sabato 26 dicembre 2009

«Via la licenza a chi paga gli estorsori»

NAPOLI (23 dicembre) - Non ci sarà più spazio per gli indecisi, per coloro che pur subendo la pressione dei clan continueranno a tacere favorendo, di fatto, le attività della camorra. Con l’Antimafia o contro l’Antimafia: ai commercianti non sarà data una terza possibilità. La Procura della Repubblica sta studiando il modo per cancellare, una volta per tutte, la piaga che affligge città come Ercolano. Verrà usato il pugno di ferro: sarà questo da oggi l’atteggiamento dei pm per chi, pur pagando il pizzo, si rifiuterà di denunciare. A rischio c’è la possibilità stessa della persona che non denuncia di perdere le licenze ottenute per l’esercizio del commercio o per altre attività imprenditoriali. Lo ha detto dopo il maxiblitz che ha disarticolato i clan di Ercolano il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo. Lo ha ribadito il sindaco di Ercolano. Se si dovesse arrivare ad una concretizzazione del progetto, ci si troverebbe di fronte ad un modello da poter utilizzare anche su altre realtà afflitte dal racket delle estorsioni. E sarebbe fronte comune contro il pizzo. Anche se questo potrebbe significare l’applicazione di scelte impopolari oltre che assolutamente inedite. Provvedimenti innovativi per combattere la camorra su tutti i fronti e per coinvolgere il maggior numero di vittime nel processo anticlan. «È solo un punto di partenza in quanto - ha spiegato il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo – gli imprenditori saranno convocati in procura dove verrà chiesto loro da che parte stare: se decideranno di tacere, coinvolgerò anche altri apparati dello Stato per intervenire contro di loro con provvedimenti amministrativi». Provvedimenti che potrebbero significare «denunce per favoreggiamento – ha spiegato Cantelmo – nei confronti di coloro che nonostante l’invito a denunciare decideranno di negare il sopruso subito». Aggiunge il pm antimafia: «Credo che dopo gli arresti anche ad Ercolano l’atteggiamento dei commercianti sia cambiato positivamente, ma ora non bisogna fermarsi». È dello stesso parere Nino Daniele, il sindaco di Ercolano, che pienamente in linea con la procura ha annunciato che «qualora venissero accertati casi di estorsioni subite da negozianti che poi si rifiutassero di denunciare, sarei pronto a revocare le licenze». Misure forti, dunque, alle quali, naturalmente, né la Procura né il Comune si augurano di dover ricorrere, ma alle quali, a questo punto, bisogna pensare, visto che secondo quanto appurato dai carabinieri dal 2005 ad oggi sono almeno cento i commercianti e gli imprenditori che hanno subito le vessazioni dei clan, pagando «regolarmente» – e cioè tre volte l’anno o addirittura tutti i mesi – il pizzo. Con le denunce scattate nei mesi scorsi e sfociate nell’inchiesta «Regalo di Natale» che ha portato all’arresto di ventuno persone, sembra infatti che anche ad Ercolano, dopo anni di omertoso silenzio, qualcosa stia cambiando. Sei denunce non sono tantissime, soprattutto in rapporto all’entità del fenomeno, eppure rappresentano una speranza concreta: la possibilità di diventare esempi, modelli a cui tutte le vittime potrebbero rifarsi scegliendo la via della denuncia.
Mary Liguori

L'emergenza rifiuti è finita?

La Terra dei fuochi continua a bruciare nel silenzio.
GIUGLIANO. Ancora un altro rogo di rifiuti nella zona Asi di Giugliano. La nuvola nera è stata fotografata due giorni fa da un passante e pubblicato sul sito www.laterradeifuochi.it. Tutte le sere il triangolo Giugliano Qualiano-Villaricca continua ad essere il territorio preferito dai piromani che in barba alle leggi continuano ad incendiare rifiuti di ogni sorta, sprigionando diossina a iosa. Nonostante i decreti, le leggi speciali, le ordinanze le ecomafie continuano a farla da padrone. Altro che fine dell’emergenza. Non è mai finita, nonostante i proclami. Si trasforma giorno dopo giorno in un diverso modello di ecomafia, quello dei roghi tossici. Non c’è giorno che non ce ne sia uno, non c’è giorno che le campagne del comprensorio a nord di Napoli non vadano a fuoco, insieme a pneumatici e chissà cos’altro. Sono proprio le gomme abbandonate o prese apposta chissà da dove a fungere da letto di combustione per qualsiasi cosa. Materiali tossici, di risulta, bidoni, acidi, chi più ne ha più ne metta, si mischiano a pneumatici per scomparire in un fumo nero che come una mano mortale attraverso decine e decine di Comuni. I luoghi più colpiti sono quelli meno controllati, ovvero quelli tra la fascia costiera e Giugliano centro. zona Asi, zona Taverna del Re, via Ripuaria, sono i luoghi prediletti dei criminali dell’ambiente. Ma non solo. Anche il casertano è oramai zona franca per le ecomafie. Insomma se non ci sono sacchetti in strada non vuol dire che siamo salvi dall’emergenza. Il sacchetto è solo la minima parte di tutto, la parte visibile, ma dietro c’è un intero mondo di illegalità che uccide l’aria che respiriamo ed il nostro territorio. Una parte che è in realtà il vero problema e che si fa finta di non vedere. A quasi un mese dalla firma dell’ordinanza in prefettura finalizzata al contrasto del fenomeno dei roghi di rifiuti i risultati concreti se ne vedono ben pochi. Di notte si continuano a bruciare rifiuti tossici e speciali. L’odore acre dei roghi continua ad accompagnare il sonno ed il risveglio delle persone. Funge da ‘buongiorno’ e da ‘buonanotte’ per i cittadini dell’hinterland a nord di Napoli. I controlli sull’operato dei gommisti sono rimasti solo proclami. L’ordinanza entrata in vigore è incentrata in particolare sul fenomeno dell’abbandono di pneumatici nel territorio e del relativo incendio in quanto adoperati anche come “letto di combustione” per bruciare altre tipologie di rifiuto. Sulla base infatti dell’obbligo per legge per i gommisti a tenere un registro di carico e scarico rifiuti con fogli numerati e vidimati dalla Camera di Commercio, annotando la quantità e la qualità dei rifiuti, unitamente all’obbligo di stipulare un contratto con aziende specializzate per il trasporto e lo smaltimento dei pneumatici, il documento indica quindi “il divieto per i titolari delle officine di riparazione e sostituzione dei pneumatici, di lasciare gli stessi pneumatici incustoditi all’esterno dei propri esercizi dopo l’orario di chiusura”. Ne1 caso in cui all’esercente siano contestate tali violazioni, l’attività commerciale sarà sospesa da tre a cinque giorni. “E’ fatto altresì divieto assoluto - continua l’ordinanza - nel territorio comunale di abbandonare e di incendiare qualsiasi tipo di pneumatico e di ogni altro tipo di rifiuto pericoloso”. Poche le attività commerciali che rispettano la normativa. Ancor di meno i controlli, e intanto la Terra dei Fuochi continua a bruciare, e lentamente muore.
QUALIANO. Sono diventate numerose ormai le proteste dei residenti per il cumulo di sacchi di spazzatura colmi di rami secchi e fogliame. Il punto interessato è un tratto di marciapiede di Via Campana, in direzione Giugliano, a limite tra i comuni di Qualiano e Villaricca. La quantità di sacchi depositati è tale da ostruire perfino il passaggio ai pedoni e da alcuni giorni, segnalano i residenti «la zona è diventata anche oggetto di deposito di sacchi contenente spazzatura domestica». In un primo momento sembrava una situazione transitoria e che prima o poi, sarebbe passato qualcuno dell’amministrazione comunale o della società addetta alla rimozione dei rifiuti, per togliere i sacchi e ripulire l’intera zona, «invece – affermano gli abitanti di Via Campana – la situazione peggiora di giorno in giorno e nessuno, fino ad oggi, si è fatto carico del problema. È un controsenso – aggiungono – da un lato ci spingono ad intensificare la raccolta differenziata e poi dall’altro ci lasciano cumuli di sacchi pieni di rami secchi e fogliame fuori dalle nostre case. Di certo – concludono i residenti – non è un comportamento coerente. Chiediamo l'immediata rimozione dei sacchi e la pulizia dell'area». In effetti i sacchi accumulati a ridosso del contenitore di abiti dismessi, si trovano su una delle principali arterie comunali e fanno “bella mostra di se” a tutti coloro che provengono da Giugliano e Villaricca, suscitando ovviamente un senso di fastidio al quale nessuno era più abituato da tempo, ovvero, da quando lo spettro dell’emergenza sembrava averci lasciato definitivamente
Lepore: «L'allarme rifiuti non è cessato»
Il procuratore della Repubblica di Napoli tiene alta la soglia di attenzione sull’emergenza rifiuti.
NAPOLI. Giovandomenico Lepore tiene alta la soglia di attenzione sull’emergenza rifiuti. "Quasi direi ai cittadini di mettere una mascherina e poi infilare i tappi nelle orecchie e aspettare così che passi il buio più profondo" la frase sibillina del procuratore della Repubblica di Napoli nel corso di un'intervista che sarà trasmessa integralmente sulle emittenti del circuito Lunaset (Teleluna ore 20,30; Telenostra ore 21,30; Telebenevento ore 21 e Lunasat Sky ore 20,30) secondo quanto riferisce una nota della tv che ne ha anticipato i contenuti. Vi è un collegamento tra le emergenze e la camorra? "C'è chi vuole vedere un filo conduttore legato alla camorra – la risposta di Lepore -. Molte delle nefandezze vengono compiute da chi non c'entra proprio nulla con la camorra. Tuttavia, se intendiamo come camorra non l'organizzazione criminale presente sul territorio ma il fenomeno di carattere sociale, allora sì che esistono tanti tipi di camorra, di criminalità che porta all'emergenza". "Quello che ci spaventa - spiega Lepore durante l'intervista - è constatare che tutti i tipi di emergenza, da quella occupazionale a quella sui rifiuti, da quella che riguarda la criminalità organizzata alle infrastrutture fino alla corruzione nella pubblica amministrazione sia concentrata soltanto in questa area della Campania". Da cittadino Lepore si dice poi sfiduciato e crede che l'emergenza rifiuti sia tutt'altro che risolta. "Certo Napoli e più pulita - dice, secondo quanto riferisce la nota dell'emittente - ma credo che intorno ad aprile o maggio ci ritroveremo, nuovamente, con i sacchetti in mezzo alla strada. Già, adesso, fuori l'area metropolitana si stanno notando cumuli non raccolti". Per il capo della procura è necessario che gli enti locali si rimbocchino le maniche: "E' possibile che una città come Napoli sia ricoperta di rifiuti?". E ancora. "Al momento è attivo il solo termovalorizzatore di Acerra, ma intanto le discariche non possono restare aperte all'infinito. E non è più tempo di discariche".

domenica 20 dicembre 2009

Rifiuti in Campania, Bertolaso:«Dopo 15 anni fuori dall'emergenza»

NAPOLI (17 dicembre) - Si chiude oggi, dopo 15 anni, lo stato di emergenza deirifiuti in Campania. Una vittoria firmata dal Governo di Silvio Berlusconi, che tenne il primo consiglio dei ministri della legislatura in corso proprio nella Napoli sepolta dalla spazzatura. Il premier neoeletto volle metterci la faccia, dando la parola che avrebbe fatto sparire lo scempio immortalato da immagini finite in tutto il mondo. Primo passo verso quella vittoria fu l'inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra. Il secondo è quello di oggi. «Grande soddisfazione» dopo «la vergogna», commenta Guido Bertolaso, il capo della Protezione Civile italiana che ha sostituito l'ultimo degli oltre 11 commissari di questa emergenza (i nomi di alcuni prefetti restano solo nelle cronache dell'epoca), in qualità di sottosegretario ai rifiuti. Un livello in più, rispetto al commissariamento, perchè, per risolvere una situazione divenuta esplosiva anche sul fronte dell'ordine pubblico - nel quartiere di Pianura ci fu una «guerra» - si decise di riaprire le discariche; di riportarne una proprio nel cuore di Napoli, a Chiaiano; e, soprattutto, di militarizzarle. Questa storia è stata scritta per anni, innanzitutto, dai cumuli di spazzatura sulle strade, in grado di affacciarsi nelle case dei napoletani, attraverso le finestre, al posto delle nuvole. E da una cartolina rovinata, anche per il futuro, davanti agli occhi del pianeta: Napoli resterà a lungo, nella testa di moltissimi, la sua 'munnezzà. Proteste disperate e momenti di feroce guerriglia urbana.Una storia di un incalcolabile spreco di fondi pubblici: affari enormi per gli imprenditori, sotto la mala gestione politica. Un storia di processi giudiziari: come quello che ancora vede imputati per truffa Antonio Bassolino e i fratelli Romiti, vertici di Impregilo, il gruppo che vinse l'appalto del piano dello smaltimento voluto dall'ex esecutivo regionale del centrodestra. Tutti loro rispondono del mancato rispetto del contratto: effetto fu la produzione di milioni di ecoballe di rifiuti tritati, spacciati per ottimo cdr da termovalorizzare in impianti mai costruiti anche per le proteste della gente. Una storia scritta, in gran parte, dalla camorra, ombra inquietante che non lascia mai il campo nel settore. Una storia che finisce sulle enciclopedie del web come capitolo a se stante di quella italiana, e in un best seller come quello di Roberto Saviano.Guido Bertolaso firma il decreto che restituisce agli enti locali la responsabilità della gestione dei rifiuti, ma mette le mani avanti. Dopo aver chiesto lo scioglimento di 9 comuni del Napoletano, il sottosegretario precisa: «Se i sindaci non portano a compimento l'attività di loro competenza, bisogna adottare dei provvedimenti, perchè non abbiamo la minima intenzione di essere confusi con quelli che per una ragione o per un'altra non tolgono la spazzatura per le strade. È dunque scorretto sostenere che lo stato d'emergenza non è concluso, perchè lo stato d'emergenza si crea quando non ci sono le possibilità di smaltire, che oggi invece ci sono, non quando bisogna togliere i rifiuti dalle strade».La competenza passa soprattutto alle province. Assunti tutti i lavoratori degli impianti di cdr e dei consorzi nelle nuove strutture provinciali. E dal 15 di gennaio A2A subentra definitivamente nella gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra e Impregilo si ritira. La storia però continua, da oggi, con un interrogativo: riusciranno gli enti locali a gestire il ciclo dei rifiuti?

"Mattone Selvaggio": chiesti oltre 110 anni di carcere

GIUGLIANO. Mano dura dei pubblici ministeri antimafia Paolo Itri, Raffaela Capasso e Antonio D’Alessio. Ieri la requisitoria per le 33 persone indagate nello scandalo al Comune di Giugliano su corruzione per favorire gli abusi edilizi. Oltre 110 anni di carcere per vigili urbani, impiegati comunali, imprenditori e tecnici. Le condanne più alte per gli agenti della Municipale Francesco Iovinella (11 anni), Renato Ciccarelli (9 inni e 6 mesi), Attilio Di Tota (9 anni), Angelo Granata (10 anni e 4 mesi). Cinque le richieste di assoluzione: Domenico di Domenico (tecnico esterno), Franesco Di Gioia e Luigi Mallardo dell’ufficio tecnico, Antonio Pirozi (vigile urbano). I pm, tuttavia, hanno richiesto la confisca dei beni dell’imprenditore di Qualiano Domenico Pelliccia, che durante le fasi del processo ha reso dichiarazioni spontanee ammettendo gli addebiti: per lui chiesti tre anni con la concessione delle attenuanti generiche. Ora la parola passa al collegio difensivo, composto tra gli altri dagli avvocati Pasquale Pianese, Michele Giametta, Nello Palumbo, Paolo De Angelis, Antimo D’Alterio, Carlo De Pascale, Ettore Stravino, Filippo Trofino e Giuseppe Pellegrino, che saranno in aula il 22 dicembre. Il processo è iniziato il 5 novembre 2008 con rito ordinario per 33 persone invischiate nello scandalo di tangenti sugli abusi edilizi al Comune di Giugliano. Una storia venuta alla luce quasi per caso, grazie alla denuncia di una donna che aveva ‘lamentato’ alle forze dell’ordine un tentativo di violenza sessuale da parte di un vigile, disposto a chiudere un occhio su dei lavori ‘irregolari’ solo in cambio di sesso. Intercettazione dopo intercettazione, i pm sono riusciti a ricostruire il giro di affari che pubblici ufficiali e pubblici amministratori avevano messo in piedi sulle opere fuorilegge. Un giro di tangenti imposte ai grossi imprenditori e ai piccoli privati. Il sistema era semplice: pagare per poter terminare la realizzazione dei lavori. E gli ‘estorsori’ in doppio- petto erano arrivati persino a stilare un tariffario. Ci sono voluti mesi e mesi di indagini per mettere insieme tutti i tasselli e a partire dal novembre del 2008 ogni atto d’indagine è stato passato ai raggi X dai giudici della undicesima sezione penale, collegio C, del tribunale di Napoli. Il 18 dicembre dello scorso anno ci fu la sentenza per le 18 persone che scelsero l’abbreviato. Anche in quel caso ci fu il pugno duro del giudice: in 18 furono condannati a 112 anni e 4 mesi totali di reclusione. Solo uno fu assolto: l’imprenditore Pietro Ciccarelli. Le pene più altre per i vigili urbani Antonio Basile e Giuseppe Tagliatatela Scafati: dodici anni. (M.F. Cronache di Napoli il 16/12/09)

Pizza napoletana con marchio STG

Napoli, 9 dic (Velino/Il Velino Campania) - La pizza napoletana è una “specialità tradizionale garantita”. Arriva il tanto desiderato marchio STG per la calda sfoglia farcita, made in Naples. L'Unione europea riconosce e tutela uno dei prodotti simbolo della tradizione partenopea. Il via libera definitivo è arrivato dal Comitato europeo per le indicazioni geografiche denominazioni d'origine protette e specialità alimentari, riunitosi a Bruxelles. La soddisfazione del ministro per le poliche agricole alimetari e forestali Luca Zaia: “L'Europa ha premiato il lavoro e la tenacia dei produttori napoletani che finalmente vedono raggiunto il loro traguardo: il marchio STG a tutela di un prodotto simbolo della tradizione napoletana che troppo spesso e da troppo tempo è stato oggetto di pessime imitazioni che niente hanno da spartire con la vera ed unica Pizza Napoletana. È una grande battaglia vinta per l'Italia - ha detto l'esponente di governo - nonostante gli ostacoli posti da alcuni Paesi membri”. Dunque da oggi la pizza napoletana conosciuta in tutto il mondo verrà protetta dalle imitazioni.
Ecco le caratteristiche dunque per una buona pizza, controllata e certificata: il cornicione rialzato, di colore dorato, proprio dei prodotti da forno, morbido al tatto e alla degustazione, la consistenza morbida, elastica, facilmente piegabile, il sapore particolare, sapido, derivante dal cornicione, che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acido del pomodoro, all'aroma, rispettivamente, dell'origano, dell'aglio o del basilico, e al sapore della mozzarella cotta; e per l'odore caratteristico, profumato, fragrante. Indispensabile il forno a legna, elemento di fondamentale importanza per la cottura e la qualità della Pizza Napoletana STG.

www.ilvelino.it

sabato 12 dicembre 2009

Napoli, nasce la biblioteca digitale della camorra

NAPOLI (10 dicembre) - La camorra di due secoli fa e quella delle ultime faide come l'hanno vista nei secoli scrittori, drammaturghi, musicisti e, nell'ultimo periodo, i registi. È questo l'ambizioso progetto della prima biblioteca digitale sulla camorra, creata dal dipartimento di filologia moderna dell'università Federico II, curata dal professor Pasquale Sabbatino e visitabile da oggi sul sito dell'università Federico II. Come riporta oggi Repubblica Napoli, sul sito è possibile consultare la prima riunione segreta nella chiesa di Santa Caterina a Formiello negli anni Venti dell'800 e l'ultima strage a Castel Volturno. Il primo camorrista conosciuto, il boss della Pignasecca detto «Tore 'e Crescienzo» fino a Francesco Schiavone, il «Sandokan» dei casalesi «per un lavoro - scrive il giornale - frutto di una ricerca durata due anni, che mette assieme i primi delinquenti dell'800 ai guappi del Novecento e ai camorristi contemporanei» della Gomorra di Roberto Saviano. Più di quattro generazioni e due secoli di storia di un fenomeno criminale passano nella web-biblioteca appena inaugurata. Come è stato raccontato nella letteratura, nella poesia, nel teatro, nella musica (di tradizione e neomelodica), nel cinema e nella fiction.
Personalmente questa iniziativa mi fa sorgere degli interrogativi. Perchè dare tale risalto a criminali? Bisognerebbe stare attenti a come si agisce. Creare una sezione chiamata "personaggi" all'interno della quale sono elencati feroci assassini e le relative gesta, non mi sembra una cosa furba (anche se tutto è già stato raccontato in libri e film). Per altri versi, parlare di camorra aiuta a non abbassare la guardia.
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domenica 6 dicembre 2009

L'emergenza è finita, ma il degrado resta

«Almeno quattro anni di gestione tranquilla». È quanto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nonché capo della protezione civile Guido Bertolaso ha detto ieri durante un sopralluogo sugli impianti di smaltimento dei rifiuti in Campania. «In questi 18 mesi diemergenza rifiuti abbiamo dovuto contrastare attività, ma anche sabotaggi e boicottaggi che avevano come unico obiettivoquello di far fallire il piano per uscire dall´emergenza e riconsegnare il controllo della gestione dei rifiuti all´illegalità». Ha sostenuto poi davanti ai giornalisti presenti sulla discarica di Terizgno. «La gestione dei rifiuti è stata patrimonio della camorra per anni e - continua il sottosegretario - non mi pare che ne siamo usciti del tutto, come dimostrano i racconti dei pentiti anche in questi giorni. Il controllo della legalità è una cosa che bisogna gestire giorno per giorno, perché in 48 ore la camorra può rimettere le mani laddove gliele abbiamo tolte». Bertolaso ammette tuttavia la presenza ancora di zone molto degradate: «C’è ancora immondiazia nelle strade, in particolare dei comuni della pronincia di Napole e Caserta, ma il problema non riguarda gli impianti e le discariche – precisa Bertolaso – ma riguarda chi ha il compito di di raccoglierla e toglierla dalle strade».
Gli impianti a regime, compreso il termovalorizzatore di Acerra, consentiranno alla Campania di “sopravvivere” per i prossimi 4 anni prima di cadere nuovamente in un’altra emergenza rifiuti.
Dopo la gestione della fase piu' difficile, Bertolaso si augura «che a breve il Consiglio dei ministri adotti un decreto dal titolo “chiusura dell'emergenza”». Un settore su cui invece si puo' ancora fare molto di più è quello relativo alla raccolta differenziata, che in Campania si attesta su una media del 16-17%. «Questa però è responsabilità delle autorità locali. In Campania - rileva Bertolaso - ci sono Comuni che hanno dato un grande impulso e sono di prima classe sotto questo profilo, mentre altri sono ancora agli ultimi posti. È un paradosso che va affrontato, stiamo valutando se commissariare queste ultime amministrazioni prima o dopo la chiusura della fase dell'emergenza. Quel che conta -aggiunge - è che questo non è certo un “abuso di Stato”. In Campania sono stati fatti interventi concreti a differenza di quello che dicono altri».
Intanto sul tavolo del ministro dell’Interno Roberto Maroni sono giunti i dossier dei comuni a rischio scioglimento che da undici (cifra fornita lo scorso luglio e che includeva i comuni di Giugliano, Qualiano, Nola, Afragola, Casal di Principe, Castelvolturno, San Marcellino, Aversa, Trentola Ducenta, Maddaloni e Casaluce) passa a quattro: Aversa, Trentola Ducenta, San marcellino e Castelvolturno.
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NAPOLI (3 dicembre) - «Gravi e reiterate inadempienze nelle attività di competenza per la raccolta dei rifiuti». È questa la motivazione con la quale il sottosegretario per l'emergenza rifiuti in Campania, Guido Bertolaso, chiede la linea dura nei confronti di 9 sindaci campani giudicati inadempienti e avanza al ministro dell'Interno la proposta di una loro rimozione. Immediate e concordi le reazioni: è un coro di no e risposte decise alla proposta Bertolaso. I comuni interessati si trovano due in provincia di Napoli (Giugliano, terza città della Campania per numero di abitanti con 116 mila residenti, e Nola) e sette in quella di Caserta. Ci sono Castel Volturno e Casal di Principe, note per fatti di camorra e iniziative forti sul fronte della legalità, e poi Aversa, Casaluce, Maddaloni, San Marcellino e Trentola Ducenta. Sotto accusa «l'inerzia delle amministrazioni locali nel contrastare l'abbandono incontrollato lungo le strade di rifiuti solidi urbani e di rifiuti speciali, anche ingombranti». I provvedimenti, si sottolinea, fanno seguito a «numerose diffide formulate dalla struttura del sottosegretario e rimaste senza esito». Eppure, evidenzia la struttura di Bertolaso, ai sindaci «la normativa attribuisce gli interventi di rimozione e avvio a smaltimento dei rifiuti abbandonati al fine di scongiurare situazioni di degrado e pericolo nel territorio comunale di pertinenza». Insomma, con questi comportamenti omissivi si rende «più difficoltoso il percorso volto al definitivo superamento dello stato di criticità che per oltre 15 anni ha interessato la regione». Non si esclude che nei prossimi giorni il sottosegretario Bertolaso formuli al ministero dell'Interno «altre richieste di scioglimento di giunte comunali o di rimozione del sindaco per altri Comuni, in particolare della provincia di Napoli».
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APOLI (5 dicembre) - Napoli è nella black list del sottosegretariato ai rifiuti retto da Guido Bertolaso. Per Palazzo San Giacomo è pronto lo stesso avviso già spedito a nove Comuni per i quali si chiede lo scioglimento perché «inadempienti sul fronte dell’emergenza rifiuti». I Comuni sotto osservazione sono 176 sui 551 della Campania.

Napoli è ventiduesima, quindi potrebbe essere messa nel novero delle richieste di scioglimento che arriveranno sul tavolo del ministro dell’Interno già entro fine anno. La notizia arriva da Palazzo Salerno dove ha sede il sottosegretariato e a darne conto è il vicario di Bertolaso generale Mario Morelli.

«Napoli è nella lista? Sì, però - spiega il generale - tutte le volte che li abbiamo avvisati si sono messi in ordine». Vero, però non basta perché a Palazzo Salerno hanno ben presente che la città è sporca e al di là del mancato raggiungimento del risultato minimo sulla raccolta differenziata, a pesare nella valutazione è la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti. Nella sostanza nell’ultimo anno sono state attivate le discariche e il termovalorizzatore di Acerra, strumento per tenere la città pulita che invece, se si eccettua il perimetro di Chiaia e qualche pezzo del centro storico, è quasi sempre sporca. Con i rifiuti speciali abbandonati per giorni e le strade sempre senza spazzamento.

E stando a quello che trapela a poco è servito agli occhi del sottosegretariato insistere ancora di più sulla discarica di Chiaiano: da 100 i camion al giorno sono passati a 180 quelli che scaricano. I risultati in termini di servizio sono ritenuti non soddisfacenti. La richiesta di scioglimento al momento riguarda i sindaci di due Comuni della provincia di Napoli, Giugliano e Nola, e di sette Comuni del casertano: Aversa, Casal di Principe, Casaluce, Castel Volturno, Maddaloni, San Marcellino e Trentola Ducenta.

Napoli è situata alla 22esima posizione preceduta da comuni come Afragola, Terzigno, Frignano, Villa Literno, Casapesenna e Caserta che è 15esima. Sette posizioni dopo c’è il capoluogo della regione. Si spiega anche così il nervosismo del sindaco che appena due giorni fa ha bollato la legge sull’emergenza rifiuti che porta il nome di Bertolaso come incostituzionale.

E si è augurata che il periodo di vita del sottosegretariato duri almeno altri 6 mesi. Tempo utile, probabilmente, per mettere in regola il Comune. Un duello appena iniziato che potrebbe preludere allo scioglimento di Palazzo San Giacomo.

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domenica 29 novembre 2009

Iniziative anti-camorra

PORTICI: INIZIATIVA ANTI RACKET DEL SINDACO

Venerdì 27 novembre, alle ore 12, presso il Municipio di Portici in via Campitelli, il Sindaco Vincenzo Cuomo illustrerà alla stampa i contenuti di una ordinanza che vieta l'acquisto di tappetini natalizi, luminarie e stelle di Natale ai commercianti della città. Tale iniziativa, unica nel suo genere, ha lo scopo di contrastare il racket natalizio, che spesso si cela nella "vendita" di tali oggetti ai commercianti.
CASTELLAMMARE, dopo l'omicidio Tommasino gli iscritti Pd giureranno contro camorra
CASTELLAMMARE DI STABIA (13 novembre) - Gli iscritti al Pd di Castellammare di Stabia dovranno «giurare» contro la camorra e dare disponibilità a essere inseriti in un elenco dei tesserati che sarà reso pubblico, insieme ai bilanci e ai rendiconti delle campagne elettorali del Pd cittadino. Il commissario Paolo Persico ha deciso che dal primo dicembre si riparte con il tesseramento, «chiedendo la conferma dell'adesione» agli iscritti. E che per il «rilancio» del partito convocherà subito una riunione dei giovani democratici con i quali ragionare sul fascino che su di loro esercita la camorra. Quanto al rinnovo del tesseramento, si tratterà di «un'adesione vincolata, oltre al codice etico e allo statuto nazionale, alla sottoscrizione di un manifesto d'intenti contro la camorra - ha detto Persico - Chiederemo a chi si iscrive, di dare la disponibilità affinchè l'elenco degli iscritti al nostro partito a Castellammare sia pubblico,cosi come lo saranno i nostri bilanci e i rendiconti delle campagne elettorali». Sono queste le decisioni a cui è approdato il commissario del Partito democratico a Castellammare di Stabia, al termine del lavoro svolto in seguito alla scoperta che l'omicidio del consigliere comunale del Pd, Luigi Tommasino, era stato portato a termine da giovani iscritti al partito. Le indagini che hanno rivelato infiltrazioni di esponenti del clan dei D'Alessandro hanno portato all'attenzione nazionale quello che Persico ha definito in conferenza stampa «un partito diviso, lacerato, debole e spesso inconcludente» che perciò «lascia aperta la possibilità che avvengano questi fatti». Persico ha spiegato che «sono state commesse delle leggerezze, si è accentuata una divisione politica e per la conquista del consenso che ci ha portato a questo». «La lotta per sconfiggere la camorra diventa il baricentro della nostra iniziativa politica e dell'impegno per una città nuova - ha spiegato Persico - Vincere la camorra è un obiettivo possibile». E, pertanto, ha annunciato che darà inizio a una stagione di rilancio che partirà da un primo incontro con i giovani del partito nella sede del Pd. «Sarà l'occasione per riflettere - ha concluso Persico - e per capire come le organizzazioni criminali affascinino tanti giovanissimi».

sabato 21 novembre 2009

Cacciatore e preda

Col suo libro “Gomorra” Roberto Saviano è divenuto noto a livello mondiale – ed è diventato una figura odiata dalla mafia. Adesso viene sorvegliato 24 ore su 24. Ora riceve a Monaco il Premio Fratelli Scholl.
La sua voce ha un peso. Sabato il quotidiano La Repubblica ha pubblicato una lettera aperta di Roberto Saviano a Silvio Berlusconi, nella quale lo scrittore e giornalista esorta il Presidente del Consiglio dei Ministri a ritirare il controverso progetto di legge sulla riforma della giustizia.
La riforma prevista sulla durata dei tempi di prescrizione dei processi dovrebbe liberare Berlusconi da gran parte dei suoi contenziosi con la giustizia. Come conseguenza però entrerebbe in vigore anche una sorta di amnistia mascherata che comporterebbe l’impossibilità di portare a termine centinaia di altri processi, tra i quali quelli per corruzione e reati finanziari.
“Non permetta”, scrive Saviano a Berlusconi, “che i processi diventino un vuoto procedimento nel quale è il potere ad affermarsi, e che coloro che non hanno altro strumento di difesa se non il sistema giudiziario perdano la speranza di poter ottenere giustizia. “Il giorno seguente alla pubblicazione 40.000 persone – dal semplice cittadino fino al giurista costituzionale – avevano già sottoscritto la lettera e l’appello di Saviano sul sito internet del quotidiano.
Roberto Saviano è un giovane che ha compiuto 30 anni a Settembre. Tuttavia si è già guadagnato una reputazione pubblica senza eguali attraverso il suo coraggio civile in particolar modo nella lotta contro le mafie italiane.
Figlio di un medico, è cresciuto nella roccaforte della mafia di Casal di Principe, vicino a Napoli. Dopo la laurea in filosofia ha raccolto il materiale per il suo libro inchiesta “Gomorra” lavorando come operaio nel porto di Napoli. In questo libro del 2006, diventato best seller a livello mondiale, egli descrive le pratiche del clan camorristico dei Casalesi e ne nomina i leader ed i sostenitori con il nome completo. L’organizzazione mafiosa ha giurato vendetta.
Da allora l’autore vive per così dire in incognito, con frequenti cambi di residenza e sotto stretta sorveglianza. Solo di rado fa la sua apparizione in pubblico; le linee aeree si rifiutano di trasportarlo. I vicini hanno protestato quando ha cercato di acquistare un appartamento nel miglior quartiere di Napoli. Critici e detrattori si schierano contro di lui, sostenendo che si dovrebbe “proteggere Saviano da Saviano”. Recentemente persino un alto ufficiale di polizia ha definito le misure di protezione uno spreco di denaro pubblico.
Considerando queste reazioni l’autore continua a chiedersi se il successo di “Gomorra” (che ha anche portato alla cattura ed alla condanna di importanti boss mafiosi) valga questa vita: “A volte non so perché l’ho fatto”.
Tuttavia Saviano, supportato da un ampio pubblico, non si è lasciato scoraggiare, ha continuato a denunciare le pratiche mafiose in articoli e reportage impegnati e si è schierato contro l’oppressione in paesi stranieri, come l’Iran. Per questo è stato premiato più volte, anche in Germania.
Questo Lunedì ha ricevuto a Monaco il prestigioso Premio Fratelli Scholl, accompagnato da 10.000 euro ed assegnato dalla sezione bavarese dell’Associazione Nazionale degli Editori e Librai Tedeschi.
italiadallestero.info

domenica 15 novembre 2009

Napoli, folla assale i poliziotti di Afragola, durante l'arresto di tre spacciatori

Le persone che commettono atti così odiosi andrebbero arrestate insieme ai delinquenti. Speriamo solo che la magistratura non rimetta subito in libertà i malviventi arrestati, altrimenti quello che, quei poliziotti, hanno vissuto sulla loro pelle sarà stato inutile...
NAPOLI (15 novembre) - Assalto alla polizia nella tarda serata di ieri nel rione Iacp di Caivano, comune a nord di Napoli: agenti del commissariato di Afragola si stavano apprestando ad arrestare tre spacciatori quando sono stati aggrediti da una cinquantina di persone, soprattutto donne. I tre sono stati arrestati ma i rischi per gli agenti sono stati enormi.In carcere sono finiti Pasquale Francomaro e Mario Iovinella, entrambi di 32 anni e Patrizia Vuolato, 43 anni. I tre sono pregiudicati. Secondo quanto si è appreso il terzetto gestiva una «piazza di spaccio» e ciascuno tra loro aveva dei compiti ben precisi: Francomaro aveva il compito di avvertire i complici nel caso in cui fosse arrivata la polizia mentre la donna materialemente consegnava la droga ai tossicodipendenti. Patrizia Vuolato riceveva i clienti a bordo di un'auto mentre Iovinella prelevava la droga da un tubo di raccolta dell'acqua piovana e poi la consegnava alla complice. Quando c'è stato l'assalto gli agenti del commissariato di Afragola hanno chiesto via radio l'intervento di altri colleghi. I tre sono stati condotti in carcere, sequestrata la somma di circa 740 euro e una trentina di dosi tra eroina e cocaina.

sabato 14 novembre 2009

L'inferno e la bellezza: Roberto Saviano a Che tempo che fa

“La verità è bellezza”. È stata questa la massima filosofica e morale che ha ispirato l’intera puntata di “Che tempo che fa”, il programma condotto da Fabio Fazio su Raitre e andato in onda ieri sera alle 21.10. Una serata speciale con un ospite d’eccezione: Roberto Saviano. L’uomo che ha sfidato a viso scoperto la Camorra per una sera si è calato nei panni del cantore di storie potenti e importanti. Di storie e vicende che provengono da altri mondi, diverse tra loro ma capaci di fondersi in un unico comune denominatore: la potenza della parola. Le parole sono capaci di cambiare il flusso degli avvenimenti; le parole sono capaci di mobilitare centinaia e migliaia di persone; le parole sono portatrici di verità potenti capaci di scardinare la labile crosta che ricopre la superficie di determinate realtà sociali e politiche, dove non c’è spazio per essa. La parola è pertanto denuncia, resistenza e verità. La parola è forza e bellezza insieme. Un binomio questo inscindibile, ma spesso costretto a vivere prigioniero nell’oscurità di un mondo, dove gli esseri umani portano le catene e sono privati della libertà di vivere la parola in maniera piena. Questo è l’Inferno. Eppure, anche all’inferno, sottolinea Saviano, si possono trovare tracce di una bellezza eterna, destinata a non scomparire mai. Una bellezza che assume le forme e le sembianze di due giovani donne, di origine iraniana, vittime della furia e della violenza del regime iraniano, guidato e controllato da Ahmadinejad: Neda e Taraneh, che in lingua iraniana significano “voce” e “canzone”.Nomi e destini che s’incrociano sulle strade di Teheran, questa ultima sconvolta dalle proteste spontanee dei giovani dissidenti, scesi in piazza lo scorso 20 giugno contro il regime. Tra la folla di manifestanti c’è anche Neda armata di cellulare e di una gran voglia di cambiare la situazione. Non sa che le rimangono pochi istanti di vita. Istanti che vengono poi catturati da quello stesso cellulare che lei stessa teneva in mano, poco prima di cadere sull’asfalto colpita a morte da una pallottola. I fotogrammi che hanno immortalato la giovane vita spegnersi hanno poi fatto il giro del mondo, contribuendo a fissare nella memoria collettiva non solo il suo viso ricoperto di sangue, ma soprattutto il senso del sacrificio compiuto. “Neda voleva solo vivere. Voleva conoscere la felicità”. Ma la sua morte ha brillato nell’oscurità dell’inferno iraniano, in quanto ha contribuito a cambiare la percezione dei giovani dissidenti iraniani, restii ad arrendersi al regime. Neda non è morta da sola. Sulle anonime strade della capitale iraniana, un’altra giovane donna ha perso la vita per mano del regime. Taraneh Moussavi. Anche lei manifestava contro Ahmadinejad. Fu arrestata dalle guardie di regime che la condussero all’interno di un edificio isolato. Qui, per dieci giorni e dieci notti, Taraneh venne ripetutamente stuprata dai miliziani, tanto da provocarle un’emorragia. Le infermiere che la soccorsero, replica Saviano, riferirono alcuni retroscena inquietanti: “La giovane era giunta in ospedale con l’ano sfondato e l’utero completamente lacerato”. Una morte atroce attese Taraneh al varco. Infatti, come se non bastasse, al fine di cancellare ogni possibile traccia di stupro, i miliziani si preoccuparono di bruciare il suo corpo martoriato dalla vita in giù. Questo cosa significa si domanda Saviano: “Volevano stuprare non solo il suo corpo, ma soprattutto la sua bellezza. Volevano infierire contro ciò che faceva più paura al regime. Per questo si sono accaniti con ferocia contro di lei” Neda, Taraneh e tanti altri come loro rappresentano, con la loro bellezza morale, i semi della democrazia e della libertà, che hanno tentato in ogni modo di attecchire su un terreno privo di linfa, come appunto l’Iran.“La verità è bellezza”, ma in alcuni casi “può condannare a morte”, come è appunto successo al protagonista della seconda storia raccontata in studio dall’autore di Gomorra. Ken Saro-Wiwa, scrittore nigeriano e autore di un libro dal titolo “Sozaboy”, combatté duramente contro il governo nigeriano e le multinazionali che sfruttavano "la sua terra" già martoriata da una guerra civile cruenta. Le armi a sua disposizione non furono né i fucili né i carri armati, ma solo la parola. Parole che potevano sconfinare andando così a colpire le coscienze che abitavano al di là del continente africano. E ciò avvenne. Ma per questa ragione, Ken Saro-Wiwa pagò con la vita il suo desiderio di cambiare la realtà dei fatti. Fu impiccato. “Una morte cruenta – racconta Saviano – poiché dovettero impiccarlo per ben quattro volte. Alla quinta, il boia incapace di fare un nodo scorsoio efficace, riuscì nel suo intento”. Il governo nigeriano e la multinazionale Shell, chiamata in causa nei libri e nelle immagini di Ken Saro-Wiwa quel 10 novembre 1995 ottennero una vittoria, eliminando fisicamente il loro nemico. Una vittoria senza dubbio effimera, se si riflette sul fatto che ancora oggi, a 14 anni di distanza, Ken Saro-Wiwa e il suo coraggio hanno rivissuto nelle parole di Roberto Saviano, dando a tutti noi spettatori la sensazione che la sua potenza letteraria sia rimasta inalterata e confinata nel paradiso della bellezza.
Pamela Schirru

lunedì 2 novembre 2009

Ercolano, gli spot anticlan

Parte da Ercolano la sfida contro il crimine e l'illegalità: questa mattina al Museo Archeologico Virtuale è stato illustrato il progetto P.N.P. (progresso non pubblicità) dell'artista Rosaria Iazzetta sulla mappatura di otto banner contenenti messaggi di legalità affissi su edifici pubblici, scuole e chiese. Il progetto finanziato dal Comune di Ercolano vede la installazione di otto maxi pannelli con altrettante illustrazioni in materiale pvc sulle facciate esterne degli immobili, proprio per richiamare i cittadini al rispetto delle regole. I pannelli si trovano rispettivamente sulla Chiesa del Salvatore in via Panoramica; chiesa del Rosario in corso Italia; al I circolo «G.Rodino»; al Palazzo Borsellino in via Marconi; allo Stadio comunale; all'Itc «A.Tilgher»; due pannelli anche sul ponte della Circumvesuviana in via Alveo. Nel corso della conferenza stampa che ha visto la partecipazione della presidente dell'Associazione Antiracket di Ercolano, Raffaella Ottaviano, è stato presentato il progetto per la realizzazione della nuova caserma dei carabinieri che sorgerà nella struttura della ex Clinica Cataldo al corso Resina. Tra 20 giorni partirà la gara d'appalto, a gennaio è prevista apertura del cantiere e tra un anno e mezzo il completamento dei lavori. «La nuova caserma dei carabinieri - ha detto il sindaco di Ercolano, Nino Daniele - rappresenta una svolta decisiva per la sicurezza di Ercolano, città capitale dell'impegno per la legalità». A tal proposito il primo cittadino ha illustrato le iniziative messe in campo per sconfiggere il crimine: dagli abbattimenti di abusi edilizi dove spesso la camorra si infiltra con utilizzo di manodopera e materiali scadenti alla confisca dei beni e alla destinazione a fini sociali, come Radio Siani e Casa Mandela. «Attraverso il consorzio Sole - ha aggiunto l'assessore provinciale alla Legalità, Franco Malvano - cercheremo sempre di più di depauperare la camorra espropriandola dei suoi beni».Di importanza alla educazione alla legalità ha parlato anche l'assessore provinciale Corrado Gabriele: «Se è vero che l'ignoranza è la prima arma della camorra e che la scuola è la prima arma contro l'ignoranza, così la caserma dei carabinieri sarà il primo strumento per contrastare il crimine». All'incontro erano presenti anche alcuni dirigenti scolastici e parroci a cui si è rivolto l'assessore comunale alla Legalità, Ferdinando Pirone «abbiamo coinvolto scuole e parrocchie perchè è in queste realtà che nasce e si diffonde la cultura della socialità e della legalità».
Questo è il link per la fotogallery completa: http://www.ilmattino.it/fotogallery.php?id_fg=3635&id_news=77866&nf=1

sabato 24 ottobre 2009

Ruspe pronte in venti Comuni. Al via gli abbattimenti di case abusive

NAPOLI - Pronti a buttarli giù. Manufatti abusivi individuati dalla magistratura e destinati ad essere demoliti. All'inizio della prossima settimana, la Procura Generale di Napoli darà il via agli abbattimenti. Sono infatti stati conferiti tutti gli incarichi alle ditte, dunque si può procedere. Sotto il profilo dell'ordine pubblico, sono stati mobilitati polizia e carabinieri. Stando a quanto apprende l'agenzia Il Velino, le ruspe entreranno in azione scortate, in tre comuni che fanno parte della lista generale degli abbattimenti. Gli interventi infatti sono stati programmati una volta a settimana fino a fine novembre.
L'ELENCO COMPLETO - Ecco l'elenco completo dei comuni su cui interverrà l'azione demolitrice della Giustizia: Casola, Napoli, Afragola, Pompei, Pimonte, Gragnano, S. Maria La Carità, S.Antonio Abate, Lettere, Cardito, Massa Lubrense, Forio d'Ischia, Procida, Villaricca, S. Antimo, Capri, Pozzuoli, Somma Vesuviana, Villa Literno e Casal di Principe.
PRESIDI DI RESISTENZA - In alcuni di questi territori, si stanno tenendo in queste ore riunioni volte ad organizzare un presidio di resistenza. La situazione è molto delicata visto che gli abbattimenti obbligheranno molti nuclei familiari ad abbandonare le proprie abitazioni. Alla Procura Generale di Napoli, è giunto nei giorni scorsi un dossier che elenca quanti bambini e quanti diversamente abili sono presenti nei manufatti che dovranno finire sgretolati. È stato il tentativo in extremis di fermare gli interventi, ma non è servito. Saranno i sindaci, come stabilito per legge, a garantire una sistemazione alle fasce deboli.

mercoledì 21 ottobre 2009

ABUSIVISMO:CASE E HOTEL SU ANTICA DOMIZIANA,38 INDAGATI

A VARCATURO DI GIUGLIANO SCOPERTE PRATICHE CONDONO FALSIFICATE (ANSA) - NAPOLI, 19 OTT - Appartamenti, villette e un albergonon distanti dal mare, in un posto dove si respira ancora lastoria perche' li', via Ripuaria a Giugliano, in provincia diNapoli, incrocia un tratto dell'antica Domiziana che conservaancora le pietre dell'epoca. Fotografie aeree ritoccate,bollettini postali con date precedenti all'introduzione deimacchinari con cui sono stati stampati, falsi documenti relativia pratiche di condono, concessioni edilizie rilasciate a personeche risultavano gia' decedute: era stato tutto predisposto concura per realizzare il complesso residenziale composto da 98unita' abitative e un albergo, un affare da 20 milioni di euro.Oggi la Guardia di Finanza di Giugliano, diretta dal comandanteLuigi Migliozzi, ha posto sotto sequestro preventivo un'area dioltre 52 mila metri quadrati, per un valore complessivo di 40milioni di euro, destinata in origine a usoturistico-alberghiero e diventato, invece, di tipo residenziale. Per la prima volta, sottolineano le Fiamme Gialle, e' statoaccertato il diretto coinvolgimento di organizzazionicamorristiche nella speculazione edilizia. Le indagini hannorivelato che, negli anni, sono stati tre i clan che siinteressati all'affare: Rea, Nuvoletta e Mallardo, tuttioperanti nella zona di Giugliano. A confermare le ipotesi degli investigatori anche ledichiarazioni di due pentiti Salvatore Izzo, faccendiere di unesponente del clan Nuvoletta, e Gaetano Vassallo, che ha gestitole discariche tra Giugliano e Parete per lo smaltimento dirifiuti speciali e vicino al clan dei Casalesi, storici alleatidei Mallardo. Entrambi hanno confermato che le speculazioniedilizie sono riconducibili ai clan. Le loro dichiarazioni, chesi sono dimostrate convergenti e rese in maniera indipendente,hanno permesso agli inquirenti di contestare l'aggravantedell'agevolazione camorristica per alcune delle personecoinvolte nell'inchiesta. Il villaggio dei clan e' stato realizzato in un'areasottoposta a vincoli di natura archeologica - per la presenzadell'Appia Antica - e militare per la presenza di una baseaeronautica. L'amministrazione comunale, poi, ha provveduto aregolarizzare la situazione, rilasciando concessioni insanatoria illecite fondate su 105 atti falsi per il condonoedilizio che si riferivano a lavori non ancora eseguiti almomento dell'inoltro della domanda. Il villaggio dei clan e' stato realizzato materialmente negliultimi 7 anni, ma la storia comincia da lontano, dal 1976 quandoil terreno viene acquistato da Eleonora Basso, moglie diFrancesco Rea. Nel '90, l'area e' stata rivenduta a due societa'la Solemar e la Marenola '89. Solo in anni recenti, nel 2004, e'arrivata una terza societa' L'Obelisco che ha poi dato il nomeanche al parco posto sotto sequestro. (ANSA).
ABUSIVISMO: GIUGLIANO; TRA INDAGATI 2 SINDACI PRO TEMPORE (ANSA) - NAPOLI, 19 OTT - Sono 38 le persone indagate instato di liberta' coinvolte nell'operazione ''Puff Village''condotta dalla Guardia di Finanza di Giugliano (Napoli) con ilcoordinamento della Dda di Napoli che ha portato alla luce unafitta rete di connvienza tra criminalita' organizzata eamnministratori e tecnici comunali. Tra loro due sindaci pro tempore del Comune alle porte diNapoli, Pasquale Basile, primo cittadino nel '90 e GiacomoGerlini, nel '93. Indagato anche il sindaco uscente FrancescoTaglialatela che, all'epoca dei fatti, era assessoreall'Urbanistica del Comune di Giugliano e componente dellaCommissione edilizia. Anche l'attuale direttore generale dell'ospedale Cardarellidi Napoli, Rocco Granata, risulta indagato perche' nel 1993faceva parte della Commissione edilizia del Comune. Anche un magistrato coinvolto nell'indagine della Guardia diFinanza: e' Giuliano Perpetua, presidente della cooperativaSolemar che nel '90 aveva acquistato il terreno sul quale orasorge il complesso immobiliare abusivo. L'uomo ha lasciatol'incarico di presidente della societa' quando ha saputodell'esistenza di un'indagine. Tra le persone indagate 27 risultano essere funzionaripubblici, un ufficiale sanitario e numerosi gli imprenditori e icostruttori. (ANSA).

giovedì 1 ottobre 2009

La Lega e il Sud, così Bossi e i suoi tolgono due miliardi alla sanità meridionale

NAPOLI (13 agosto) - Cosa vuole la Lega? È la domanda che si fanno i commentatori sui giornali, stupiti e forse un po’ storditi dalla raffica di proposte su gabbie salariali, bandiere e dialetti. Le cose, forse, sono molto più semplici: la Lega vuole soldi. I primi conti sul federalismo fiscale, infatti, mostrano che il cosiddetto dividendo per il Nord non ci sarà o sarà molto modesto.Al contrario di quel che si pensa, infatti, il Sud non è affatto il bengodi della spesa bensì la patria della cattiva spesa. Per la sanità, la principale voce dei bilanci regionali, la spesa procapite è in Campania e in tutte le regioni del Mezzogiorno (Molise escluso) inferiore alla media nazionale. Certo, i servizi offerti al cittadino sono molto carenti, ma secondo i principi che ispirano la riforma federalista gli standard di qualità del servizio dovrebbero migliorare. Quindi il Sud dovrà imparare a spendere bene le risorse ma non dovrebbe vedersele tagliare. La Lega allora ha pensato di aggirare il problema ripescando un’ipotesi già presente nel disegno di legge sul federalismo fiscale approvato dalla Regione Lombardia e poi accantonato. La proposta era di ridurre la perequazione, cioè il fondo di solidarietà verso le regioni deboli, in proporzione al minor costo della vita. Se per gestire un ospedale in Veneto si paga 100, è il ragionamento, per un identico ospedale del Sud devono bastare meno soldi perché al Sud la vita è meno cara. La Banca d’Italia ha stimato in un 16% il differenziale Nord-Sud e questo vorrebbe dire che 100 in Veneto si traduce in 84 in Sicilia o Campania. Il progetto della Lega è di partire dal costo del personale, perché i macchinari sanitari e i farmaci non hanno prezzi regionali. Nelle otto regioni del Sud secondo i dati più aggiornati (relativi al 2007) il costo del lavoro è di 11,7 miliardi, considerando i quattro comparti: sanitario, professionale, tecnico e amministrativo.La quota di costo del personale sanitario del Sud non desta scandalo, perché è del 35% cioè in linea con la popolazione residente. Ma se la si potesse ridurre del 16% ci sarebbe un risparmio di quasi 2 miliardi (per l’esattezza 1.866 milioni, di cui 504 in Campania) con un’immediata riduzione del fondo di perequazione. E quindi con l’arrivo di un primo dividendo al Nord. Per ora una cinquantina di euro per abitante, poi l’operazione si potrebbe ripetere per gli insegnanti e per tutti i dipendenti pubblici che non sono ancora a carico dei bilanci regionali.

Napoli, palazzo San Giacomo discarica sotto le finestre di sindaco e assessori

NAPOLI (16 settembre) - Rifiuti sotto i balconi di Palazzo San Giacomo. Cumuli di immondizia dietro l’angolo del municipio, sotto le finestre di sindaco e assessori. L'allarme scoppia al civico 15 di via San Giacomo, dove i residenti sono impegnati da oltre un anno, in denunce, querele ed esposti alla procura della Repubblica. Ogni giorno, il marciapiede e lo stesso porticato, di cui è dotato il palazzo, traboccano di rifiuti di ogni genere al punto di impedire la normale circolazione dei passanti, dei veicoli ma soprattutto, ostruendo l'ingresso nel portone del civico, che vede i condomini costretti a scavalcare l'immondizia.La situazione, che nonostante le segnalazioni all'Asl di competenza e ai dirigenti per la raccolta rifiuti è oramai cronica, riguarda la presenza di cinque cassonetti depositati di fronte al palazzo e destinati ad un'utenza circoscritta alla zona limitrofa degli stessi. Nonostante ciò all'interno dei bidoni viene buttato ogni tipo di materiale, dai rifiuti organici sversati dagli esercizi commerciali di frutta e verdura, agli oggetti destinati alla raccolta differenziata, operazioni illecite svolte ad ogni ora del giorno, così da riempire i cassonetti già in tarda mattinata e occupare, nelle ore successive, il marciapiede ed il porticato con sacchetti con un vero e proprio tappeto di immondizia maleodorante. «Ci vergogniamo di invitare a casa ospiti - confessa un residente- e subiamo un vero e proprio danno psicologico alla vita di relazione a causa dei mucchi di immondizia che quasi invadono l'ingresso del portone». Gli abitanti del quartiere affermano che i cassonetti, a dispetto del loro giusto utilizzo, vengono adoperati da molti negozianti di via Toledo e dei vicoli adiacenti, raccogliendo anche la differenziata, che invece dovrebbe essere depositata nelle campane su via Medina. «Il culmine dell'immondizia - afferma un condomino - si raggiunge in tarda serata, ma già alle dieci del mattino i cassonetti si riempiono, senza contare che nelle ore notturne i barboni utilizzano il portico come toilette, siamo arrivati al punto di pagare privatamente un servizio per igienizzare il pavimento stradale con l'amuchina e salvaguardare la nostra dignità». A gran voce i residenti pretendono la rimozione della sporcizia ed un ricollocamento dei cassonetti. (m.chiap.)

venerdì 18 settembre 2009

Dal “Report sulla competitività mondiale 2009-2010″

L’Italia sale di una posizione quest’anno, arrivando 48ima, restando tuttavia al gradino inferiore fra i membri del G7. Il paese continua a comportarsi bene nelle aree piu’ complesse misurate dall’Indice di Competitivita’ globale, particolarmente per quanto riguarda la sofisticatezza dell’ambiente economico. L’Italia si classifica 20ima per la propria sofisticatezza economica, producendo beni che occupano posizioni di alto livello nella catena dei valori e usando i piu’ recenti processi di produzione (14ima), grazie anche a forti agglomerati industriali (3a). L’Italia trae beneficio anche dall’ampiezza del suo mercato, il 9o piu’ vasto al mondo, che permette larghe economie di scala. Tuttavia, la competitivita’ globale dell’Italia continua ad essere frenata da alcune critiche debolezze strutturali presenti nell’economia. Il mercato del lavoro resta tra i piu’ rigidi al mondo, con l’Italia al 117imo posto su 133 paesi in quanto a efficienza del mercato del lavoro, il che costituisce un forte ostacolo alla creazione di posti di lavoro. Un’altra area problematica e’ rappresentata dalle finanze pubbliche deboli e da un debito pubblico che raggiunge un livello estremamente alto (si classifica 128ima su questo indicatore, persino piu’ in basso dell’anno scorso). Altre debolezze istituzionali includono alti livelli di corruzione e crimine organizzato e una percepita mancanza di indipendenza all’interno del sistema giudiziario, il che aumenta i costi del business e mina la fiducia degli investitori, con l’Italia al 97imo posto per quanto riguarda il proprio ambiente istituzionale.
italliadallestero.info

domenica 6 settembre 2009

Imprese, Napoli è la capitale italiana del caffé

Napoli, 21 ago (Velino/ Velino Campania) - Napoli è la regina del caffè. A dirlo non è solo il gusto forte e la notorietà transnazionale della più caratteristica bevanda partenopea, ma la Camera di Commercio di Milano secondo cui nel capoluogo campano c’è il più alto numero di imprese del settore d’Italia. Secondo la ricerca elaborata dall’ente camerale meneghina, e basata sui dati del registro delle imprese al quarto trimestre 2008 e 2007 e Istat 2007 e 2008, sono oltre mille le imprese italiane attive nella lavorazione del caffè, tè e altri infusi, che hanno fatto registrare la crescita del comparto del 3,5 per cento nell'ultimo anno. Secondo i dati diffusi ieri l’espresso si dimostra l’elemento trainante dell’intero settore, grazie alle 634 imprese attive sul territorio nazionale, in crescita del 5 per cento dal 2007. Regione leader la Campania (con 77 imprese e il 12 per cento del corrispondente totale), con Napoli che produce da sola il 5,6 per cento dell’indotto italiano. In crescita anche l’interscambio con i paesi esteri. Secondo la ricerca risulta che nel 2008 è stato importato caffè per un valore di oltre 900 milioni di euro ed esportato per 640 milioni. Tra i paesi amanti del caffè made in Italy figurano Stati Uniti (17,2 per cento), dalla Francia (16,5 per cento) e Spagna (9,3 per cento).

www.ilvelino.it

sabato 15 agosto 2009

Provincia di Napoli - E' polemica sui premi record ai dirigenti

NAPOLI (15 agosto) - Caccia ai responsabili del blackout telematico. In Provincia il Ferragosto è movimentato come mai, c’è chi addirittura teme un’azione dolosa per i frequenti guasti alla rete. Luigi Cesaro, il presidente, è fra questi, e promette di fare chiarezza senza se e senza ma in tempi rapidi. Ha aperto una inchiesta interna sull’accaduto. Spuntano, sul sito di Metronapoli, anche gli stipendi dei 49 dirigenti dell’ente di Piazza Matteotti. Tutti sopra - abbondantemente - i 100mila euro per un ammontare complessivo di oltre 6 milioni. Ed è questo il tema cogente. Perché non sono mancate le sorprese.I dati sono relativi al 2008 e contengono le «retribuzioni di risultato» del biennio 2006 e 2007. Si tratta di premi che scattano quando si raggiungono determinati obiettivi stabiliti dall’ente. E a giudicare dalla quantità di premi erogati c’è da giurare che i dirigenti abbiano ottenuto notevoli risultati. Peccato che la provincia di Napoli con i suoi 94 Comuni è ritenuta - dati alla mano - sinonimo di arretratezza sotto tutti i punti di vista. Nel monte stipendi dei dirgenti va registrato un altro cadeau - tassativamente, s’intende, per motivi istituzionali - quello del telefonino di servizio. Il meno pagato, si fa per dire, è Vincenzo Cortese, dirigente dell’area «Assetto del territorio» con 107mila e 637 euro. Il record è invece del segretario generale Franco Cardone con 233mila e 377 euro incassati. Cardone ha intascato solo per i premi la considerevole somma di 79mila 753 euro. Sul podio, dietro Cardone c’è Luciano Scetta dell’Area legale con 187mila 816 euro. Che supera il segretario però sul fronte dei premi, perché l’avvocato a questa particolare voce premi associa ben 96mila euro. Non se la passa male nemmeno Michele Castaldo dell’area Edilizia scolastica con i suoi 138mila e 378 euro dentro ai quali di premi ci sono 33mila 596 euro. Torniamo al blackout. A partire dal lungo comunicato che la Provincia ha diramato nel pomeriggio di ieri per spiegare lo stato dell’arte: «A causa di un blackout alla linea elettrica - si legge - che ha lasciato senza corrente per più volte e per diverse ore l’intero edificio di via don Bosco, sede dell’amministrazione provinciale presso la quale sono allocati i principali impianti informatici provocando ingenti danni alle apparecchiature che presiedono alla gestione dei servizi informativi dell’ente, non è al momento visualizzabile on line il sito istituzionale della Provincia di Napoli».Dunque la conferma che la rete è in panne e con essa tutte o quasi le attività della Provincia sono al palo. «I tecnici - scrivono ancora dalla Provincia - sono al lavoro dal momento del verificarsi del guasto e stanno procedendo al graduale ripristino dei servizi interrotti. La Provincia ha già avviato le procedure per l’accertamento di eventuali responsabilità sull’accaduto». È scattata - nella sostanza - l’inchiesta interna e il presidente sta valutando se è il caso di fare un esposto alla magistratura per verificare l’effettiva possibilità del dolo in questa vicenda che ha assunto i contorni del giallo. Prima di partire lancia in resta Cesaro attende la relazione dei tecnici. L’ente sta utilizzando il portale di Metronapoli per le comunicazione più urgenti: «In relazione alla mancata possibilità di accesso agli altri dati presenti sul sito istituzionale, l’amministrazione sta effettuando un’approfondita verifica circa il regolare prosieguo dell’esercizio della funzione amministrativa di competenza, riservandosi di adottare i provvedimenti opportuni per consentire sempre la massima trasparenza e la massima partecipazione».

giovedì 30 luglio 2009

Bertolaso: "chiederò lo scioglimento di 11 comuni inadempienti sui rifiuti".

Sette sono in provincia di Caserta e quattro in provincia di Napoli. Afragola e Giugliano nella lista degli undici.


La struttura del sottosegretario Guido Bertolaso chiederà al ministro Roberto Maroni lo scioglimento di 11 comuni campani «gravemente inadempienti» per la raccolta e la gestione dei rifiuti. Lo ha annunciato lo stesso sottosegretario nel corso di un’audizione in Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. «Si tratta di comuni - ha spiegato Bertolaso - che non raccolgono la spazzatura, non fanno la raccolta differenziata e, dunque non fanno quello che dovrebbero fare così come previsto dalla legge». Lo scioglimento, ha sottolineato ancora, verrà chiesto al ministro sulla base del decreto legge per l’emergenza rifiuti che stabilisce, appunto, la possibilità di sciogliere i comuni che non rispettano le indicazioni contenute nella norma.


LA «LISTA NERA» - Secondo quanto si apprende, i comuni di cui verrà chiesto lo scioglimento sono Giugliano, Afragola, Qualiano e Nola in provincia di Napoli, Castel Volturno, San Marcellino, Aversa, Trentola Ducenta, Maddaloni, Casal di Principe e Casaluce in provincia di Caserta, Ai cronisti che gli chiedevano se gli altri 540 comuni campani rispettano le norme previste nel decreto legge Bertolaso ha risposto così: «Sono meno birichini di questi 11».

EMERGENZA FINITA - L'emergenza rifiuti in Campania, almeno per quel che riguarda i compiti affidati al commissario straordinario «è finita», aggiunge il sottosegretario. «Per quanto riguarda almeno le mie competenze e responsabilità l'emergenza rifiuti in Campania è finita. Abbiamo fatto più di quanto potevamo immaginare anche perché il mio incarico non era quello di risolvere problemi strutturali nella regione come ad esempio, quelli legati alle infrastrutture o alla presenza della criminalità organizzata. Mio compito è stato quello di trovare discariche per lo stoccaggio, avviare la raccolta differenziata, e strutture come il termovalorizzatore di Acerra, porre le premesse per la costruzione di altri impianti. E su questo oggi siamo molto avanti».


TROPPO PERSONALE - Tra i problemi aperti Bertolaso intravede quello dell'eccessivo numero degli organici nei consorzi e nelle aziende che gravitano intorno al mondo della raccolta dei rifiuti. «Si tratta di un personale largamente superiore a ciò che serve - conclude Bertolaso - e spetterà a quegli enti locali che hanno assunto queste persone fare in modo che gente, che comunque ha maturato una certa esperienza, abbia un futuro». Nel corso dell'audizione lo stesso Bertolaso ha detto di voler lasciare «in eredità alle autorità locali campane uno smaltimento pari a 4 milioni e mezzo di tonnellate di volumetria di spazzatura all'anno» e, visto che in Campania si calcola una produzione di 2,2 tonnellate di spazzatura, «una autosufficienza di almeno due anni».

sabato 25 luglio 2009

Riti, comportamenti sessuali e regole imposti nelle terre di mafia

ESSERE donna in terra criminale è complicatissimo. Regole complesse, riti rigorosi, vincoli inscindibili. Una sintassi inflessibile e spesso eternamente identica regolamenta il comportamento femminile in terra di mafie. È un mantenersi in precario equilibrio tra modernità e tradizione, tra gabbia moralistica e totale spregiudicatezza nell'affrontare questioni di business. Possono dare ordini di morte ma non possono permettersi di avere un amante o di lasciare un uomo. Possono decidere di investire in interi settori di mercato ma non truccarsi quando il loro uomo è in carcere. Durante i processi capita spesso di vedere donne accalcate negli spazi riservati al pubblico, mandano baci o semplici saluti agli imputati dietro le gabbie. Sono le loro mogli, ma spesso sembrano le loro madri. Vestirsi in maniera elegante, curarsi con smalti e trucco mentre tuo marito è rinchiuso, è un modo per dire che lo fai per altri. Tingersi i capelli equivale a una silenziosa confessione di tradimento. La donna esiste solo in relazione all'uomo. Senza, è come un essere inanimato. Un essere a metà. Ecco perché le vedi tutte sfatte e trascurate quando hanno i mariti in cella. È testimonianza di fedeltà. Questo vale per i clan dell'entroterra campano, per certa 'ndrangheta, per alcune famiglie di Cosa Nostra. Quando invece le vedi vestite bene, curate, truccate, allora il loro uomo è vicino, è libero. Comanda. E comandando riflette sulla sua donna il suo potere, lo trasmette attraverso la sua immagine. Eppure le mogli dei boss carcerati, sciatte sino a divenire quasi invisibili, sono spesso quelle che facendone le veci più comandano.
Tutte le storie delle donne in terra criminale si somigliano, sia che abbiano un destino tragico sia che riescano a galleggiare nella normalità. In genere marito e moglie si conoscono da adolescenti e celebrano il loro matrimonio a venti, venticinque anni. Sposare la ragazza conosciuta da piccola è la regola, è condizione fondamentale perché sia vergine. In genere, invece, all'uomo è permesso di poter avere amanti, ma il vincolo dato dalle loro mogli negli ultimi anni è che siano straniere: russe, polacche, rumene, moldave. Tutte donne considerate di secondo livello, incapaci di costruire una famiglia, secondo loro, di educare i figli come si deve. Mentre farsi un'amante italiana o peggio del proprio paese sarebbe destabilizzante, e un comportamento da punire. Attraverso la sessualità passa molta parte della formazione di un uomo e di una donna in terra di mafia. "Mai sotto una femmina" è l'imperativo con cui si viene educati.
Se mentre fai l'amore, decidi di stare sotto, stai scegliendo pure di sottometterti nella vita di tutti i giorni. Farlo per puro piacere ti condannerà, nella loro logica, a sottometterti. "Mai sesso orale". Riceverlo è lecito, praticarlo a una donna è da "cani". "Non devi diventare cane di nessuno". Vecchio codice a cui si attiene ancora molta parte delle nuove generazioni di affiliati. E regole anche più rigide valgono pure al di fuori dell'Italia. La Yardie, la potente mafia giamaicana egemone in molti quartieri londinesi e newyorkesi, oltre che a Kingston, ne è un esempio. Vietato praticare sesso orale e riceverlo, vietato sfiorare l'ano delle donne e avere rapporti anali. Tutto questo è considerato sporco, omosessuale (i gay sono condannati a morte nella cultura mafiosa giamaicana), mentre il sesso dev'essere una pratica forte, maschile e soprattutto ordinata. Senza baci. La lingua serve per bere, un vero uomo non la usa se non a quello scopo.Gli affiliati delle cosche sono ossessionati non solo dalla loro virilità, ma da come poterla esercitare: farlo secondo la rigida applicazione di quegli imperativi categorici, diviene un rito con cui si riconfermano il loro potere. Valgono, quelle norme chiare e inderogabili, in pressoché tutti i paesi di 'ndrangheta, camorra, mafia e Sacra Corona Unita. E sono, a ben vedere, qualcosa in più del semplice specchio di una cultura maschilista. Nulla come quel codice sessuale dice forse come in terra di criminalità non possa esistere ambito che si sottragga alle logiche ferree di appartenenza, gerarchia, potere, controllo territoriale. Potere sulla vita e sulla morte, di cui la morte subita o data è posta a fondamento. E chi crede di poter esserne libero, si sbaglia. Il controllo della sessualità è fondamentale. Anche corteggiare diventa marcare il territorio. Avvicinarsi a una donna significa rischiare un'invasione territoriale.
Nel 1994 Antonio Magliulo di Casal di Principe tentò di corteggiare una ragazza imparentata con un uomo dei casalesi e promessa in matrimonio a un altro affiliato. Magliulo le faceva molti regali, e intuendo forse che la ragazza non era felicissima di sposare il suo fidanzato, insisteva. Era invaghito di questa ragazza assai più giovane di lui e la corteggiava come dalle sue parti è abituale. Baci Perugina a San Valentino, un collo di pelliccia di volpe a Natale, "postegge" ossia attese fuori dal luogo di lavoro nei giorni normali. Un giorno in piena estate un gruppo di affiliati del clan di Schiavone lo convocò per un chiarimento al lido La Scogliera di Castelvolturno. Non gli diedero neanche il tempo di parlare. Maurizio Lavoro, Giuseppe Cecoro e Guido Emilio gli tirarono una botta in testa con una mazzola chiodata, lo legarono e iniziarono a ficcargli la sabbia in bocca e nel naso. Più inghiottiva per respirare più loro lo ingozzavano. Rimase strozzato da una pasta di sabbia e saliva che gli si è cementificata in gola. Fu condannato a morte perché corteggiava una donna più giovane, col sangue di un importante affiliato, già promessa in moglie.
Corteggiare, chiedere anche solo un appuntamento, passare una notte insieme è impegno, rischio, responsabilità. Valentino Galati aveva diciannove anni quando è sparito il 26 dicembre 2006 a Filadelfia, che non è la città fondata dai quaccheri americani, ma un paese in provincia di Vibo Valentia, fondato da massoni. Valentino era un ragazzo vicino alla ndrina egemone. Aveva sangue ndranghetista e quindi divenne ndranghetista, lavorava per il boss Rocco Anello. Quando questi finisce in galera per aver organizzato un sistema di estorsioni capillare (per una piccola tratta ferroviaria ogni impresa che vi partecipava doveva pagargli 50 mila euro a chilometro), sua moglie Angela ha sempre più bisogno di una mano da parte della ndrina per andare avanti. Spesa, pulizia della casa, accompagnare i bambini a scuola. A Valentino capita di essere uno dei prescelti. Così lentamente, quasi naturalmente, nasce una relazione con Angela Bartucca. Punirlo è indispensabile e quando non lo si vede più girare per il paese, nessuno si stupisce.
Condannato a morte perché è stato con la moglie del boss. Solo sua madre Anna non vuole crederci. Suo figlio amante della moglie di un boss? Per lei è impossibile: è divenuto da poco maggiorenne, è troppo piccolo. Ammette che Angela veniva anche in casa a prendere il caffè, e da quando suo figlio è sparito, non si è fatta più vedere. Ma per la madre di Valentino questo non dimostra nulla. "Mio figlio non c'entra niente con questa storia". Insiste a credere vi siano altri motivi, ma per la magistratura antimafia non è così. Per lungo tempo Anna ha dormito sul divano perché lì c'era il telefono ed ha aspettato una chiamata di suo figlio, terrorizzata che in camera da letto potesse non sentire il suono "dell'apparecchio", come a sud lo chiamano. Così, alla fine, la madre di Valentino si chiude nel silenzio di un dolore che rispetta il silenzio dell'omertà, continuando a negare contro ogni evidenza.
La stessa sorte era già capitata a Santo Panzarella di Lamezia Terme, ammazzato nel luglio del 2002. Santo si era innamorato di Angela Bartucca quattro anni prima. Sempre lei. Gli hanno sparato contro un caricatore, convinti di averlo ucciso lo hanno messo nel portabagagli. Ma Santo Panzarella non era morto. Scalciava nel portabagagli. Così gli hanno spezzato gli arti inferiori per non farlo continuare a intralciare con i calci il suo ultimo viaggio; infine gli hanno sparato in testa. Di lui è stata ritrovata solo una clavicola, che ha però permesso di far partire le indagini. Anche lui condannato a morte per aver sfiorato la donna sbagliata. Valentino quindi forse sapeva di rischiare la pelle, ma ha continuato lo stesso ad avere una relazione con quella donna proibita.
Ci si immagina Angela Bartucca come una sorta di donna fatale, una mantide come i giornali l'hanno spesso chiamata, capace con la propria seduzione di far superare persino la paura della morte. Una donna che amava e amando condannava a morte. Ma in realtà a vederla non sembra essere così come vuole la leggenda. Dalle foto si vede il viso di una ragazzina, carina, la cui colpa principale era la voglia di vivere. Un marito in carcere per le donne di mafia significa astinenza totale. Di affetti e di passione. Solo i boss maturi, se sono sposati con donne più giovani e sono condannati a pene pesantissime, permettono che le mogli possano avere qualche marito sostitutivo. Quasi sempre si preferisce il prete del paese quando disponibile o un fratello, un cugino, un parente comunque. Mai un affiliato non del sangue del boss, che godendo del rapporto con la donna potrebbe assumerne in qualche modo di riflesso il carisma e sostituirlo.
Molte donne vestono di nero, anche quelle giovani, e quasi perennemente. Lutto per un marito ucciso. Lutto per un figlio. Lutto perché è stato ucciso un fratello, un nipote, un vicino di casa. Lutto perché è stato ammazzato il marito di una collega di lavoro, lutto perché è stato assassinato il figlio di un lontano parente. E così c'è sempre un motivo per tenere il vestito nero. E sotto il vestito nero si porta sempre un panno rosso. Le anziane signore indossavano una maglietta rossa, per ricordare il sangue da vendicare, le giovani donne indossano un intimo rosso. Un ricordo perenne del sangue che il dolore non fa dimenticare, anzi il nero accende ancora più il colore terribilmente intimo della vendetta.
Rimanere vedove in terra criminale significa perdere quasi totalmente l'identità di donna e ricoprire soltanto quella di madre. Se resti vedova puoi risposarti solo con il consenso dei figli maschi. Solo se ti risposi con un uomo dello stesso grado del padre (o superiore) all'interno delle gerarchie mafiose. Ma soprattutto solo dopo sette anni di astinenza sessuale e osservazione rigida del lutto. Perché gli anni della vedovanza dovevano corrispondere al tempo che secondo le credenze contadine un'anima ci metteva per raggiungere l'aldilà. Così si aspettava che l'anima arrivasse nell'altro mondo, perché se ancora stava in questo avrebbe potuto vedere la moglie "tradire" con un altro. Antonio Bardellino, boss carismatico di San Cipriano d'Aversa, tendeva a liberare le vedove da queste regole medievali e da questo perenne dolore imposto. In paese molti ricordano che fino a quando comandò, don Antonio diceva: "Si mettono sette anni per raggiungere il paradiso, noi andiamo da un'altra parte. E quella parte si raggiunge presto, int' a nà nuttata".
Ma quando fu fatto fuori Bardellino arrivò l'egemonia degli Schiavone, e tornarono le vecchie regole sessuali. Nell'agosto del 1993 Paola Stroffolino fu scoperta con un amante. Lei moglie di un boss molto importante, Alberto Beneduce, tra i primi ad importare cocaina e eroina direttamente sulle coste del Casertano. Dopo che Beneduce fu ucciso, lei non rispettò i sette anni di vedovanza e intraprese una relazione con Luigi Griffo. Il clan decise che un atteggiamento del genere era irriguardoso nei confronti del vecchio boss. E così per eseguire la punizione scelsero un suo caro amico, Dario De Simone. Invitò la coppia in una masseria di Villa Literno con la scusa di volergli far assaggiare le prime mozzarelle dell'estate. Un solo colpo alla testa per l'uomo e uno per la donna. Non di più per due infami che avevano insultato la memoria e l'onore del morto. Poi, aiutato da Vincenzo Zagaria e Sebastiano Panaro, l'uomo che aveva mostrato la sua lealtà uccidendo scaraventò i corpi in fondo ad un pozzo molto profondo a Giugliano.
Sandokan, cioè Francesco Schiavone, e suo fratello furono accusati come mandanti. La vedova di un boss è intoccabile, ma se si sporca con un altro uomo, perde lo status di inviolabilità. I pentiti che cercavano di superare l'incredulità dei giudici, diedero una risposta che è anche una sintesi eccezionale: "Dottò, ma scopare qui è peggio che uccidere. Meglio se uccidi la moglie di un capo. Forse puoi essere perdonato, ma se ci scopi sei morto sicuro". Amare, decidere di fare l'amore, baciare, regalare qualcosa, fare un sorriso, sfiorare una mano, provare a sedurre una donna, esserne sedotto può essere un gesto fatale. Il più pericoloso. L'ultimo. Dove tutto è legge terribile, i sentimenti e le passioni che non conoscono regole condannano a morte.
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martedì 21 luglio 2009

Ruspe in via Rannola: tre gli immobili abbattuti

GIUGLIANO. Le ruspe sono entrate in azione in via Rannola, quartiere fantasma di Varcaturo, frazione periferica di Giugliano, per l'abbattimento di 9 immobili. Questa mattina il primo tetto della prima abitazione, l'ultima nel viale di via Rannola (1° lotto), è stato abbattuto. Sul posto sono presenti il Genio Militare e le forze dell'ordine in tenuta antisommossa. Solo alle 18 le operazioni sono state sospese e i mezzi hanno lasciato momentaneamente via Rannola. A fine giornata saranno tre gli immobili a cadere sotto i colpi delle ruspe.
Tommaso Pennacchio, proprietario dell'abitazione abusiva, buttata giù per prima dalle ruspe è stato colto da malore e trasportato d'urgenza in ospedale. Presenti i proprietari delle altre abitazioni che si sono barricati all'interno delle case abusive e sui tetti per evitare l'abbattimento. Fermate e portate al commissariato già 5 persone accusate di resistenza a pubblico ufficiale e ostacolo alle procedure di abbattimento predisposte dal magistrato, rilasciate poche ore dopo. Colpisce un poliziotto con un pugno. Il proprietario del terzo immobile abbattuto, un anziano ottantenne, ha colpito un poliziotto con un pugno ed è stato fermato e arrestato. Uno dei nipoti invece, che era presente all'interno dell'immobile pronto per essere abbattutto, è salito sul tetto ed ha micciato di darsi fuoco con un tanica di benzina. E' stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco, che con l'ausilio di una scala e di un idrante sono riusciti a fermare il giovane, che a sua volta però ha minacciato di dare fuoco agli agenti di polizia intervenuti per sgomberare l'immobile. Il ragazzo insieme alle altre persone presenti nell'immobile sono stati sgomberati e sono così partite le operazioni di abbattimento.Malori, urla e proteste. Gli agenti del commissarito di polizia hanno provveduto allo sgombero delle abitazioni per procedere alle operazioni predisposte. Dopo l'abbattimento del primo immobile le ruspe hanno continuato il loro lavoro senza sosta. Attimi di panico in tarda mattinata: il portavoce del comitato «Libero Comitato Cittadino», Gennaro Di Girolamo, insieme ad altri cittadini, ha cercato in tutti i modi di evitare, dal tetto di una casa, il secondo abbattimento che tutt'ora continua, dopo che le forze dell'ordine li hanno allontanati dall'abitazione. Sembrava lontano il momento dell'arrivo delle ruspe a Varcaturo in uno dei quartieri fantasma scoperti all'indomani della bufera del maggio 2008, quando finirono in carcere 39 persone tra vigili urbani, imprenditori e tecnici del comune di Giugliano. Ma dalle prime luci di questa mattina i tecnici sono all'opera per abbattere le villette che nel luglio dello scorso anno sono state sequestrate e sgomberate dalle forze dell'ordine. Le forze dell'ordine stanno provvedendo ad allontanare i presenti dalle case per continuare le operazioni di abbattimento. Sono 800 le case che attendono l'arrivo delle ruspe, 600 sono solo i sequestri degli ultimi mesi. Una "seconda Giugliano" che è venuta alla luce grazie ai controlli incrociati tra foto aeree, contratti Enel, forniture di acqua e controlli a tappeto. Disperazione e sgomento sui volti di quelle persone che dopo anni di sacrifici avevano visto realizzato il proprio sogno, quello di costruirsi una casa, «abusiva ma pur sempre una casa». I proprietari degli abusi, nei mesi scorsi, si sono iscritti in massa al «Libero Comitato Cittadino», e nelle ultime settimane, per evitare gli sgomberi e i distacchi della corrente, hanno presidiato il quartiere ubicato lungo la fascia costiera. Sembrava che il dialogo e la presenza del comitato, potesse scongiurare l'abbattimento delle case, ma invece non è stato così, la macchina della giustizia avanza senza tregua e dopo gli abbattimenti della settimana scorsa a Casalnuovo, oggi sono iniziati anche quelli a Varcaturo. Gli Abbattimenti sono stati disposti dal tavolo della task force costituitosi in prefettura, ma proprio le modalità con cui sono state decise le demolizioni sono al centro delle proteste del comitato di abusivi, che più volte, pur ammettendo di aver sbagliato nel costruire in "barba" alle leggi, ha sempre affermato di non voler "pagare per tutti". «Ci sono quarantamila vani abusivi a Giugliano, non possono disporre la demolizione solo di pochi manufatti costruiti per necessità e lasciare invece nel dimenticatoio tanti altri parchi fuorilegge costruiti da imprese solo per speculare. La legge, se è tale, deve essere uguale per tutti». Questo il pensiero più volte espresso dagli abusivi durante le varie manifestazioni organizzate in questi mesi, prima sotto al Comune di Giugliano e poi direttamente nella capitale, sotto la sede del Parlamento.
GIUGLIANO. «Non siamo camorristi, ma così ci trattano peggio di criminali». Si sfoga uno dei proprietari degli immobili che presto sarà abbattuto insieme agli altri in via Rannola a Giugliano. «L'ho costruito con le mie mani - continua - ci sono tre appartamenti, uno per ogni figlio che ho. E' abusivo così come tanti altri immobili che al contrario sono ancora in piedi e nessuno muoverà un dito per abbatterli. L'Italia - conclude in lacrime - è quasi tutta abusiva, ma gli unici a rimetterci siamo noi: quelli di via Rannola».Sono un centinaio le persone che da questa mattina si sono radunate davanti ai cancelli del parco che accoglie i primi nove immobili sottoposti ad abbattimento. C'è molta rabbia e poca rassegnazione. «Ci servono mille persone - qualcuno incita tra la folla - dobbiamo fare muro davanti alle ruspe», ma le forze dell'ordine avvertono: «Se ostacolate le operazioni sarete fermati e denunciati per interruzione di pubblico servizio».Le ruspe sono arrivate di prima mattina, hanno varcato i cancelli ed hanno cominciato ad abbattere il primo immobile, ma la reazione immediata di alcuni proprietari e componenti del comitato antiabbattimento «Libero Comitato Cittadino» hanno subito tentato di ostacolare l'inizio delle operazioni. Alcuni di loro infatti sono riusciti a entrare nell'immobile scoraggiando i militari del Genio. Così hanno deciso di cambiare immobile e si sono spostati alcuni metri più avanti. Con l'aiuto delle forze di polizia sono riusciti a tenere lontano il gruppo di persone che tentava di frenare l'avanzata dei mezzi cingolati e in poche ore hanno raso al suolo il primo immobile.Nel frattempo cinque persone state condotte al commissariato e il clima si è fatto più incandescente. Un gruppo di loro ha tentato di sfondare il muro di cinta dell'immobile che pian piano cadeva giù sotto i colpi delle ruspe, con un ariete improvvisato, ma gli agenti di polizia del commissariato di Giugliano hanno evitato in extremis che avessero accesso all'interno del cantiere.Qualcuno piange e si dispera: «Come faremo adesso? Abbiamo ancora il mutuo da pagare - afferma un altro dei proprietari di un immobile di via Rannola - La cosa che non riusciamo a capire - continua - è che il notaio che ha seguito la trattativa ci aveva garantito che l'acquisto sarebbe stato pienamente regolare e invece eccoci qui - conclude - ad assistere al definitivo crollo dell'immobile e dei nostri sogni: è un'ingiustizia».Ci vorranno molte ore, forse giorni, per completare l'abbattimento dei nove immobili, ma già aumenta la preoccupazione di coloro che nelle adiacenze hanno ricevuto nei giorni scorsi, la notifica di acquisizione al patrimonio comunale dei propri immobili. «E' possibile che abbatteranno tutte le case? - Chiedono disperate una gruppo di donne - . anche le nostre?»

domenica 19 luglio 2009

Balneabilità Campania, Capobianco: situazione grave

Napoli, 17 lug (Velino/Il Velino Campania) - Da tre giorni Luciano Capobianco non è più il direttore generale dell’Arpac, a lui è subentrato il prof. Gennaro Volpicelli. Dopo 5 anni lascia la guida dell’agenzia regionale per l’ambiente, gli ultimi segnati dalle polemiche sulla balneabilità di alcuni tratti di costa della provincia di Napoli. “È stata una psicosi perché rispetto a prima non è cambiato nulla” dice al Velino. Ci spiega bene dottor Capobianco? La psicosi è nata a seguito della chiusura per due giorni dell’impianto di depurazione di Cuma. Beh direi che non è poco? Non dico che è poco ma in termini di balneabilità delle acque, non è cambiato nulla. Non ci dimentichiamo che l’acqua non era balneabile prima e non lo è adesso. È innegabile però che la situazione si sia aggravata Certo, con due giorni di sversamento in mare di reflui non trattati è ovvio. Ma è ancor più grave un aspetto che voi giornalisti non mettete in evidenza. Sarebbe? Che per cinque mesi, dico cinque mesi, l’impianto di foce reggi lagni ha sversato i reflui a mare senza nessun trattamento causa la rottura del Coclee (un sistema di sollevamento delle acque per raggiungere l’impianto di depurazione ndr). Questo è un atto a dir poco delinquenziale. Da chi dipende? Dalla Hidrogest società che lavora per conto della Regione Campania. (segue)
Veniamo alle vostre analisi delle acque.. Abbiamo fatto analisi anche sulla sabbia, in alcuni punti del litorale domitio. Gli ultimi prelievi risalgono al 6 e 7 luglio. L’acqua non era balneabile prima non lo è adesso Il punto peggiore? Da S.Giovanni a Teduccio fino a Castellammare di Stabia Il migliore? Il Cilento e la costiera sorrentina Cosa ha detto al Prof. Volpicelli? Anzitutto gli ho fatto gli auguri di buon lavoro E poi? Di lavorare sodo come ho fatto io, il comparto ambiente in Campania è delicatissimo e lo si vede..
Balneabilità acque campane, ecco la mappa.
Dopo le analisi compiute dai tecnici dell'Arpac, l'Agenzia regionale per l'ambiente, è stata aggiornata la mappa dei punti balneabili e non balneabili sul litorale che va da Giugliano a Monte di Procida. Non balneabile tutto il litorale domitio che ricade tra i comuni di Giugliano e Pozzuoli. Mentre invece a Bacoli ci sono diverse distinzioni da fare E' balneabile il punto sito alla Strada provinciale romana, il Lido della Polizia di Stato è l'unico accesso sicuro alle acque sul fronte domitizio. E' balneabile poi tutta l'area che si estende dal confine con Monte di Procida fino al confine con Pozzuoli e quindi siamo nella parte che si affaccia sul golfo del litorale flegreo. Pozzuoli è balneabile per buona parte, fino al porto, risultano invece interdetti gli accessi alle acque dall'ex Macello, al rione Terra e a Via Napoli all'altezza delle Terme La Salute dove c'è una spiaggia libera. Stando dunque a quanto rilevato dagli esperti, non sono balneabili ancora i seguenti punti: Nel territorio di Giugliano in Campania: Tra lidi Sabbia d'Argento e Varca D'Oro Tra lido Guardia Finanza e Smeraldo Tra lido Le Ancore e Nato beach Tra Lido Blu e Lido PP.TT Nel territorio di Pozzuoli: Lido Le Aquile, Lido Licola Tra Lido Circe e Mon Soleil Tra Lido Sorriso e Lido Capri A Licola 500 metri sud del promontorio di Cuma Nel territorio di Bacoli: Spiaggia Romana – Lido Fusaro Spiaggia Romana – Col. Vescovile

mercoledì 15 luglio 2009

POSTE, PRENOTARSI PER UN PAGAMENTO COSTA 2 EURO

SCAMPIA (13 luglio) – A Scampia la prenotazione per la fila alla posta costa due euro.

Proprio così. Chi si dirige agli sportelli delle Poste Italiane di via Bakù, si imbatte in una spiacevole situazione. Tra la gente, esasperata da file che durano ore, capita di imbattersi in chi, scaltro nel comprendere i disagi dell’attesa, pensa bene di delinquere rivendendo prenotazioni, ovviamente gratuite, per abbreviare la fila alla brava gente in attesa. In altri termini, ci sono individui che giungono alla posta in anticipo e al mattino prendono prenotazioni da utilizzare poi durante gli orari di punta.
«A noi non piace questa cosa, ma in questa maniera evitiamo di attendere ore» – risponde un’anziana signora intervistata dopo aver acquistato il tagliandino numerato. A destare sconcerto, infatti, non è solo l’operazione illegale portata a termine dall’avventore di turno bensì constatare che i residenti, contro ogni logica di legalità, spendono ben due euro per usufruire di un servizio più veloce. Un sopruso che diventa, così, più grave perché si diffonde e trova la strada spianata per via delle lunghe attese che sfiancano gli anziani seduti ad aspettare. Il fenomeno non è nuovo tra le sedi locali degli sportelli della Posta della periferia settentrionale della città e va a sommarsi ad altre azioni simili come ad esempio la compravendita abusiva e illecita dei biglietti dell’autobus UnicoCampania. E’ noto, infatti, che a poca distanza da via Bakù, negli scaloni che conducono alla stazione della Metro collinare Scampia-Piscinola, c’è chi riusa i biglietti obliterati e li vende a nuovi acquirenti sforniti del titolo di viaggio.
Se per quanto riguarda gli UnicoCampania di tratta di un riciclo illegale all’aperto, per quanto concerne il tagliandino gratuito di prenotazione delle Poste, il tutto avviene a poca distanza dagli sportelli che erogano il servizio. Quasi come se nessuno vedesse, infatti, gli avventori creano lo scompiglio falsando i tempi di attesa e vendendo ciò che è dovrebbe essere gratuito. Come dire che a Scampia un’operazione quale un versamento non costa un euro ma un euro più due per abbreviare l’attesa.
Come al solito, il percorso illecito proposto in un quartiere della periferia settentrionale della città abbrevia la strada e pone, comunque, un ulteriore quesito: che forse bisognerebbe articolare un controllo interno allo sportello postale? Oppure che sia utile ridiscutere il rapporto che c’è tra l’utenza e il personale posto a fornire il servizio al residente? «Se ci fossero più sportelli aperti, forse non dovremmo abbassare a questo tipo di violenza» – glissa, quasi sibilando, un altro utente del servizio.

martedì 7 luglio 2009

Vertice del G8: caserme per Barack Obama, con un campo da basket buttato in mezzo

Scusi, ma cosa sta facendo?”Gli italiani si esprimono in modo così delicato. Anche questo, che imbracciava un fucile semiautomatico ed aveva una pistola assicurata alla coscia, in stile Rambo.
È una prova che il Guardian è riuscito ad entrare in quello che, fino a venerdì prossimo, quando finirà l’ultimo summit G8 dei leader mondiali, sarà il luogo più delicato ed intensamente controllato del mondo: il campo da basket di Barack Obama.È stato creato, fuori dalla residenza temporanea del presidente (”Edificio P1″), come segno di gentilezza dal suo ospite, Silvio Berlusconi. E di nuovo si potrebbe pensare che il Presidente del Consiglio italiano fosse in debito con lui di una o due di queste gentilezze.
Dopo aver descritto il presidente degli USA come “abbronzato”, ha deciso che Obama e gli altri, che non vedevano l’ora di riunirsi sulle miti acque della Sardegna, dovranno incontrarsi nelle caserme in una zona terremotata.
Oggi c’è stata un’altra scossa di assestamento del disastro che, in aprile, ha causato quasi 300 morti. Il sisma, di magnitudo 3.6, ha fatto fuggire in strada gli impiegati del palazzo della regione e di altri edifici recentemente riaperti a L’Aquila.
I potenti della terra arriveranno in un aeroclub trasformato frettolosamente in aeroporto. Fonti ufficiali dicono che il nuovo Aeroporto dei Parchi, la cui torre di controllo è fatta di prefabbricati, può gestire aerei da 40 passeggeri al massimo.Tuttavia è situato in una striminzita pianura in una valle circondata da montagne ed i primi aerei che atterreranno giovedì dovranno fare manovre mozzafiato per allinearsi con la pista. Una volta che i presidenti e primi ministri avranno superato questa piccola avventura, saranno condotti alle caserme attraverso un’area ancora visibilmente distrutta dal terremoto.
La strada passa attraverso il paese di Coppito, molti dei cui abitanti vivono in una tendopoli a lato della strada principale. Una delle prime cose che gli illustri ospiti potrebbero vedere è una casa che ha perso un’intera parete, rivelando così l’interno.Anche se qualche attività è ripresa, i dintorni di L’Aquila sembrano una zona di guerra: camion di aiuti umanitari, elicotteri che fanno fracasso in cielo, edifici che sembrano bombardati, e bancarelle di negozianti che ancora non possono rientrare nei loro locali.
Le caserme, a 5 km dal centro di L’Aquila, devono essere stata una scelta imbarazzante per il brillante leader italiano. Ospitano una scuola di addestramento della Guardia di Finanza (motto: “Nec recisa recedit”-”Neanche spezzata retrocede”).Questo è un ramo delle forze armate che dipende dal Ministero dell’Economia ed i cui compiti comprendono il controllo dell’evasione fiscale, un reato per cui Berlusconi, che nega l’addebito, è attualmente sotto processo. Non per la prima volta.
Sotto l’irregolare piazza d’armi si estende una rete di bunker. Si dice comprenda alcuni caveau della Banca d’Italia per custodire parte delle riserve nazionali.L’area ha un altro collegamento con la crisi finanziaria globale che sarà l’argomento principale del G8: La Repubblica ha riferito ieri che, nel 2004, era stata venduta dall’ultimo governo Berlusconi ad un consorzio comprendente anche la defunta Lehman Brothers e la nazionalizzata Royal Bank of Scotland.
Visitando il luogo giovedì scorso, Berlusconi ha detto che sarebbe stato “tutto pronto con giorni d’anticipo”. Dato che i suoi funzionari non erano disponibili per una visita, The Guardian ha deciso di fare da sé.
Oltre una fila di guardrail c’era una zona che sembrava potesse essere pronta semmai per le 23.59 della sera prima dell’inaugurazione di mercoledì. C’erano operai che sollevavano muri in cartongesso, stendevano zolle di prato davanti agli alloggi dei delegati e spostavano mucchi di spazzatura dietro la sala congressi principale, che era un ammasso di teloni di plastica e cavi pendenti. E anche il campo da basket di Obama, a fianco di un edificio insignificante che serviva da foresteria, non è esattamente pronto per una partita.
La visita è stata interrotta da un militare della guardia di finanza e da un corpulento sergente con la barba che ci ha fatto cancellare le foto prima di allontanarci. La foto sotto? E’ un segreto del mestiere. Nec recisa recedit. Come diciamo al Guardian.








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