sabato 29 maggio 2010

Campania, case fantasma. A Napoli il record

Campania maglia nera per le case-fantasma. Su due milioni di immobili mai denunciati agli uffici del Catasto, oltre 200mila si trovano nella nostra regione. Per la precisione 208.409. Il secondo posto spetta al Lazio (186.916), seguito da Puglia (154.085), Marche (137.777) e Sicilia (121.913).

La regione più virtuosa è invece la Liguria, con 4.756 edifici non dichiarati, ma si piazza bene anche il Molise (17.293). Numeri che emergono dall’indagine capillare avviata dall’Agenzia del territorio su indicazione del ministro dell’Economia Giulio Tremonti nell’ambito delle misure anti-evasione. Le case-fantasma sono infatti immobili di varia quadratura (ville, capannoni, mansarde) per i quali non si versa un euro di tasse.

Da qui il pressing del governo per effettuare una mappatura aerea del Paese, pronta dallo scorso mese di dicembre, attraverso migliaia di fotografie. Proprio da questo monitoraggio emergono dati inquietanti sulle città campane: in valore assoluto quella maggiormente fuorilegge è Salerno, con 93.389 appartamenti non dichiarati. Sul podio salgono Roma e Cosenza, seguite da Napoli (59.859) e Avellino (55.161).

Chiudono la classifica delle prime dieci posizioni altre cinque realtà del Sud ovvero Lecce, Palermo, Catania, Bari e Potenza. Se si considera la percentuale ogni 100 abitanti il primato negativo spetta ad Avellino (con Viterbo, Potenza, Rieti e Cosenza), mentre per chilometro quadrato Napoli batte di gran lunga tutti (51,3%). Basti pensare che, in questo speciale elenco, il secondo posto è occupato da Varese con 29,9 locali «misteriosi» per chilometro quadrato (quasi la metà del capoluogo partenopeo).

Si piazzano quindi Avellino, Lecce e Latina. Sulle cifre record della Campania pesa naturalmente il dilagante fenomeno dell’abusivismo edilizio, che negli ultimi 30 anni ha devastato intere porzioni di territorio provocando frequenti tragedie: è il caso, tra l’altro, dei quartieri partenopei Pianura e Camaldoli, ma anche di Ischia e delle Costiere amalfitana e sorrentina. Peraltro proprio a causa delle colate di cemento il governo ha varato nelle scorse settimane un decreto legge che ha bloccato le demolizioni (ma non quelle nelle zone vincolate) avviate dalla Procura con la cabina di regia coordinata dal procuratore generale Vincenzo Galgano.

Il provvedimento è ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge e vede in prima linea i senatori del Pdl Carlo Sarro e Vincenzo Nespoli che puntano ad estendere alle zone vincolate il condono edilizio contemplato dalla legge 326/2003. In merito alle case-fantasma è invece in arrivo una sanatoria anti-sanzioni che dovrebbe consentire al Tesoro di recuperare 1,5 miliardi di euro.

Si ragiona su tre strade: i trasgressori potrebbero regolarizzarsi entro due mesi dall’entrata in vigore della norma versando solo le imposte dovute negli ultimi due anni; in alternativa i proprietari «in nero» avranno sei mesi di tempo ma in questo caso dovranno sborsare le tasse dei cinque anni precedenti; infine chi non si metterà in regola sarà costretto a versare anche le sanzioni. In due casi su tre, dunque, non ci sarebbero penali.

Una soluzione che potrebbe essere accolta dagli enti locali, che avrebbero così un beneficio diretto derivante dal pagamento delle tasse per gli anni successivi. Accanto a ciò è allo studio un maxi-condono da 5 miliardi di euro, di cui vanno però ancora definiti tempi e criteri.

Gerardo Ausiello
Il Mattino il 23/05/2010

Incompatibilità: 251 parlamentari con il lavoro-bis

INTERNAPOLI. Antonio Galdo Il senatore Claudio Fazzone rischia grosso. Fino a poche ore fa era parlamentare e consigliere regionale, due incarichi incompatibili, ma non avendo comunicato la sua decisione di optare per il seggio a palazzo Madama, la Giunta delle elezioni lo ha dichiarato decaduto e Fazzone si ritrova disoccupato. Vedremo come le alchimie politiche restituiranno a Fazzone un seggio, ma il fenomeno dei doppi incarichi dei parlamentari è diventato esplosivo: se ne contano, tra Camera e Senato, ben 251, dei quali circa la metà macchiati da incompatibilità formale e sostanziale. Il vizietto del doppio lavoro è bipartisan, e tutti fingono di avere le carte in regola per passare con disinvoltura da una votazione a Montecitorio a una seduta di giunte comunali, provinciali e regionali. Risultano misteriose, per esempio, le doti di ubiquità delll'avvocato Raffaele Stancanelli, allo stesso tempo sindaco di Catania, città di 313.000 abitanti sull'orlo di un perenne dissesto finanziario, e deputato del Pdl. Per non parlare del tris di poltrone tra le quali deve spostarsi il leghista Daniele Molgora, deputato, presidente della provincia di Brescia e sottosegretario all'Economia, con delega al bollente dossier del federalismo fiscale.

La sovrapposizione tra il seggio in Parlamento e un ruolo di responsabilità negli enti locali è diventata quasi naturale, come dimostrano i doppi ruoli dei sindaci di Brescia, Adriano Paroli, Afragola, Vincenzo Nespoli, Orbetello, Altero Matteoli; dei vicesindaci di Roma, Mauro Cutrufo, e di Milano, Riccardo De Corato, dei presidenti della provincia di Asti, Maria Teresa Armosino, Foggia, Antonio Pepe, e Napoli, Luigi Cesaro; di una pletora di assessori a partire dal sottosegretario Paolo Romani, componente della giunta comunale di Monza. Oltre alle cariche elettive, il fenomeno dei doppi incarichi investe anche le sfere del sottogoverno, con posizioni sospese sul filo del conflitto di interessi. La capitale, in questo caso, è Milano, dove nessun parlamentare ha voglia di rinunciare a ruoli strategici nel sistema amministrativo e finanziario della città che dovrà cambiare volto grazie ai finanziamenti per l'Expo 2015. La Fiera del capoluogo lombardo, per esempio, potrebbe trasferirsi in Parlamento. Il senatore Giampiero Cantoni la presiede, mentre l'emergente ciellino Maurizio Lupi è vice presidente della Camera e amministratore delegato di Fiera Milano Congressi, e la Sviluppo Sistema Fiera, controllata dalla Fondazione, è presieduta dal deputato leghista Marco Reguzzoni. Un gioco di incastri, di porte girevoli, dove l'alleanza politica si traduce in una ragnatela di incarichi, con l'ombrello parlamentare, a presidio del territorio. Un nome simbolo di questo meccanismo è sicuramente quello dell'ex ministro della Funzione Pubblica Lucio Stanca, che divide i suoi impegni tra l'agenda di deputato e la postazione di amministratore delegato di Expo 2015.

E se nella precedente legislatura il senatore del Pd Pietro Fuda rivendicava le sinergie tra il ruolo di parlamentare e quello di amministratore unico della Sogas, l'azienda che gestisce l'aeroporto di Reggio Calabria, in questo giro ci pensa il collega Vincenzo Speziali, senatore del Pdl, a tenere i piedi in due scarpe, occupando il seggio e un posto nel consiglio di amministrazione della Sacal, la società che gestisce lo scalo di Lamezia Terme. Sempre nell'esclusivo interesse dei cittadini calabresi, ovviamente. Il malcostume parlamentare non poteva lasciare indifferenti i colleghi dei consigli regionali. I più abili, nell'affermare il diritto al doppio incarico, sono stati i deputati siciliani. Si sono scritti e hanno approvato una legge ad hoc, visto che l'80 per cento dei parlamentari dell'isola fanno il doppio lavoro: l'opzione diventa obbligatoria soltanto dopo una sentenza definitiva in Cassazione che con i tempi della giustizia italiana non arriva prima di una decina d'anni. Come dire: palla in tribuna e capitolo chiuso. Al punto che le riunioni dell'amministrazioni comunale di Messina possono tenersi comodamente anche a Palermo, visto che hanno un seggio a Palazzo dei Normanni il sindaco, Giuseppe Buzzanca, il vice sindaco e assessore alla Cultura, Giovanni Ardizzone, l'assessore alla Protezione Civile, Fortunato Romano. Certo: rinunciare a un seggio in Parlamento, magari per rischiare la carriera politica nella scivolosa palude di una giunta comunale o di un'azienda municipalizzata, non è una scelta facile. Spulciando tra la carte dei bilanci della Camera e del Senato si scopre, infatti, che il welfare abbinato allo status di parlamentare è ancora un regno del Bengodi. Sono state eliminate alcune spese capricciose, come i 150 euro al mese di rimborso per la messa in piega delle senatrici, o il taglio dei capelli gratuito per i senatori.

Ma il Parlamento italiano continua a distribuire pensioni sotto i 50 anni e soltanto la Camera si concede una voce di rimborsi spese per quasi 73 milioni di euro. Il presidente del Senato, Renato Schifani, aveva annunciato in tempi di austerity una sforbiciata al budget di Palazzo Madama, 594 milioni di euro di dotazione annua, ma in realtà i costi, e i relativi finanziamenti del Tesoro, anche per il prossimo anno sono previsti in crescita, ben oltre il tasso di inflazione. Più 8 milioni di euro. E quanto possa rendere un posto in Parlamento è confermato da una semplice statistica: in media, una volta eletti, deputati e senatori presentano denunce dei redditi con tassi di crescita pari al 78 per cento rispetto a quando erano dei normali cittadini. Mentre si parla di trasparenza, di nuove norme anticorruzione, in realtà non si riesce neanche ad applicare quelle vecchie. C'è sempre un cavillo, una scappatoia formale per rinviare sine die l'appuntamento con la rinuncia al doppio lavoro. Il sindaco di Brescia, per tagliare corto alle polemiche sul suo doppio incarico, per esempio ha messo in rete, a chiusura della sua biografia, la motivazione tecnica che gli consente di continuare indisturbato nel doppio lavoro: poiché l'elezione alle due cariche, è scritto nel testo on line, è stata contestuale, il caso non è previsto dalle attuali norme sull'incompatibilità. Un appiglio al quale si è immediatamente aggrappato anche Giulio Marini, collega di Paroli in Parlamento, e sindaco di Viterbo. Le maglie larghe della legge, che in Italia è sempre abbinata all'inganno, sono state esaminate dai componenti della Giunta delle elezioni a Palazzo Madama che hanno passato al setaccio tutte le posizioni di incompatibilità Alla fine, di fronte all'evidenza, tre parlamentari della Giunta, di maggioranza e di opposizione, Marco Follini del Pd, Andrea Augello del Pdl e Gianpiero D'Alia dell'Udc, hanno sottoscritto una proposta di legge bipartisan che dovrebbe azzerare le precedenti, vischiosissime norme, e introdurre una griglia, chiara e stretta, di incompatibilità. La proposta, però, non è mai stata portata in aula o in qualche commissione, e in questa legislatura non ci sarà certo il tempo per discuterla. Il vizietto del doppio lavoro, per i parlamentari italiani, è un tabù, e pazienza se si tratta di un atto di prepotenza che gonfia qualche portafoglio ma contribuisce alla caduta verticale del principale valore di un uomo politico: la sua reputazione. (Il Mattino - 22/05/2010)
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Gli scout ridonano un pezzo di spiaggia alla cittadinanza

GIUGLIANO. Tra le tante spiagge di Licola, spesso piene di rifiuti di ogni tipo, oggi ce n’è una finalmente pulita. È il frutto del lavoro di oltre 40 scout dei gruppi di Giugliano e Frattamaggiore che ieri mattina hanno colorato con le loro camicie azzurre il litorale a confine tra Giugliano e Pozzuoli. In quanto abituati, per dettame del loro fondatore, a “lasciare il mondo un po’ migliore di come l’hanno trovato”, gli scout dei diversi gruppi hanno portato avanti anche quest’anno un progetto dal nome simbolico: “Mare nero”. L’iniziativa nasce, oltre che per ridonare un pezzo di spiaggia alla cittadinanza troppo spesso indifferente, anche per cercare di sensibilizzare coloro che non si sono mai chiesti cosa abbia ridotto il nostro litorale a una discarica a cielo aperto. Protagonista della giornata anche Raffaele Del Giudice, Direttore Legambiente Campania, che è intervenuto per spiegare il reale disastro ambientale che si nasconde sotto le spiagge – e sotto le case - nella zona di Licola. Un piccolo segno, certo, che unito alla sensibilità dei cittadini e soprattutto delle istituzioni, può restituire ai cittadini campani uno dei litorali più belli d’Italia, con un potenziale turistico così alto da far invidia alle Cinque Terre o alla Riviera Romagnola.
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sabato 22 maggio 2010

Il corno

di Sirena Megaride
Varie sono le notizie sull'epoca e sulle modalità d'uso del corno. Intorno al 3500 a.C., età neolitica, gli abitanti delle capanne erano soliti appendere sull'uscio della porta un corno, simbolo di fertilità. La fertilità, allora, era abbinata alla potenza e quindi al successo. Si era soliti offrire dei corni come voto alla dea Iside affinchè assistesse gli animali nella procreazione. Secondo la mitologia, Giove per ringraziare la sua nutrice le donò un corno dotato di poteri magici. Nell'età medievale il corno per portare fortuna doveva essere rosso e fatto a mano.

ImageIl rosso simboleggiava la vittoria sui nemici e doveva essere fatto a mano perché ogni talismano acquisisce poteri benefici dalle mani che lo producono. Il corno è il simbolo che allontana un'influenza magica maligna. Secondo la scaramanzia napoletana il corno deve essere un dono quindi per portare fortuna non deve essere comprato, inoltre deve essere: rigido, cavo all'interno, a forma sinusoidale e a punta.
TRADIZIONE NAPOLETANA
Il corno, è rigorosamente rosso e preferibilmente di corallo e fatto a mano (anche se oggi si trova soprattutto in plastica e prodotto industrialmente).
sembra che fin dall'epoca neolitica fosse simbolo di potenza e di fertilità e quindi era di buon augurio per chi lo possedeva. In corallo, perché la mentalità popolare considerava il corallo una pietra preziosa col potere di scacciare malocchi e proteggere le donne incinte. Rosso perché è un colore che viene associato spesso, e in molte culture, alla fortuna. Fatto a mano perché acquista poteri benefici dalle mani che lo realizzano. Il corno non si compra: si regala, tutt'al più si ruba (scherzo.): in caso di necessità - se vediamo uno iettatore, se un gatto nero ci attraversa la strada, se passiamo distrattamente sotto una scala - dobbiamo sfregarlo energicamente tra le dita.
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Napoli, lettera choc di una 12enne: «Voglio sposare un camorrista»

NAPOLI (19 maggio) - Una lettera choc. Che rivela tutto il disagio di un quartiere: «Voglio sposare un camorrista, così posso essere ricca...». A svelare al cardinale Sepe le intenzioni di una bambina di 12 anni, sono gli alunni della scuola media Virgilio IV di Scampia, durante la visita dell’arcivescono nell’istituto, ieri mattina.
Accendono uno dei computer di cui la scuola è dotata e mostrano al cardinale la risposta scritta, come un temino, alla loro coetanea: «È una scelta sbagliata, un camorrista è la persona più ingiusta al mondo». I ragazzi della II B, via Antonio Labriola, nel cuore di Scampia, non ci stanno. Sono la parte onesta e dicono alla loro coetanea che «i soldi non rappresentano il potere e non servono a costruire la felicità». Per loro «un boss è una persona che crede di essere migliore, ma i migliori, invece, sono quelli che vanno avanti pur non avendo niente e si sacrificano con un lavoro onesto».
È a loro che il cardinale Sepe, ieri mattina, è andato in visita. E trova la Scampia che non ti aspetti: alla Virgilio IV, scuola materna, elementare e media, ci sono laboratori informatici dove gli studenti imparano la storia e la geografia con giochi interattivi studiati per loro, laboratori scientifici dove bimbi di seconda elementare studiano i microbi, i germi, «ma anche come sono fatti i pidocchi», dice divertita Maria, 7 anni, sguardo sveglio e per nulla intimidito dalla visita del cardinale.

Con i 660 ragazzi della Virgilio IV Sepe trascorre una lunga mattinata, accompagnato dal dirigente scolastico Paolo Battimiello, la vicepresidente Paola Cortellessa, i rappresentanti della VIII municipalità Giuseppe Tortoriello e l'assessore alla Cultura Maria De Marco, i parroci del territorio don Alessandro Gargiulo, don Luigi Merluzzo, padre Pasquale Fioretti. Qui la scuola fa rete. «È questa la nostra forza - spiega Battimiello - interagire con il territorio ed offrire ai ragazzi un'alternativa alla strada».
I ragazzi hanno realizzato un video «Scancelliamoci» dove chiedono di abbattere i cancelli costruiti perché la scuola in 7 anni è stata vandalizzata 13 volte. «Ora - assicura il dirigente - non accade più. Grazie anche alla collaborazione incessante delle famiglie». «La vostra forza - commenta l'arcivescovo - sta nell'essere insieme: così fermerete chi vuole contrastarvi. Saremo vincitori sempre, se avremo dalla nostra parte tutti gli altri: istituzioni, scuole famiglia e chiesa». E ai giovani Sepe chiede un impegno di coraggio e responsabilità. «Arruolatevi nel mio esercito: l'esercito del bene e della legalità. Oggi nasce qui con voi, che siete la speranza e il futuro di Scampia», dice Sepe.
«Venendo in questa scuola vedo concretizzarsi il mio auspicio», aggiunge, e ricorda il suo arrivo a Napoli. «Il 1 luglio del 2006 ho baciato questa terra e mi ripromettevo di fare di Scampia l'emblema della speranza: con voi può diventare terra di giustizia, pace, legalità». Ne sono la conferma Rossella, Rosario, Monica, Antonio: hanno accolto il cardinale con tre scatole rosse con le scritte «fede, speranza e carità».
Dentro i loro messaggi: «Da grande voglio fare il dottore». «Io l'avvocato», «Io il dentista». A Scampia si continua a sognare un futuro. La lettera dei ragazzi della II B è la risposta alla loro giovane amica senza speranza: «Rifletti bene - dicono i ragazzi - dici che vuoi sposare un camorrista qualunque, una persona che guadagna molti soldi ma facendo affari sporchi. I soldi servono per mangiare, per bere, ma non rappresentano la ricchezza della gente. Quello che vuoi è solo una scorciatoia che ti porterebbe solo miseria e schiavitù, perché la camorra vuole solo schiavi! Solo con l'amore puoi avere il mondo tra le dita».
Rosanna Borzillo
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FINANCIAL TIMES: Un beneventano leader della musica classica mondiale


Napoli, 21 mag (Il Velino/Il Velino Campania) - I turisti sono impegnati a immortalare le strisce pedonali più famose del mondo: quelle di Abbey Road, a Londra, dove si trovavano gli studios utilizzati dai mostri sacri della musica contemporanea come Beatles a Pink Floyd. Oggi, in quegli stessi studios, è portata vanti la tradizione quasi centenaria creata da compositori e musicisti di fama internazionale. Una tradizione portata oggi avanti da Antonio Pappano che ricopre una delle posizioni più importanti nel campo della musica classica. A Covent Garden, dove è diventato direttore artistico nel 2002, è attualmente il responsabile del cartellone e degli artisti. Dal 2005 ha ricoperto lo stesso ruolo all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma ed è uno dei pochissimi direttori d'orchestra ad avere un contratto. Basti pensare che le sue recenti direzioni, per la Emi, del Requiem di Verdi e di Madama Butterfly di Puccini, rappresentano una vera e propria pietra miliare nell'interpretazione contemporanea di questi lavori.


È dedicata alla scoperta di Antonio Pappano e, in un certo qual modo, alle sue origini la rubrica del prestigioso Financial Times “A lunch with” (ovvero: A pranzo con), pubblicata settimanalmente dal quotidiano londinese e finalizzata alla “conoscenza” di personaggi famosi a tavola.
Pappano è, senza dubbio, una delle personalità di punta della musica classica a livello internazionale, visto sia i ruoli che ricopre tra Londra, Roma e Berlino che per le sue interpretazioni delle opere liriche più famose al mondo. Se, tuttavia, la lingua di ha un forte accento americano, nonostante sia nato nel Regno Unito, nelle vene e nel cuore di Pappano scorre sangue italiano o, per più essere precisi, beneventano. I genitori dell'artista inglese naturalizzato americano, infatti, erano originari di Castelfranco in Miscano, in provincia di Benevento, e residenti in Inghilterra dal 1958, anno in cui emigrarono nel Regno di Elisabetta II per cercare lavoro.
La famiglia di origini semplici, la madre faceva la cuoca e il padre ha fatto prima il cameriere e poi il cuoco, ha sempre sostenuto e spronato il giovane Antonio a seguire i propri interessi nel campo musicale diventando, in breve tempo, uno dei più stimati e ricercati pianisti. Ma, è bene sottolineare, ci tiene sempre a rimarcare le proprie origini italiane.

Pappano – scrive il Ft –, è in una posizione migliore della mia per giudicare la situazione in cui si trova l'Italia. Al di la del suo lavoro a Roma, il pianista ogni anno si reca a Castelfranco, un piccolo paesino della Campania, per dirigere un concerto e ritrovarsi con i suoi parenti beneventani. Basti pensare che suo padre è nato e, per un caso fortuito, anche morto nel paesino a Nord di Napoli durante una vacanza. In merito al futuro del Belpaese aggiunge: Ogni società che ha raggiunto vette altissime in passato può, per un po', sedersi sugli allori. Basti pensare alla Grecia o alla Germania. L'Italia vede il suo passato come una sorta di vitalizio, ma io vedo un Paese che potrebbe dare spazio creatività e alle opportunità. Altrimenti tutto ciò sarebbe solo un museo. La lunga intervista all'artista di origini campane si conclude proprio sugli italiani e sulla cultura italiana. Il giornalista chiede al pianista, in modo diretto e conciso, quali sono gli ingredienti della cultura del Belpaese. Il tempo è fondamentale – conclude –. ma non è una questione solo relativa al sole o al caldo. È il modo con cui l'Italia ti abbraccia facendoti capire l'importanza di vivere. E ciò che forgia i cuori è il senso della bellezza. Grazie, infatti, all'utilizzo della lingua italiana loro (gli italiani) sono riusciti ad avvicinarsi al concetto stesso di essere umano. E questo accade perché noi, quando cantiamo, ci esprimiamo con i più profondi dei nostri impulsi.
 (Francesco Maria Cirillo) 21 mag 2010 17:25
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sabato 15 maggio 2010

Sugo Napoli", così la Knorr conquista la Germania

Napoli, 14 mag (Il Velino/Il Velino Campania) - Il silenzio, si sa, in Germania è prassi. Quasi di rigore. C'è un solo luogo dove, oltre agli stadi e alle discoteche, sembra vedere infervorarsi gli animi e le passioni dei teutonici e non: il supermercato. Sì, perché se è vero che ogni mondo è paese, anche nella fredda ex Prussia occidentale i cuori e le passioni di massaie, casalinghi o semplici studenti sono pervasi dagli stessi ardori: cosa è meglio mangiare? Ebbene, ad accendere una vibrante discussione in uno dei centri commerciali più noti di Berlino è stata la nota salsa “Napoli”, una specie di sugo già pronto commercializzato dalla Knorr e commercializzato in tutto il mondo. Ad attirare l'orecchio degli ignari acquirenti del supermercato è stata la frase: Nein!Napoli ist zweifellos die beste Soße! Die anderen sind nichts dagegen. (No, il sugo Napoli è senza dubbio il migliore! Gli altri sono spazzatura). Protagonisti del curioso siparietto un'anziana coppia tedesca intenta nell'acquisto di vari sughi precotti. A causare il diverbio è stata la ferma contrarietà del marito, o compagno della signora, che si è rifiutato categoricamente di acquistare il sugo, sempre della Knorr, “Bolognese”. “Sono stato numerose volte a Napoli – spiega l'anziano -, e i sapori e gli odori di quella città sono indimenticabili. Di tempo ne è passato, ma non posso né mai potrò dimenticare quei giorni felici e, soprattutto, quelle mangiate così corpose e salutari. Sì, proprio salutari perché oltre alla salute facevano bene anche all'anima”. Ed è proprio questo, forse, il motivo per cui il colosso industriale tedesco ha deciso di identificare il nome di un suo prodotto proprio con la città e non, come avviene in altri casi, con il suo aggettivo. È chiaro che “Napoli” rappresenta un vero e proprio brand a se stante, un marchio di cose positive, e spesso negative, che sono ben presenti nelle menti dei cittadini di buona parte d'Europa. La scelta di chiamare proprio “Napoli” un sugo, infatti, sembra vole avvalorare l'ipotesi che la città partenopea sia un punto di riferimento per la gastronomia a livello internazionale. Spesso, si dice, in Germania come in altri paesi del Nord Europa, gli italiani e in particolar modo i meridionali vengono identificati secondo classificazioni spesso infamanti e ingiuste, che stereotipizzano i difetti di una città affetta da sempre da mille mali. Quel che non si dice, invece, è la frequenza di “esempi” e “prestiti” positivi che prendono spunto proprio dalle caratterizzazioni positive dei partenopei. L'aver identificato con la parola Napoli qualcosa di “buono, sano e gustoso” nonché a un prezzo molto conveniente, rappresenta un chiaro esempio di valorizzazione delle tradizioni locali, di cui tanto spesso si parla proprio a Napoli e per le quali, purtroppo, si fa sempre troppo poco, o male. La decisione della casa tedesca di nominare uno dei propri prodotti di punta “Napoli”, la confezione è di fatto presente in ogni tipo di supermercato, potrebbe rappresentare persino uno spunto di “nuovo marketing” per la città. Dagli spaghetti e pistole dello Spiegel di qualche anno fa, che ogni tanto pure rispuntano, al sugo presente su tutte le tavole dei tedeschi. Insomma, se le occasioni fanno l'uomo approfittatore, allora forse è il caso che chi governa la città si ridesti e sfrutti, non questa, ma le occasioni “fortuite” che il nome stesso della città dona quotidianamente ai suoi cittadini.
(Francesco Maria Cirillo) 14 mag 2010 17:45

Camorra e business di prodotti alimentari: il 10% della spesa è tassa a favore dei clan

di Rosaria Capacchione

NAPOLI (12 maggio) - Tore ’e Criscienzo, capintesta dell’onorata società napoletana, era macellaio e grossista di carni. Pascalone ’e Nola era l’uomo che faceva i prezzi al mercato ortofrutticolo di corso Novara. Carmine Alfieri, come De Crescenzo, si occupava di bestiame destinato alla macellazione. Valentino Gionta, invece, che sulla carta era un pescivendolo ambulante, controllava il mercato ittico tra Torre Annunziata e Torre del Greco. Antonio Bardellino e Mario Iovine, gestivano l’import-export di pesce surgelato attraverso società brasiliane. La famiglia Nuvoletta, attraverso i suoi frutteti, riusciva a raggiungere la cifra record - per la fine degli anni Ottanta - di 1200 miliardi di lire ogni anno.

E poi ci sono i pomodori e le conserve, gli ortaggi destinati al mercato europeo e del nord Italia: tutto in mano alla camorra, attraverso il ferreo controllo della filiera agroalimentare, dalla produzione al trasporto. Dall’Ottocento a oggi, sulla tavola campana comandano i clan di periferia, i «viddani» della provincia di Napoli e i Casalesi. E nelle loro casse finisce almeno il 10 per cento della spesa delle famiglie destinata all’alimentazione. Parliamo di cifre annue seconde soltanto agli introiti garantiti dal traffico di stupefacenti.

Degli oltre 130 miliardi di euro che costituiscono il fatturato del 2009 delle maggiori organizzazioni criminali italiane, 7 e mezzo derivano dall’agricoltura. Almeno il 30 per cento di questa cifra arricchisce la camorra. E non basta. Altri 500 milioni di euro sono il provento della vendita del pane prodotto nei 2500 forni abusivi; almeno 200 milioni derivano dal controllo dei due maggiori mercati ittici, Pozzuoli e Mugnano. Il controllo dei macelli illegali frutta 75 milioni di euro, nell’ordine delle centinaia di milioni il fatturato della distribuzione di carni (bovine e suine) nelle catene dei discount. Non sfugge il latte: 0,5 centesimi di maggiorazione per ogni busta prodotta, sovrapprezzo imposto dal monopolio del trasporto su gomma. Sulla frutta e gli ortaggi incide per almeno 10 centesimi al chilo.

Le indagini fatte sul mercato ortofrutticolo di Fondi, il Mof, secondo in Europa dopo quello di Parigi e forte di un fatturato di 800 milioni di euro all’anno, consentono di quantificare, sia pure in maniera induttiva, il contributo inconsapevole che ogni consumatore dà all’economia criminale. I conti sono stati fatti anche dalle associazioni di categoria che stanno appoggiando la nascita di punti vendita a «chilometro zero».

La lunga catena che va dal produttore al consumatore fa lievitare i costi anche del 500 per cento (è il caso delle mele): il 20 per cento va al produttore, il 40 ai commercianti, l’altro 40 agli intermediari, tra i quali i trasportatori. Le indagini della Dia di Roma prima, della Squadra mobile di Caserta poi, hanno portato alla luce - oltre alle attività strettamente criminali del clan dei Casalesi e dei soci siciliani - anche le cause del maggior costo al consumo: il regime di monopolio del trasporto, del package, della distribuzione nelle catene dei supermercati. E se queste sono maggiorazioni che pesano esclusivamente sul bilancio delle famiglie e sul libero mercato, c’è da considerare che dal comparto agroalimentare la camorra lucra due volte. Per esempio, attraverso le frodi e le truffe-carosello, strumento che consente l’evasione dell’Iva. È una frode quella che interessa il mercato della mozzarella di bufala campana Dop. Accanto alle eccellenze, sul mercato finisce anche un prodotto fatto con latte proveniente dalla Romania, dalla Bulgaria, dalla Bolivia o dall’India: latte in polvere o cagliata congelata utilizzato spesso per mozzarella destinata alle catene di discount. Il consumatore paga un prodotto di scarso valore commerciale, il ricavato si traduce in guadagno quasi totale. Per la camorra, naturalmente.
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domenica 9 maggio 2010

Napoli, la truffa dei finti ricoveri

di Leandro del Gaudio
NAPOLI (8 maggio) - Procacciatori di pazienti, badanti, medici di base. Ma anche: manager della sanità privata e funzionari Asl. Tutti nello stesso calderone, tutti finiti al centro dell’ultima mossa della Procura di Napoli, che sta tirando le somme su quella che senza troppi fronzoli viene bollata come «falla del sistema sanitario in Campania»: sotto i riflettori, ormai da mesi, il mondo delle cliniche private convenzionate con le Asl e in grado di fornire posti letto o attrezzature per fronteggiare le esigenze di una popolazione sempre più anziana. 

In campo la sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza della Procura di Napoli, scoppia il caso dei «finti ricoveri». O meglio: dei «ricoveri simulati e delle dimissioni fasulle», un «sistema» che si sarebbe riprodotto per decenni, grazie al silenzio e alle presunte omissioni di Asl e commissioni sanitarie regionali. Blitz, perquisizioni, sequestri, ma anche intercettazioni telefoniche e decine di testimonianze raccolte in questi mesi dagli inquirenti. Indaga il pool mani pulite guidato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, nero su bianco c’è l’ultimo atto d’accusa al sistema sanitario in Campania, alla luce di quanto emerso dagli atti notificati di recente dai militari della Guardia di Finanza.

Inchiesta ampia, target preciso: è clinica «Villa Russo» di Miano, una delle eccellenze nel mondo della sanità campana riconducibile alla famiglia Crispino. Siamo a Miano ed è qui che negli ultimi tempi si sono intervallati blitz e sopralluoghi. È qui che gli inquirenti credono di aver scoperto il presunto (a ancora tutto da dimostrare, ndr) «sistema dei ricoveri ripetuti e delle dimissioni simulate». Truffa, falso, su uno sfondo di ipotesi associative. Ma in cosa consiste il presunto business finito nel mirino della Finanza? Il caso riguarda i ricoveri ripetuti in materia di «lungodegenza». 

Detto in parole povere: i pazienti non lasciano mai la clinica privata, garantendo sempre un costante flusso di denaro proveniente dalle casse dello Stato, trattandosi di una realtà convenzionata con l’Asl competente. Meccanismo ben oliato - scrivono gli inquirenti - al punto tale da trasformare una clinica privata in un ospizio a tutti gli effetti, in pieno regime di monopolio. Ma in che modo avviene il «ricovero seriale»? Basta fare carte false, si legge in un decreto di perquisizione: stando all’ipotesi investigativa, un paziente non lascia mai di fatto il lettino della clinica. O meglio, lo lascia solo sulla carta, per due o tre giorni, per poi ricoverarsi con un altro certificato medico (prescritto da un medico di base «distratto» o «colluso») e riprendere il posto di prima.

Ecco il ragionamento degli inquirenti: per legge la «lungodegenza» non può durare oltre sessanta giorni ed è il momento in cui il paziente viene dimesso solo sulla carta. Spesso - aggiungono gli inquirenti - il paziente resta addirittura qualche giorno «gratis» in clinica, pur di non lasciare mai il lettino, vitto e alloggio offerti dalla clinica. Ipotesi che attende riscontri. 

Fatto sta che, seguendo il ragionamento dei finanzieri, tempo tre giorni dalle dimissioni (formali, ma non di fatto) e il «malato» viene di nuovo «accolto» in clinica, riprendendo anche da un punto di vista formale il possesso del ricovero lasciato libero. Un «sistema» che gli inquirenti non esitano a definire «falso e truffaldino», in un’inchiesta che ha fatto registrare un’impennata negli ultimi mesi e che merita una considerazione: quella dei «ricoveri seriali e finte dimissioni» è solo l’ipotesi dell’accusa, in una vicenda che ora attende la replica da parte dei vertici amministrativi di Villa Russo (riconducibili storicamente alla famiglia Crispino), ma anche di tutte le persone finora coinvolte da blitz, perquisizioni o atti di pg, a partire dai funzionari Asl Napoli uno, chiamati a controllare fatture e tariffari delle cliniche convenzionate.

Inchiesta che punta in alto, al presunto «sistema», all’ipotetica macchina mangiasoldi dei «lettini sempre pieni» - per dirla con un’intercettazione finita agli atti -, e «guai a chi li tocca quei pazienti dai lettini», si sentiva ancora strillare al telefono.

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Terra dei fuochi torna l'allarme diossina


GIUGLIANO. Tonia Limatola Giugliano. L’attenzione era calata e, a distanza di un anno, il bilancio in prefettura sull’esito dei controlli contro i roghi di rifiuti non piace agli ambientalisti. Da ieri, però, la task force delle forze dell’ordine si è ricompattata ed entro pochi giorni ripartirà l’offensiva contro chi inquina nella cosiddetta Terra dei fuochi. A maggio del 2009 i controlli sul territorio avevano rallentato o addirittura bloccato lo sversamento e l’incenerimento illegale dei rifiuti agli angoli delle strade e nelle campagne, ma poi, da qualche mese il fenomeno dei roghi è riesploso. Adesso i nuovi controlli dovranno servire a far rispettare nuovamente le ordinanze comunali contro lo smaltimento illegale delle gomme d’auto. Un’iniziativa che sembrava destinata a fare archiviare la paura della diossina puntando sull’inasprimento delle sanzioni- fino alla sospensione dell’attività per quindici giorni - per colpire chi vende e chi scarica le gomme d'auto e altri materiali tossici nelle campagne e nelle piazzole dell'asse mediano e lungo la circumvallazione esterna, da Casoria a Lago Patria, con zone di emergenza nell’Asi Giugliano-Qualiano. Un accordo tacito che, sembra, abbia preso piede in tutti i comuni dell'hinterland. Se n’è tornato a casa soddisfatto il primo cittadino di Qualiano, Salvatore Onofaro – l’unico sindaco presente dell’area giuglianese - che aveva sollecitato l’incontro di ieri e che a novembre 2008 - con un Sos al prefetto - aveva dato il via alla crociata antidiossina. C’è amarezza per la scarsa attenzione dei comuni della zona che - anche nei casi in cui hanno siglato l’ordinanza – hanno disertato la riunione in prefettura. Non c’erano i sindaci, ma nemmeno dei delegati. «I sindaci fanno come gli struzzi: restano in silenzio per non danneggiare l’immagine delle loro città. Così i temi ambientali, trattati solo nei convegni, non si traducono mai in atti politici», tuonano gli ambientalisti. Al tavolo c’erano, invece, i vertici dei dei carabinieri, delle Fiamme gialle e della Polizia, assieme ad Asl e Arpac. Il calendario degli intereventi congiunti dovrà passare attraverso un altro incontro in Questura. Le forze dell’ordine potranno servirsi anche delle informazioni diramate su una web tv che, giorno per giorno, pubblica le immagini dello scempio inviate dai cittadini e testimonia che, come affermano da Legambiente Campania, il fenomeno non è mai scemato. Anzi, adesso coinvolge anche altre aree. «Si è allargato il perimetro della Terra dei fuochi - dice il direttore regionale Raffaele Del Giudice -. Dal tratto della circumvallazione esterna che attraversa il giuglianese si è estesa verso il litorale domitio e, dall’altro lato, fino a Casoria. Quotidianamente grossi cumuli di rifiuti vengono fatti bruciare per ore, e a qualsiasi ora del giorno, per smaltire tonnellate di rifiuti tossici ogni giorno. L’aria è appestata. Il motivo? Sono pochissimi i controlli e si va avanti nonostante l’ordinanza dei comuni contro lo smaltimento illegale dei pneumatici». Fanno paura i continui roghi nella zona Asi di Giugliano. La tecnica di smaltimento è sempre la stessa: utilizzano le gomme d’auto per occultare l’incenerimento illegale di altri rifiuti speciali e tossici. «Il problema vero su questo territorio vastissimo – continua Del Giudice - è che non c’è controllo sulle aziende che dovrebbero smaltire i copertoni. Poi, aspettiamo da troppo tempo l’avvio dell’operazione Primavera, la task force tra i diversi corpi delle forze dell’ordine. Speriamo che questa sia la volta buona». 
Il Mattino il 06/05/10


Danni a bronchi e polmoni, più esposti bambini e asmatici 

A Giugliano c’è chi pensa che stare chiusi in casa a fumare una sigaretta possa essere quasi più salutare che fare una passeggiata all’aria aperta. A Giugliano, come in altri comuni dell’area a nord di Napoli e Caserta, la diossina è stata ritrovata addirittura nel latte materno. Diossina, appunto, la sostanza chimica - inquinante e cancerogena - prodotta anche dalla combustione di rifiuti, soprattutto da quelli di materie plastiche, soprattutto se questa viene fatta in maniera incontrollata e a basse temperature. «Il problema principale dei roghi di rifiuti - spiega Fabrizio Adani, professore Associato di Chimica del Suolo presso la facoltà di Scienze Agrarie dell’Università di Milano, - è proprio la produzione di diossina: negli inceneritori, infatti, la combustione avviene a temperature molto elevate e in maniera controllata, cosa che non accade nel caso dei rogghi per strada. Il caso del Giuglianese, d’altronde è stato oggetto di studio anche da parte dell’Oms. I danni derivanti dalla persistenza di questa sostanza non riguardano però soltanto la salute dell’uomo ma anche l’ambiente e in particolar modo il suolo. La diossina - continua l’esperto - è infatti una molecola capace di persistere addirittura per centinaia di anni. Inoltre, essendo liposolubile, riesce facilmente, attraverso l’erba, ad entrare nel ciclo vitale tant’è che è stata ritrovata, periodicamente, in diversi alimenti, dal latte, alla mozzarella, alla frutta. È una sostanza che non degrada e quindi, secondo quanto sostengono gli ecotossicologi, è ormai ubiquitaria, è presente dappertutto, anche sui mobili all’interno delle abitazioni». Ma può essere necessario bonificare i suoli? E come e in quanto tempo si può eliminare la diossina dal terreno? «Gli interventi di bonifica - spiega ancora Adani - diventano necessari quando, in base ad un attento programma di monitoraggio continuo di un’area, si accerta che vengono superati certi livelli. In questo caso l’area va messa in sicurezza e poi si procede alla bonifica. Il sistema più semplice ed economico per eliminare la diossina è quello che utilizza tecniche biologiche impiegando microrganismi capaci di degradare la sostanza. Ma l’intervento principale - conclude - deve essere eliminare questo fenomeno, fare in modo che nessuo possa più bruciare rifiuti tossici agli angoli delle strade». «Le iniziative politico-sociali per reprimere il fenomeno - spiega il professore Francesco Bariffi, pneumologo - sono l’unica valida misura di prevenzione di questo insidioso inquinamento atmosferico. Andare in giro con la mascherina non serve a niente anche perché si tratta di particelle talmente piccole che non è in grado di filtrare». Ma chi e che cosa rischia vivendo in ambienti esterni in cui viene immessa diossina? «Per fortuna, il fatto che i rifiuti vengano bruciati all’aperto fa sì che la diossina si diluisca nell’aria e non raggiunga alti livelli di concentrazione nell’atmosfera. Ma respirarla è comunque dannoso per i bronchi: qualsiasi tipo di fumo da combustione ha infatti un’azione irritante sull’apparato respiratorio a causa della presenza del corpuscolato. I più esposti, ovviamente, sono i bambini, soprattutto gli asmatici». 

Gaty Sepe
Il Mattino il 06/05/10

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sabato 1 maggio 2010

Napoli, camorra al cimitero di Fuorigrotta: Il capoclan del quartiere decide i posti

NAPOLI (26 aprile) - L’ultima parola sui loculi, in certi casi, spettava al boss, a quello che aveva «competenza territoriale» e, quasi in automatico, un diritto di veto: l’ultima parola su «chi atterrare a Fuorigrotta», sul diritto di piangere i propri cari nel cimitero del quartiere della periferia occidentale, toccava sempre e soltanto a lui. Al boss di Fuorigrotta.

Qualcosa in più di una raccomandazione, un vero e proprio nulla osta, a leggere verbali e informative di polizia giudiziaria depositate agli atti di un processo ai presunti responsabili della faida che ha insanguinato rione Traiano e dintorni. Verbali zeppi di pagine bianche, omissis su tracce di indagini ancora in corso, poi il lungo racconto fatto alla Dda di Napoli da parte del pentito Mario Toller. È lui ad aprire lame di luce sulle presunte ingerenze della camorra sul cimitero di Fuorigrotta.

Atti da prendere con le molle, è bene chiarirlo, in attesa del vaglio definitivo da parte degli inquirenti, che raccontano però un concetto difficile da mandare giù: se appartieni al «sistema» - lascia intendere il pentito - e vuoi seppellire un parente nel cimitero di Fuorigrotta - tipo: una mamma o un figlio - non puoi fare tutto da solo. Devi rivolgerti al boss che controlla il territorio, che controlla Fuorigrotta.

Nero su bianco, la ricostruzione di Toller punta dritto contro il presunto sistema di potere creato da Davide Leone, ritenuto dal pm della Dda di Napoli Michele Del Prete protagonista della faida contro Salvatore Cutolo - anni 2007-2008 -, quattro omicidi e vari agguati falliti. A giudicare dagli «omissis», sulla presunta influenza della camorra in materia di loculi, ci sono indagini in corso. Inchiesta al momento top secret, che ruota attorno al racconto di Toller: «Durante la faida, due affiliati mi dissero che per seppellire il cadavere della madre nel cimitero di Fuorigrotta, si erano dovuti rivolgere a Davide Leone per competenza territoriale, in quanto lo stesso controllava quella zona di Fuorigrotta, comprese le attività del cimitero».

Non solo testimonianze de relato, non solo accuse indirette. Pregiudicato di vecchia data, Mario Toller decide di collaborare con la giustizia quando la camorra gli ammazza il figlio. È il 14 giugno del 2008, quando a due passi dall’ippodromo di Agnano viene ammazzato Giovanni Toller, un delitto destinato ad incidere sull’inchiesta sulla faida Cutolo-Leone. Che, neanche a dirlo, si arricchisce delle accuse di Mario Toller, proprio a partire dal giorno in cui il pentito si reca a Fuorigrotta a seppellire il figlio Giovanni.

Siamo ad agosto del 2008, l’uomo ha da pochi giorni iniziato a collaborare e si presenta in cimitero assieme alla scorta: «Anche quando andai a seppellire Giovanni, al cimitero di Fuorigrotta, ho incontrato... (omissis), che è legato a Davide Leone, che mi chiese di appartarmi, per non far sentire nulla alla scorta. Mi disse che io sapevo benissimo come funzionava il sistema in quel cimitero e cioé che per avere la disponibilità di un loculo dovevo rivolgermi a Davide Leone».

Scenario tutto da chiarire, ruoli e responsabilità da definire, anche alla luce di una premessa quanto mai categorica: le parole di un collaboratore di giustizia non rappresentano una prova, né possono costituire da solo un atto d’accusa nei confronti delle tante persone oneste (tra dirigenti e impiegati) che nel cimitero di Fuorigrotta ci lavorano. Ma l’informativa della Dda è approfondita: «Da anni c’è chi svolge il ruolo di mediatore per conto dei vari clan che si sono succeduti a Fuorigrotta, a partire dai Malvento e dai Baratto, fino allo scenario recente».

Un posto al camposanto grazie all’interessamento di un boss, dunque, soldi o favori per poter seppellire e piangere un proprio parente in un cimitero di Napoli: dove anche i lutti privati possono diventare cosa nostra.
di Leandro Del Gaudio

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Rifiuti: I comitati incontrano i Commissari Eurpoei

INTERNAPOLI. Dal 28 al 30 Aprile 2010 la Commissione Europea per le petizioni, a seguito di puntuali denunce sul tema rifiuti pervenute fin dal 2006 da parte di liberi cittadini delle zone di Acerra, Chiaiano, Serre, Basso dell’Olmo e Taverna del Re, effettuerà una missione investigativa in Campania per verificare dal vivo gli aspetti concreti della gestione rifiuti nella regione, con particolare riferimento alle questioni di impatto sulla salute umana, differenziazione dei rifiuti, stato delle discariche esistenti, esistenza ed utilizzazione di discariche abusive, smaltimento illegale di rifiuti tossici, elevata attenzione prestata all’incenerimento rifiuti e per ultimo finanziamento degli impianti progettati. I comitati e le associazioni che da anni svolgono nella regione un’azione di contro-informazione e denuncia delle irregolarità ormai decennali nella gestione del ciclo rifiuti in Campania, hanno da tempo avanzato proposte concrete per la risoluzione dell’emergenza basate su raccolta differenziata porta a porta, costruzione di impianti di compostaggio e riconversione degli ex CDR in impianti di Trattamento Meccanico dei rifiuti.

Il piano del Governo, che ha varato il 23 maggio 2009 il Decreto Legge n. 90 poi convertito nella Legge n. 123, relativo alla gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, ha invece inteso risolvere la stessa con una serie di norme in aperta violazione delle Direttive Europee in tema di rifiuti, imponendo per legge, senza alcuna preventiva adeguata analisi dei territori, 11 mega-discariche di rifiuto ‘tal quale’, anche con codici CER pericolosi, e la costruzione di 4 inceneritori finanziati dai CIP6, di cui quello in funzione ad Acerra, fin dal suo avvio, brucia materiale fuori norma e produce continui sforamenti dei limiti di legge per le polveri sottili; mentre ancora oggi non si intende far decollare la raccolta differenziata nel capoluogo di regione, oltre che in molte periferie degradate e risulta in funzione solo un piccolo impianto di compostaggio per l’intera Campania; non è infine partita alcuna seria bonifica dei territori devastati dai rifiuti tossici e da precedenti mega-discariche. 

Di fronte a questo scempio ambientale sarà nostra cura mostrare alla Commissione Europea quale sia lo stato reale dell'emergenza rifiuti nella regione e, nonostante essa sia stata ufficialmente dichiarata conclusa, quanto i provvedimenti attualmente in vigore e quelli programmati continuino a violare le normative comunitarie, a non garantire la salute dei cittadini e a non tutelare l’ambiente e i territori. 
Incontreremo la Commissione stessa il giorno 28 Aprile alle ore 19 presso l'Hotel Palazzo Caracciolo, in Via Carbonara, 112 a Napoli e in quella sede porteremo le nostre ragioni e le nostre proposte. 
In tale occasione si terrà nei pressi dell’Hotel un presidio informativo, al quale si invitano a partecipare tutti i cittadini delle province colpite dalla dissennata gestione dei rifiuti in Campania, i cui costi sono pagati dagli stessi cittadini con i vertiginosi aumenti della Tarsu, e tutti coloro sensibili ai temi della difesa dei diritti, della salute e dell’ambiente. 

Comunicato Stampa
Coordinamento regionale Rifiuti della Campania (www.rifiuticampania.org)
Rete Campana Salute e Ambiente (www.rifiutizerocampania.org)

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