sabato 20 giugno 2009

Gli ex detenuti accompagnano e sorvegliano i turisti

Di seguito, riporto le considerazioni, per me giuste, del Prof. Amato Lamberti. Le istituzioni si danno tanto da fare per le esigenze di determinate categorie, ma della gente comune ed onesta, chi se ne occupa?

La notizia che un gruppo di ex-detenuti organizzati vengono utilizzati, grazie ad un progetto regionale di ben 2 milioni di euro, per la sorveglianza e l'aiuto nell'attraversamento stradale e nel fornire indicazioni utili ai turisti delle navi da crociera che attraccano al porto di Napoli, mi ha ricordato il provvedimento messo in atto, nel 1860, dal prefetto Liborio Romano. Come lui stesso racconta, nel momento in cui Garibaldi si apprestava ad entrare in Napoli, essendosi letteralmente "squagliata" la gendarmeria borbonica, temendo che la criminalità ne approfittasse per dedicarsi al saccheggio della città, ebbe la felice idea di rivolgersi alla camorra, già allora potente, per darle in mano il mantenimento dell'ordine pubblico. In accordo con il capo della camorra, ai camorristi furono consegnate le insegne della guardia nazionale e affidato il controllo della città contro la delinquenza. I risultati, all'inizio, furono clamorosi perchè si registrò praticamente la scomparsa di tutti i reati di tipo predatorio: niente furti, niente rapine, niente aggressioni, nessun ferimento, nessun omicidio. La gente, soprattutto le donne, potevano circolare per strada senza pericoli di aggressioni. Poi la storia cambiò, perchè i camorristi forti del potere conseguito ripresero, anche con maggiore forza, le loro attività e fu necessario un intervento radicale, ad opera del ministro Silvio Spaventa, che ne fece una grande retata e li inviò tutti alle isole. Ora, io capisco che bisogna dare opportunità di inserimento lavorativo anche a coloro che hanno commesso dei reati e che non possono essere considerati irrecuperabili alla società. Ma non capisco perchè debba farlo direttamente lo Stato, con assunzioni temporanee che poi, come ci insegna la storia dei disoccupati organizzati, diventano definitive; e, soprattutto, debba farlo, dando loro la veste di pubblici ufficiali e i compiti che dovrebbero essere quelli degli ausiliari del traffico, già numerosi e utilizzati in modo del tutto improprio. Inoltre,a Napoli, la qualifica di ex detenuto è troppo generica perchè alcuni o molti potrebbero essere affiliati ad uno degli innumerevoli clan camorristici, e quindi essere sì ex detenuti ma anche camorristi a tempo indeterminato. Infine, possibile che le Istituzioni siano capaci di occuparsi di ex detenuti, disoccupati organizzati, posteggiatori abusivi organizzati, trasportatori abusivi, ambulanti abusivi, ma mai della gente normale, che rispetta le regole, si impegna nello studio, fa anche delle esperienze di lavoro all'estero visto che in regione è impossibile, prova a mettere in piedi attività imprenditoriali, si inventa un lavoro, e che avrebbe bisogno solo di sostegno amministrativo e finanziario per realizzarsi? Perchè a Napoli, se non blocchi le strade, non dai fuoco ai cassonetti e agli autobus, non ti scontri con la polizia, non meriti alcuna attenzione? Possibile che nessuno capisca che i movimenti di piazza fanno parte della strategia della camorra di condizionamento e conquista delle Istituzioni?

martedì 9 giugno 2009

«Chi spaccia non deve telefonare» e il boss fece sequestrare 300 cellulari


Il boss scissionista, Amato, ossessionato dalle intercettazioni. Raid punitivi per chi disubbidiva all'ordine.

NAPOLI (3 giugno) - Un ordine tassativo: niente cellulari quando si scende a spacciare, niente conversazioni via telefonino da una «piazza» all’altra. Lui, il boss degli spagnoli Raffaele Amato, è stato chiaro: per evitare arresti e passi falsi via i telefonini dalle mani dei capopiazza. Un ordine raccontato dal pentito Francesco Pica, in un recente interrogatorio reso alla Dda di Napoli sulla recente gestione del business droga. Siamo negli anni del dopo faida, negli anni successivi alla guerra tra clan Di Lauro e scissionisti che ha provocato una sessantina di morti. Un incubo quei telefonini per il boss scissionista arrestato dieci giorni fa in Spagna, risolto in modo sbrigativo ed efficace: in una notte - spiega il pentito - ha mandato a sequestrare cellulari da tutte le piazze controllate.«Quella notte - aggiunge - in poche ore ho visto arrivare sul tavolo di Amato trecento telefonini nuovi di zecca. Ma non bastò. Tanto che vennero spedite ronde in giro per Scampia e Secondigliano, ma anche per le piazze dell’hinterland per punire chiunque usasse il telefono. Da allora fino ad oggi chi spaccia non può stare al telefono. Amato - aggiunge il pentito Pica - ce l’ha spiegato: sono giovani e parlando tra loro rischiano di tradirsi facendo i nomi dei propri capi, dei propri diretti superiori». Una vera e propria fissazione, quella delle intercettazioni, secondo l’ultima inchiesta condotta dai pm anticamorra Luigi Alberto Cannavale e Stefania Castaldi.

sabato 6 giugno 2009

L'ultima intervista di Saviano: che dolore sentirmi dire di aver diffamato Napoli

NAPOLI (2 giugno) - Il dolore più grande? «Sentirmi dire che avrei diffamato Napoli con il mio libro”. Parola di Roberto Saviano, autore di “Gomorra” divenuto ormai un simbolo della lotta alla criminalità organizzata in Campania. Raggiunto nella sua attuale residenza dalla redazione della tv di Tess, Saviano si è infatti raccontato senza reticenze nel corso di una lunga intervista esclusiva che sarà on line sul sito dell’emittente TV della società www.lacostavesuviana.tv a partire da domani 3 giugno. L’intervista sarà anche pubblicata sul prossimo numero de La Costa Vesuviana e sul sito www.lacostavesuviana.it. «In realtà - commenta - il libro tende a guardare il mondo attraverso Napoli ed a spostare l’asse dei fatti verso il Centro-Nord giacché la delinquenza prende al Sud e reinveste nel Centro e nel Settentrione». D’altra parte, «raccontare è una forma di resistenza, di testimonianza di chi sa che si può combattere la criminalità».Cinquanta minuti di ricordi e considerazioni spesso inedite insomma nel corso dei quali Roberto Saviano affronta temi di notevole interesse, a cominciare naturalmente dal tema della camorra e alle ipotesi su come batterla, legate essenzialmente a suo dire alla capacità di strutturare una società che produca giusti vantaggi al cittadino: «è necessario che si arrivi a rispettare la legge – dice - perché conviene, non solo perché è giusto». Ancora, lo scrittore si sofferma lungamente sulla questione altrettanto annosa dell’estorsione organizzata, la cui esistenza sarebbe facilitata dalla possibilità concessa alla vittima di ottenere varie “agevolazioni”, “dei servizi” spiega Saviano che possono essere superati solo «se crei la possibilità degli stessi servizi». Perchè lo sviluppo è sì un antidoto verso il meccanismo criminale, ma si deve trattare di uno sviluppo buono che produca guadagno legale, «solo il business buono scaccia quello cattivo», spiega.Saviano infine affronta anche le problematiche legate al terremoto dell’Abruzzo e alle implicazioni con la criminalità, parla del suo ultimo libro “La bellezza e l’inferno” che racconta gli incontri e gli aneddoti degli ultimi tre anni, da quello con Miriam Makeba a quello con il calciatore Lionel Messi, parla del suo prossimo impegno teatrale e dell’incontro che ebbe con Enzo Biagi, il quale per primo gli spiegò che «fare bene le cose è un modo per resistere a quello che accade». Un consiglio, questo, che è rimasto ben impresso nella memoria di Saviano.

www.ilmattino.it