sabato 24 aprile 2010

Droga, gli stipendi del clan agli affiliati. Cento euro per le casalinghe-custodi

NAPOLI (21 aprile) - Tra Secondigliano e Scampia la camorra è riuscita, forse più che in altri quartieri cittadini, a imporsi come antistato mettendo in piedi un sistema che non è solo un insieme di regole e gerarchie criminali. Al soldo del clan ci finisce, per scelta o per necessità, persino la casalinga che, in cambio di cento euro alla settimana, si offre di custodire in casa per un giorno o per poche ore alcune dosi di droga che lo spacciatore di turno provvederà a ritirare per venderle nell’androne del palazzo.
La camorra della periferia nord compra il consenso dei residenti con il denaro. Raramente impone estorsioni: gli introiti dei clan, sotto questa voce, raggiungono in un quartiere al massimo i 26mila euro al mese, secondo quanto riferiscono i collaboratori di giustizia. Solo alle imprese viene imposta una tangente più cospicua, solitamente intorno al 10 per cento dell’importo dei lavori. Gli affari più grossi si fanno con i traffici di stupefacenti. Il clan degli scissionisti, proseguendo sulla scia del vecchio clan Di Lauro a cui è subentrato nella gestione del malaffare, ha messo tutti gli affiliati a busta paga.
Le dichiarazioni dei pentiti sono agli atti dell’inchiesta sul clan degli scissionisti, già al vaglio del giudice dell’udienza preliminare e prossima alla sentenza di primo grado per chi ha scelto il rito abbreviato. L’inchiesta culminò nel maggio scorso in oltre settanta arresti. Nell’ultimo anno, tra Scampia e Secondigliano, più di duecento affiliati sono finiti in manette. Le indagini hanno consentito di svelare il tariffario della camorra. Cento euro alla settimana per i custodi della droga, qualcosa in più per le sentinelle che presidiano le piazze di spaccio pronte a dare il segnale di fuga agli spacciatori in caso di presenza di forze dell’ordine.
Più si sale nella gerarchia criminale più l’affiliazione al clan è remunerata: il boss tiene conto della fiducia che gli dimostrano i gregari, dei rischi a cui sono esposti, della responsabilità degli affari illeciti che gli affida. Ogni affiliato guadagna dai tremila ai quattromila euro al mese, un capozona almeno settemila euro al mese. Per chi fa parte delle batterie di fuoco dell’organizzazione, i killer, è previsto un bonus sulla «mesata».
Lo hanno confermato ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia diversi collaboratori di giustizia. Il primo febbraio del 2007 Andrea Parolisi, ex affiliato e cassiere di un sottogruppo del clan, ha rivelato: «Percepivo uno stipendio di 4mila euro mensili, anche se in talune occasioni avevo dei regali. Ad esempio, agli inizi dell’agosto 2006 ebbi da Cesare Pagano 30mila euro. Solo successivamente seppi dagli altri affiliati di Mugnano che soltanto io avevo percepito una cifra così ingente mentre gli altri avevano avuto chi 4mila, chi 5mila euro. A quel punto decisi di tenere per me 20mila euro e di dividere i restanti 10mila tra gli altri affiliati di Mugnano». Per i boss, Raffaele Amato e Cesare Pagano, i guadagni erano da capogiro: con i traffici di droga entrava nelle casse del clan oltre un milione di euro al mese.
Parolisi ha spiegato di aver custodito i soldi della droga, raccontando un episodio: «Custodii una somma di un milione e trecentomila euro per un tempo limitato ossia dalle otto della sera sino alle 11 del mattino successivo... omissis... I due erano muniti di una macchinetta per contarli e del materiale necessario per farne delle confezioni con plastica trasparente. Fecero pacchi da 20mila euro e li misero in una Fiat Idea scura con un sistema sempre dietro al paraurti».
Nella contabilità del clan, anche gli affitti di appartamenti usati come base logistica dei killer o rifugio durante la latitanza in Spagna del boss e dei suoi fedelissimi. In più i soldi, duemila euro al mese, per chi si lasciava corrompere.
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Abusivismo in Campania, verso decreto per fermare gli abbattimenti

NAPOLI (20 aprile) - Un decreto legge per sospendere le procedure di demolizione delle abitazioni abusive in Campania costruite fino al 2003: è quanto sta ipotizzando il Governo in attesa che il nuovo Consiglio regionale legiferi riaprendo i termini del condono edilizio di sette anni fa, i cui effetti furono bloccati sul territorio campano da provvedimenti della Giunta Bassolino, poi però dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale. La notizia fa scalpore, in una delle regioni simbolo dei danni prodotti dal cemento selvaggio e nella quale le demolizioni hanno prodotto, negli ultimi mesi, cortei e proteste di piazza da parte di chi invocava uno stop alle ruspe contro i cosiddetti abusi di necessità.
Proprio oggi, a Torre del Greco, in 400 hanno sfilato per chiedere di fermare le demolizioni. Tre mesi fa, a Ischia, il movimento antiruspe si era manifestato anche con tensioni e scontri tra manifestanti e forze dell'ordine. Ora si profila una soluzione tecnico-politica, strada che vede da tempo tra i suoi fautori Carlo Sarro, senatore del Pdl, il quale aveva proposto in tal senso un emendamento da inserire già nel decreto milleproroghe, testo poi non ammesso dalla Commissione affari Costituzionali. Quell'emendamento è stato trasformato in una proposta di legge firmata dal senatori del Pdl in Campania. «Ma in questi giorni - riferisce Sarro - il presidente della Regione Caldoro ha sollecitato il governo a una soluzione più veloce rispetto alla via parlamentare». Il neo governatore della Campania - spiega Sarro - avrebbe «interloquito con il presidente Berlusconi e con il sottosegretario Letta. Dalle notizie in mio possesso, l'ipotesi di decreto potrebbe essere in tempi brevi all'esame del consiglio dei ministri». Secondo quanto si è appreso da fonti governative, l'ipotizzato stop per decreto alle demolizioni di abitazioni abusive sarebbe arrivato sul tavolo del pre-consiglio dei ministri di questa mattina su proposta del ministero delle Infrastutture. Ma i tecnici di alcuni dicasteri - in particolare dell'Ambiente e dell'Interno - avrebbero espresso alcune riserve, considerando il rischio di vanificare gli effetti delle sentenze penali di condanna a carico di chi costruisce abusivamente. Per questo il testo del decreto al momento non è stato reso noto e la questione potrebbe essere oggetto di altre riunioni.
L'assessore all'Urbanistica della Provincia di Napoli, Nello Palumbo (Udc), definisce «condivisibile» l'ipotesi del decreto, precisando che i suoi effetti «non potrebbero assolutamente estendersi alle opere realizzate dopo il 2003». Soddisfatto anche Franco Regine (Pd), sindaco di Forio d'Ischia, tra i leader della protesta istituzionale contro le demolizioni: «Sarebbe molto positivo attenuare l'impatto di quello che altrimenti risulterebbe un disastro». Sull'isola sono 600 gli abbattimenti previsti in esecuzione di sentenze penali passate in giudicato, un decimo delle seimila demolizioni previste in tutta la provincia.
No comment, per ora, del procuratore aggiunto di Napoli Aldo De Chiara, in prima linea nella lotta al cemento illegale: «Bisogna prima leggere l'eventuale provvedimento». Si dice incredulo, invece, il leader regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli: «A questo punto manca solo il condono per gli abusi non ancora commessi. E cosa diranno i proprietari di immobili già demoliti? Bisognerebbe farglieli ricostruire...».
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NAPOLI (24 aprile) - Appena due articoli che scatenano aspre polemiche. Tra i malumori della Lega e una battaglia che nel pomeriggio diventa aspra sull’uso delle parole. «È una sanatoria», attacca il centrosinistra; «Abbiamo solo ristabilito le stesse condizioni di diritto», replica il centrodestra.
Di certo c’è che il decreto legge licenziato ieri in Consiglio dei ministri, su proposta di Berlusconi e dei ministri Alfano e Matteoli, riapre solo per i campani, che non ne hanno usufruito, i termini del condono edilizio del 2003. Nel frattempo blocca sì gli abbattimenti (sino al 30 giugno del 2011) per le prime case realizzate entro il 31 marzo del 2003 ma ad eccezione di quelle delle quali «sia stata accertata la pericolosità» e quando sia stata accertata «la violazione dei vincoli paesaggistici nazionali».
A spingere in questa direzione più restrittiva sarebbe stato il ministro della Lega Calderoli, per evitare l’ira del popolo del Carroccio. E a una prima lettura del testo sembrerebbero assai poche le case che possono sfuggire alle ruspe. Perché in Campania oltre il 60 per cento del territorio è messo sotto vincolo. E infatti ai primi lanci d’agenzia sul testo, il sindaco di Forio d’Ischia Franco Regine attacca: «Dal decreto verrebbero esclusi proprio i casi che riguarderebbero la nostra isola. La ritengo - dice Regine - l’ennesima discriminazione perpetrata ai danni dei cittadini isolani che hanno creduto alle promesse del Pdl, ricambiando con enorme consenso di voti».
Si vedrà nei prossimi 60 giorni durante le discussioni per la conversione del decreto in legge (prima lettura al Senato). Perché se è vero che si demolirà comunque in violazione delle norme paesaggistiche, lo è anche il fatto che la Consulta (sentenza 49/2006) fa distinzione tra vincoli assoluti e relativi. Ovvero su norme nazionali (come individuate da decreto), che sono e rimangono inaggirabili, e regionali, quindi parzialmente rimuovibili. E su questa distinzione, c’è da essercene certi, sarà battaglia nei prossimi 60 giorni. Polemica per ora c’è già tra Pdl e opposizione mentre Legambiente annuncia che impugnerà il dl davanti alla Corte Costituzionale. Butta acqua sul fuoco il senatore Carlo Sarro che a dicembre tentò di far passare la sanatoria campana nel milleproroghe e fu primo firmatario di un disegno di legge a metà febbraio. «La precedente giunta Bassolino adottò, nel 2004 e nel 2006, due provvedimenti poi dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale. In forza di quelle misure si sarebbe impedito ai cittadini campani di presentare domanda di condono come avvenuto nel resto del Paese. Ora invece - spiega Sarro - la sospensione delle demolizioni collegata alla ricognizione del regime vincolistico, operazione di competenza regionale, dimostra come la finalità del provvedimento è quella di venire incontro alle esigenze abitative della popolazione ma anche e soprattutto quella di avviare una seria stagione di pianificazione del territorio».
E se l'ex governatore Antonio Bassolino attacca («La nuova maggioranza comincia male»), da parte del suo successore Stefano Caldoro c’è soddisfazione per un provvedimento annunciato in campagna elettorale. Anche se il governatore preferisce non far alcun commento pubblico, lo fa il ministro Mara Carfagna: «Il governo non poteva assistere impassibile al fatto che, con gli abbattimenti, molte donne con bambini, anziani, addirittura disabili, tutti senza un’altra abitazione, venissero lasciati in mezzo a una strada. Per questa ragione e per l’ultima volta l’esecutivo è stato costretto a intervenire per sanare quella che la Corte costituzionale ha definito disparità di trattamento dei campani rispetto al resto dei cittadini italiani».
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domenica 18 aprile 2010

Saviano: "Il premier mi vuole zittire ma sui clan non tacerò mai"

INTERNAPOLI. Presidente Silvio Berlusconi, le scrivo dopo che in una conferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere responsabile di "supporto promozionale alle cosche". Non sono accuse nuove. Mi vengono rivolte da anni: si fermi un momento a pensare a cosa le sue parole significano. A quanti cronisti, operatori sociali, a quanti avvocati, giudici, magistrati, a quanti narratori, registi, ma anche a quanti cittadini che da anni, in certe parti d'Italia, trovano la forza di raccontare, di esporsi, di opporsi, pensi a quanti hanno rischiato e stanno tutt'ora rischiando, eppure vengono accusati di essere fiancheggiatori delle organizzazioni criminali per il solo volerne parlare. Perché per lei è meglio non dire. è meglio la narrativa del silenzio. Del visto e taciuto. Del lasciar fare alle polizie ai tribunali come se le mafie fossero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esattamente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nostra appunto è un'espressione ancor prima di divenire il nome di un'organizzazione. Io credo che solo e unicamente la verità serva a dare dignità a un Paese. Il potere mafioso è determinato da chi racconta il crimine o da chi commette il crimine? 

Il ruolo della 'ndrangheta, della camorra, di Cosa nostra è determinato dal suo volume d'affari - cento miliardi di euro all'anno di profitto - un volume d'affari che supera di gran lunga le più granitiche aziende italiane. Questo può non esser detto? Lei stesso ha presentato un dato che parla del sequestro alle mafie per un valore pari a dieci miliardi di euro. Questo significa che sono gli scrittori ad inventare? Ad esagerare? A commettere crimine con la loro parola? Perché? Michele Greco il boss di Cosa Nostra morto in carcere al processo contro di lui si difese dicendo che "era tutta colpa de Il Padrino" se in Sicilia venivano istruiti processi contro la mafia. Nicola Schiavone, il padre dei boss Francesco Schiavone e Walter Schiavone, dinanzi alle telecamere ha ribadito che la camorra era nella testa di chi scriveva di camorra, che il fenomeno era solo legato al crimine di strada e che io stesso ero il vero camorrista che scriveva di queste storie quando raccontava che la camorra era impresa, cemento, rifiuti, politica. 

Per i clan che in questi anni si sono visti raccontare, la parola ha rappresentato sempre un affronto perché rendeva di tutti informazioni e comportamenti che volevano restassero di pochi. Perché quando la parola rende cittadinanza universale a quelli che prima erano considerati argomenti particolari, lontani, per pochi, è in quell'istante che sta chiamando un intervento di tutti, un impegno di molti, una decisione che non riguarda più solo addetti ai lavori e cronisti di nera. Le ricordo le parole di Paolo Borsellino in ricordo di Giovanni Falcone pronunciate poco prima che lui stesso fosse ammazzato. "La lotta alla mafia è il primo problema da risolvere ... non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni le spinga a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale della indifferenza della contiguità e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo mi disse: la gente fa il tifo per noi. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale dà al lavoro dei giudici, significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze". 

Il silenzio è ciò che vogliono. Vogliono che tutto si riduca a un problema tra guardie e ladri. Ma non è così. E' mostrando, facendo vedere, che si ha la possibilità di avere un contrasto. Lo stesso Piano Caserta che il suo governo ha attuato è partito perché è stata accesa la luce sull'organizzazione dei casalesi prima nota solo agli addetti ai lavori e a chi subiva i suoi ricatti. Eppure la sua non è un'accusa nuova. Anche molte personalità del centrosinistra campano, quando uscì il libro, dissero che avevo diffamato il rinascimento napoletano, che mi ero fatto pubblicità, che la mia era semplicemente un'insana voglia di apparire. Quando c'è un incendio si lascia fuggire chi ha appiccato le fiamme e si dà la colpa a chi ha dato l'allarme? Guardando a chi ha pagato con la vita la lotta per la verità, trovo assurdo e sconfortante pensare che il silenzio sia l'unica strada raccomandabile. Eppure, Presidente, avrebbe potuto dire molte cose per dimostrare l'impegno antimafia degli italiani. Avrebbe potuto raccontare che l'Italia è il paese con la migliore legislazione antimafia del mondo. Avrebbe potuto ricordare di come noi italiani offriamo il know-how dell'antimafia a mezzo mondo. Le organizzazioni criminali in questa fase di crisi generalizzata si stanno infiltrando nei sistemi finanziari ed economici dell'occidente e oggi gli esperti italiani vengono chiamati a dare informazioni per aiutare i governi a combattere le organizzazioni criminali di ogni genealogia. E' drammatico - e ne siamo consapevoli in molti - essere etichettati mafiosi ogni volta che un italiano supera i confini della sua terra. Certo che lo è. Ma non è con il silenzio che mostriamo di essere diversi e migliori. 

Diffondendo il valore della responsabilità, del coraggio del dire, del valore della denuncia, della forza dell'accusa, possiamo cambiare le cose. Accusare chi racconta il potere della criminalità organizzata di fare cattiva pubblicità al paese non è un modo per migliorare l'immagine italiana quanto piuttosto per isolare chi lo fa. Raccontare è il modo per innescare il cambiamento. Questa è l'unica strada per dimostrare che siamo il paese di Giovanni Falcone, di Don Peppe Diana, e non il paese di Totò Riina e di Schiavone Sandokan. Credo che nella battaglia antimafia non ci sia una destra o una sinistra con cui stare. Credo semplicemente che ci sia un movimento culturale e morale al quale aspirare. Io continuerò a parlare a tutti, qualunque sarà il credo politico, anche e soprattutto ai suoi elettori, Presidente: molti di loro, credo, saranno rimasti sbigottiti ed indignati dalle sue parole. Chiedo ai suoi elettori, chiedo agli elettori del Pdl di aiutarla a smentire le sue parole. E' l'unico modo per ridare la giusta direzione alla lotta alla mafia. Chiederei di porgere le sue scuse non a me - che ormai ci sono abituato - ma ai parenti delle vittime di tutti coloro che sono caduti raccontando. Io sono un autore che ha pubblicato i suoi libri per Mondadori e Einaudi, entrambe case editrici di proprietà della sua famiglia. Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia, pensavo che avesse gli strumenti per convalidare anche posizioni forti, correnti di pensiero diverse. Dopo le sue parole non so se sarà più così. E non so se lo sarà per tutti gli autori che si sono occupati di mafie esponendo loro stessi e che Mondadori e Einaudi in questi anni hanno pubblicato. La cosa che farò sarà incontrare le persone nella casa editrice che in questi anni hanno lavorato con me, donne e uomini che hanno creduto nelle mie parole e sono riuscite a far arrivare le mie storie al grande pubblico. Persone che hanno spesso dovuto difendersi dall'accusa di essere editor, uffici stampa, dirigenti, "comprati". E che invece fino ad ora hanno svolto un grande lavoro. E' da loro che voglio risposte. 

Una cosa è certa: io, come molti altri, continueremo a raccontare. Userò la parola come un modo per condividere, per aggiustare il mondo, per capire. Sono nato, caro Presidente, in una terra meravigliosa e purtroppo devastata, la cui bellezza però continua a darmi forza per sognare la possibilità di una Italia diversa. Una Italia che può cambiare solo se il sud può cambiare. Lo giuro Presidente, anche a nome degli italiani che considerano i propri morti tutti coloro che sono caduti combattendo le organizzazioni criminali, che non ci sarà giorno in cui taceremo. Questo lo prometto. A voce alta. 

Repubblica 17/04/2010

sabato 10 aprile 2010

Mazzette ai vigili: le motivazioni della sentenza

GIUGLIANO. Depositate le motivazioni della sentenza di primo grado del processo scaturito dall’operazione «Eclissi» che vide a maggio 2008 in manette 39 persone tra agenti di polizia municipale, tecnici del comune di Giugliano e imprenditori.«Gli agenti di polizia municipale, una vera e propria armata Brancaleone’, indegni finanche delle elevate pene loro inflitte dal Gup in sede di abbreviato, tal’è il livello dei personaggi e, conseguentemente, il loro spessore criminale». Lo scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado del processo dell’operazione ‘Eclissi’ riportate questa mattina dal quotidiano Cronache di Napoli.«Basti pensare ai capitani, i quali, alla notizia dell’arrivo della polizia negli uffici comunali, dove già da tempo si vociferava sulle indagini in corso, si dileguano, chi andandosi a nascondere in soffitta, chi confondendosi con la folla e allontanandosi dall‘ufficio in un fuggi-fuggi generale. Quello stesso ufficio dal quale è stato fatto fuggire dalla finestra un costruttore sulle cui tracce erano gli investigatori». 
Le motivazioni racchiuse in quasi 200 pagine in cui si riassumono, uno per uno, tutte le accuse nei confronti delle venticinque persone che furono condannate ad oltre settantadue anni di reclusione. Sette le persone che furono prosciolte dalle accuse: un capitano della Municipale, invece, incassò solo 500 euro di multa. Motivazioni dove vengono disaminati tutti «gli elementi acquisiti, da dove emergono, dunque, elementi di prova quanto alla sussistenza di una vera e propria struttura associativa delinquenziale, articolata al suo interno, con ruoli di vertice ed altri esecutivi e con una precisa distribuzione dei compiti, tutti convergenti verso il fine comune, da intendersi per esso la gestione, 1’esercizio, il controllo dell‘abusivismo edilizio in ragione di interessi personali di ciascuno dei partecipi». «Interessi - sottolineano i giudici - aventi tutti natura patrimoniale, le finalità di ognuno dei predetti rappresentando un vantaggio od utile direttamente valutabile sul piano economico». 
Poi sull’associazione, viene spiegato che «al di là del contenuto delle conversazioni, infatti, emerge dalla tecnica operativa e dalle dichiarazioni rese dal costruttore Domenico Pelliccia, che un simile sistema di potere, quello di presupporre e poi concordare pressoché per ogni lavoro in corso un proprio tornaconto personale, da parte della polizia municipale, non poteva reggersi senza la necessaria partecipazione, talvolta anche sul piano della condotta materiale, dell’ufficio tecnico, che rappresenta al tempo stesso organo propulsivo e di controllo, oltre che momento centrale del procedimento amministrativo sotteso a tutta la materia edilizia: autorizzazioni, concessioni varianti in corso d’opera o in sanatoria é condoni edilizi». 
Il racconto di uno degli imprenditori. Questo lo spaccato che esce dal racconto di Pelliccia, delle sue relazioni nel tempo con gli uffici tecnici, privati e comunali, e che è«indubitabile caratterizzi i rapporti i tra questi ultimi e gli altri costruttori». «E’ dunque emerso - si legge nella sentenza - un contesto caratterizzato da una pluralità di soggetti aventi ruoli comunque tipici, esecutivi o strumentali, all‘interno di una fitta trama di rapporti e relazioni reciproche,inscindibilmente collegati tra loro; contesto nel quale opera un sistema parallelo illecito dietro lo schermo di funzioni pubbliche in cui i rapporti tra organi di amministrazione attiva, controllori e privati committenti o comunque beneficiari rappresentano un unicum collegato, funzionale al medesimo obiettivo di arricchimento illecito, una chiara concatenazione delittuosa di tipo circolare, nel senso che la condotta di ciascun ‘socio’ rappresenta l’antefatto ed il post-factum delle condotte di altri e viceversa, in una spirale criminale». Ora, il collegio difensivo, potrà presentare appello entro il prossimo mese alla sentenza di primo grado. (Fonte Cronache di Napoli)

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domenica 4 aprile 2010

Racket degli appalti a Napoli Est - Il pentito: bambini in ostaggio per i summit

NAPOLI (31 marzo) - Il pentito di camorra, Giuseppe Manco, rivela una realtà terribile nel rapporto dei clan con i minori: i bambini sono infatti presi in ostaggio nel corso dei summit di camorra, spostati da un domicilio all’altro come merce di scambio quando c’è da ricucire faide, siglare armistizi, decidere sulle grandi commesse in arrivo sul territorio. Accade a Napoli Est, l’ex triangolo industriale del capoluogo. Vittima e protagonisti dello scambio di ostaggi, sono loro, i più piccoli, i più deboli, passati fisicamente di mano in mano, nel tempo necessario a chiudere un accordo: sono i figli di boss e gregari, che vengono letteralmente trasferiti da una casa all’altra, tenuti sotto sequestro nel corso di incontri decisivi per ricomporre equilibri criminali tra gruppi che si contendono il territorio.

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Oltre 10.000 preferenze per l'ex consigliere regionale condannato per camorra

Scoppia la polemica per l'elezione di Roberto Conte

di Massimo Caponetto
Le prime bordate arrivano proprio dalla sua coalizione, Roberto Conte unico consigliere eletto con Alleanza di Popolo a sostegno di Stefano Caldoro, riceve le attenzioni di Mara Carfagna che sottolinea” Chi ha candidato Roberto Conte si è assunto la responsabilità di sporcare il consiglio regionale: il capo di imputazione è molto grave”. Stefano Caldoro da neo governatore aggiunge “Rispetteremo la legge, come ben sapete mi sono accorto della sua candidatura solo dopo la presentazione delle liste e con il mio partito abbiamo chiesto l'allontanamento dalla competizione elettorale”. Due anni e otto mesi la condanna che i giudizi gli comminarono per concorso esterno in associazione mafiosa e che lo portarono alla decadenza da consigliere regionale. Nato nei Verdi che ne chiesero l'allontanamento, eletto nelle file della Margherita nel 2000, passò al Pd fino alla procedura di decadenza. Ritorna in consiglio con oltre diecimila preferenze e De Luca che già aveva sollevato la questione ritorna sull'argomento sparendo a zero ” Trovo quello che è accaduto di una enorme gravità ed attendo chiarimenti sia dall'interessato che dalla maggioranza di cui è espressione.