martedì 23 dicembre 2008

Mazzette ai vigili

GIUGLIANO: Emessa la sentenza per 18 persone, 17 condannate a oltre 112 anni di carcere.

Sotto c'è il link con i nomi e le condanne ricevute.

http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=14041

Le mazzette erano state date in cambio del silenzio sulle costruzioni abusive che spuntavano come funghi sul litorale. Così 23 vigili urbani del comune di Giugliano avrebbero macchiato d’infamia le divise e la reputazione del corpo di polizia locale. A dipingerli come una banda di delinquenti i magistrati della procura di Napoli che in una sola retata nei mesi scorsi hanno mandato in galera 23 vigili, 13 imprenditori e 3 funzionari dell’ufficio tecnico comunale con accuse che vanno dall’associazione per delinquere alla concussione, corruzione, falso in atto pubblico ed altri reati.

giovedì 18 dicembre 2008

Lo scandalo della delibera Global Service


Non posso agire in base ai boatos, facciano nomi e cognomi dei corrotti e non ci metterò un minuto a prendere i provvedimenti di legge, come ho fatto con il povero Giorgio Nunes”... così solo l’altro ieri in Consiglio comunale la sindaca. E ancora: “La mia giunta è fatta di persone perbene e si compone di alcune tra le migliori professionalità che ci sono a Napoli, penso a Felice Laudadio... (omissis)...” Ora che i nomi e cognomi sono stati fatti e che ben tredici ordinanze di custodia cautelare sono state emesse sono curioso di vedere quanto potente sia il Vinavil che trattiene la Iervolino sul suo scranno.
Alfredo Romeo è – al momento - l’unico in carcere. Agli arresti domiciliari: Paola Grattani, sua collaboratrice; Guido Russo, ex funzionario dell’Arpa, attualmente collaboratore di Romeo; l’ex assessore comunale all’istruzione ed ex parlamentare Giuseppe Gambale; l’ex assessore al bilancio del comune Enrico Cardillo da poco dimessosi; gli attuali assessori al comune Ferdinando Di Mezza (patrimonio e manutenzione) e Felice Laudadio (edilizia); l’ex provveditore alle Opere Pubbliche della Campania Mario Mautone; il colonnello della Guardia di Finanza Vincenzo Mazzucco (già in forza alla Dia). Altre ordinanze sono state emesse a carico di Vincenzo Salzano e Luigi Piscitelli. Nell’inchiesta sono coinvolti anche i deputati Renzo Lusetti (Pd) ed Italo Bocchino (Pdl). Tutti sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa degli appalti, abuso d’ufficio e corruzione.
La materia del contendere è la ormai famosa delibera Global Service, predisposta ma mai varata (ufficialmente per mancanza di copertura finanziaria, ma – si sussurra – per il non raggiunto accordo fra le parti che avrebbe dovuto vedere la Romeo Immobiliare vincitrice della gara confezionata ad hoc e una pletora di piccole aziende subappaltatrici, divise fra i partiti della maggioranza, che sarebbero dovute essere le reali esecutrici dei lavori sul territorio).
Il procuratore aggiunto di Napoli Franco Roberti ed i sostituti Enzo D'Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli nelle richieste al Gip di custodia cautelare hanno scritto: “La prospettiva ultima è quella del saccheggio sistematico delle risorse pubbliche, spesso già di per sè insufficienti a rispondere alla drammatica situazione in cui versano Napoli e la sua provincia. Risorse che vengono veicolate verso l'esclusivo ed egoistico interesse di Alfredo Romeo e delle sue imprese in totale dispregio delle regole fondamentali della buona ed efficiente amministrazione”.
Dalle intercettazioni del telefono di Alfredo Romeo sono risultati i contatti con Mario Mautone, ex provveditore alle Opere Pubbliche di Napoli e soprattutto le tante chiamate con l’ex assessore al patrimonio del Comune di Napoli Giorgio Nunes, suicidatosi nei giorni scorsi. In particolare una frase ha colpito gli inquirenti: “no, se non fosse così io non posso partecipare, hai capito?” Secondo i titolari dell’inchiesta è la dimostrazione dei metodi spregiudicati che l’imprenditore utilizzava per consentire che le proprie aziende si aggiudicassero le gare, sia quelle nazionali che quelle internazionali.
L’assessore Scotti replica al pm Ardituro che aveva detto “Napoli è una città senza né capo né coda”: “Sono abituato a pm che hanno ben altra cultura della giurisdizione. Se non fossi un assessore direi ben altro, ma devo tutelare il Comune”. E la sindaca: “Spero che la città abbia cuore e gambe per correre”. I napoletani auspicano che la città abbia cuore per resistere, gambe per correre e piedi per prendere una volta per tutte a calci i suoi cosiddetti amministratori...


L'Italietta dei signor no

Il paese dei particolarismi e il rischio che scoppi una bolla speculativa per il settore dell’eolico e del fotovoltaico

Il vento che tira non porta aria buona. Nel mondo delle fonti energetiche rinnovabili, principalmente l’eolico, ma è a rischio anche il fotovoltaico, c’è la seria preoccupazione dello scoppio di una bolla speculativa. «E vi siete svegliati adesso? La bolla speculativa esiste da anni e oggi è in fase matura. Tutta colpa di un mercato inadeguato». Lancia strali uno dei massimi esperti del settore, Carlo Durante, consigliere di Aper, l’Associazione produttori energia da fonti rinnovabili. «È la solita storia italiana del localismo miope e gretto che blocca la buona iniziativa». Quella che andiamo a raccontare, infatti, è l’ennesima faccia dell’Italia del quartierino, che, anche quando si tratta della cosa più pulita che c’è – energia pura ottenuta dal vento – arresta il cambiamento con l’imperativo: non si può fare. Prima però serve una premessa. Le fonti energetiche rinnovabili sono oggi imprescindibili per lo sviluppo economico, che necessita dell’utilizzo di un mix energetico, in cui eolico e fotovoltaico portano un contributo fondamentale, assieme a nucleare, idroelettrico e termoelettrico. Che piaccia o no questo è l’unico futuro possibile. Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio per capire cosa sta succedendo a casa nostra. «Se si deve realizzare un impianto eolico in una delle ventose Regioni del sud Italia, cosa bisogna fare?», continua Durante. «Anzitutto individuare un’area che presenti le condizioni ottimali, poi procedere con le rilevazioni per capire l’entità dell’impatto ambientale poi... stop. Ci dobbiamo fermare, perché l’autorizzazione unica da parte della regione interessata si ottiene attraverso il dialogo locale. Il che significa andare dal contadino o dal sindaco di turno a chiedere tot metri quadrati per installare la turbina, e appena costoro capiscono di cosa si tratta fanno esplodere il prezzo. In sostanza chiedono un “contributo” che tipicamente si aggira intorno ai 100 mila euro l’anno». Cioè chiedono di essere pagati per non mettersi di traverso. Intanto, per ottenere quell’autorizzazione, i tempi tecnici si aggirano intorno ai tre anni. E a questo punto entra in scena un secondo attore. Lo sviluppatore, ossia un soggetto privato, che sviluppa un progetto, non con lo scopo di realizzarlo, ma, una volta ottenuta l’autorizzazione, di venderlo a soggetti industriali interessati e a quel punto uscire di scena con un guadagno sicuro. Anche perché il privato mette solo il 20 per cento dell’investimento, mentre ben l’80 per cento viene coperto dalle banche tramite il project financing.
«La famigerata bolla, dunque, non è altro che il plusvalore che trattengono gli sviluppatori a fronte di trattative lunghe anni con le presenze locali. Sia chiaro che l’azione dello sviluppatore non è in sé nociva o illegale. In quasi tutti gli altri paesi europei, infatti, quello dello sviluppatore è un mestiere serio, paragonabile a quello che dovrebbe fare un ingegnere. Ma lì c’è una normativa che lo regola. Non si tratta solo di far girare carta come da noi». Dove succede che, per esempio, «in Puglia nell’ultimo anno e mezzo sono stati presentati 500 progetti eolici e qualche migliaio di progetti fotovoltaici. Tenendo conto che ciascun progetto si aggira intorno alle mille pagine di stime e dati, e che per valutarle ci vogliono almeno cinque giorni lavorativi, in tutto servono 500 settimane che fanno 10 anni. C’è dunque un’industria che fa ciclostile, produce a macchinetta progetti che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno attuabili, perché le verifiche e i calcoli sono privi di rigore ingegneristico. Senza poi contare che, sempre rimanendo in Puglia, la Regione ha bisogno di un quinto delle proposte presentate». La Calabria invece si è vista costretta a congelare i progetti e a sottoscrivere una moratoria per la definizione di regole certe entro cui operare. Inoltre, come spiega Marco Pigni, direttore di Aper, «spesso Regioni ed enti vengono tempestati da telefonate infuocate di cittadini, generalmente riuniti in comitati, che si oppongono all’installazione della turbina eolica di turno, perché deturpa il panorama che si gode dal proprio giardino. Inoltre, non è inconsueto che si generino conflitti di competenze di natura campanilistica, per esempio quando si ha a che fare con siti di confine fra due regioni, che desiderano entrambe godere delle royalty, in caso di installazione di impianti eolici».
Regioni senza ragioni
Succede allora che le Regioni, nella elaborazione delle linee guida, utilizzino la legge per scoraggiare lo sviluppo delle rinnovabili, mettendo paletti difficili da oltrepassare. «Eclatante il caso del Molise», precisa Durante, «che dopo aver annunciato la realizzazione di 500 turbine, ha stabilito restrizioni irragionevoli, per esempio nell’indicare le distanze degli impianti da abitazioni e strade, per cui il 90 per cento del territorio regionale rimane escluso dall’eolico». Continua Pigni: «La promettente Sardegna sfrutta solo parzialmente il proprio potenziale eolico, tanto da aver spinto gli operatori a investire altrove, in particolare in Sicilia, dove però è in corso un braccio di ferro con la Regione che ha introdotto irragionevoli prescrizioni tecniche. Nel Lazio, invece, manca addirittura una normativa di riferimento, mentre in Toscana la debole volontà politica limita le installazioni a un decimo del potenziale regionale». Logiche particolaristiche, insomma, che rallentano una possibilità di sviluppo reale e a portata di mano. Per uscire da questo circolo vizioso servono allora una normativa ragionata e uno sviluppo tecnologico adeguato «che, permettendo una più facile diffusione delle rinnovabili, ne abbatterebbe il costo del 40 per cento», precisa Durante. Intanto «se in Germania i dipendenti dell’industria del rinnovabile sono 100 mila, più di quelli dell’industria automobilistica, se in Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e Danimarca le società produttrici di energia rinnovabile sono quotate in borsa, e se la Spagna ha tagliato le tariffe del fotovoltaico, perché è ben diffuso e opportunamente inserito nella rete elettrica, noi continuiamo a importare energia elettrica costosa. Non essendo in grado di pianificare nulla, l’Italia non attrae investimenti e non crea valore. Siamo un paese ingessato che non riesce a ottimizzare il proprio mix energetico». Questo però non significa «buttare via il bambino con l’acqua sporca», ci tiene a precisare Marco Pigni «perché non esiste l’ottimo assoluto, bisogna piuttosto imparare a scegliere in modo strategico e con lungimiranza, ottimizzando le soluzioni praticabili in vista di un sicuro vantaggio complessivo».


http://www.tempi.it/speciale-ambiente-e-energia/004256-l-italietta-dei-signor-no

martedì 16 dicembre 2008

L'orco in soffitta


Questa è la definizione del debito pubblico italiano dato dal giornale inglese The Economist.


Il debito pubblico italiano è «l'orco in soffitta»: un mostro che incombe sulla nostra testa e spaventa i mercati per quanto è grande. L'Economist in edicola venerdì punta il riflettore sul debito italiano, che è il terzo del mondo e supera il 104% del Pil. Il debito dell'Italia «non è tanto come l'elefante nel salotto, quanto come l'orco in soffitta», scrive il settimanale britannico, divertendosi con l'espressione anglosassone "l'elefante nel salotto", un problema tanto grande che si preferisce non vederlo, un'ingombrante presenza di cui tutti sono consapevoli, ma nessuno parla. Il debito italiano è un po' questo, ma è ancora più inquietante: abbiamo a che fare con un orco e «da molto tempo c'è la paura che possa scappare e fare strage, non solo in Italia ma nell'intera area dell'euro». Il 3 dicembre - scrive l'Economist - c'è chi ha creduto si sentire il rumore sinistro della porta del solaio che si apriva quando il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha parlato del rischio di default. «Apparentemente inconsapevole del possibile effetto delle sue parole», il ministro ha aggiunto che la bancarotta dello Stato è un'ipotesi, improbabile, ma tuttavia possibile, affermando che se il Tesoro italiano non trovasse acquirenti per i suoi bond l'Italia potrebbe seguire la stessa strada dell'Argentina, che fece default nel 2001.Il settimanale britannico fa notare che numerosi Paesi, molti dei quali con rating creditizi parecchio migliori dell'Italia, hanno bisogno di raccogliere cash. Se il rendimento sui bond dell'Italia sale - spiega il giornale - il Governo potrebbe finire per pagare più interessi, e questo aumenta il rischio che il deficit di bilancio sfugga di mano. L'Economist racconta delle rassicurazioni fatte dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti - che ha escluso il rischio di default - e delle paure di un problema spread per il Tesoro. L'articolo cita il parere rassicurante di Brian Coulter dell'agenzia di rating Fitch, secondo cui l'ampliamento dello spread tra Germania e Italia (che il 5 dicembre ha toccato un picco di 144 punti base) riflette il calo dei rendimenti tedeschi più che l'aumento di quelli italiani. «L'attuale rendimento sui bond decennali dell'Italia è lo stesso della fine del 2007».Modeste le misure anti-recessione di Berlusconi «Grazie in parte ai risparmi di spesa del precedente governo di centro-sinistra, le finanze pubbliche dell'Italia non sono più nella situazione pericolosa in cui erano pochi anni fa», osserva l'Economist. Il piano triennale di Tremonti prevede «profondi tagli». Ma secondo il settimanale ci sono due interrogativi: «Uno è se riuscirà ad attuare questi tagli. L'altro è cosa succederà sul piatto della bilancia degli introiti». In tempi di recessione, gli introiti fiscali tendono a scendere. «Ma quanto?». La risposta dipenderà, in parte, secondo l'Economist, da come i conti pubblici reagiranno al cambiamento nella crescita. Durante il governo di centro-sinistra, gli introiti fiscali sono aumentati, ma non è chiaro, secondo Coulter, quanto di questo aumento fosse strutturale – e cioè dipendesse da miglioramenti nella riscossione - e quanto ciclico – e cioè dipendesse da un temporaneo rimbalzo della crescita. «L'altra variabile è la profondità della recessione». La maggior parte degli analisti, secondo il giornale britannico, ritengono che sarà meno profonda in Italia che in Gran Bretagna (ma più profonda che in Francia o in Germania). E in fondo arriva la stoccatina al Cavaliere: «Le misure anti-recessione di Berlusconi sono state decisamente modeste (una spesa netta extra di appena 6 miliardi di euro). E la ragione per cui si è rimangiato le promesse di maggiori aiuti è che Tremonti gli ha ricordato le limitazioni imposte dal debito italiano di 1.575 miliardi di euro». «L'orco è sempre lì - conclude l'Economist - anche se per ora è saldamente incatenato».
articolo originale

sabato 13 dicembre 2008

Lo schiaffo

Di seguito riporto l'articolo del Corriere del Mezzogiorno e il link del video che mostra come Luigi Sementa, il Comandante della Polizia Municipale di Napoli, abbia dato uno schiaffo ad un reporter de "Il Napoli" reo di aver pubblicato un articolo che denuncia l'abusivismo nel rione in cui abita il comandante e la sua famiglia. Nell'articolo che segue ed in altri che ho avuto occasione di leggere sul fattaccio, si stigmatizza l'accaduto, in altre parole la stampa prende le difese del giornalista condannando il gesto di Sementa. Nel video comunque si nota che il comandante dei vigili sia preoccupato per il fatto che il giornalista ha reso noto l'indirizzo di casa sua e della sua famiglia. Le minacce non sono tardate ad arrivare: una busta contenente un proiettile calibro 38 special è stata recapitata nel primo pomeriggio al generale Sementa. Nella busta, oltre al proiettile, c’era una fotocopia dell’articolo del quotidiano «Il Napoli»: sulla fotocopia sono state tracciate due croci, sul nome di Sementa e su quello della strada dove abita il generale. Ora, è pur giusto condannare la violenza del gesto di Luigi Sementa soprattutto perchè è il comandante dei vigili urbani di Napoli, uomo che deve dare l'esempio e comportarsi nella legalità, ma fin dove può arrivare la libertà di stampa? E' giusto sbandierare sui giornali l'indirizzo dell'abitazione privata di un funzionario pubblico mettendo a rischio l'incolumità sua e della sua famiglia? Personalmente non sono informato nel dettaglio su come stia lavorando la Polizia Municipale, ma nonostante l'ironia che in passato i vigili urbani di Napoli hanno attirato su di loro, leggendo qua e là articoli sull'argomento, mi è parso di notare un cambio di direzione nella lotta all'abusivismo, che in una città come Napoli non è cosa da poco. Basta pensare al caos causato dall'intervento dei vigili nella nota via dei presepi, San Gregorio Armeno, con cui si è tentato di smantellare le bancarelle abusive. Gli ambulanti della zona hanno risposto al blitz con una serrata, si sono incatenati ai box abusivi armati di benzina. La resistenza è durata una mattinata intera con tanto di rinforzo di una nutrita pattuglia di bambini e donne con cartelloni di protesta. Per solidarietà, o per timore, hanno aderito anche gli artigiani in regola. Questo è il clima in cui la polizia municipale e gli altri corpi di polizia sono costretti a lavorare. E' proprio necessario fare scoop giornalistici rendendo però noti, dati privati, di chi tenta di fronteggiare la criminalità latu sensu, mettendo a rischio l'incolumità della sua famiglia?
IL VIDEO:
L'ARTICOLO:

Sigarette di contrabbando

SCAMPIA – C’è chi afferma di non aver più visto banchetti ambulanti con su sigarette di contrabbando da un periodo lunghissimo. Da quando, circa dieci anni fa, un camion corazzato che trasportava un carico di sigarette di contrabbando, scontrandosi contro una vettura della Guardia di Finanza, provoco la morte di un dipendente dell’Arma. Da quel tragico scontro, ci fu una caccia spietata ai contrabbandieri. Contrabbandieri che rifornivano di pacchetti di sigarette illegali centinaia e centinaia di ambulanti napoletani. Da allora il traffico illecito è stato letteralmente sgominato, fino alla totale scomparsa del fenomeno. Poi, le cose sono cambiate, e da qualche tempo, qualche ambulante, grazie all’apertura ad Est delle frontiere europee, ha pensato bene di ridare vita a questo traffico. Quest’oggi, il fenomeno è sbarcato anche nella periferia nord della città. Infatti, pian piano, il noto quartiere dell’area settentrionale del capoluogo campano si sta pian piano ripopolando di banchetti abusivi. Le sigarette di contrabbando tornano sulle strade della città, tornano a fare concorrenza alle tabaccherie. C’è chi dice di averle avvistate con una certa frequenza nei pressi della stazione metropolitana della linea collinare di Napoli, proprio a Scampia. Un piccolo banchetto e qualcuno che nei pressi di quest’ultimo conserva i pacchetti di contrabbando. «2 euro al pezzo e passa la paura». Questa la frase pronunciata da alcuni ragazzi che dicono di comprare i pacchetti illegali perché evidentemente più economici. Ma se da un lato, il riacutizzarsi di un fenomeno tanto grave andrebbe subito bloccato dalle forze dell’ordine locale, dall’altro c’è chi si chiede se le sigarette che poi vengono vendute provengano o meno dall’Est, come accadeva una volta. Proprio così. Perché se l’evidenza dell’illegalità desta un’evidente stupore, non va dimenticato che c’è una ipotesi che il tabacco in vendita per strada non provenga neanche dall’Est. Infatti, In molti, anche tra gli acquirenti, ritengono che le sigarette siano contraffatte e che provengano dalla Cina. Una voce alimentata anche dal sequestro delle Fiamme gialle avvenuto la scorsa primavera. Un sequestro che ha riguardato un carico di oltre 39 mila stecche di sigarette con noti marchi, perfettamente contraffatte e che sono state riconosciute come un falso solo dagli esperti della casa di produzione. Benché le sigarette vengano comunque comprate, sembra che questa ipotesi, che non prevede solo l’irregolarità del trasporto ma anche il reato di contraffazione, stia mettendo in allerta le forze dell’ordine così da creare una rete capillare di controlli in grado di scongiurare questa ennesima invasione di prodotti provenienti dalla Cina. A quanto appreso, comunque, il fenomeno di contrabbando sembra capillarizzarsi proprio in questi ultimi mesi e comincia a diventare endemico anche nella provincia confinante con la periferia settentrionale della città.

lunedì 8 dicembre 2008

CINEMA: OSCAR EUROPEI, TRIONFA GOMORRA. VINCE COME MIGLIOR FILM, REGIA, ATTORE

En plein del cinema italiano a Copenhagen. Gomorra di Matteo Garrone ha conquistato tutti i 5 oscar del cinema europeo (Efa) cui era candidato: ha vinto il premio come 'miglior film', miglior regista, miglior attore per Toni Servillo (premiato anche per "Il Divo" di Paolo Sorrentino) per la sceneggiatura (firmata da Garrone, Roberto Saviano, Maurizio Bracci, Ugo Chiti, Gianni di Gregorio e Massimo gaudioso) e per la fotografia di Marco Onorato.Per i film 'rivali' tra cui Il Divo di Sorrentino, nulla c'è stato da fare. "Dedico la vittoria - ha detto Garrone - alle persone che a Napoli stanno come in guerra, cercando di sopravvivere come in una giungla". Da 10 anni l'Italia non vinceva il primo premio agli oscar europei, dal '98 della Vita è bella di Roberto Benigni, e come questo anche Gomorra ha vinto il Grand Prix al Festival di Cannes. Un percorso che sembra portare dritto all'Oscar: il film è infatti il candidato italiano ed è già considerato tra i favoriti per la cerimonia di Los Angeles del 22 febbraio. "La cosa che più colpisce quando sei nei luoghi in cui ho preparato e girato Gomorra - ha proseguito Garrone - è che tante persone che vivono lì sono quasi inconsapevoli, non hanno reale coscienza della loro condizione. Sono in una zona grigia dove si confonde legale e illegale e fin quando non si lavorerà abbastanza su istruzione e disoccupazione ad esempio, la camorra continuerà a vivere all'interno di quella realtà. Tanti premi così non me li aspettavo di certo, ma li ritengo una conferma che il film riesce a comunicare emozioni forti anche a chi non è italiano". Gomorra è un'opera che ormai travalica il cinema, è un fenomeno che è riuscito a interessare tanti paesi grazie alla potenza del linguaggio e ai temi trattati, al mondo spietato del 'sistema' camorra così tragicamente realistici. Paolo Sorrentino regista de Il Divo, ha assistito alla vittoria di Garrone quasi con rassegnazione, "non è una sfida" ha continuato a dire. Da Cannes i due film duellano, rivali loro malgrado, entrambi però simbolo di riscossa internazionale del cinema italiano, uniti dallo stesso attore, Toni Servillo, che ha vinto il premio per entrambi i film. "Questo film, come il libro, non può cambiare le cose nei territori in mano alla camorra - ha detto Garrone - perché le cose si cambiano attraverso il lavoro dei politici. Noi abbiamo dato strumenti al pubblico per capire certe dinamiche, il successo del film e del libro ci dimostra che il messaggio è arrivato. Ma non oltre questo compete a noi".

Partenope: La Napoli virtuale che vuol essere virtuosa

«Città di Partenope», un movimento per le regole Che tiene un'anagrafe ed eleva multe «simboliche»

NAPOLI — C'è una multa sul parabrezza dell'auto. E c'è una multa anche nella cassetta delle lettere. E una terza viene consegnata ad una signora che porta a spasso il suo cane, ma non ha la paletta. E, così, eccoli beccati sul fatto e costretti a chiedere scusa: l'automobilista che ha parcheggiato sulle strisce pedonali, la signora che deposita l'immondizia fuori orario e quella che lascia i bisognini di Fido nel prato dove giocano i bambini. Benvenuti nella città di Partenope dove le multe si pagano ammettendo i propri errori e regalando crediti di cittadino modello a chi ha elevato le contravvenzioni. E dove per iscriversi all'anagrafe occorre impegnarsi a rispettare un codice etico. Immaginate di essere a Ginevra, a Stoccolma, oppure a Londra... Immaginate semplicemente di essere a Bologna. Come vi comportereste? Gettereste una carta per strada, passereste con il semaforo rosso, attraversereste senza passare sulle strisce, suonereste il clacson per richiamare l'attenzione di un amico sull'altro marciapiede? No.
Ebbene questo non si fa neanche a Partenope, la città alter ego di Napoli nata dalla fantasia di un pubblicitario. «Napoli può essere definita come una grande campagna pubblicitaria fatta male» spiega Claudio Agrelli, titolare dell'agenzia Agrelli&Basta (nel senso che non ha soci) e fondatore di Partenope. «In questi casi cosa fa un pubblicitario? La strategia è semplice: si cambia marchio. Così ho pensato via Napoli, avanti tutta con Partenope. E all'anagrafe della città — virtuale, ma soprattutto virtuosa — in soli quattro mesi si sono iscritti quasi mille cittadini». Diversi professionisti dello staff della Agrelli sono al lavoro sul progetto di una città che, in barba al decremento demografico, è in piena crescita e che non vuole avere nulla a che fare Napoli, la città delle emergenze e delle vergogne sbattute in prima pagina sui giornali di tutto il mondo.

Partenope ha ricevuto oltre 18mila visite (virtuali) da 67 paesi del mondo e fra i suoi cittadini annovera anche ex napoletani che vivono negli States, in Australia, in Canada, a Shangai, Johannesburg, a San Paolo del Brasile... Fra gli iscritti all'anagrafe, oltre a tante persone comuni, anche don Luigi Merola, Renato Miracco, direttore dell'italian cultural institute of New York e Antonio Giordano, presidente della Sbarro health reasearch organisation. Per diventare cittadini di Partenope bisogna impegnarsi a rispettare una serie di regole e, possibilmente, fare proselitismo. Come? Ad esempio diventando vigili urbani, quasi reali. «Forniamo un kit dove c'è anche un blocchetto di multe — spiega Agrelli — da lasciare ad esempio sul parabrezza di un'auto lasciata in seconda fila. Chi becca la multa, dopo il primo momento di sconcerto, può facilmente farsela "togliere" collegandosi al nostro sito. Dando così punti di credito al cittadino modello che ha elevato la contravvenzione e prendendo contatti con la nostra comunità virtuosa, magari finendo per ravvedersi».
Ma nel kit del Partenopeo ci sono anche le cartoline con l'immagine del pino marittimo rovesciato, tanto per suggerire a chi le riceve di guardare Napoli da un'altra prospettiva, e biglietti da visita con la scritta «You have meet a Partenopeo». «Cartoncini che si possono dare ad esempio ai turisti che chiedono informazioni ai quali spesso tanti voltano le spalle. Turisti che per una volta sapranno di poter contare su qualcuno » conclude Agrelli, che già sta progettando un giro attraverso le scuole ed è al lavoro per cercare una rete di sponsor. «I nostri cittadini virtuosi potrebbero essere così premiati — osserva il fondatore di Partenope — con telecamerine per immortalare i pessimi o gli ottimi comportamenti di chi incrociano per strada. Perché essere partenopei è una vera missione». Intanto Agrelli è approdato anche, fisicamente, negli Stati Uniti per parlare di Città di Partenope agli italoamericani e agli emigrati da Napoli in occasione del Columbus Day, nell'ambito del convegno Emigration Days e scatenando l'interesse di America Oggi, l'unico quotidiano in lingua italiana degli States che per una volta ha avuto l'occasione di parlare dell'altra Napoli .

giovedì 4 dicembre 2008

Decreto anticrisi: seconda puntata

Nel decreto varato dal Governo per fronteggiare la crisi economica e finanziaria che sta investendo anche l’Italia, c’è una misura che ha fatto sollevare altre polemiche. Per reperire denaro, sono stati tagliati i fondi destinati a coprire gli incentivi legati al risparmio energetico. In pratica è stato stabilito un tetto di spesa per gli anni 2008, 2009 e 2010 superato il quale non scatta la detrazione del 55% prevista per questo tipo di interventi. I limiti di spesa del Decreto (82 Ml/euro nel 2008, 185 nel 2009 e 315 nel 2010) permettono di soddisfare appena un quarto degli investimenti previsti dalle famiglie (sulla base di quanto già investito negli anni precedenti).
Da qui i soliti hanno affermato:
· “E’ stato fatto il contrario di quanto stanno facendo Germania e Francia che hanno inserito gli incentivi per l’efficienza energetica nei provvedimenti anticrisi.”
· “Gli investimenti fatti dalle famiglie nel 2007 e nel 2008 hanno permesso un risparmio di 500.000 MWh di energia non consumata e oltre 68.000 tonnellate di CO2 non emessa nell’ambiente.”
· “Le imprese del settore ne risentiranno e rischiano addirittura la chiusura.”
E’ ovvio che ognuno tira l’acqua al proprio mulino, a volte anche esagerando.
Ma il problema è serio e reale. Gli incentivi erano e sono una buona idea per fare emergere il nero e ottenere risparmi nel consumo di energia, in un paese come il nostro che nel campo energetico è fortemente esterodipendente ed in cui vi è il più alto tasso di evasione fiscale.
Ma il punto su cui voglio focalizzare l’attenzione è un altro. La norma prevede la retroattività della stessa a tutti gli interventi fatturati nel 2008. Questo cosa vuol dire. Vuol dire che io contribuente al 01/01/2008 decido di sostituire la caldaia e rifare gli infissi. Mi faccio fare i preventivi del caso e accerto che la cifra da spendere è considerevole. Decido di rinunciare ma ecco che il rivenditore della caldaia a condensazione e il rivenditore degli infissi mi fa presente che c’è la possibilità di ottenere la restituzione di una buona parte della cifra da spendere, il 55%, in soli tre anni. Con queste prospettive chiedo ed ottengo un prestito per eseguire i lavori. Faccio seguire tutta la pratica da un geometra che mi rilascia le varie asseverazioni necessarie (ovviamente dietro pagamento di onorari). Tutto fatto, resto in attesa di compilare il prossimo 730 per vedermi riconoscere la prima parte della detrazione che mi spetta anche per restituire una parte del debito contratto. Niente affatto, con la modifica apportata dal decreto anticrisi sarà difficilissimo ottenere la detrazione del 55%, probabilmente solo un contribuente su 4 di quelli che ne hanno fatto richiesta otterranno il rimborso.
Questa è la situazione attuale. In questi giorni comunque, la ragione deve aver fatto ritorno dalle parti di Palazzo Chigi e il Ministro Tremonti ha annunciato: «La retroattività non ci può essere e il Parlamento la correggerà, ma voglio ribadire un criterio: i crediti di imposta non sono e non possono essere un bancomat, troppe volte sono stati utilizzati in questo modo».

lunedì 1 dicembre 2008

Il decreto anti-crisi: prima puntata

Con questo che mi appresto a scrivere, voglio inaugurare una nuova categoria di post, chiamata l'Italietta, per descrivere quelle situazioni interne che degradano il nostro paese e che ci mostrano all'estero come uno Stato allo sbando, ed ho usato un eufemismo. In passato, una persona lustra e illustrata, ha utilizzato il termine porcata per definire una legge, quella elettorale, dallo stesso pensata. Tale termine veniva quindi introdotto in un contesto, quello legislativo, a mio parere in modo sconveniente. In seguito mi sono ricreduto ... ne è passata di acqua sotto i ponti, ne sono state fatte di por... Negli ultimi giorni il Governo ha annunciato una serie di misure contro la crisi economica, la cui efficacia non spetta a me giudicare, ma di cui posso apprezzare l'opportunità. Per carità, sarà nobile lo scopo ma non altrettanto nobili sono i mezzi attuati per raggiungerlo. In questa prima puntata volta ad analizzare il decreto anticrisi voglio affrontare la questione Sky. L'aliquota Iva sui servizi resi dalle tv via cavo e satellite è stata elevata dal 10% al 20%. Tanti giornali e tv hanno dato risalto alla polemica scaturita dal varo di una norma che, tanto per cambiare, è stata definita ad personam, o quanto meno diretta ad indebolire la posizione di mercato di una diretta concorrente di Mediaset, la Tv di proprietà del Presidente del Consiglio. Quindi i soliti hanno parlato del problema del conflitto d'interesse. Il commento più originale su questa misura adottata dal Governo l'ho ascoltato su un telegiornale di Mediaset, guarda caso Studio Aperto. Il servizio era così titolato:
UNO SPOT ANTIGOVERNO ... PER 5 EURO IN PIU'
Studio Aperto ha deriso Sky, ridicolizzando le motivazioni di uno spot contro la misura varata dal Governo trasmessa dall'emittente. In parole povere Sky non ha nulla da lamentarsi, l'aliquota agevolata era un privilegio e quella prevista del 20% è comunque tra le più basse applicate dai paesi europei. E tirando le somme il provvedimento graverà sugli abbonati per soli 5€ mensili in più, l'equivalente di 5 caffè pagati in una giornata. In questi termini è stata liquidata la faccenda.
Con questo servizio Stupido Aperto ha preso per i fondelli Sky e anche ...me. Non sono un abbonato Sky e come prima reazione mi sono fatto una sonora risata. Poi ho riflettuto sulla impercettibile parzialità di quel servizio... (la tv di proprietà di Berlusconi dice che una norma fatta dal governo Berlusconi, che crea un aggravio di costo ai telespettatori di una tv concorrente, è senza dubbio da apprezzare). Mi sono sentito offeso, non mi sento stupido...o forse lo sono!?
Così per riprendermi la sera ho guardato il TG1. L'On. Gasparri (PDL) intervistato in proposito, ha giustamente fatto notare che le polemiche e le proteste contro il provvedimento sono insensate perchè lo stesso toccherà solo chi ha più soldi e si può permettere la tv satellitare a pagamento, cioè... tanti tifosi di calcio.
Libero pensiero in libero Stato... delle due, l'una...