso.
Se ha paura? Forgione accosta le sopracciglia corrucciato. L’esperto di mafia non vuole proprio parlare della sua situazione di sicurezza, lo sente un argomento inutile e poco serio. Dal 1995, la prima volta in cui è stato minacciato esplicitamente, è sotto protezione personale. Ma: “nessuno che lotti seriamente contro la mafia vuole essere proclamato eroe”, ha detto riluttante Forgione.
Nonostante tutto è fiero dei successi degli ultimi anni. I numerosi successi investigativi e gli arresti sarebbero stati possibili solo grazie a leggi specifiche per la protezione di testimoni e con le intercettazioni telefoniche. “Potevamo confiscare anche più beni di proprietà mafiosa, qualcosa che fa davvero infuriare i boss”, dice Forgione. Ma questo potrebbe cambiare presto. A fine anno è stata approvata una legge che consente allo Stato di vendere i beni confiscati e la terra. “Chi acquista una casa di Totò Riina, se non uno dei suoi prestanome?”, chiede l’esperto di mafia. “Nessun’altro oserebbe.”
Il più grande regalo di Berlusconi alla mafia
“Ogni volta che le misure repressive adottate diventano efficaci, arriva il governo e cambia di nuovo le leggi”, si lamenta Forgione. Il regalo più grande del Premier Berlusconi alla mafia sono dunque le nuove disposizioni fiscali. Queste permettono di reintrodurre in Italia i soldi parcheggiati all’estero in forma anonima, pagando per questo solo il cinque per cento della somma a titolo di penale. “Con l’aiuto dello Stato quindi il denaro proveniente dai paradisi fiscali viene ripulito una volta di più e tutto questo restando impuniti”, si indigna Forgione.
E’ incomprensibile il motivo per cui il mondo dopo gli attacchi dell’11 Settembre 2001 abbia potuto rafforzare congiuntamente le misure di sicurezza, mentre nella lotta alla mafia non si è potuto fare niente di simile, che del resto a livello globale è organizzata bene quanto Al-Quaida. Per l’esperto di mafia il diritto alla libertà individuale riveste un ruolo marginale. In nome di una maggiore trasparenza egli chiede l’abolizione del segreto bancario e la creazione di una banca dati centrale internazionale sui movimenti dei conti correnti. E’ uno scandalo che prima del summit del G-8 a L’Aquila nel 2009 non si sia fatto neanche lo sforzo di costituire una lista nera dei paradisi fiscali internazionali. L’intercettazione telefonica è uno dei più importanti strumenti di investigazione e dovrebbe essere tutelata dalla legge.
“Nella lotta alla mafia c’è bisogno di passione e di una morale rigorosa”, Forgione ne è convinto. “Ma a volte anche un calabrese testardo aiuta”.

Campania, 13 miliardi di euro di debiti

di Gerardo Ausiello
NAPOLI (17 ottobre) - «Con mutui e bond la Regione ha violato la Costituzione». È uno dei pesanti rilievi mossi dagli «007» del ministero dell’Economia nel rapporto (i cui contenuti sono stati anticipati dal Mattino il 29 agosto) confluito nella relazione del Ragioniere generale dello Stato Mario Canzio e inviata a Giulio Tremonti al termine dell’ispezione durata due mesi. Dall’indagine, scattata in seguito allo sforamento del patto di stabilità e sollecitata dal governatore Stefano Caldoro, emerge un quadro drammatico della situazione finanziaria di Palazzo Santa Lucia: l’indebitamento complessivo ha raggiunto i 13 miliardi di euro (il boom, in base a quanto accertato, si è registrato in cinque anni, dal 2004 al 2008), la spesa è fuori controllo e le risorse in cassa scarseggiano.

I ripetuti allarmi lanciati pubblicamente dal presidente della Regione erano dunque fondati. Si lavora, a questo punto, al piano di stabilizzazione che sarà pronto nelle prossime settimane e con cui l’ente punta a superare l’emergenza.

Le operazioni finanziarie
Canzio non ha dubbi: dal 2005 al 2008 si è fatto ricorso all’indebitamento non per finanziare investimenti ma per sostenere la spesa corrente. Qualche esempio? «Le somme ottenute a seguito dell’emissione di bond nel 2006 - scrive l’esperto - sono state in parte utilizzate per concedere contributi in conto interessi in favore di soggetti privati, per pagare le retribuzioni degli operatori forestali e il servizio di antincendio boschivo, per finanziare iniziative di interesse turistico quali fiere, mostre, contributi a case di produzione cinematografica e per opere di manutenzione ordinaria». Nel 2008, poi, i mutui sono stati impiegati per «generici contributi a soggetti esterni e per la copertura di perdite pregresse di società partecipate». Tutte procedure in violazione dell’articolo 119, comma 6, della Costituzione su cui sarà chiamata ad esprimersi la Corte dei Conti.

La cassa
L’ente sta affrontando da mesi una crisi di liquidità senza precedenti. Basti pensare che al 31 dicembre 2009 in cassa c’erano circa 240 milioni, scesi a 50 sei mesi dopo. Il 31 luglio scorso, invece, la Regione aveva a disposizione 80 milioni e, trenta giorni dopo, circa 357 milioni. Ma perché questa sofferenza? Uno dei motivi principali è il continuo ricorso ad anticipazioni di liquidità per garantire il funzionamento della macchina sanitaria e per pagare gli stipendi dei dipendenti. Ciò in quanto le Asl hanno i conti correnti pignorati per complessivi 1,5 miliardi. Proprio il deficit di cassa rappresenta, secondo gli ispettori, «il problema più preoccupante, nel breve periodo, perché rappresenta verosimilmente il versante sul quale si potrebbe manifestare una vera e propria situazione di impossibilità a far fronte agli impegni verso fornitori e finanziatori». Per gli «007», insomma, il bilancio è candidato al default, ovvero al fallimento.

I residui
A fronte di un indebitamento complessivo che raggiunge i 13 miliardi, c’è una parte consistente di residui attivi (crediti non riscossi) che quasi sicuramente non potranno essere recuperati. Ciò rischia di aggravare il già drammatico deficit.

La sanità
Nonostante gli sforzi messi in campo nell’ambito del piano di rientro, il settore «versa tuttora in una situazione di difficoltà, legata ai ritardi nell’attuazione delle prescrizioni» del governo. Nelle ultime settimane, però, la struttura commissariale ha messo in campo uno sprint varando una serie di misure importanti: il piano di razionalizzazione della rete ospedaliera e territoriale; il ticket su farmaci, codici bianchi, visite specialistiche e cure termali; il protocollo d’intesa con i Policlinici. Giovedì prossimo è in programma a Roma il vertice con i tecnici dei ministeri dell’Economia e della Salute per valutare l’entità di questi interventi.

Le società miste
Anche in questo caso le perdite prodotte, avvertono i collaboratori di Tremonti, non vanno sottovalutate. Nel 2008, infatti, le aziende partecipate hanno accumulato un deficit pari a 52 milioni. Peraltro tale comparto è quasi interamente dipendente dalle risorse pubbliche: le società dei trasporti per una quota del 71,75%, mentre tutte le altre addirittura per il 92,99%. Senza i fondi della Regione, dunque, queste aziende non potrebbero sopravvivere.

Il personale
Costa troppo. Per i propri dipendenti, che sono complessivamente 6.500, l’ente spende circa 400 milioni. Una cifra che, in base a quanto scrive il ragioniere dello Stato, dev’essere ridotta.

sabato 16 ottobre 2010

Sos Pm Napoli: Intercettati da Casalesi, comunicheremo coi "pizzini"


Napoli, 14 ott (Il Velino/Il Velino Campania) - "Bisogna parlare quanto meno è possibile. Diventeremo tutti muti, finiremo col comunicare a gesti, o magari coi ‘pizzini’". Così il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, lancia l'allarme. In maniera ironica ma seria allo stesso tempo. Mercoledì, con l’arresto dei due imprenditori Vincenzo e Luigi Abbate, legati ai clan del Casertano e catturati dai poliziotti della squadra mobile di Napoli insieme con la guardia di finanza, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Napoli, è venuto fuori un quadro preoccupante. In una nota inviata dalla Dda agli organi di stampa, si legge che "dal materiale di intercettazione si ricava netta l’impressione circa l’esistenza di un controspionaggio degli appartenenti al clan rispetto alle iniziative della magistratura e delle forze dell’ordine, che consente agli affiliati di conoscere spesso in anticipo le attività cautelari o le iniziative più invasive e di apprestare forme di cautela assai efficaci. La medesima disponibilità economica consente anche il ricorso del clan a sofisticati strumenti tecnologici che tendono a vanificare alcuni sistemi tradizionali di indagine, costretti invece a fare i conti con risorse obsolete". Tecnologia avanzata, appunto, contro "cimici che si vedono, che si notano", per dirla sempre col procuratore, il quale più volte si è espresso, già in passato, sulla scarsità di mezzi e di uomini a disposizione della Procura per affrontare indagini complesse come quelle necessarie in un territorio afflitto dalla criminalità. "Ci controllano, e quindi, naturalmente, possono venire a sapere, con gli strumenti tecnologici aggiornati di cui sono in possesso, quello che facciamo e quello che pensiamo". Quanto alle indagini relative all’arresto dei fratelli Abbate, ad innescare la fuga di notizie hanno contribuito, sempre secondo la Procura di Napoli, i rapporti collusivi esistenti fra gli appartenenti al clan e l’apparato giudiziario -probabile la complicità di qualche dipendente interno alla struttura - fatto, questo, anch’esso oggetto di indagine.
 (Luigi Rao)



Misure regionali per i disoccupati

I disoccupati in Campania non sono tutti eguali. Quelli di Napoli, violenti e delinquenti, sono degni di ogni attenzione, quelli della provincia di Napoli, anche se sono molti di più e hanno maggiori difficoltà di inserimento non contano niente, così come quelli delle altre province campane. Non si capisce perchè Napoli, la cui popolazione è meno di 1/5 di quella Campania, debba ingoiare più della metà delle risorse economiche della Regione, fondi europei compresi. Va bene che è la capitale, ma non si giustifica un assorbimento di risorse che è scandaloso ove si pensi al livello degli sprechi e delle malversazioni.L'esempio del reddito di cittadinanza è emblematico. A Napoli toccavano 1/5 delle misure di assistenza; ne sono state attribuite più della metà a danno delle famiglie povere del resto della Regione. Come era prevedibile, i controlli della Guardia di Finanza hanno evidenziato che a Napoli su dieci famiglie destinatarie del contributo ben sei non ne avevano diritto, mentre nel resto della regione solo due su dieci avevano presentato carte false. Oggi, le misure a favore dei disoccupati di lunga durata (leggi disoccupati organizzati) di Napoli non trovano alcuna giustificazione se non quella di alleggerire le situazioni di tensione in città, sulle quali non si vuole intervenire con misure di ordine pubblico, così come avviene nelle altre province della regione. Il paradosso è che nelle altre città capoluogo della Campania ai disoccupati è permesso manifestare ma senza creare problemi ai cittadini e soprattutto senza scontri con la polizia, incendio di autobus e di cassonetti, così come avviene quotidianamente a Napoli ad opera di delinquenti mascherati da disoccupati. Il risultato è che i facinorosi e i delinquenti vengono premiati da istituzioni pavide quando non colluse.

Rifiuti


Rifiuti, denuncia su Consorzi bacino: in 1250 pagati per non lavorare

Napoli, 13 ott (Il Velino/Il Velino Campania) - Il caos rifiuti in Campania si arricchisce, sul fronte burocratico, di nuove pagine. Nuove denunce aprono, infatti, squarci di cattiva gestione. Il Consorzio unico di bacino sta affondando nei debiti perché i Comuni non pagano. In una lettera di cinque cartelle indirizzata ai prefetti di Napoli e Caserta e alla magistratura, il commissario liquidatore Gianfranco Tortorano denuncia il paradosso: da una parte le stesse amministrazioni che dichiarano di non avere soldi per il Consorzio li trovano inaspettatamente per stipulare contratti con i privati; dall’altra questi distacchi per i contribuenti si traducono in un servizio pagato due volte. Un corto circuito evidente - poi - per i dipendenti (1250 solo per l’articolazione casertana) retribuiti - magari a singhiozzo, ma comunque retribuiti - per non svolgere il loro lavoro.


Rifiuti e tumori, scandalo Campania

INTERNAPOLI. È l’inizio del 2007 e la comunità scientifica internazionale lancia un allarme: c’è un aumento esponenziale dei tumori in alcune aree del napoletano del casertano. Tutto sarebbe legato allo smaltimento illecito dei rifiuti tossici , dall’inquinamento delle falde acquifere. L’opinione pubblica è allarmata e corre ai ripari la Regione che vuole vederci chiaro.


E decide di «allargare la quota di popolazione coperta da registri tumori, in particolare
estendendo l’osservazione alla provincia di Caserta e all’intera provincia di Napoli». La delibera è del 17 luglio e arriva l’ok unanime della giunta per stanziare 2,5 milioni di euro. E invece? E invece del registro non c’è traccia. Impossibile, quindi, istituire procedimenti penali per disastro ambientale o epidemia colposa. Perché non bastano pubblicazioni scientifiche o pur serie indagini epidemiologiche: occorre il registro ufficiale dei tumori che in Campania è istituito solo in provincia di Salerno e presso la ex Asl Napoli4.

Ci rientra per un pelo solo Acerra ma rimangono fuori comuni considerati a rischio come Giugliano, Villaricca o Qualiano. E Napoli, soprattutto. Tanto che ieri il pm Stefania Buda è costretta a chiedere l’archiviazione (si decide a novembre) dell’inchiesta per i presunti veleni smaltiti nella discarica di Pianura. Perché non bastano i dati a dispozione per dimostrare che abbiano inciso sulla salute di chi ha vissuto per anni accanto alla ex Difrabi. E così sarà per ogni inchiesta simile a meno che la presunta fonte di inquinamento non sia compresa nei 35 comuni dell’ex Napoli 4 o nel salernitano. 

Lo sappia in anticipo e si metta l’animo in pace chi abita vicino la discarica di Chiaiano o accanto quella di Terzigno. Nessuna inchiesta, nessuna ipotesi di futura class action senza il registro dei tumori. Senza contare che la finalità dello strumento è anche quella di sorvegliare l’insorgenza di patologia neoplastica in rapporto all’esposizione a sostanze cancerogene, biologiche e ad altri fattori di rischio. Niente da fare, per ora. 

«Ci fu un allarme e decidemmo - spiega l’ex assessore regionale alla Sanità Angelo Montemarano - di intervenire per evitare panico tra la popolazione. Coinvolgemmo pure l’Istituto superiore della Sanità e il ministero della Salute che inviò i propri tecnici per monitorare la situazione». E il registro per cui furono stanziati anche 2,5 milioni di euro? «Onestamente da lì a poco - spiega - lasciai la carica. E non saprei dirle perché non se ne fece nulla». Tre anni di buco, l’oblio sino alla richiesta di archiviazione per l’indagine di Pianura. Perché per dimostrare eventuali nessi tra le discariche e le morti non basta il registro dei decessi. «Il finanziamento fu stanziato ma non è mai seguito l’atto dirigenziale che erogava materialmente i fondi per il registro», spiega Vittoria Operato, giovane avvocato specializzata in tematiche ambientali e iscritta a Generazione Italia, l’associazione di Gianfranco Fini.

La legale segue l’associazione «la Terra dei fuochi», il gruppo che ogni giorno mette in rete i video dei roghi appiccatti nel Giuglianese per smaltire rifiuti tossici. Materie plastiche e copertoni, soprattutto. Miasmi terribili che appestano la salute della gente. «Se pure si istituisse il registro domani, ci vorrebbero almeno un paio d’anni - spiega il legale - per istituire un eventuale procedimento per il giuglianese. Altrimenti il muro delle risultanze probatorie non verrà mai scavalcato. Il registro delle morti, infatti, non basta a dimostrare nell’inquinamento ambientale la causa dei decessi».

Adolfo Pappalardo
ilmattino.it - 12/10/2010
http://www.internapoli.it

sabato 9 ottobre 2010

Patto delle tre mafie per uccidere magistrati

Raffaele Cantone

GIUGLIANO. Ci sarebbe un piano delle mafie per uccidere il giudice Cantone e i pm Lari e Pignatone. Questo il contenuto di una missiva anonima, confezionato da mani esperte, recapitato nei giorni scorsi alla Procura di Caltanisetta, la stessa che indaga sulle morte di Borsellino. La lettera, recapitata al capo dell’Ufficio, Sergio Lari, ha la forma di una nota riservata, che sembra essere stata compilata dagli organi investigativi o dagli apparati addetti alla sicurezza. Un documento che inserisce il bazooka fatto trovare ieri mattina a Reggio Calabria in una strategia più complessa, che parte da lontano e che rimanda all’epoca tragica delle stragi e delle bombe. Un disegno che coinvolgerebbe Cosa nostra, ’ndrangheta e camorra, insieme per rispondere all’offensiva dello Stato sul fronte della criminalità. Intanto, il Viminale ha deciso di mandare l’esercito a Reggio Calabria per vigilare sulle procure. 

Rosaria Capacchione
Il Mattino il 07/10/2010
http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=19187

Emergenza roghi: In giro con i Rangers nel comprensorio

GIUGLIANO. “Vai, vott’ o’ sacchetto ‘nterr, tanto fra quacche juòrno qualcun appiccia tutte cose”. Girare nel comprensorio giuglianese è come visitare una mega discarica a cielo aperto di 94 chilometri quadrati. Soprattutto quando si calpestano le piccole viuzze di campagna, le stradine di periferia o le arterie della fascia costiera. Quelle dimenticate, dalle istituzioni che latitano, dai cittadini, almeno alcuni, assuefatti oramai nel vivere in piccole favelas. Via Bosco a Casacelle, via Ripuaria, via Madonna del Pantano, via Staffetta sono terre di nessuno. Inutili le segnalazioni dei Rangers d’Italia, corpo di volontari che, in supporto alle Istituzioni, ha come scopo la protezione dell'ambiente naturale, la prevenzione del degrado ecologico, la protezione civile e la protezione degli animali. Diciannove le unità operative a Giugliano. Una sola l’auto a disposizione, un’Alfa 155 con impianto a gas con la quale girano il territorio per segnalare discariche abusive e sversatoi illegali. Si autotassano per pagare le spese della benzina, “perché dal Comune non riceviamo un euro, ci è stata concessa solo la sede”. Operano non solo a Giugliano ma anche in altri paesi della provincia napoletana come Pozzuoli, Torre del Greco, Saviano, Brusciano e Mugnano, dove si occupano anche della vigilanza della villa comunale. Nessuna convenzione stipulata invece con il Comune di Giugliano. “Abbiamo pochi fondi a disposizione, riusciamo a fare il nostro lavoro solo grazie al volontariato di 19 persone che danno l’anima per salvaguardare il territorio – afferma Feliciano Pragliola, caposervizi del Corpo dei Rangers di Giugliano – oltre a segnalare le discariche inviando fax al Comune non possiamo fare nient’altro”. Perché non potete fare multe contro chi sversa i rifiuti fuori orario? “Ci vorrebbe l’autorizzazione del sindaco, non ci è stata concessa”. Sessanta le segnalazioni inviate al Comune nel 2010, la media di 5 al giorno. Lo ‘spazza tour’ inizia da via Bosco a Casacelle, dove qualche settimana fa si è registrato l’ennesimo mega rogo di rifiuti tossici. Materiali solidi urbani, cartoni, fusti tossici, pezzi d’auto, carcasse di elettrodomestici, mobili, amianto, buste di plastica: tutto pronto ad essere dato alle fiamme. “Siamo passati qui 48 ore fa e non c’era niente. Questa discarica è stata creata in meno di due giorni” – afferma Jean Pierre Coco, vicecapo servizi dei Rangers – tra qualche giorno non troveremo più niente”. “I rifiuti verranno rimossi?”. “No, è tutto pronto per essere incendiato. Quando vengono messi i materassi e i copertoni significa che è tutto pronto. Per non parlare degli allacci abusivi, abbiamo denunciato ai vigili questo scempio”. Il riferimento è ai fili che dalla cabina posta fuori strada, il cui percorso è stato modificato in modo da arrivare direttamente nelle case. Proseguiamo nel tour dirigendosi verso la fascia costiera. Via Madonna del Pantano e via Ripuaria sono praticamente due discariche a cielo aperto. Nei pressi della vecchia isola ecologica le situazioni più degradanti, con cumuli enormi di spazzatura accatastati sul ciglio della strada. L’area è stata posta sotto sequestro dalla polizia municipale dopo decine di denunce presentate dai cittadini”. Ai margini della strada ragazzi di colore attendono l’arrivo delle auto per guadagnarsi qualche spicciolo. In cambio di monete il cittadino non si sporca le mani facendo gettare il sacchetto all’extracomunitario. Una storia che si ripete giorno dopo giorno sotto l’occhio indifferente di una città che sta affogando nell’indifferenza.

domenica 3 ottobre 2010

«Le Vele? Un monumento da salvare»


NAPOLI (2 ottobre) - Da ecomostri a monumenti, da obbrobri a patrimoni da tutelare. Al centro della rivoluzione ci sono le Vele di Scampia, tristemente note in tutto il mondo come simbolo di degrado, insicurezza e illegalità. Da decenni si discute e si lavora per demolirle, ma molto presto saranno intoccabili. È la volontà di Stefano Gizzi, sovrintendente per i beni architettonici e paesaggistici, che ha avviato una procedura urgente per istituire un vincolo di legge sugli edifici. È tutto nero su bianco, in una lettera inviata ai funzionari della Sovrintendenza, alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania ed al Comune di Napoli. L’obiettivo della missiva è la predisposizione in tempi rapidi di «tutti gli atti propedeutici ad un’eventuale dichiarazione di interesse culturale per il complesso storico-architettonico-urbanistico delle Vele, soprattutto in relazione a quanto previsto dal codice dei Beni culturali in riferimento ai valori della storia, della cultura, della civiltà e della vita sociale». 

Ma perché questa decisione? Secondo Gizzi si tratta di un’opera importante, «progettata dall’insigne architetto Franz Di Salvo e riportata in una copiosa letteratura». A questo punto dalla data di invio della lettera (il 14 settembre scorso) gli enti interessati hanno un mese di tempo per presentare eventuali osservazioni. Poi dovrà arrivare il via libera del ministro Sandro Bondi. Si va dunque verso lo stop alle ruspe che, nonostante la carenza di fondi, sono già entrate in azione nel quartiere per abbattere due delle sette Vele. 

Nati a seguito della legge 167 del 1962, gli edifici a forma triangolare si ispirarono ai princìpi delle unitées d’habitations di Le Corbusier e alle strutture «a cavalletto» proposte da Kenzo Tange. Il progetto iniziale messo a punto da Di Salvo prevedeva la realizzazione di grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero potuto integrarsi e creare una nuova comunità, gettando le basi per un riscatto sociale. 

Accanto alle Vele, inoltre, avrebbero dovuto vedere la luce centri sociali, uno spazio di gioco per bambini ed altre attrezzature collettive. Il sogno si è però trasformato in un incubo poiché il complesso residenziale è diventato un ghetto, regno della spaccio e della delinquenza. 

Anche il regista Matteo Garrone ha scelto di ambientare nelle Vele molte scene del film «Gomorra». Da qui il pressing della politica per arrivare in tempi brevi alla demolizione o almeno ad un cambio di destinazione d’uso, come stabilito dal consiglio comunale...

www.ilmattino.it

Arrestato l'avvocato che lesse in aula il proclama contro Saviano

INTERNAPOLI. Lesse in aula, per conto dei suoi clienti boss, un proclama che aveva il sapore inequivocabile dell'intimidazione nei confronti dello scrittore Roberto Saviano, della giornalista Rosaria Capacchione e del magistrato Raffaele Cantone che con il loro lavoro stavano dando molto fastidio ai Casalesi. L'avvocato Michele Santonastaso è stato arrestato dalla Dia di Napoli e con lui sono finiti in manette Michele Bidognetti, fratello del boss Francesco, il capoclan del quartiere Vomero Luigi Cimmino. Santonastaso nel processo Spartacus contro i vertici del potente clan casertano avanzò istanza di ricusazione del collegio giudicante leggendo una lettera, a nome dei boss, secondo la quale la Corte si lasciava influenzare dalle opinioni dello scrittore, della giornalista e del magistrato, oggi tutti sotto scorta per le minacce subite. La vicenda per la quale i tre sono stati arrestati non ha comunque a che fare con quel proclama: sono accusati di corruzione, falsa testimonianza e falsa perizia nell'ambito di un'inchiesta coordinata dai pm Antonello Ardituro, Francesco Curcio e Alessandro Milita.
L'inchiesta verte sugli espedienti adoperati per agevolare affiliati alle organizzazioni criminali Bidognetti, Cimmino e La Torre che ha portato all'emissione dei provvedimenti eseguiti dagli uomini della Dia diretti dal vicequestore Maurizio Vallone. Sono complessivamente dieci le persone indagate nell'ambito dell'operazione denominata Urania. Tra loro ci sono anche due periti fonici Alessandro Berretta ed Alberto Fichera, i quali, secondo l'accusa, attestarono falsamente che le voci intercettate in alcune conversazioni non appartenessero a Vincenzo Tammaro (affiliato al clan del quartiere Vomero capeggiato da Cimmino) ed Aniello Bidognetti, figlio del boss Francesco. Tammaro ed Aniello erano accusati di un duplice omicidio e grazie alla falsa perizia furono assolti. In cambio i periti ricevettero 120.000 euro. Santonastaso sarebbe stato l'organizzatore di questo e di un altro tentativo di «aggiustare» un processo, quello in cui il boss Augusto La Torre (poi divenuto collaboratore di giustizia) era imputato di un altro duplice omicidio. In aula si presentò l'imprenditore caseario Giuseppe Mandara, il quale fornì un falso alibi all'imputato: testimoniò infatti che il giorno del duplice omicidio di cui il boss era accusato, giorno di Sant'Augusto, era andato a casa sua per fargli gli auguri e consegnargli una tangente. Fu proprio La Torre, dopo la decisione di collaborare con la magistratura, a rivelare che l'alibi era falso. 
Ad accusare il penalista sono diversi collaboratori di giustizia tra cui Anna Carrino, ex compagna di Francesco Bidognetti. La donna riferisce che Santonastaso - retribuito dal clan con 10.000 euro al mese per la difesa del boss e dei due figli Aniello e Raffaele - si prestava a fare da collegamento tra il capoclan, i figli detenuti e gli altri affiliati. In una circostanza, l'avvocato si lamentò per il ritardo con cui gli venivano consegnati i soldi e la Carrino, proprio perchè il ruolo del legale era di importanza fondamentale per il clan, glieli anticipò prelevandoli dalla somma di denaro che lei stessa aveva ricevuto per Natale. (Il Giornale - 28/10/2010)
www.internapoli.it

Senza pane e senza speranza


Il messaggio del cardinale Crescenzio Sepe, durante la cerimonia dello scioglimento del sangue di S:Gennaro, è stato durissimo, chiaro e inequivocabile: a Napoli è mancato spesso il pane ma mai la speranza. Oggi, manca il pane e manca anche la speranza. Una condanna senza precedenti dei responsabili di questa situazione che è difficile non identificare con gli amministratori della città, i quali non riescono più nemmeno a riunirsi in Consiglio comunale per discutere le cose di ordinaria amministrazione che sembrano impegnare il loro tempo e la loro attenzione. All'ordine del giorno del Consiglio comunale non è mai stata messa: la povertà a Napoli e, quindi, il pane che manca a tante famiglie, a tanti bambini, a tanti anziani. Tanto meno il Consiglio comunale, magari su iniziativa del Sindaco, si è riunito sul tema: come possiamo dare una speranza a Napoli?
Il pane e la speranza non sono temi che interessano Sindaco, Assessori, Consiglieri comunali:Le cose che a loro interessano sono le assunzioni e le nomine nelle società partecipate; gli appalti e le consulenze per Bagnoli; la divisione dei posti nei CdA delle società controllate dal Comune; l'assunzione di amici e parenti; la distribuzione di cariche, consulenze professionali e prebende. Solo su queste cose sono tutti presenti e disposti anche a scannarsi. Persino l'assistenza alle fasce deboli della popolazione diventa mercato delle associazioni e delle cooperative cui distribuire i fondi disponibili non per alleviare la condizione umana e sociale dei derelitti ma per fare politica clientelare.
Il fatto che una famiglia su quattro sia in condizione di povertà, che i giovani diplomati e laureati siano costretti ad emigrare per cercare lavoro, che immigrati e rom vivano in condizioni indecenti, che l'economia della città vada a rotoli, non è un problema che li riguarda. Al massimo sono capaci solo di chiedere che se ne occupi il Governo, mandando in città altri soldi che prontamente verranno dirottati nella direzione delle cose che a loro più interessano e che non sono certo i poveri e i derelitti.
Alla speranza ci deve pensare la Chiesa, non certo il Comune.